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Autore: _hayato    26/05/2013    4 recensioni
"Ormai tra Leo Baskerville ed il resto del mondo si era formata una barriera bella spessa fatta di capelli, occhiali, libri e qualche voce messa in giro da qualche simpaticone della facoltà secondo cui il moro era una via di mezzo tra un ventenne sociopatico e Jeff the killer.
Peccato che su Elliot Nightray, diciannove anni appena compiuti e un caratterino vivace abbastanza da mettere in fuga qualsivoglia ragazzo venisse tratto in inganno dal suo bel faccino, queste voci non avessero il minimo effetto."

[Leo/fem!Elliot, perché sì]
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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«Cosa leggi?»
Ignorala. Semplicemente, ignorala.
«Guarda che ti ho fatto una domanda.»
Ricorda che è una ragazza, Leo, non puoi massacrarla di botte.
«Ohi, la smetti di ignorarmi?!»
… o forse sì?
«Tsk!»
Elliot Nightray raccolse la borsa traboccante di tomi sulla medicina ed uscì dalla sala come se le avessero fatto il peggior torto della sua vita.
Tornerà domani.
Si disse rassegnato, sollevato, sì, ma non abbastanza da rivolgere nuovamente l'attenzione sul romanzo che stava tentando, invano, di leggere da più di una settimana ormai. Cosa che avrebbe potuto fare senza problemi, se non fosse stato per la pedante ragazzetta bionda che ogni sacrosanto giorno veniva ad invadere la sua solo sua – biblioteca tentando, quasi disperatamente, di intavolare una conversazione con lui. Tentativi del tutto inutili, s'intende, dato che ormai tra Leo Baskerville ed il resto del mondo si era formata una barriera bella spessa fatta di capelli, occhiali, libri e qualche voce messa in giro da qualche simpaticone della facoltà secondo cui il moro era una via di mezzo tra un ventenne sociopatico e Jeff the killer. Non che glie ne importasse, al contrario, provava una sorta di sadico divertimento nel vedere i corridoi aprirsi al suo passaggio - manco fosse un qualche personaggio della Bibbia – e nel sentire l'ennesima matricola sgusciare via di corsa qualora si fosse trovata nella sua stessa stanza.
Peccato che su Elliot Nightray, diciannove anni appena compiuti e un caratterino vivace abbastanza da mettere in fuga qualsivoglia ragazzo venisse tratto in inganno dal suo bel faccino, queste voci non avessero il minimo effetto.
In effetti non aveva ben chiaro il motivo per cui la ragazza, da quelli che a lui sembravano un’eternità ma che attualmente erano appena una decina di giorni, si ostinasse a venire ogni giorno alla stessa ora allo stesso tavolo tentando con una patetica recita di convincerlo che stesse studiando quando non faceva altro che scrutarlo con i limpidi occhi azzurri, quasi a volerlo analizzare, impedendogli di concentrarsi e continuando fino al momento in cui, finalmente, gli avrebbe rivolto la parola e, non ricevendo risposta, sarebbe uscita innervosita dalla biblioteca. A Leo non restava che sopportare quell’oretta estenuante di silenzio per poi tirare un sospiro di sollievo nelle ventitré successive. Peccato che, dopo un paio di giorni, quella che era noncuranza stava diventando intolleranza e l’intolleranza era terribilmente vicina, nel suo caso, alla curiosità. Passava le ore sperando di non incontrarla – o forse cercando di vederla? – e tutto il tempo passato nella stessa aula, nello stesso corridoio o persino nella stessa struttura della bionda diventava una lotta contro sé stesso nel tentativo di non guardarsi attorno per controllare che non ci fosse. Forse, ma forse, era un tantino paranoico. O forse stava cercando, invano, di nascondere al suo cervello l’interesse che provava per una ragazza che passava un’ora libera del suo tempo tentando di entrare in contatto con lui. Ma perché? Era un ragazzo di aspetto ordinario, “inquietante” ed asociale, per niente interessante, “figo” o qualsiasi altro aggettivo positivo. Non faceva altro che porsi la stessa domanda da giorni ormai, si sentiva sul punto di avere uno scatto di rabbia improvvisa ogni volta che la vedeva.
Non riusciva a capirla, e non capire lo mandava in bestia.
Fu quello il motivo per cui, nonostante l’incoerenza del gesto, contando che la ragazza avesse provato ad interagire con lui appena cinque minuti prima e lui si fosse sentito sollevato nel vederla uscire,  Leo scattò in piedi corse fuori quasi dimenticandosi la tracolla sulla sedia.
Fu un’assurda coincidenza, dopo averla cercata praticamente per tutta la facoltà, trovarla seduta ad un tavolino del bar accanto alla biblioteca che beveva il suo caffè con tutta calma, quasi stesse aspettando qualcuno. Nella mente del moro, il primo pensiero che passò fu un L’ha fatto apposta talmente infantile da suonare ridicolo.
Elliot non batté ciglio quando Leo, con la noncuranza che lo aveva sempre caratterizzato, si sedette di fronte a lei e prese a fissarla, aspettando che finisse di bere, cosa che le impiegò una trentina di secondi in cui il moro fece di tutto per non sbattere nemmeno le palpebre. Ignorò qualsivoglia convenzione quale salutare o presentarsi e andò al punto.
«Mi spieghi perché ogni giorno dalle tre alle quattro butti il tuo tempo in biblioteca a fissarmi?»
Lei lo guardò con quella che, nel suo cervello, doveva essere una faccia seria e disinteressata, ma che veniva tradita dalle guance arrossate e dal lieve tremolio nervoso del labbro inferiore.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando.»  ribatté, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia «Per non parlare del fatto che è incredibilmente maleducato da parte tua venire qui senza nemmeno presentarti ed iniziare a sparare accuse assurde.»
Trattenne a stento una risata e le porse la mano, che la ragazza non strinse.
«Io sono Leo.»
«Elliot Nigtray.» rispose orgogliosa, quasi il suo cognome fosse la più grande impresa di sempre.
«Avrei giurato che Elliot fosse un nome da maschio.» tentò di scherzare.
«Ed io avrei giurato di aver avuto un cane col tuo stesso nome.» ribatté fredda.
«Direi che siamo arrivati alla parte della conversazione in cui tu mi dici perché mi stavi fissando.»
«Ho già detto che non mi siedo al tavolo accanto al tuo a fissarti.» non riuscì a fare a nascondere un sorrisetto soddisfatto.
«Non ho mai detto che ti siedi al tavolo accanto al mio.»
«Tsk! » la ragazza, ferita nell’orgoglio, scattò in piedi e fece per andarsene, ma Leo la afferrò per il polso.
«Non è un po’ stupido da parte tua andartene così dopo aver tentato di parlarmi per giorni?» la bionda si bloccò alle sue parole, sbuffando. Arrossì ulteriormente.
«Se vuoi possiamo parlarne stasera, da qualche parte..»
Sta volta riuscì ad evitare di scoppiare a ridere.
«Mi stai chiedendo di uscire?» chiese incredulo «Se vuoi un aiuto con gli esami, chiedimelo direttamente ed io sarò onoratissimo di rifiutare, i giochetti con me non funzionano.» continuò seccato. Era sicuro che la ragazza se ne sarebbe andata indignata o, nel caso fosse davvero venuta solo per un aiuto nello studio, avrebbe cercato di giustificarsi.
Ma Elliot era diversa da tutte le persone che aveva conosciuto prima di allora.
Senza nemmeno avere il tempo di girarsi, si ritrovò una zuccheriera – che probabilmente non aveva notato sul tavolino – lanciata con forza dietro la testa.
«Se proprio non ti va di uscire dimmelo in faccia invece di fare il coglione, se permetti, non credo di essere stupida!» gli sbraitò contro, portando su di loro l’attenzione dell’intero bar.
Leo restò immobile per un attimo, totalmente spiazzato.
Poi, facendo appello a tutta la calma di cui era fornito, si alzò e prese la ragazza per un braccio, per poi correre fuori fino ad un punto indeterminato del parcheggio e fermarsi. Elliot si liberò di scatto dalla presa e incrociò le braccia, guardandolo.
«Allora?» chiese seria, lasciando trapelare una punta di nervosismo.
Il moro, in tutta risposta, scoppiò a ridere, piegandosi in avanti per prendere fiato – non era mai stato un tipo atletico, lui. Era assurdo: lui aveva cercato di liberarsi di quella ragazza e lei gli aveva tirato una zuccheriera in testa! Insomma, sapeva fosse un tipetto irascibile, ma quello era davvero il massimo. La sua determinazione nel conoscerlo aveva un che di divertente, nonostante non ne capisse minimamente il motivo. Forse poteva concederle un’occasione.
Alzò la testa per risponderle e, nell’incrociare di nuovo quegli occhi azzurri, gli venne inconsciamente da sorridere.
«Dove andiamo di bello?»


BU.
Sono stranamente soddisfatta - almeno per ora - di questa storia. Tipo è la seconda volta che tento di femminizzare gente e finalmente non mi viene una merda. Bello. Probabilmente mi sono lasciata influenzare troppo da Scrubs e Remember me (non giudicatemi :c) in questo periodo. Male.
Avverto che potrebbero esserci comportamenti OOC ogni tanto, ma mi autodifenderò dicendo "tanto è una AU".
E... non credo di aver molto da dire. A parte che la Elleo mi sta trascinando sempre più giù. E non è una bella cosa. Tipo mentre scrivevo questa ho partorito altre due AU.
Ahahah
ahah
ah
no.
Devo ringraziare la BadApplecomesiscriveiolachiamoAlicchiciao perché ormai è diventata la mia beta reader di fiducia, oltre ad essere il mio Leo in versione grassa. Tivogliotantobenenonpicchiarmi.
Per quel che riguarda i titoli, may or may not aver abusato dei PTV.
A presto(?)
_Doll
   
 
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