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Autore: The queen of darkness    26/05/2013    0 recensioni
Quando la vita presenta ghirigori stranissimi prima di donare una felicità assoluta.
( questa storia è stata precedentemente cancellata per motivi di formattazione. Vi chiedo di portare pazienza; i capitoli verranno ricopiati e la storia procederà con lo sviluppo ideato precedentmente. scusate per il disagio.)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bergen, New Jersey; ore: 09.18 a.m.
 
Quando, dopo essere tornati dall’aereoporto, furono accolti dallo sceriffo Dawson, si sentirono quasi a disagio, come se non fossero graditi. L’uomo aveva detto abbastanza sbrigativamente che potevano contare su di lui per qualsiasi cosa, ma era scomparso dopo aver mostrato dove si trovava la stanza adibita a loro uso.
Nel corridoio, tutti gli agenti erano nervosi, Hotch in primis. La mascella si era indurita come se avesse digrignato i denti, per evitare di dire qualcosa di indesiderato. Morgan, invece, si tratteneva meno del suo superiore, dando sfogo in minima parte a ciò che tutti pensavano.
-Accidenti, neanche fossimo venuti qui per uccidere altre persone – borbottò. –La prossima volta se le fa lui quattro ore d’aereo dopo il ritorno dalla Florida.
In effetti, era vero. Il suo discorso era sensato, visto che li aveva liquidati al loro destino; era stato brusco, ritirandosi ai propri doveri subito dopo un breve saluto. Ovviamente non aveva rispettato la buona educazione, e questo era innegabile, tuttavia Eva non poteva biasimarlo per quello, visto che la loro piccola centrale di periferia non era abituata a sorbire, oltre a tutti i vari impegni, anche un serial killer.
Erano anni, infatti, che la polizia locale cercava di combattere i furti, la prostituzione o altri crimini minori, ma le forze dell’ordine non erano decisamente preparate a gestire la situazione, mantenendola soltanto sotto controllo. Viaggiando nella struttura, si rendevano progressivamente conto che lo spazio era davvero ridotto: poche scrivanie, poche stanze, un solo piano, una stanza per gli interrogatori, un’unica ala con un paio di celle per dei criminali occasionali.
Ben presto, arrivarono davanti a due grandi porte a vetri, dove dietro c’era quello che sarebbe diventato il loro quartier generale. Nessun agente li aveva accompagnati, e questo fece nuovamente sbuffare il proprio collega. Il capo, invece, si trattenne a stento.
JJ fu la più diplomatica. –Credo che andrò a prendere qualcosa da bere – disse, sforzandosi di sembrare rilassata, e ne approfittò per sparire oltre il corridoio da cui erano appena sbucati.
Nemmeno questa volta la ragazza aveva qualcosa da ridire.
Morgan si ritirò un momento in un angolo, parlando al telefono con Garcia, mentre Rossi fu il primo ad avventurarsi nel nuovo spazio, invitandola con un sorriso. Reid stava impalato sulla porta e Hotch si stava innervosendo ancora di più a causa delle chiamate incalzanti della Strauss, così Eva non fece fatica a scegliere dove andare.
Doveva ammettere che, nonostante tutto, l’ambiente era stato allestito bene, seppur con stile essenziale. C’era un tavolo grigio al centro con diverse sedie intorno, una lavagna trasparente, un blocco di fogli, alcuni scatoloni e un portatile poggiato su un ripiano. Evidentemente, prima doveva ospitare un ufficio, poiché era rimasta una scaffalatura con alcuni volumi polverosi poggiati sopra.
La ragazza li scorse con lo sguardo. –Sono i testi che studiavo una volta – disse, sorpresa.
-Davvero? – chiese l’uomo dietro di lei. Questo la fece sobbalzare, poiché pensava di averlo soltanto pensato.
Si affrettò ad annuire. –Prima di venire in America ho frequentato qualche anno di formazione classica. Un po’ l’ho ripresa all’università, grazie a questi libri.
-Ah, la conoscenza! – commentò Rossi, ammiccando e facendola sorridere. La cosa che apprezzava di lui era che non solo non era invadente, ma riusciva a metterla a proprio agio.
Per Eva non era facile, infatti, parlare del suo passato come se nulla fosse. Quel primo giorno di lavoro ad un caso aveva rischiato di compromettere più di una volta la sua stabilità emotiva, regalandole anche un leggero mal di testa. Non si arrischiava a prendere un’altra pastiglia per paura di non essere abbastanza lucida; forse, vedendo il flacone, i suoi colleghi si sarebbero irrigiditi troppo, credendola una tossica.
Decise di lasciar perdere. Si sedette in un posto abbastanza discostato dal resto e accettò volentieri la bottiglietta d’acqua che JJ le aveva offerto. Era tornata con un sacco di bevande fra le braccia, ben conoscendo i gusti dei membri della squadra; non era stata l’unica a volere dell’acqua. Distrattamente, notò che Reid stava bevendo da un contenitore identico al suo.
“Meglio pensare ad altro”, pensò con un sospiro.
L’agente più anziano prese saggiamente posto al suo fianco, mentre Spencer il più lontano possibile. Hotch prese posto a capotavola affiancato da Morgan e Prentiss, appena tornata dal bagno, mentre JJ rimase in piedi per esporre sulla lavagna i dettagli emersi in aereo.
Il punto della situazione era, senza troppi giri di parole, che non avevano idea di dove cominciare. La mappa appesa sullo spazio trasparente della lavagna illustrava un percorso formato da puntine da disegno rosse, che disseminavano con precisione tutti i luoghi del ritrovamento. Non sembravano seguire un ordine, anzi; mentre, come le avevano spiegato, con gli altri assassini il cerchio che si forma è abbastanza preciso e di facile individuazione, questa volta si vedevano solo file tremule ed irregolari, che non isolavano dalla carta nemmeno un punto.
-Sembra quasi che voglia estendere i propri tentacoli dappertutto – osservò Emily.
-È vero – intervenne Reid, - prima, parlando con il vice-sceriffo, ho scoperto che vi sono delle zone sorvegliate da agenti in borghese. È estremamente difficile scaricare un corpo senza essere visti, e in genere persino gli spacciatori evitano di aggirarsi lì intorno.
-Questo non fa che sottolineare la sua mania di esibizionismo – commentò Morgan.
-E la sua abilità – fece notare Rossi. –Deve avere una grande conoscenza della città per poter andare a colpo sicuro, inoltre è parecchio svelto visto che nessuno l’ha mai visto.
-Forse – disse Hotch, pensieroso, -il suo aspetto passa particolarmente inosservato. Se le prostitute ci sono ancora anche nelle zone sorvegliate, vuol dire che non sono in strada. Motel, alberghi, forse rimesse o luoghi appartati, e la clientela è formata da persone così comuni da essere insospettabili.
-Quindi stiamo cercando un uomo medio, senza caratteristiche fisiche comuni, dai venti ai sessant’anni, esperto della città, magari nato e vissuto a Bergen? – chiese JJ, scettica.
Il capo si passò una mano sul viso, stancamente. –Hai ragione – osservò.
Non a caso la ragazza aveva usato quel tono; con quella frase aveva messo in evidenza di quante persone stessero parlando e, considerando il luogo d’azione, questo non faceva che rendere tutti gli abitanti maschili possibili S.I, come avevano detto che si chiamava il killer da catturare.
Il soggetto ignoto sarebbe stato ancora più ignoto, per dirla in soldoni, però avevano comunque un punto da cui partire; Eva vi riflettè un attimo, poi si arrischiò a parlare.
-Se frequenta dei motel o altri ritrovi per prostitute, vuol dire che non cerca le ragazze di strada. Può sembrare una cosa stupida, ma vi è una notevole differenza – spiegò. Nessuno osò fiatare quando mise in luce quest’elemento, e il silenzio le lasciò presagire di dovere agli agenti delle informazioni più dettagliate.
-Esiste una clientela specifica che prediligie le ragazze senza protettori “misti”, si può dire così. Quando il tasso di prostituzione è così alto, vuol dire che è controllato da bande o criminalità organizzata locale. Loro non si prendono il disturbo di raggrupparle tutte sotto una stessa persona, anche perché sarebbero troppe, e i vari protettori si mischiano; per esempio, in un quartiere ci possono essere persone appartenenti a bande differenti, e la varietà appartiene al numero di bande presenti.
-Questo comporta un problema? – chiese Hotch.
-Sì. Ogni banda ha un proprio tariffario. Se un cliente abituale va, anche incosapevolmente, dalla ragazza di un’altra banda, allora potrebbe passare dei guai, e dover pagare di più. Per evitare certi problemi, quelli che conoscono il giro preferiscono entrare negli alberghi: non solo hanno una sorta di copertura, ma sanno di chi sono le prostitute che frequentano e i prezzi non variano. Il mercato del sesso è molto più complicato di quello che sembra.
-Quindi – disse Morgan, come per ricapitolare la situazione, - se io fossi interessato ad andare con una prostituta, rischierei di fare un torto ad un boss?
-Solo se la volta prima hai frequentato una ragazza che non gli apparteneva – rettificò Eva.
Ancora una volta, neppure un agente si arrischiò a domandare come facesse ad essere tanto informata sull’argomento, e lei fu loro grata. Sarebbe stato davvero difficile da spiegare, e non era decisamente dell’umore adatto a rivangare, ancora una volta, i traumi della sua vita.
Reid le lanciò un’occhiata penetrante, ma non parlò. Forse si prese come appunto quel dettaglio per riparlarne durante il loro fatidico colloquio, una volta risolto il caso.
-Bene – sentenziò Hotch, - adesso sappiamo dove le prende. Chiederemo allo sceriffo Dawson di spostare i suoi agenti alle entrate e di controllare la clientela.
-Non sarebbe meglio farli chiudere? – domandò JJ, disgustata.
-No – osservò Rossi, placidamente. –È un killer molto particolare. Meticoloso, attento, imprevedibile. Questo, per il momento, è l’unico dettaglio che ci permette di avere un legame con lui; se dovessimo chiudere i suoi riferimenti, allora diventerebbe una mina vagante fuori dal nostro controllo.
Anche Eva, se doveva essere onesta, avrebbe optato per la chiusura di quei posti immondi, ma il ragionamento dell’uomo non faceva una piega. Capiva quanto fosse disgustoso mantenere un sistema del genere e servirsene addirittura, ma era pur sempre un collegamento indispensabile alla cattura del killer. Era sicura che, dopo l’arresto, la polizia avrebbe provveduto a ripulire certi posti dalla propria città; lo sceriffo, anche se sconosciuto alle buone maniere, non sembrava un uomo propenso a lasciar correre cose del genere, fatto testimoniato dall’idea di far sorvegliare la città da agenti in incognito.
-Altro? – chiese Hotch.
Nessuno capì bene a cosa si riferisse, ma a tutti venne spontaneo chinare la testa sulle foto per cercare altri dettagli. Eva scartabellò per l’ennesima volta anche i fogli del coroner, ma ormai i suoi occhi avevano immagazzinato tutte le informazioni fino alla nausea.
-Hanno lo stesso smalto – constatò Prentiss.
-E pesano circa allo stesso modo – osservò Rossi, con sorpresa sincera nella voce.
-Sì… - intervenne cautamente Reid, - anche l’altezza coincide con precisione quasi millimetrica.
Una nuova luce si accese nella stanza, come ad illuminare i loro volti accaldati dall’afa di maggio. Ora, lo sguardo di tutti si era fatto famelico per le sottigliezze, e chiunque cominciò a darsi dell’idiota per aver trascurato delle necessarie comparazioni.
Avevano davanti agli occhi tre vittime, tutte simili fra loro. Ovviamente la fantasia dell’assassino doveva essere molto più dettagliata di ciò che pensavano, vista l’improvvisa necessità di scoprire qualche altro irrilevante fattore che le accomunasse.
-Nessuna ha meno di ventidue o più di ventiquattro anni – constatò invece JJ. Aveva recuperato l’interesse per le scartoffie sul suo grembo.
-Luoghi in comune? – chiese Hotch.
L’entusiasmo evaporò presto. – No – disse Emily, dando voce ai pensieri di tutti, - una è stata trovata all’incrocio fra la sesta e la settima, un’altra nei pressi della quarta e l’ultima nel vicolo secondario della stazione di polizia principale.
Questa frase non fece altro che sottilineare il loro inserimento nella periferia, ovvero nella filiale meno frequentata del luogo.
Con una puntualità sconcertante, si udì un bussare discreto alla porta, che interruppe le loro elucubrazioni riguardo al caso e li costrinse ad alzare gli occhi dai fascicoli.
Se doveva essere sincera, Eva si aspettava di vedere lo sceriffo Dawson, magari venuto per dare una novità qualsiasi alla squadra. Al limite un suo subordinato, magari uno fra gli agenti più giovani, ma non di certo la donna che aveva davanti agli occhi.
Stava sorridendo materna, con una gentilezza innata testimoniata quasi dai fianchi morbidi e dalle gambe fasciate dai jeans, non troppo magre ma neppure esageratemente tornite. Il viso presentava qualche ruga appena accennata attorno agli occhi, ma sembrava così giovane che si creava un notevole contrasto con gli abiti sobri, quasi maschili.
La sua espressione intrisa di cortesia non cambiò nemmeno di una virgola notando la stupita immobilità che aveva paralizzato gli agenti, e non parve offendersi. Da buon galantuomo che era, fu Rossi ad alzarsi e ad aprire la porta, nonostante non fosse né il più vicino, né il più agile.
-Buongiorno – disse la donna, entrando. Aveva un caschetto ordinato di capelli color grano.
-Buongiorno – rispose Hotch, facendosi portavoce della squadra.
Ora che poteva vederla meglio, Eva constatò che lei non poteva avere meno di trent’anni, e che era solo la gentilezza a renderla più giovane di quello che era.
-Scusatemi davvero moltissimo se sono arrivata soltanto ora, ma credevo vi avessero messo nella sede centrale – spiegò, rammaricata. –Sono Laure Dawson, figlia dello sceriffo e responsabile della buoncostume.
Fece il giro del tavolo accompagnando ogni stretta di mano con un sorriso aperto e la voce, in sottofondo, di Hotch, che diceva i nomi di coloro che le si presentavano. Quella comparsa li aveva sorpresi tutti quanti, e non avevano saputo bene come gestire la situazione.
JJ le offrì la sua sedia, visto che sarebbe rimasta in piedi per esporre ancora il caso se ce ne fosse stato bisogno. Nonostante fosse stata un po’ recalcitante, alla fine Laure si sedette.
-Perdonate anche mio padre…è sempre stato così. Non sopporta l’idea di aver bisogno di qualcuno, si è sempre arrangiato in tutto e…beh, è un po’ burbero – disse ridacchiando. – Ma è una brava persona, e non lo dico per tornaconto personale. È riuscito a mettere da parte l’orgoglio per amor della sua città.
-Capiamo perfettamente – disse Morgan, sorridendo. Ad Emily venne da ridere pensando a come aveva reagito prima, ma si trattenne per non fargli fare brutta figura.
-Siamo felicissimi di avervi qui – disse ancora, - il vostro aiuto ci è più che necessario. Non siamo abituati ai crimini seriali, e non abbiamo nemmeno consulenti esperti in materia.
-Che misure avete adottato contro la criminalità organizzata? – chiese Hotch.
-Agenti in borghese nelle zone ad alto rischio, infiltrati nei giri di droga e prostituzione, controlli periodici anti-droga a tutti i senza tetto nei dintorni senza date fisse e controllo dei documenti a posti di blocco e luoghi come parchi giochi, asili, ospedali…
-Capisco – osservò lui, pensieroso.
Eva non era pratica della burocrazia, a differenza di molti di loro, ma credeva comunque che la donna avesse esposto un sacco di cose incredibili, a partire dai controlli. Dalla centrale li aveva estesi anche ai civili con difficoltà economiche, preda principale degli spacciatori, ed era un’idea intelligente quella di farli a sopresa, a ritmi regolari.
Nonostante la città fosse abbastanza piccola, stavano adottando misure davvero sbalorditive per salvaguardare la popolazione dai criminali. Forse era sciocco pensarlo, ma era una zona che non si meritava la presenza di un serial killer.
La donna, sistemandosi la manica della giacca, chiese a che punto erano arrivati con il caso, e Morgan le fece un esauriente riassunto anche sulle ultime scoperte. Era preciso, e non trascurò nemmeno il minimo dettaglio; non le nascose che erano ancora in alto mare, senza minimizzare la cosa, ma fu anche sincero quando le confessò che avevano buone probabilità di scoprire molte più cose durante i sopralluoghi.
-Gli abbandoni dicono tantissime cose sugli assassini – la rassicurò JJ, ma la signora non ne aveva bisogno.
Si accarezzò il mento. –Oggi pomeriggio, se volete, ho disponibile una ventina di agenti. Ditemi quali formazioni vi servono e in che posti, li renderò subito disponibili. Inoltre, se lo desiderate, in magazzino ho fatto preparare diversi GPS, per auto o cellulare, sincronizzati con quelli della polizia, in modo da conoscere le mosse degli agenti.
Rossi alzò le sopracciglia. –È una procedura che usate spesso?
-A dire il vero, no. E’stata un’idea di mio padre; credeva che avreste avuto bisogno di un riferimento per orientarvi, in città.
-Avete un tecnico informatico? – domandò Morgan, estraendo il cellulare dalla tasca.
Laure sorrise: -Certo. Due, a dire la verità.
-Possiamo metterli in contatto con la nostra assistente in centrale? – domandò di nuovo.
-Oh, ma certo. Non vedono l’ora di potervi essere d’aiuto.
Detto questo, lui sparì oltre le porte componendo, molto probabilmente, il numero di Garcia, per informarla di tenersi in contatto con gli uomini di Bergen.
Laure sistemò di nuovo la giacca, che sembrava troppo stretta. Eva si domandò come facesse a tenerla in quel modo nonostante facesse così caldo, ma decise di stare in silenzio, visto che non era un dubbio opportuno; molte donne usavano coprirsi i fianchi forse troppo generosi con abiti larghi, e probabilmente la donna non faceva eccezione.
-Scusatemi, ma adesso devo andare – disse, con tono di scuse, - ho un controllo nella zona ovest, quella dove, finora, non sono stati trovati corpi. Di solito i ritrovamenti sono stati fatti nelle prime ore del mattino, ma è difficile stare sicuri con un killer in circolazione.
Concluse il suo discorso alzandosi.
-Mi scusi – la trattenne Hotch, - cose c’è in quelle scatole?
-Trattati della buoncostume degli ultimi anni, arresti sospetti, crimini simili presenti in archivio e testimonianze varie, la cui maggior parte credo sia opera di mitomani – sorrise, aprendo la porta, - ma, visto che non sono un’esperta, lascio a voi decidere.
Detto questo, uscì dalle porte trasparenti, attraversando il corridoio a grandi falcate. Non ci mise molto tempo a sparire, visto che lo spazio era ristretto in ogni stanza.
Ci fu qualche attimo di silenzio, durante il quale la squadra decise di meditare sopra a quanto era appena accaduto. Rossi sembrava pensieroso mentre guardava le ultime annotazioni sul proprio taccuino, come se non fosse del tutto convinto che le somiglianze finissero lì.
-Bene – esordì Hotch, sbrigativo come sempre. In quel mentre rientrò Derek, ma non si sedette. –Emily, vai con Morgan nella prima scena del crimine.
I due annuirono e, senza aspettare oltre, sparirono dalla stanza.
-Reid, controlla il contenuto delle varie scatole, analizza i dati interessanti e scrivili sulla lavagna accanto alla mappa. JJ, prepara un discorso per i media alla luce delle nuove scoperte, ma non parlare di un possibile profilo.
Anche il ragazzo annuì e si rintanò in quel lato della stanza, pensieroso e quasi in simbiosi con i fogli su cui doveva lavorare. Era proprio vero: delle volte nel DNA di qualcuno vi si leggevano anche le sue passioni, oltre che alle solite informazioni.
La ragazza, invece, recuperò un’espressione professionale e prese appunti su un foglio, scribacchiando con una matita dalla punta esageratamente arrotondata ciò che doveva dire.
-Eva – la ragazza sussultò sentendosi interpellata, - vai con Rossi all’obitorio e dimmi cosa noti di strano, per favore. Io intanto credo dovrò occuparmi dello sceriffo – concluse, parlando più a sé stesso che ad altri.
I due agenti rimanenti si alzarono e, seguendo il rituale cominciato dagli altri, si incamminarono fuori dalla porta, mentre nella ragazza l’ansia di poter essere messa in coppia con Reid svaniva con esasperante lentezza. 
  
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