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Autore: NicoloCappello    27/05/2013    0 recensioni
L'anno è il 2025, il mondo è finito da un pezzo a causa del morbo che ha reso la stragrande maggioranza degli esseri umani dei rabbiosi infetti sempre in cerca di nuove prede.
Pian piano gli uomini ricominciano a uscire dai propri nascondigli interagendo gli uni con gli altri, ognuno con un peso che gli grava sulle spalle e sull'anima.
Tutto quel che leggerete fa parte del background di PROGETTO EDEN - Post-Apocalyptic LARP, una campagna di gioco di ruolo dal vivo tutta siciliana attiva dal 2011, questo un nostro video: http://www.youtube.com/watch?v=8_9quHbG-1k
Se interessati questo è il gruppo di facebook principale: https://www.facebook.com/groups/progettoeden/?fref=ts
Mentre questo è il gruppo che utilizziamo per le giocate stile play by forum: https://www.facebook.com/groups/320814158013249/
Buona lettura ;)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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-Tocca già a me?
Non comincio se non bevo.
La storia di... come ti chiami? Nadia? La storia di Nadia è stata dura, cazzo... un pugno nello stomaco.
Non so se la mia regge il confronto, oltretutto Jag la conosce...
-Racconta e basta, Lu.
-Va bene, basta preamboli. Quando il diavolo stuprò il mondo avevo 16 anni... prima di allora passavo gran parte del mio tempo a giocare al computer, a fare sega a scuola e ad ascoltare musica spaccacervello. Ero bello in carne e spesso e volentieri i bulletti se la prendevano con me, mi rubavano i soldi, mi sputavano addosso e quelle cose lì. Le ragazze non mi si filavano manco per il cazzo e ricordo che tutto quell'insieme di roba mi faceva sentire male, pensavo che la vita fosse ingiusta con me...
Buffo, no? Chi non darebbe di tutto perché la vita tornasse ingiusta come a quei tempi...
A un certo punto... bah, queste cose le sapete già, tutti avete vissuto l'apocalisse...
-Cagacazzi... continua!
-E basta stop, please.
-Se lo dice Nadia...
A un certo punto le notizie di rivolte cittadine, di aggressioni animalesche e di morti negli stadi, nelle metro e perfino quella storia al Parlamento Europeo per chi se la ricorda, cominciarono ad essere all'ordine del giorno.
In breve tempo cadde internet, caddero le norme di civiltà e più importante di tutto cadde la pioggia...
Quella cazzo di pioggia che non voleva smettere più e che anche adesso mi fa leggere il terrore nei vostri occhi.
Io, i miei genitori, mia sorella e mia nonna paterna raggiungemmo i miei zii materni e mio cugino nella loro villona.
Ricordo di aver pensato che avessimo avuto un gran culo.
La casa era isolata in montagna e aveva delle mura perimetrali alte un paio di metri, così non avevamo troppi problemi per quanto riguardava alluvioni e altro e pareva che ci fossero anche abbastanza provviste.

Lì dov'eravamo non avevamo alcuna idea di cosa stesse accadendo di fuori, ne radio ne tv trasmettevano e per mesi non abbiamo visto anima viva. 
Di tutti era mio padre l'unico ad aver visto un infetto e non scendeva mai nei dettagli.
La già fragile psiche di mia madre stava cedendo e la mia sorellina stava sempre più male ogni giorno che passava. 
All'inizio tutti amici, tutti una famiglia ma io sono sempre stato bravo a capire le persone e quello che capii guardando gli occhi di mio zio Angelo non mi piacque.
Quando il mondo che conoscevi ti crolla addosso, quando perdi ogni certezza ma soprattutto quando i campi sono allagati e impossibili da coltivare ogni mente vacillerebbe.
Dopo pochi mesi con mia madre e mia sorella malmesse e mia nonna così vecchia, mio zio divenne sempre più irritabile; le provviste si esaurivano più velocemente del previsto e ben presto dove c'era una sola famiglia ne spuntarono due... noi e loro.
Chiusi per tutto quel tempo in quella casa arrivammo al parossismo, quelle piccole cose che inizialmente davano fastidio divennero motivi d'odio e di liti insensate. 
Una sera mio padre e mio zio arrivarono alle mani per una scatoletta di carne. Quella sera piansi cercando di dividerli, piansi più forte quando vidi mio padre col labbro spaccato e mio zio sopra di lui che gli intimava di stare al proprio posto.

Fummo relegati nello studio, uscivamo solo per andare a pisciare e cagare, mangiavamo quello che ci passavano; mia madre non parlava più e mia sorella era così magra che le si vedevano le costole... stava sempre in braccio a mia nonna. 
Mio padre parlava ancora più di rado dopo aver subito quella violenza da parte del cognato ed io conobbi per la prima, vera volta in vita mia la rabbia, la frustrazione e l'impotenza.


I nostri cari parenti da che ci davano una scatoletta al giorno cominciarono a darcene una ogni due e poi ogni tre, fino a quando ci diedero solo i loro avanzi e del cibo per cani.
Non comunicavamo più con loro, eravamo dei prigionieri e sapevamo che ben presto ci avrebbero cacciati.
Eravamo tutti denutriti, stavamo malissimo e piangevamo, piangevamo sempre, piangevamo tutti abbracciati come una famiglia... la mia sorellina un giorno prese a sputare sangue, chiamai mio zio dicendogli che doveva cibarsi, che non aveva forze; lui aprì la porta e vedendola mi disse: "Non c'è niente da mangiare."
"Niente da mangiare?" l'ampiezza della sua pancia lo smentiva... glielo dissi e lui per tutta risposta mi schiacciò la testa a terra col piede, mio padre provò a fermarlo ma era troppo debole. 
Con un pugno ben piazzato era già steso a terra con due denti rotti.
Mio zio tornò a concentrarsi su di me ignorando le lamentele di mia nonna.
"Lo so che è tutta una scusa quella della sorellina malata... E' che tu hai fame e vuoi mangiare quello che ho messo assieme io, per la MIA famiglia. 
Ma non attacca piccolo coglione. Se hai tutta questa fame, mangia lei."
Un brivido mi attraversò il corpo, quello non era lo zio che conoscevo, non era quello che mi faceva giocare a pallavolo e che mi raccontava la storia di come aveva vinto quelle coppe dorate... era diventato un mostro.
Se ne andò chiudendoci a chiave. 

"Mangia lei..." avevo queste parole impresse in testa. 
Nella stanza, lo studio dello zio, c'era poco spazio, poca luce e si sentivano solo il rumore della pioggia battente e il puzzo di piscio e merda. 
Eravamo rinchiusi in un incubo.
Il secondo giorno di prigionia, mia sorella morse mia nonna e ci furono delle urla orrende. 
Non capii un cazzo, l'unica cosa che ricordo fu mio padre che mi prese, mi infilò a forza dentro uno stipetto e mi disse alcune parole che all'inizio non capii: "Rimani chiuso qui dentro in silenzio. Quando non sentirai più rumore esci fuori. Hai capito? Solo quando non c'è più rumore. Trovati un'arma e se ci rivedi UCCIDICI. "
Capito? Neanche un "ti voglio bene" solo "uccidici..." 
Sentii mio padre coprire di roba l'accesso allo stipite e sentii le grida furibonde di mia sorella, di mia nonna e di mia madre. 
Poi sentii anche quelle di mio pà...
Gli occhi non smettevano di lacrimare ma non dovevo fare rumore, misi entrambe le mani a coprirmi la bocca mentre la mia famiglia stava facendo a pezzi la stanza-prigione. 
Udii mio zio da fuori la porta gridare di starci calmi, non avrebbe dovuto farlo.
La mia famiglia si lanciò contro la fonte del rumore scardinando la porta, sentivo i rumori dell'inferno, sentivo spari, urla ossesse, ringhi e rantoli.
Dopo un tempo indefinito non sentii più nulla.
Ero troppo terrorizzato così uscii soltanto quando l'aria cominciava a mancarmi, fu dura spostare la catasta di roba che mio pà aveva messo davanti lo stipetto e quando ce la feci la mia vita cambiò.

Sangue, sangue in ogni dove, devastazione e odore di morte.
Uscii dalla prigione e vidi il corpo di mia nonna con la testa grattugiata via, vidi mia sorella inchiodata al muro con un pugnale come fosse un macabro arredamento e poi vidi mio cugino con la pancia lacerata e le budella di fuori, i suoi occhi immoti sembravano chiedere "perchè". 
Mia madre e mia zia le trovai in salone, la prima aveva due fori di pistola sul petto, la seconda non aveva più il petto.
Seguendo le chiazze di sangue giunsi alla dispensa dove trovai quello che un tempo era mio padre con qualcosa come tre coltelli da cucina conficcati nello sterno, immobile e riverso sulla schiena.
Alzai lo sguardo e vidi quello che una volta era mio zio poco distante: una gamba tagliata, la mannaia vicina e il terrore negli occhi.
Oh, quasi dimenticavo... la dispensa dietro di lui traboccava ancora di cibo.
Mi tornarono nuovamente in testa quelle parole: "Mangia lei..."
Mi avvicinai.
"E-ehi Lu, se ne sono andati tutti... tutti!" il suo volto era sfigurato dalla disperazione.
"Tuo papà prima di andarsene mi ha morso la gamba... è sempre stato una testa dura tuo papà."
La sua voce era rotta dalla paura.
Raccolsi la mannaia, se ne accorse ma stavolta era lui quello troppo debole per fare qualcosa.
"Siamo rimasti tu ed io piccolo, siamo noi la famiglia adesso... tutti gli altri sono diventati dei demoni..."
"No zio Angelo."
Lo guardai come lui aveva guardato la mia famiglia solo qualche giorno prima. "L'unico Demone qui sono io."

-E poi?
-Si, che è successo dopo?
-Dopo mi saziai... e qualcosa quel giorno entrò in me cambiandomi per sempre... ma non mi va di parlarne adesso. Sapete che c'è ragazzi?
-Illuminaci Lu.
-Tutti qui ne abbiamo passate un bel pò, io, Vezio, Nadia e sicuramente anche Jag anche se non vuol darlo a vedere.
-Dove vuoi arrivare?
-Finora abbiamo sempre subìto, siamo sempre scappati, siamo sempre stati prede. Se vogliamo VIVERE dobbiamo diventare noi i predatori.
-Che intendi?
-Intendo che non voglio più tollerare le angherie di uno Zio Angelo, non voglio che Nadia subisca più quello che le ha fatto suo padre; voglio che ci prendiamo il posto che ci spetta, voglio che nessuno ci dica mai più cosa fare.
-E che ci servirebbe?
-Un qualcosa che noi chiameremmo famiglia, che il Dio dei cristiani chiamerebbe piaga e che tutti conoscerebbero come il Kommando.
-Ahahaah! Bella storia Lu, voglio vedermelo questo "Kommando"!
-E fammi fantasticare Jag... Ad ogni modo fate bere Vez, adesso è il suo turno... e la notte è ancora giovane.
  
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