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Autore: Shireen    24/05/2013    5 recensioni
"Poteva succedere di tutto, fuori dalla sua stanza. A lui non importava."
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’assassino che amava il rock

 
 

Il ragazzo era chiuso nella sua camera e, con le cuffiette del suo lettore mp3 nelle orecchie, ascoltava a tutto volume la sua rock band preferita.
Teneva gli occhi chiusi e saltava per la stanza, sul letto, sul tappeto, mentre le note lo invadevano fino al midollo. Gli pareva di respirarla, quella musica, quasi come se il ritmo del battito del suo cuore fosse scandito da essa.
Non gli importava niente di nessuno; era felice, nella sua solitudine troppo affollata dalle note. Si sentiva vicino ai suoi idoli, nonostante questi ultimi fossero lontani anni luce da lui.
L’ambiente era gettato in un silenzio surreale, quasi fosse dimenticato dal resto del mondo; quasi fosse importante soltanto ciò che proveniva dalle cuffiette.
Tuttavia, il ragazzo non era solo in casa. C’era la madre al piano di sotto, intenta ad armeggiare con i fornelli. Era terribilmente assillante in quei giorni di metà maggio: continuava a ripetergli di studiare, di smettere di ascoltare quella musica spaccatimpani, di diventare una volta per tutte responsabile. Ma quale adolescente vuole diventare responsabile?
Il rock era liberatorio, lo faceva separare dalla madre e da quella vita che reputava squallida.
Così, chiuso a chiave nella sua piccola camera, se ne stava finalmente in pace, e non c’era nessuno che potesse disturbarlo.
Poteva succedere di tutto, fuori dalla sua stanza. A lui non importava.
Poteva entrare un serial killer dalla finestra, sgattaiolare verso la cucina e, armato di una mannaia da macellaio, assalire sua madre. A lui non importava. Poteva colpirla alla schiena, di soppiatto. Lei sarebbe caduta in avanti, sui fornelli accesi, e magari la sua faccia non sarebbe più stata quella di prima dopo il bagno nella pentola colma d’acqua bollente. Magari l’assassino l’avrebbe colpita altre volte, affondando l’arma improvvisata nella sua carne, tagliando i suoi muscoli e separando le sue costole. Magari sarebbe addirittura potuto essere talmente pazzo da tagliarle la testa, le mani, le dita… Insomma, avrebbe benissimo potuto farla a pezzettini, e poi disperderli per la casa. Lanciarli in aria a mo’ di coriandoli. Lui non avrebbe sentito assolutamente nulla: protetto com’era dal volume troppo alto, nessun urlo aveva il potere di sfiorarlo.   
Sorrise. Forse guardava troppi film horror.
E poi, se davvero un serial killer psicopatico fosse entrato e avesse ucciso sua madre, non si sarebbe dimenticato di lui, no? Magari, però, poteva essere un serial killer amante del rock. Avrebbe potuto aprire con troppa facilità la porta chiusa a chiave, si sarebbe potuto affacciare, con la mannaia da macellaio in mano pronta all’azione. Tuttavia, visto il ragazzo in balia della sua musica preferita, mosso da compassione, avrebbe improvvisamente potuto decidere di risparmiarlo.
No… Troppi film horror, si ripeté.
Però era girato di schiena verso la porta: non poteva vedere se qualcuno vi si affacciava.
Spense la musica. Tanto valeva controllare, e poi, resosi conto che era tutto frutto di fantasia, farsi un panino.
Si girò verso la porta. Era socchiusa. Eppure, ci avrebbe scommesso la testa, prima era chiusa a chiave.
Rise nervosamente. L’aprì. Il corridoio era deserto. Fece un passo, ma pestò inavvertitamente qualcosa. Spostò il piede. Un dito.
 
Non era tutto frutto di fantasia; il rock gli aveva fatto percepire la realtà.

   
 
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