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Autore: Baude    23/05/2013    9 recensioni
Sebastian Smythe e Thad Harwood sono sposati da diversi anni. Hanno una casa, un cane enorme,un lavoro ed una figlia ventenne. Una figlia ventenne decisa a sposarsi con uno Sterling,precisamente. Quando la selezione naturale non ha fatto il proprio dovere, la paura di nipoti platinati prende il sopravvento e l'esaurimento nervoso diventa un'opzione molto plausibile....
Dal primo Capitolo.
Era come se dell’elettricità gli attraversasse la spina dorsale e, dal collo, si propagasse per tutto il petto.
Riconosceva il respiro, profondo e lento.
Il passo, leggero e regolare. Aveva l’abitudine di non appoggiare la pianta del piede, ma di muoversi quasi sulle punte, attraversando velocemente le varie stanze, come un gatto.
L’odore, pungente e assuefacente. Non era profumo. Sebbene li usasse, l’odore della sua pelle era tale da coprire qualsiasi artificio chimico.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La famiglia Harwood-Smythe, con la (s)gradita collaborazione della famiglia Sterling-Duvall, in: << Un matrimonio e due (presunti) funerali >>. Quando il gene platinato è sinonimo di idiota.

 

 

 

 

In tempo. Perdonate l’attesa, scrivo dalla biblioteca dell’Università *.*

Vi annoio poco e vi lascio immediatamente al tanto atteso e sospirato capitolo. Sono felice che lo scorso vi sia piaciuto. Adoro il modo in cui vi siete affezionati ad Andrèe e Paul, spero davvero che possiate fare la stessa cosa con Alice. Si, lo ammetto: ho una preferenza particolare per lei.

 

Un grazie alla mia beta, micRobs. Ci avviciniamo alla fine e senza di lei sarei ancora al primo capitolo, preda delle mie turbe psichiche e letterarie.

 

Al mio Thad,

un anno della mia vita.

Uno di tanti.

Tanti auguri, amore mio.

Sei il mio traguardo migliore.

 

 

 

 

 

Capitolo XI

Riprendersi.

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Parcheggiata la macchina davanti a casa Montgmery, Thad aveva appoggiato la fronte al volante e respirato profondamente.

 

Era andato a riprenderselo.

 

Si era imposto di non correre e di essere prudente, ci teneva ad arrivare intero e vivo a destinazione.

 

Si voltò e notò quattro figure davanti alla porta.

 

Era quasi buio e le luci basse sul vialetto confondevano.

 

La più bassa e a quattro zampe si voltò nella sua direzione e, dopo averlo riconosciuto, avanzò verso di lui, trottando.

 

Audrey.

 

Thad scese dalla macchina e aprì la portiera del bagagliaio. Possibile che il cane fosse felice di vederlo? Non gli aveva mai dimostrato particolare affetto.

 

Il cane, con un balzo  salì a bordo, facendo leggermente sobbalzare il veicolo a causa del peso, e, acciambellandosi, socchiuse gli occhi.

 

Neanche un saluto: c’era da aspettarselo da quella sottospecie di orso ammaestrato e francese.

 

Cane viziato e altezzoso.

 

La figura umana, più bassa tra le tre, fece intendere a quella più alta e longilinea di volergli parlare in privato, presuppose Harwood.

 

La sagoma meno alta strinse in un abbraccio la più bella e tornò in casa, lasciando sole le altre due.

 

Alice e Sebastian si avvicinarono alla macchina.

 

*

 

-Grazie.- bofonchiò Smythe, procedendo verso l’auto.

 

Alice sorrise, guardando dritto di fronte a sé. -Grazie a te.-

 

-In realtà mi odi.- scherzò l’uomo. -Ho fumato in casa tua, ho suonato a qualsiasi ora del giorno e ti ho fatto lavare la mia biancheria.-

 

-E stirare.- aggiunse lei.

 

-E stirare.- ripeté Sebastian, ridendo.

 

-Ci siamo fatti del bene a vicenda, Sebastian.- ammise, seria. -Tu hai suonato per me, io ti ho ascoltato. Tu mi hai ridata a Wes, io ti ho ridato a Thad.-

 

Lui la fissò, stupendosi di quanta forza e coraggio potessero essere contenute in un corpo minuto e provato dagli eventi.

 

-Suonerò ancora per te, se vorrai.-

 

Pochi metri lo separavano dal marito.

 

Aveva perso peso e non aveva dormito chissà per quanto tempo. Era spettinato e la barba incolta segnalava una mancata volontà di occuparsi di se stesso.

 

Sebastian avvertì una morsa allo stomaco: si odiava. Si sarebbe preso a calci da solo, se avesse potuto.

 

Due adolescenti stupidi, altroché marito e marito, maturi e ragionevoli.

 

Lo osservò a lungo, mentre l’altro, per nulla intimorito reggeva fieramente il suo sguardo.

 

Alice gli strinse il polso. -Certo. Sarò felice di avervi come ospiti-

 

Quel plurale suonava come una minaccia o un avvertimento molto serio.

 

Sebastian sorrise, scuotendo la testa. -Ciao, Alice.- si piegò e le baciò la guancia.

 

Come un figlio.

 

La donna sbatté le palpebre e accarezzò la propria guancia con le dita, quasi potesse afferrare quel bacio e conservarlo.

 

Si erano davvero fatti del bene a vicenda.

 

*

 

Frenò, attendendo che scattasse il verde.

 

Non si erano ancora rivolti la parola e quell’atmosfera pesante stava irritando particolarmente Thad.

 

Strinse il volante, fino a far diventare le dita bianche e sbuffò.

 

Scattò il verde e accelerò.

 

Harwood non avrebbe parlato per primo. Sebastian voleva i suoi spazi, Thad glieli avrebbe lasciati.

 

Era snervante e frustrante ma, in un’intera vita passata con lui, aveva capito di essere disposto a qualsiasi compromesso pur di averlo con sé.

 

Mise la freccia e svoltò a destra, immettendosi nel vialetto di casa.

 

Diversi minuti e già l’abitacolo della macchina era pregno dell’odore del marito.

 

Quanto gli era mancato l’odore di Sebastian. Con i giorni stava iniziando a svanire, a diventare sempre meno intenso.

 

Spense la macchina, si voltò verso il marito, ma non fece in tempo a trovare lo sguardo dell’altro: aveva già aperto la portiera e stava andando a prendere Audrey nel bagagliaio.

 

Thad sollevò la leva accanto al posto del guidatore e aprì il portellone, permettendo al cane di scendere.

 

Fece lo stesso e chiuse l’auto, precedendo i due.

 

Voleva tornare a casa, ma non rivolgergli la parola? Perfetto. L’ennesima imposizione del despotismo e del “Gran carattere di merda” Smythe.

 

Andrèe gli aveva inviato un messaggio, diverse ore prima: restava fuori, non aveva idea di quando sarebbe tornata. Meglio, odiava che la figlia assistesse al clima post-litigio dei padri.

 

Tirò fuori le chiavi dalla tasca della propria giacca e le infilò nella toppa.

 

Non lo avvertì. Veloce e silenzioso come un gatto, Sebastian gli arrivò da dietro, circondandogli la vita e sfiorandogli l’orecchio con le labbra.

 

Thad sospirò, lasciandosi andare all’indietro e appoggiando la schiena al petto del più alto.

 

-Grazie per essermi venuto a prendere.- mormorò, sfiorando, ad ogni parola, il padiglione con la bocca.

 

-Sarei venuto a riprenderti ovunque.- ammise il moro, accarezzando le braccia che lo cingevano. -Non importa quanto tu possa farmi arrabbiare o per quanto tu possa abbandonarmi. Ti verrò a riprendere, sempre.-

 

-Ti amo.- lo strinse maggiormente a sé.

 

-Ti amo anche io, Sebastian.-

 

Sebastian era di nuovo a casa. E anche Thad lo era, tra le sue braccia.

 

 

*

 

Dopo che Andrèe e Paul ebbero fatto pace, andandosi a rintanare per giorni nell’appartamento della ragazza, Jeff aveva organizzato una cena dagli Sterling-Duvall per festeggiare la loro riunione.

 

E questa volta ci sarebbero stati tutti.

 

Nick era appoggiato alla balausta del portico quando, mentre fumava, gli Harwood-Smythe salirono i gradini di casa sua.

 

Andrèe gli posò un leggero bacio sulla guancia. Quella ragazza era incredibilmente alta, fortunatamente Paul aveva ereditato l’altezza da papà Jeff.

 

Thad gli passò accanto, sfiorandogli appena il braccio e portando dentro con sé la figlia: era chiaro quello che da lì a poco sarebbe successo.

 

Sebastian.

 

Duvall estrasse dal taschino della propria giacca il pacchetto di sigarette e lo porse a Smythe, che andò a posizionarsi accanto a lui, accendendo la sigaretta con il proprio accendino.

 

-Ehi.- lo salutò il moro, osservando le macchine passare davanti casa.

 

-Ehi.- bofonchiò Sebastian, socchiudendo un occhio per il fumo.

 

-Non credevo saresti venuto anche tu.- ammise Duvall.

 

-E perdermi un’occasione per prendere in giro tuo marito e l’imbarazzante grembiule rosa che indossa mentre cucina?- domandò. -Assolutamente.- ghignò, con la sigarette in bilico tra le labbra.

 

Nick scosse la testa, sorridendo tra sé.

 

-E’ imbarazzante, sono serio.- continuò Smythe.

 

-E’ solo eccentrico, Jeff lo è sempre stato.- lo giustificò il moro, voltandosi e appoggiando la schiena alla balaustra.

 

-Checca.- specificò Sebastian, con l’intento di provocare e facendo un tiro dalla propria sigaretta.

 

-Disse quello sposato con un uomo.- Nick sapeva esattamente che cosa il più alto stesse cercando di fare.

 

Cercava un dialogo. Cercava un modo per fargli capire che voleva andare avanti, lasciandosi alle spalle quello che c’era stato tra loro. Non avrebbero dimenticato, ovviamente. Ma avrebbero tentato di andare avanti, imparando dai propri errori, ma non lasciandosi sopraffare.

 

-Harwood mi ha ingannato. Ha alle sembianze di una piccola donna, ispanica e irsuta.- scherzò, sentendo l’atmosfera alleggerirsi.

 

Probabilmente, non avrebbero mai parlato direttamente. Entrambi avevano capito, aleggiava uno “scusami” ed era sufficiente.

 

 

Duvall rise di gusto. -Non ci crede nessuno, sai? Saresti in grado di vomitare alla vista di una donna nuda.-

 

-E’ la ragione per la quale mi sono sempre  rifiutato di vedere porno di gruppo alla Dalton.- aspirò un’ultima volta e buttò il mozzicone in giardino.

 

-Non potevi pretendere che tutti gradissero materiale gay.- gli fece notare Duvall.

 

-E perché, no?- domandò, voltandosi e dirigendosi verso la porta d’ingresso. -Dubito che ci fosse qualcuno di etero alla Dalton.-

 

Nick roteò gli occhi, preferendo non addentrarsi in quel discorso.

 

Lo avevano fatte troppe volte.

 

Sebastian sollevò la manica del proprio maglione scuro, trafficò con un oggetto legato intorno al proprio polso e, alla fine, lo lanciò contro il petto di Nick.

 

Il moro lo afferrò al volo e l’osservò.

 

Il laccio in pelle. Identico al proprio, che aveva donato ad Andrèe, nella speranza che Smythe lo notasse e si insospettisse.

 

-Dallo a Paul.- ordinò, aprendo la porta.

 

-Ci sposiamo?- chiese Nick, sorridendo.

 

-Ahimè.- sospirò Sebastian, entrando in casa.

   
 
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