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Autore: JD Jaden    25/05/2013    4 recensioni
Come è nata Panem? Lei lo sa. Lo ha imparato a scuola e ne ha sentito parlare dagli anziani del Distretto 12. Come si è passati dalla pace ai Giorni Bui? Beh lei li ha vissuti, anche se era piccola e ha cercato di rimuovere il trauma. Come è finita la guerra? Per lei con una perdita inaccettabile. E come si sono svolti i primi Hunger Games? Lei è stata il primo Tributo femmina del Distretto 12. Ed è stata la prima vincitrice. Nessuno meglio di lei può raccontare questa lunga, terribile storia...
Chi è lei? Jaden Cartwright, 17 anni, ragazza del Giacimento che cerca di tirare avanti in un mondo difficile e crudele. In questa brutta avventura cercherà di imparare come si fa a sopravvivere in mezzo alla morte, a non impazzire davanti a scelte impossibili, a ricominciare a vivere quando tutto sembra finito.
Ma capirà che niente è finito. Che è proprio quando sembra che la vita sia più bella, più semplice, che l'incubo ricomincia, più reale e temibile di prima.
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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"..."

(...)


 

Hunger Games. Ecco come ha intenzione di tenerci buoni. Non riesco a crederci, spero ancora di aver capito male! Dev'essere tutto uno scherzo di cattivo gusto, non può davvero averci chiesto questo. Perché è troppo perfino da pensare: sorteggiare, abbellire e mandare dei ragazzini al macello. All'improvviso la mia rabbia si trasforma in paura. Non solo per me stessa, ma anche per le persone che amo. Mia sorella Jenny è ancora piccola per poter partecipare già quest'anno, ma Thomas no. Il suo nome sarà in quella maledetta anfora. Assieme a quello di Andrew e di centinaia di altri ragazzi... compagni di scuola, vicini di casa, amici! L'unico al sicuro è Mark. La cosa mi rassicura più di quello che ammetterei. Siamo solo amici, ma l'idea di perderlo sarebbe insopportabile. E certo le probabilità che venga estratto proprio il mio fratellino sono poche, ma chi può dirlo?
E se venissi sorteggiata io? Probabilmente sarei la prima a morire, nell'Arena! Sono di costituzione gracile. Alta, ma non particolarmente forte, malnutrita e fuori forma. Una preda facile. Però sono furba, corro veloce e so arrampicarmi praticamente dappertutto... Forse una piccola speranza ce l'avrei. Ma è inutile pensarci ora. Com'è che ha detto il presidente? "Possa la buona sorte essere sempre a vostro favore". Forse la buona sorte sarà davvero a mio favore...
Mi guardo attorno per vedere come ha reagito la mia famiglia a questa notizia. Thomas è in piedi e sta abbracciando la mamma. Jenny piange. E io? Io sto tremando! Di rabbia o di paura o forse di entrambe. Devo sembrare spaventata, per questo Jenny piange: se ho paura io significa che la situazione è grave. Devo controllarmi! Faccio un respiro profondo e provo a sorridere.
«Piccola vieni qui» Jenny si siede sulle mie ginocchia e io le asciugo le lacrime con le dita, accarezzandola.
«Stai tranquilla, per te è presto. E poi siamo in tanti, è impossibile che estraggano me o Thomas!»
«Lo credi davvero? E se invece succedesse?»
«Se succedesse allora torneremmo come vincitori! Te lo prometto piccolina»
Sembra tranquillizzarsi un po'. Ci abbracciamo e io suggerisco di fare come se non fosse successo nulla. Tanto alla Mietitura manca ancora più di un mese!

Come è strano il tempo. Quando aspetti qualcosa di bello non passa mai. Quando invece vorresti fermarlo, quello scivola via veloce come il vento! Non me ne accorgo quasi neanche ed ecco che è giugno. E' l'ultimo giorno di scuola e ci annunciano che domani ci sarà la Mietitura. La partecipazione è obbligatoria per tutti gli abitanti del distretto perciò a partire dalle 4 di oggi ci saranno 48 ore di riposo dal lavoro. Noi ragazzi di età compresa fra i 12 e i 18 anni dovremo presentarci con un'ora di anticipo per registrarci. Poi dovremo posizionarci in ordine di età ai piedi del palco allestito davanti al Palazzo di Giustizia e aspettare. Mi sembra tutto così irreale e assurdo: il professore ci sta tranquillamente spiegando come comportarci alla manifestazione che selezionerà chi di noi dovrà andare verso una morte quasi certa!
Quando suona la campanella aspetto i miei fratelli, li accompagno fino a casa, ma non entro. I miei piedi si dirigono automaticamente verso il lato opposto della strada. Busso alla porta sperando che i minatori siano già arrivati a casa. O meglio uno in particolare. Sono fortunata, la porta si apre e Mark mi osserva per un istante prima di abbracciarmi. Restiamo li per un tempo indefinito, abbracciati e tremanti. Mi sento al sicuro fra quelle braccia forti e sento che potrei rimanere li per sempre. Ma presto, troppo presto, ci separiamo.
«Passeggiamo?» mi dice. Accetto volentieri. Ho bisogno di parlare con lui di una cosa che ho in mente da un po'.
Raggiungiamo il Prato. Qui ci sono numerosi punti della recinzione che sono sollevati. E' da li che entrano gli animali che porto a casa per la cena quando sono fortunata. Non rimangono fulminati perché il perimetro è elettrificato solo quando abbiamo l'elettricità. Cioè quasi mai... I pochi Pacificatori che ci sono nel Distretto 12 non fanno caso a me e alle mie piccole prede. Siamo fortunati ad essere così lontani da Capitol City: siamo poveri, è vero, ma almeno veniamo lasciati in pace. Più o meno. Comunque Mark mi mostra un punto, nascosto da alcuni cespugli di more, in cui la rete è sollevata tanto da permettere il passaggio di una persona.
«Guarda! Potremmo scappare lo sai? Io e te. Fuggire assieme nei boschi e non voltarci più...»
«Mark sei impazzito? Lo sai benissimo che è illegale. E poi ci sono i predatori nei boschi... E comunque non potrei mai abbandonare la mia famiglia!»
«Lo so, lo so. Era solo un dato di fatto. Se fossimo solo noi due potremmo farcela.» Non capisco perché parla di cose tanto stupide. E' inutile pensare a soluzioni che non possiamo mettere in pratica. E poi cos'è questa storia di "io e te", "assieme", "noi due"? Non c'è nessun noi. Ci sono solo io, con il mio problema urgente. E lui, l'unico a cui posso affidare questo fardello. Non c'è più tempo, devo parlargliene prima che sia troppo tardi.
«Mark? Se il mio nome dovesse essere estratto...»
«Non pensarci nemmeno! Ci sono molti altri nomi oltre al tuo, è impossibile che tocchi a te.»
«Ti sbagli. E' difficile, ma non impossibile. E ho bisogno di chiederti un enorme favore, nel remoto caso in cui dovesse succedere.»
«Non voglio stare a sentirti. Non abbiamo motivo di parlarne perché è un'eventualità che non voglio prendere in considerazione.»
«Devi ascoltarmi!» ho urlato. Non era mia intenzione farlo, ma si sta comportando come uno stupido! Almeno sono riuscita a zittire il suo farneticare.
«Devi ascoltarmi per forza. Perché se non potessi più stare vicina alla mia famiglia, qualcuno dovrà aiutarli al posto mio. Procurare del cibo, accompagnare i miei fratelli al mercato, raccogliere con loro le erbe... Non posso permettere che muoiano di fame. E neanche che mia madre si ammazzi di lavoro per compensare la mia mancanza!»
«Capisco. Hai ragione. In quel caso, li aiuterò io. Non devi preoccuparti di nulla.»
«Speravo che lo dicessi. Ti voglio bene lo sai vero?»
«Anche io te ne voglio Jaden. Non voglio perderti. Non lo sopporterei.»
«Non mi perderai. Non estrarranno il mio nome. Possiamo stare tranquilli, credo... La mia è solo una precauzione.» Non sono sicura di poter stare tranquilla, ma dirlo ad alta voce mi aiuta. E aiuta anche le persone che mi vogliono bene a quanto pare.
Mark mi guarda in un modo strano. Non so a cosa stia pensando, ma i suoi occhi verdi e profondi e bellissimi sono fissi nei miei e non so per quanto tempo riuscirò a sostenere questo sguardo insistente. Si avvicina. Sempre si più. E' troppo vicino. Devo dire qualcosa per fermare questa situazione imbarazzante...
«Che sbadata! Mi sono dimenticata che oggi è il mio turno di preparare la cena... E poi mi sa che dovrò prepararmi. Domani sarà una giornata difficile...» Sul suo viso c'è un'espressione indecifrabile. Mi sembra soprattutto deluso, ma c'è dell'altro che non riesco a capire...
«Ok. Hai ragione... Ci vediamo domani però eh!» Sorrido sinceramente felice. Sono molto più tranquilla ora che so che Mark non abbandonerebbe la mia famiglia. Però ci sono degli strani pensieri che mi vorticano in testa e non riesco a venirne ancora a capo... c'è qualcosa che si sta creando fra di noi, dopo anni di amicizia, ma è qualcosa che inspiegabilmente mi spaventa.
«Certo! Non puoi mancare alla nostra festa...» la Mietitura è una cosa su cui bisogna per forza scherzare, altrimenti si rischia di impazzire!

Oggi è la mattina della Mietitura. La cosa positiva è che tutti gli abitanti del distretto potranno riposarsi e dormire un po'. Almeno quelli che ci riescono... e io non sono fra di loro. All'alba rinuncio a dormire e mi alzo per fare colazione. Anche la mamma è già sveglia e sta rattoppando delle divise. Lascio perdere la colazione e senza che mi chieda qualcosa, mi siedo accanto a lei e inizio ad aiutarla. Non è un lavoro faticoso, ma richiede concentrazione, così posso smettere di pensare alla cerimonia per un po'.
A Capitol City nessuno si sveglia prima di mezzogiorno per cui la Mietitura si terrà alle 3 del pomeriggio. Noi dobbiamo essere la alle 2 per la registrazione. Prima però dobbiamo prepararci: lavarci per bene e indossare l'abito più elegante che abbiamo. E questo è un bel problema. Normalmente facciamo il bagno un paio di volte a settimana, e mai tutti lo stesso giorno. Questo perché siccome non abbiamo l'acqua calda, il bagno comporta che si mettano sul fuoco tutte le pentole che abbiamo, riempite di acqua fin quasi all'orlo. Allora abbiamo deciso di scendere ad un compromesso: visto che solo io e Thomas saremo al centro dell'attenzione, la mamma e Jenny hanno fatto il bagno ieri, così oggi lo dobbiamo fare solo noi due. Alle 8 mamma mi dice di mettere da parte il lavoro e iniziare a prepararmi. Ci vuole circa mezz'ora prima che l'acqua sia calda e un altra mezz'ora prima di essere pulita e profumata. A quel punto c'è un altro problema: il vestito. Non ho mai avuto bisogno di abiti eleganti, quindi vado dalla mamma per chiederle se ha qualcosa da prestarmi, ma mi trovo davanti una sorpresa. Un abito rosso. semplice, ma molto grazioso. Arriva al ginocchio è un po' aderente in vita e svolazzante nella parte della gonna. Mi piace, ma non capisco da dove arriva.
«Mamma è bellissimo, ma dove l'hai preso?» mi sorride.
«Ho preso la stoffa al negozio ieri mattina e l'ho confezionato stanotte... Volevo che fossi bellissima piccola mia» adesso mi viene da piangere.
«Ma mamma non c'era bisogno che stessi alzata tutta la notte! Avrei potuto aiutarti... Comunque, grazie. Sei un angelo.» La abbraccio. E' una cosa che non faccio praticamente mai. Non ho molto tempo per le dimostrazioni d'affetto. Sono sempre impegnata a cercare di non far morire di fame la mia famiglia... Questo però è un momento solo nostro e niente può rovinarlo. Neanche gli Hunger Games che incombono su di noi!
Quando i miei fratelli si svegliano sono le 10 passate. Io nel frattempo mi sono vestita e la mamma ha messo su l'acqua per il bagno di Thomas. Quando Jenny vede il mio vestito rimane come incantata.
«JD, sei bellissima!» Questo è Thomas, il mio dolce fratellino di 13 anni che sta per vivere un'esperienza orribile, ma che trova il tempo di farmi un complimento. Gli voglio un bene indescrivibile!
«Ma figurati - rido di gusto - sono sempre io, solo che sono pulita e con un bel vestito. L'ha fatto mamma, non trovate che sia meraviglioso?»
«Sì è molto bello Jaden, ma Thomas ha ragione, sei tu che sei bellissima!» Jenny. La mia piccola scimmietta.
«Tu sei bellissima...» Basta, rischio davvero di piangere se non la smettono. E io non voglio mai più piangere in vita mia. L'ho giurato a me stessa quando è morto papà...
«Thomas vieni, il tuo bagno è pronto. E c'è un vestito anche per te. Ho stretto un vecchio abito di vostro padre... Ti starà benissimo e poi è rosso così sarete abbinati». La voce le si incrina leggermente e adesso sembra che anche lei voglia piangere, invece sorride e sospinge Thomas verso il bagno.
A mezzogiorno siamo tutti pronti, vestiti e nervosi. In effetti non siamo mai stati così belli... avrei preferito che l'occasione per tirarci a lucido fosse più allegra però. Cerchiamo di mangiare qualcosa e poi restiamo ad aspettare. Il tempo ci gioca brutti scherzi e in un attimo arriva l'ora di andare. Usciamo di casa e ci incamminiamo, stretti gli uni agli altri come se ne andasse della nostra vita. E forse un po' è come se lo fosse. Più ci avviciniamo alla piazza e più vediamo altre famiglie con figli dirette alla Mietitura. Camminano unite, esattamente come noi. Probabilmente proviamo tutti la stessa sensazione di blocco alla bocca dello stomaco... Mi guardo attorno per vedere se Mark è già arrivato e invece vedo Andrew. E' già in piazza, davanti al negozio della sua famiglia. Quello di dolci e caramelle. Vicino a lui ci sono sua madre e il suo fratellino, che è la sua copia in miniatura. Suo padre era assieme a mio padre nella piazzetta del Giacimento due anni fa. Morto perché Generale a capo dei ribelli dei distretti. Distolgo lo sguardo e mi concentro sulla piazza. Di solito è un posto che mi mette allegria. Oggi è pieno di stendardi colorati con il sigillo di Capitol City e bandiere di Panem. Eppure l'ambiente è tutt'altro che allegro. Anzi al contrario mi opprime più che mai... forse sarà colpa di tutte quelle telecamere, con i loro cameraman appostati sui tetti, o forse la presenza del palco che sembra incombere su di noi. Alle due in punto dagli altoparlanti esce una voce di donna che dice che sono ufficialmente aperte le iscrizioni. Salutiamo la mamma e Jenny e ci incamminiamo verso il banco della registrazione, sulla destra della piazza, davanti al quale si è già formata una coda. Quando arriva il mio turno capisco finalmente cosa si intende per registrazione. Già da sola mi sembra una forma di tortura: un inserviente in camice bianco (dal cui aspetto capisco che arriva da Capitol City) mi afferra la mano sinistra e mi punge l'indice con un ago a penna. D'istinto ritiro la mano, ma lui la tiene ben stretta e mi appoggia il dito macchiato di sangue su un foglio bianco, in corrispondenza di uno dei quadrati che si trovano uno sotto l'altro verso sinistra. I quadrati sopra il mio sono già pieni di impronte insanguinate. Quindi lascia andare la mia mano e mi porge una penna per farmi firmare, accanto alla mia impronta digitale. Scrivo il mio nome un po' tremolante per l'agitazione e poi un altro inserviente di Capitol City mi indica la zona delle diciassettenni. Solo adesso mi accorgo che la piazza è divisa in due parti, delimitate da funi e che ogni parte è contrassegnata da un numero da 12 a 18. Quindi ci si deve sistemare a seconda dell'età e del sesso: le femmine a destra, i maschi a sinistra, i più piccoli davanti, i più grandi dietro. Devo separarmi da Thomas. Aspetto che si sia registrato per salutarlo.
«Non ti ha fatto troppo male vero?» gli chiedo.
«No, tranquilla. Però dobbiamo separarci...» lo abbraccio. Ultimamente sono proprio in vena di smancerie!
«Buona fortuna Tommy»
«Buona fortuna J.D.»
Ci dirigiamo in direzioni opposte. Io mi fermo quasi subito, assieme alle altre ragazze di 17 anni. Quasi tutte mie compagne di classe. Lui invece prosegue fino alla sezione dei tredicenni. Lo vedo salutare un ragazzino. Probabilmente un suo amico. Non riesco a non pensare a quanto sia ingiusta e barbara questa cerimonia del cavolo! Sono ancora incantata a tenere d'occhio il mio fratellino, sovrappensiero, perciò non mi accorgo della ragazza che mi si avvicina finché non mi saluta, facendomi sobbalzare.
«Scusa, non volevo spaventarti... Jaden Cartwrite giusto?» è la figlia del sindaco. Allora neanche la sua famiglia, per quanto importante, si può salvare dagli Hunger Games.
«Sì, Dora Undersee vero? Hai anche tu un fratello alla Mietitura...»
«Già. Lui ha 12 anni, spero davvero che non lo estraggano... Non ci siamo mai conosciute io e te... dev'essere perché io sono della sezione 1. Però ti ho vista spesso nei corridoi. Sei molto carina, un sacco di miei compagni di classe parlano di te.» Dora si riferisce al fatto che anche se abbiamo la stessa età non siamo in classe assieme perché ci sono tre sezioni per ogni età. La 1 è per i ragazzi più ricchi, la due per i commercianti. Io sono nella 3, assieme ad altri ragazzi del Giacimento. Ma questa storia che dei ragazzi parlano di me, non mi torna. Io non sono una persona molto espansiva. Non sono timida, intendiamoci, però mi trovo bene da sola o con gli amici più stretti. Non sono il tipo di ragazza che va a presentarsi a tutti. Né il tipo che tutti si voltano a guardare quando passa. Probabilmente mi sta solo prendendo in giro!
«Sì, come no. Oh guarda, stanno cominciando!». Per fortuna ho una scusa per smettere di parlare con lei.

Sul palco ci sono un microfono, tre sedie e due anfore trasparenti, una a destra e una a sinistra, piene di piccoli rotolini bianchi. Le sedie sono occupate dal padre di Dora, Michael Undersee, da una donna sulla trentina con i capelli a boccoli verde acqua e da un uomo pelato con disegni dorati attorno agli occhi che avrà la stessa età della donna. Sicuramente entrambi di Capitol City. Non so chi siano né perché siano qui, ma a mio parere sono ridicoli. Dietro il palco c'è uno schermo enorme. Quando l'orologio cittadino batte le tre il sindaco si alza, si avvicina al microfono e inizia a parlare della storia di Panem. Della pace. Poi, quando arriva ai Giorni Bui, sullo schermo compaiono cruente immagini di guerra che finiscono con l'esplosione delle bombe nel Distretto 13. Per un terribile istante temo che trasmettano anche il suicidio pubblico dei Generali, ma per fortuna ce lo risparmiano. Dalla resa passa al Trattato del Tradimento. Quindi arriva agli Hunger Games. Mi sembra quasi di sentire il chiaro messaggio del presidente Snow: sono talmente potente da potermi permettere di prendere i vostri figli e lasciare che si uccidano a vicenda, sotto ai vostri occhi, senza che voi possiate fare nulla, altrimenti finireste col saltare per aria come quelli del Distretto 13.
«E ora lascio la parola a quella che sarà l'accompagnatrice dei due ragazzi selezionati. Flavia Monroe.» la donna sul palco si alza e prende il posto del sindaco. Ora noto anche come è vestita: un abito bianco con disegni a spirali argentate, lungo fino alle caviglie e scarpe argentate con un tacco altissimo. Mi chiedo come possa stare in piedi con quelle specie di trampoli... Ovviamente parla con il fastidioso accento della capitale.
«Buongiorno a tutti voi. E felici Hunger Games! Possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!» Dove l'ho già sentita questa? Ah giusto la frase di chiusura di Snow alla presentazione del Trattato del Tradimento. Cosa dovrebbe essere? Lo slogan del reality? Che schifo. Sono sempre più disgustata da questa storia. Soprattutto dal tono allegro con cui sta parlando quella strega di Capitol City!
«Sono onorata di essere la prima accompagnatrice del Distretto 12. Seguirò i Tributi lungo tutto il loro percorso di preparazione. Ma non sarò sola! Con me ci sarà anche il vostro Mentore. Ovviamente non c'è ancora stato un vincitore che possa coprire questo ruolo, per questo motivo per i primi anni vi sarà assegnato un Mentore di Capitol City, vi piacerà ve lo assicuro! Ecco a voi Ken Brown.» L'uomo si alza e fa un cenno con la mano. Poi si risiede. Evidentemente non è in vena di discorsi. Sicuramente lo preferisco alla loquacità che sta dimostrando quella Flavia!
«Bene bene, ora direi che possiamo cominciare. Quando leggerò il nome la persona chiamata verrà sul palco e a quel punto, se ci saranno volontari, potranno farsi avanti per sostituirla. Come vuole il galateo: prima le signore.» Ecco è arrivato il momento. Il cuore mi batte a mille, mi gira la testa e mi sento soffocare... Flavia si avvicina quasi saltellando all'anfora delle ragazze. Ci tuffa la mano e la fa girare per un po'. Poi afferra un rotolino, lo estrae e torna al microfono. Tutta la piazza trattiene il fiato e cade un silenzio irreale mentre Flavia Monroe liscia il bigliettino...
«Jaden Cartwrite!»
E' come se un mattone mi venisse lanciato nello stomaco. Lo sapevo. Mi sento a pezzi, ma non è il momento di cedere. Ora tutte le telecamere si punteranno su di me e devo sembrare forte. Mi accorgo che attorno a me si è formato uno spazio vuoto. Le ragazze che mi stavano ai lati, davanti e dietro si sono spostate e tutti mi stanno fissando. Leggo il sollievo sulla faccia di Dora Undersee. Quella stronza ha capito di essere salva. Se prima non mi stava simpatica, adesso la odio. Stringo i pugni per un secondo, poi rilasso le dita. Modello sul mio viso un espressione dura e seria, poi sollevo il mento e cammino verso il palco. Guardo solo avanti per evitare di incrociare lo sguardo di Thomas. Non potrei rimanere impassibile se vedessi la sua reazione. Salgo e mi metto alla sinistra del microfono.
«Ciao cara. - mi stringe la mano e mi sorride. Provo a sorriderle anche io, ma non mi riesce proprio per cui decido di mantenere la mia espressione neutra - Benissimo. Ci sono dei volontari?» Nessuno dal lato delle ragazze fiata. Non mi aspettavo nulla di diverso. Sono tutte terrorizzate e nessuna mi vuole abbastanza bene per prendere il mio posto. Non mi sono mai sforzata di farmi una vera amica e comunque, se anche ce l'avessi, non vorrei certo che si offrisse volontaria al mio posto!
«Perfetto. Allora passiamo ai ragazzi.» la scena si ripete. Tutti trattengono il fiato mentre Flavia passa la mano fra i biglietti. Ne raccoglie uno e torna al microfono. Lo liscia e legge:
«Thomas Cartwrite!» Questo no! Tutto, ma non questo! Mi lascio sfuggire un "NO!" disperato che attira l'attenzione di tutti verso di me. Ora non posso più restare seria e fredda. Sto tremando come una foglia, i pugni stretti e le lacrime che premono agli angoli degli occhi. Non voglio piangere. Mando giù il nodo enorme che mi preme in gola e cerco di ricacciarle indietro mentre il mio fratellino cammina verso il palco e sale. Appena raggiunge il microfono lo abbraccio forte e lui si aggrappa a me e piange. E' una tortura troppo straziante. Il cuore mi fa male da morire. Alzo lo sguardo e cerco mia madre e Jenny. Le trovo, abbracciate e in lacrime, proprio mentre Flavia ricomincia a parlare.
«Scommetto che siete fratelli. Non ci voleva proprio!» la sua voce non fa altro che farmi montare la rabbia! Che senso ha dire ovvietà stupide? L'attenzione di tutti è ancora rivolta verso il nostro abbraccio disperato quando dal pubblico arriva una voce. Prima è quasi un sussurro, poi aumenta di tono quando ripete quelle parole, che equivalgono a una condanna a morte:
«Mi offro volontario. Mi offro volontario come Tributo!» Andrew. Fra tutte le persone, a salvarmi è proprio lui. Gli devo già un lecca lecca, ma ora gli dovrò anche la vita di mio fratello! E non potrò mai ripagarlo di questo...
«Giusto. Con tutte queste emozioni mi stavo quasi dimenticando di chiedere se ci sono volontari, ma a quanto pare uno c'è già! Bene ragazzo, sali sul palco.» Tutto il distretto ora sta fissando il bellissimo Andrew Donner che cammina lentamente verso il palco. Mi sciolgo dall'abbraccio con Thomas.
«Corri da mamma e Jenny. Proteggile Tommy. Mark ti aiuterà, me l'ha promesso! Ora vai, coraggio...» Thomas rimane aggrappato a me finché due Pacificatori non vengono a prenderlo e lo trascinano di peso giù dal palco.
«Jaden! Jaden! No! Lasciatemi... Voglio parlare con mia sorella!» grida disperato, spezzandomi ulteriormente il cuore.
«Non preoccuparti caro, avrai modo di parlarle ancora, prima della partenza!» Flavia sembra un po' infastidita, ma le sue parole riescono a calmare Thomas che si lascia trascinare via.
«Benissimo. Ora, come ti chiami ragazzo?»
«Andrew Donner.» La sua voce è alta e chiara, solo un po' incrinata da quella che credo sia paura. Forse si sta rendendo conto solo ora di ciò che ha fatto...
«Sei molto coraggioso Andrew! Bene, Tributi, stringetevi la mano.» Io e Andrew ci guardiamo negli occhi e ci stringiamo la mano. Riesce addirittura a sorridermi, mentre io non ho più il controllo della mia faccia. Chissà che espressione ho in questo momento... Probabilmente sconvolta. Tutti i miei piani di sembrare forte sono andati a quel paese.
«Finalmente abbiamo finito! - continua Flavia - Fate un bell'applauso a Jaden Cartwrite e Andrew Donner, i primi Tributi del Distretto 12!».
Nessuno applaude e sono loro grata per questo. Significa che gli abitanti del Distretto 12 non sono d'accordo. Che nessuno di noi lo è. Che questa situazione è inaccettabile. Il silenzio si protrae per qualche istante poi parte l'Inno di Panem. La cerimonia della Mietitura è finita...


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NOTE DI JD:

 

Terzo capitolo con la nuova grafica, ma non ancora betato! Siamo arrivati alla Mietitura e a questo punto conoscete entrambi i Tributi del Distretto 12, ma non illudetevi ancora di aver compreso i caratteri del due personaggi, in particolare non liquidate Andrew come "copia di Peeta" perché decisamente non è così :3 
Inoltre è possibile che abbiate intravisto un possibile triangolo, ma toglietevelo dalla testa xD shippate pure chi volete eh, ma a vostro rischio e pericolo...
Concludo dicendo che i due loschi individui nelle carte laterali sono ovviamente i due capitolini, imparerete a conoscerli più avanti e spero li amerete quanto li amo io! Presto o tardi aggiungerò anche la citazione in alto (perdonate i puntini nonsense, ma non volevo stravolgere l'html, che già sono una frana così); se vi fa piacere recensite cari, fatemi sapere cosa ancora non va e sarò lieta di correggere il tutto.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

   
 
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