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Autore: Mia    12/12/2007    3 recensioni
Priamo, re della gloriosa città di Troia, riflette sul suo passato. Pensa all'avaro padre Laomedonte, ai suoi fratelli uccisi dai Greci e alla sorella Esione, offertasi a Telamone per salvarlo da morte certa.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avviso: Questa storia si ispira ad un mito minore di quelli che ruotano attorno alla guerra di Troia narrata nell'Iliade, perciò, sebbene la storia si trovi nella sezione Originali, la trama non è interamente da me inventata, ma trae ispirazione da un mito già esistente. Mi scuso inoltre con i lettori che l'avessero già letta per non avere inserito prima questo avviso. I personaggi non mi appartengono e storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


IL RE DI TROIA

Seduto sul mio trono, riflettevo.

Cosa avrei potuto fare?

“Quei maledetti Greci!? Come hanno osato invadere Troia dalle divine mura e rapire le belle figlie del re dopo averlo così barbaramente ucciso assieme ai suoi nobili figli?! Ma essi pagheranno per questo affronto!”

Mentre questi pensieri, ormai ricorrenti, mi soprafacevano, fui raggiunto dal mio erede al trono. Lo guardai con amore.

Ettore.

Il mio primogenito; colui che avrebbe governato su Troia alla mia morte.

Appena mi fu davanti, si inchinò ed io lo osservai per un poco.

Tutti i miei figli e figlie potevano vantare una grande bellezza, ma Ettore non aveva solo l’avvenenza: era anche un valoroso guerriero ed un gran pensatore. Era poco più di un ragazzo, ma già ragionava come un uomo maturo.

I capelli, gli occhi e la pelle scura, un fisico statuario ed una potenza pari a quella di quattro uomini: questo era Ettore ed io ero fiero di essere suo padre.

Il mio regno, ero certo, non avrebbe potuto finire in mani migliori delle sue.

-Sì caro figliolo, dimmi pure, che cosa desideri? Chiedi senza timore alcuno ed io cercherò di accontentarti in ogni modo possibile.- gli dissi infine.

-Grande sire, come è giusto che sia, affinché la grande città di Troia dalle belle mura mantenga il suo ordine, volevo chiedere il tuo permesso ed avere il tuo assenso prima di agire altrimenti; infatti, ciò che ti sto per chiedere, potrebbe non fare piacere agli Dei immortali che abitano l’Olimpo dalle dorate mura. Stavo pensando ad una maniera per rendere più interessante, anche per i forti guerrieri, i riti matrimoniali che si svolgeranno fra le dorate mura di Troia quest’oggi. Mi chiedevo se sarebbe stato possibile organizzare dei giochi per ringraziare la divina Hera dalle bianche braccia, la quale sovrintende i matrimoni divini e mortali? La Dea è sì benevola, ma potrebbe non accettare una simile proposta. Mi affido perciò alla tua saggezza, grande sire, poiché sicuramente saprai darmi la risposta giusta.-

Sorrisi udendo queste parole: sapevo che avrebbe chiesto una cosa di questo genere.

-Certo caro figliolo, hai il mio permesso di organizzare dei giochi per il matrimonio, in modo che si possano divertire anche i nobili guerrieri Troiani, a cui tutti noi dobbiamo tanto. Sarà un modo meraviglioso per rendere omaggio agli Dei Immortali. Hera dalle bianche braccia, consorte del Tonante Cronide, non ha ancora mandato sulla nostra città una disgrazia, perciò contraria non è a questa tua iniziativa, fatta con nobili intenzioni.-

-Grazie padre mio! La bontà e la magnanimità di Priamo, signore di Troia, sono già leggenda in tutta la grande Troade, ma ora esse sono ulteriormente confermate grazie a questo tuo gesto. Inoltre sono certo che i tuoi discendenti potranno un giorno non molto lontano lodarti anche per la tua infinita saggezza.- esclamò lui e, inchinandosi, se ne andò.

“Avrei dovuto ben immaginare che un normale matrimonio lo avrebbe annoiato.”

Quando mio figlio mi ebbe lasciato mi riassalirono i miei pensieri infelici.

I Greci!

Quei maledetti!

Mi ricordavo ciò che era successo anni addietro.

Dapprima una pestilenza aveva flagellato Troia, poi era venuto il mostro di Poseidone.

Inoltre, Eracle era arrivato a Troia e con lui vi erano alcuni importanti Danai, tra cui il giovane Telamone, figlio di Eaco, al quale noi eravamo riconoscenti per aver costruito le mura di Troia.

Mio padre li aveva accolti con gentilezza proprio per questo motivo.

Mio padre Laomedonte, i miei fratelli ed io avevamo parlato a lungo con i principi Achei, ma fu Eracle a toccare per primo l’argomento che a mio padre doleva maggiormente.

-Ho sentito dire, grande e nobile Laomedonte, che tua figlia, la principessa Esione dagli occhi belli, dovrà essere offerta in sacrificio al mostro marino mandato qui da Poseidone Cronide, scuotitore della terra. Dicono che tu gli negasti le dovute offerte dopo che lui costruì, assieme ad Apollo, signore del sole, e ad Eaco figlio di Zeus, re di Egina, le mura della divina Ilio. È vero ciò che affermano gli abitanti della grande Troade? È questo il motivo che suscitò l’ira del potente Dio figlio di Crono?-

Mio padre si rabbuiò ed infine annuì.

-Sì è vero quanto hai detto, nobile Eracle, figlio di Zeus, e quanto affermano i nobili abitanti della grande Troade. La mia Esione, la più cara tra le mie figlie, deve essere offerta in sacrificio al Dio del Mare figlio di Crono e Rea…-

-Tutto questo avrebbe potuto essere evitato, sire, se non fosse stato per la tua immensa avarizia. Essa era già conosciuta in tutta la Troade divina, ed ora questo tuo difetto è giunto fino in Grecia, tanto che il grande figlio di Zeus, il blasonato Eracle, te l’ha rinfacciata. Il potente Dio Poseidone, scuotitore della terra e signore dei mari, è irato con te, ma non a torto, e tu dovresti ben saperlo e biasimare te stesso per questo.- dissi io a mio padre.

Lui si voltò verso di me, mi fulminò con lo sguardo e mi disse: - Frena la lingua! Cerca di non rivolgerti più a me con quel trono, Podarce, oppure sarà tanto peggio per te! Come osi rinfacciare a tuo padre le sue colpe con tale spregevole sfrontatezza: nessuno fra i miei sudditi osa, né ha mai osato farlo e non vedo il motivo per il quale tu dovresti fare eccezione. Solo perché sei il mio erede, non devi avere la presunzione di utilizzare quel tono quando parli con il sovrano di Troia dalle divine mura, grande città della Troade che molti popoli bramano conquistare ed avere sotto il proprio dominio.-

Mi fissava con gli occhi che mandavano scintille, ma io sostenni il suo sguardo con fermezza.

Non ero più un bambino ed ero l’erede al trono di Troia.

Sta di fatto, che non avevo mai osato parlare così a mio padre, ma in quel caso non ero riuscito a trattenermi.

Ero infatti molto legato a mia sorella Esione, la più giovane fra le figlie di mio padre e mia madre.

Lunghi capelli scuri e lisci, pelle abbronzata, occhi castani intensi e leggermente affusolati, questo era Esione.

Era molto bella, gioiosa, allegra e spensierata come una bambina, nonostante avesse superato da molto tempo l’età adatta per sposarsi, ma forse era anche per questa sua innocenza che io le volevo così bene.

Dopo questo mio impertinente e provocatorio commento rivolto a mio padre, egli si volse di nuovo verso Eracle, il quale gli propose una trattativa: -Se io, nobile Laomedonte, uccidessi il mostro inviato dal grande figlio di Crono, Poseidone scuotitore della terra, impedendo così a tua figlia, Esione dagli occhi belli, di essere sacrificata ingiustamente per una colpa non sua, ma bensì del padre, tu cosa mi offriresti in cambio, potente sovrano di Ilio dalle divine mura?-

-Qualunque cosa, grande figlio di Zeus. Te lo giuro su tutto ciò che ho di più caro al mondo. La mia amata figliola Esione dalle belle gote deve aver salva la vita, poiché lei colpe non ha di ciò che è accaduto. Solo io devo essere punito per la mia avarizia e la mia empietà, che tanto hanno offeso il potente Cronide.- rispose affrettatamente mio padre.

Eracle lanciò un’occhiata al giovane figlio di Eaco, il quale annuì con la testa.

-Io sono disposto ad uccidere il mostro di Poseidone Cronide, – disse allora Eracle – ma in cambio voglio una coppia dei leggendari cavalli di Ilio dalle grandi mura. Essi sono stati definiti dalle genti di molti popoli, migliori di quelli dello stesso Poseidone, signore degli equini, perciò io voglio personalmente constatare che queste azzardate affermazioni siano vere. La migliore coppia di animali voglio che tu, nobile Laomedonte signore di Ilio divina, mi ceda. Un focoso stallone ed un’impetuosa giumenta che possano generare puledri del loro stesso temperamento ardente e di cui anche le genti greche, oltre ai nobili Troiani, domatori di cavalli, possano beneficare.-

Appena sentii questa proposta, volsi lo sguardo verso mio padre e lo vidi mordersi impercettibilmente le labbra.

L’avarizia di Laomedonte era famosa in tutta la Troade: era quella che aveva provocato le ire di Apollo e di Poseidone; era a causa di quella che Esione avrebbe dovuto essere sacrificata.

Perciò, conoscendo mio padre, mi sarei stupito davanti ad un suo assenso, il quale però, infine, arrivò.

-Accetto nobile Eracle, figlio di Zeus: libera la mia divina città dalle possenti mura dal mostro di Poseidone, signore del mare e scuotitore della terra; libera mia figlia, la bella Esione dagli occhi belli, dal peso del sacrificio, ed io ti darò i leggendari cavalli di Troia divina. Come hai chiesto avrai un focoso stallone ed un’impetuosa giumenta che genereranno puledri del loro stesso temperamento ardente e di cui anche le genti greche, oltre ai nobili Troiani, domatori di cavalli, potranno beneficare ed andare altrettanto fieri. Nessuno ti ringrazierà mai abbastanza per ciò che farai per i nobili Troiani domatori di equini e le Troiane dai lunghi pepli.-

-Allora siamo d’accordo Laomedonte, re della bella Ilio dalle divine mura. Domani i tuoi nobili sudditi non dovranno più temere il mostro terribile inviato ad Ilio delle alte mura da Poseidone, figlio di Crono, per punire il suo avaro sovrano.-

Detto questo, Eracle, Telamone e gli altri loro compagni chiesero una camera e mio padre gliela offrì.

Anche io decisi di congedarmi: sia perché ero assonnato, sia perché mia moglie era incinta del nostro primo figlio e volevo accertarmi che stesse bene.

Appena giunsi davanti alla camera dove dormiva mia moglie, vidi delle donne che andavano e venivano, perciò mi preoccupai.

Mi avvicinai, ne fermai una e le chiesi: - Dimmi donna, cosa accade: la nobile Ecuba, figlia di Dimante, forse sta male, oppure ha avuto problemi durante il parto? Che gli Dei mi scampino da una simile disgrazia, poiché già molte ne abbiamo a Troia dalle belle mura e ci basta lottare contro di queste. Avanti parla e non mentire a me, che sono il tuo futuro re: come sta la nobile principessa?-

-La principessa Ecuba, figlia di Dimante, non sta male e non ha avuto problemi durante il parto, ma è in travaglio: presto avrai il tuo erede, Podarce, nobile figlio di Laomedonte. Non ti angustiare: Ecuba è forte e sembra sopportare bene il dolore che Hera, moglie di Zeus e protettrice dei parti, le manda; sono certa che non avrà problemi a superare la gravidanza.-

Mi sentii sollevato: io ero il padrone di molte concubine di nobile famiglia, ma nessuna di esse mi era cara come mia moglie Ecuba.

Una donna saggia, nonostante la sua giovine età, dotata di grande bellezza e dolcezza.

Avevo avuto un’altra moglie prima di lei: il suo nome era Arisbe, la quale mi aveva dato un figlio maschio di nome Esaco, il quale non volle però diventare il mio erede.

Egli era infatti interprete di sogni, come sua madre e sua nonna prima di lui, e si mise al servizio di Apollo.

A me gli interpreti di sogni ed i veggenti non erano mai piaciuti, perciò ripudiai mia moglie, ma volli tenere in casa lui, che, del resto, era il mio primo figlio.

-Nobile padre, – mi disse, il giorno in cui sposai Ecuba – Guardati dai figli che costei ti partorirà. Dal suo grembo ne nascerà uno che porterà alla rovina Troia dalle belle mura.-

Io, inizialmente, non lo presi molto sul serio, ma poi vidi alcune delle sue profezie avverarsi ed allora cominciai a temere.

Alcuni mesi prima, quando avevo saputo che Ecuba era incinta, lo avevo convocato.

-Dimmi Esaco, tu che molto vedi e che un grande e funesto dubbio mi hai messo nel cuore: è forse questo il figlio che porterà Troia dalle grandi mura alla rovina e motivo di tanto lutto sarà per il padre, per la madre e per i nobili Troiani domatori di cavalli?-

-No mio nobile padre. Apollo, signore dei veggenti che tanto vede, mi ha mandato la chiara visione della grande disgrazia: ti posso perciò dire con certezza che non è il figlio che ti partorirà adesso la regale Ecuba, figlia del nobile Dimante, a portare alla rovina la bella città di Troia. Il figlio che Ecuba porta in grembo, al contrario, sarà motivo di grande orgoglio per il padre, la madre, per Troia dalle divine mura e per i nobili Troiani domatori di cavalli. Il più grande fra i tuoi figli sarà, e tutti lo ameranno.-

Così non mi ero più preoccupato.

Le donne che andavano e venivano dalla camera di Ecuba, ad un certo punto, mi cacciarono.

Il parto era un grande segreto femminile al quale gli uomini non potevano assistere, e nemmeno disturbare con la loro presenza, perciò me ne andai ed attesi che mi chiamassero.

Poco dopo venne a cercarmi la nutrice, la stessa che aveva allevato me ed i miei fratelli da piccoli.

Mi alzai velocemente e le andai incontro.

-Allora!? Cos’è: maschio o femmina? La nobile Ecuba, figlia di Dimante, sta bene? Parla donna! Se qualche cosa non va dillo adesso senza indugiare e poni sì fine alla mia angoscia!-

Lei mi guardò e sorrise: - La principessa Ecuba dalle bianche braccia, nobile figlia di Dimante, sta benissimo, grande Podarce: ha sopportato ed affrontato il parto con grande coraggio, sostenuta da Hera divina, protettrice delle donne gravide e dei loro parti. E tu sei diventato padre di un bellissimo principino, che sicuramente gioia in cuore darà a te ed ai nobili Troiani domatori di cavalli!-

Io la guardai dapprima con aria smarrita, poi sorrisi e la abbracciai.

Non riuscivo a controllare il mio entusiasmo: un erede al trono!

Dopo di che mi precipitai da Ecuba.

La trovai distesa sul letto della camera.

Era pallida, con la fronte madida di sudore: era stanca, ma appena mi vide sorrise.

Mi avvicinai a lei, le presi la mano e la accarezzai.

I suoi capelli ricci e rossi erano sciolti sulle spalle ed umidi.

Gli occhi castani erano leggermente socchiusi per la stanchezza.

-L’hai visto mio sire? Il tuo nobile erede? Immensa gioia mi ha dato posare i miei occhi su di lui, poiché sono certa che egli sarà un grande sovrano, che governerà Troia dalle divine mura con giustizia e bontà; sarà amato da tutti i nobili Troiani domatori i cavalli e dalle belle Troiane dai lunghi pepli, nonché dal padre e dalla madre che lo generarono.- mi disse con voce allegra, ma che lasciava trasparire grande stanchezza.

-Non ancora, mia cara; ancora non l’ho visto, il nostro nobile figlio che, sono sicuro, di grande gioia ed orgoglio colmerà il cuore dei genitori. Sono infatti sicuro che tutto ciò che tu hai detto sia giusto e si avvererà in un prossimo futuro, per la felicità e la gloria della divina Troia, se gli Dei lo vorranno. Com’è il nostro nobile figlio, che sui Troiani, domatori di cavalli, regnerà un giorno sovrano?-

Ecuba sorrise: - Bellissimo, mio sire. Non trovo altro modo per definirlo: bellissimo. Credo che nessuna altra parola potrebbe meglio descriverlo, sia essa pronunciata da labbra mortali o divine.-

Io feci un cenno ad un’ancella che mi portò il bambino.

Appena lo vidi, rimasi senza fiato.

Ecuba aveva ragione: era davvero bellissimo.

-Come lo chiamerai, mio sire, il tuo nobile erede, che un giorno regnerà su Troia dalle possenti mura e dai Troiani domatori di cavalli verrà chiamato sovrano?-

Io cominciai a riflettere ed infine dissi: - Ettore.-

-Mai avresti potuto scegliere nome migliore per un futuro re di Troia divina, grande sire: “reggente”.-

Così quel giorno chiamai mio figlio Ettore.

Il mio erede, del quale tutta Troia sarebbe stata fiera.

***

Il giorno dopo la nascita di Ettore, Eracle uscì dalle mura di Troia, assieme ai Danai ricoperti di bronzo, per fronteggiare il mostro di Poseidone.

Mia sorella fu portata fuori, in modo che, dicevano i Greci, il Dio credesse che il sacrificio avrebbe avuto ugualmente luogo.

Telamone condusse mia sorella verso una roccia, dove avrebbe dovuto essere incatenata.

Quando ebbe finito di legarla con le catene all’enorme pietra, il giovane principe rimase davanti a lei per alcuni attimi, fissandola con un’intensità poco conveniente.

Tutti lo notarono, ma fecero finta di nulla: in quel momento la posta in gioco era molto più alta.

Infine Telamone si allontanò ed attese con gli altri che arrivasse il mostro marino.

Non dovettero attendere molto: difatti il mostro emerse dal mare alcuni attimi dopo.

Grande e terribile, con il corpo di serpente e le braccia squamose, molto simili a quelle umane.

La terribile creatura rimase immobile un attimo e poi si voltò verso mia sorella.

In quel momento però, Eracle si avventò su di lui. Con la forza strabiliante per cui era famoso, gettò a terra l’enorme mostro marino.

Telamone invece si precipitò verso la roccia dove mia sorella era legata e la liberò.

Esione fuggì e si rifugiò all’interno delle mura, mentre Telamone affiancava Eracle nella lotta contro il terribile mostro.

La battaglia fu lunga ed impegnativa, ma alla fine il possente Eracle ed il giovane Telamone riuscirono ad abbattere la terrificante creatura di Poseidone.

Molti sulle mura applaudirono, ma non mio padre.

Si vedeva che era contento che sua figlia fosse salva, ma si rammaricava del fatto che il mostro marino non avesse ucciso i Greci.

Io lo notai e cominciai a preoccuparmi: quella sua espressione non prometteva nulla di buono.

***

Quando Eracle, Telamone e gli altri guerrieri rientrarono, furono accolti con grande entusiasmo da tutti.

-Vi ringrazio moltissimo, nobili guerrieri di Grecia! – disse mio padre – La grande Troia dalle belle mura, i nobili Troiani domatori di cavalli e le belle Troiane dai lunghi pepli e dalle belle chiome non potranno mai ringraziarvi abbastanza per quello che avete fatto per loro. Il mostro di Poseidone Cronide, signore del mare e scuotitore della terra, da molte lune ci opprimeva con la sua presenza nel nostro mare, ma ora, grazie a voi ed al vostro prezioso intervento, esso è sconfitto. Venite con me a ristorarvi dopo cotanta fatica.-

I Danai accettarono volentieri, ma io mi allontanai.

-Dove vai nobile Podarce? – mi chiese mio padre – Non tieni forse compagnia ad i nostri gloriosi ospiti, che tanto per noi hanno fatto? Tua sorella, Esione dagli occhi belli, è viva grazie a loro ed anche tu dovresti rendere loro omaggio per ciò che hanno fatto.-

-Verrò più tardi, nobile padre: ringrazierò anche io i nostri gloriosi salvatori e li onorerò nel modo giusto, poiché essi sono molto meritevoli di ringraziamenti e riconoscenza da parte di noi tutti. Ma adesso voglio accertarmi che la regale Ecuba, figlia del buon Dimante, ed il nobile Ettore, tuo futuro successore sul trono di Troia divina, stiano bene.- così mi allontanai, dirigendomi verso la camera di Ecuba.

Poco dopo, quando mi allontanai per arrivare dove si trovavano mio padre ed i nostri ospiti, fui raggiunto da mia sorella Esione, che ansimava e piangeva disperatamente.

-Podarce! – mi disse, prima che potessi interrogarla – Presto, fuggi! Allontanati dalla grande città di Troia e non tornarci! Allontanati dalla camera della nobile Ecuba, figlia di Dimante, che è la tua moglie amata, per amore di Apollo, signore della luce! Non fare che essi abbiano fra le loro mani lorde di sangue la tua regale moglie o il tuo nobile bambino dai begli occhi: troppo piccolo ed innocente è per perdere la vita così crudelmente e per mano di cotanti spregevoli assassini…!-

La zittii: - Cosa intendi dire, nobile Esione? Chi non deve avere fra le mani il mio nobile bambino o la mia regale moglie, Ecuba figlia di Dimante? Cosa mai è accaduto: perché così tanto temi e cerchi di farmi allontanare da Troia dalle alte mura? Per amor di Apollo, signore della luce, parla e dimmi che cosa di tanto orribile è accaduto da suscitare in te tanta irragionevole paura?!-

-I Danai! I Danai dalle lunghe lance ti vogliono uccidere!- esclamò lei, in preda al terrore e alle lacrime.

Io rimasi colpito da tale affermazione, ma subito mi ripresi e le domandai: - Perché mai i Danai vestiti di bronzo, che hanno liberato la divina Troia dalle possenti mura dal mostro marino inviato da Poseidone Cronide, signore del mare e scuotitore della terra, dovrebbero volere la mia morte, quando io non ho recato loro offesa alcuna, né con parole né con fatti?-

-Essi hanno già ucciso il nostro regale padre ed i nobili nostri fratelli, poiché Laomedonte, signore di Troia dalle alte mura, si rifiutò di cedere la focosa coppia di cavalli promessa ad Eracle divino! Egli giurò su quanto aveva di più caro al mondo di darli ad Eracle figlio di Zeus, ma non ha mantenuto la sua promessa, perdendo così ciò che di più caro aveva: la sua vita e quella dei suoi amati e nobili figli.-

Cercai di frenare il mio entusiasmo: finalmente ero re!

Il regno avaro e di terrore di mio padre era finito!

-Calmati Esione dagli occhi belli. Affronterò i Danai vestiti di bronzo: non mi nasconderò come una debole donna indifesa, aspettando che il nemico mi trovi e mi trucidi sull’altare dedicato ad Atena protettrice della giustizia, poiché ora che nostro padre, il nobile Laomedonte, è morto, sono io il re di Troia dalle belle mura e la difenderò con la mia vita, se sarà necessario.-

-Infelice, non puoi sperare di salvare l’amata città dalle possenti mura, ma salva te stesso! Eracle, figlio di Zeus, è troppo forte per te: ti ucciderà senza pietà alcuna davanti ai miei addolorati occhi piangenti con la sua lancia o con la spada di bronzo! Oppure Telamone, nobile figlio di Eaco che innalzò le divine mura della nostra amata patria, Troia, ti sconfiggerà ed il tuo corpo spoglierà delle armi senza riguardo per le tue nobili origini, come fece con i nostri bei fratelli! Non hanno pietà in battaglia, i Greci vestiti di bronzo, e non l’avranno neppure di te, Podarce!-

Non le diedi retta e mi diressi in fretta verso il luogo dove potevano trovarsi i Danai.

Volevo infatti incontrarli il più lontano possibile da dove si trovavano mia moglie ed il mio bambino.

Infine li vidi.

Eracle e Telamone.

Il primo molto più alto di un uomo normale e dotato della stessa forza, potenza e massa muscolare di un leone.

La barba ed i capelli erano biondi e leggermente striati di grigio.

Gli occhi azzurri erano iniettati di sangue e puntati su di me.

Il secondo invece era meno alto e muscoloso, ma ugualmente temibile.

Avevo visto combattere il giovane Telamone, figlio di Eaco, e non avrei mai voluto fronteggiarlo.

I suoi capelli erano castani e scuri, non troppo lunghi, ed i suoi occhi avevano lo stesso colore di datteri maturi.

Il suo viso imberbe aveva bei lineamenti, la pelle era leggermente abbronzata, ma si vedeva che di solito non era molto scura.

Io li fronteggiai: ma loro erano due e fra i più temibili guerrieri di tutta la Grecia, mentre io ero solo.

Stavo per gettarmi su di loro, quando mia sorella si mise davanti.

-No, lasciatelo nobili Danai, discendenti di Acheo figlio di Xuto, vi supplico! Non trafiggete il nobile Podarce, figlio di Laomedonte, con le lunghe lance e non uccidetelo con le spade di bronzo! Egli è il solo dei figli di mio padre che ancora vive e che potrà un giorno regnare su Troia dalle belle mura!-

Eracle, che era il più vicino a me, la guardò e le chiese: - Perché mai dovrei darti retta, donna? Voi Troiani domatori di cavalli siete degli sporchi frodatori e il vostro re era il primo di tutti gli ingannatori della grande Troade! Egli promise davanti a tutti noi, tanto che ora mi è possibile riportare parola per parola il suo patto ipocrita, su ciò che aveva di più caro al mondo, che mi avrebbe dato due dei cavalli della bella Ilio. Un focoso stallone ed un’impetuosa giumenta, mi promise, che potessero generare puledri del loro stesso temperamento ardente e di cui anche le genti greche, oltre ai nobili Troiani, domatori di cavalli, potessero beneficare, ma ha mentito, l’uomo di frodi! Io esigo un compenso che possa cancellare almeno in parte l’umiliazione inflittami dal re della divina Ilio, e quale più grande soddisfazione se non quella di uccidere l’erede di Laomedonte truffaldino, iniquo sovrano di Ilio?!-

-Prendi me al suo posto, nobile figlio di Zeus! Io sarò il vostro premio. Come schiava sarò portata a Salamina dalle chiare spiagge, oppure alla bella Tirino, ma accetterò la mia sorte, anche la più terribile e disonorevole, per salvare il mio nobile fratello: perciò non uccidetelo ed accettate la proposta che ora vi faccio.- disse mia sorella.

Io osservai le loro reazioni.

Eracle non sembrava interessato: non era mai stato attratto molto dalle donne, inoltre aveva già moglie.

Telamone invece, interessato lo sembrava, e molto.

Si era passato la lingua sulle labbra appena queste parole erano uscite dalla bocca di mia sorella e l’aveva guardata fin troppo intensamente.

Eracle stava per rifiutare, quando Telamone gli si avvicinò, gli posò una mano sulla spalla possente e sussurrò qualche cosa all’orecchio dell’eroe, figlio di Zeus, guardando di sottecchi mia sorella.

Eracle sogghignò e gli disse qualche cosa a sua volta, poi, rivolto a me, esclamò: - Sei molto fortunato nobile Podarce, figlio di Laomedonte: il mio giovane amico Telamone si è detto disposto ad accettare l’offerta della tua bella sorella, Esione dalle splendide gote, e risparmiarti la vita come ella richiede e tanto brama. Ma bada: io non mi accontenterò di questo, poiché a me così non sarà consegnato nulla, e non trarrò beneficio alcuno risparmiandoti la vita. Tutti i nobili Achei vestiti di bronzo hanno già approfittato delle tue incantevoli sorelle, figlie di Laomedonte e perciò donne di sangue reale, ma io non potrei neanche volendo portarne una a casa come schiava: infatti la mia nobile moglie, Deianira figlia di Eneo, è molto gelosa. Perciò esigo i cavalli che mi erano stati promessi, come compenso per averti risparmiato la vita! Ne pretenderò anzi di più, poiché troppo sono stato ingannato. Non solo la focosa coppia di equini promessami da Laomedonte re di Ilio divina, ma due di questi cavalli per ognuno dei nobili Achei che mi hanno accompagnato fino alla grande Troade, colma di genti fraudolente.-

-Potete prendere tutti i cavalli che volete: bianchi, neri o pezzati che siano. I migliori, sani e focosi, capaci di correre come il vento che soffia, ti consegnerò, Eracle figlio di Zeus, ma non vi cederò la mia nobile sorella Esione dagli occhi belli, nata come me da Laomedonte, come schiava, così come non vi lascerò portare via le altre nobili principesse Troiane!- dissi io.

-È troppo tardi, nobile Podarce, per scendere a patti con noi. Tuo padre Laomedonte, che era il re che regnava su Ilio dalle possenti mura, avrebbe dovuto, in quanto sovrano, rispettarli subito e non giurare ciò che non avrebbe mai potuto mantenere, a causa della sua avarizia.- disse il giovane Telamone con voce profonda ed aggressiva, ancora però a cavallo fra quella di un adolescente e quella di un uomo.

-Ora saremo noi a stabilire il prezzo delle azioni del tuo disonorevole padre Laomedonte, ed io non me ne andrò di qui senza la fanciulla Esione dalle gote piacenti, poiché ella ha colpito il mio cuore e la mia anima con la stessa violenza di una delle frecce dorate di Eros, figlio di Ares e della Pandemia Afrodite. Più bella di qualsiasi altra donna che io abbia mai visto in Grecia è la tua nobile sorella; la porterò a Salamina dalle belle spiagge con me, difatti spetta a me di diritto, poiché fui il primo a mettere piede nella sacra città di Ilio!- aggiunse poi.

Sapevo di non poter fare nulla per evitare che mia sorella fosse portata via, ma volevo che fosse rispettata la sua dignità.

-Nonostante il mio cuore sia contrario a vederla allontanarsi per sempre dai miei occhi, se ella è disposta a venire via con te, tessere la tela per un’altra donna alla bella Salamina e prendere parte al tuo letto, Telamone figlio di Eaco, io non farò obbiezioni, ma esigo che sia celebrato un regolare matrimonio, in nome di Hera moglie di Zeus potente, protettrice delle nozze mortali e divine, ed in nome di Artemide, figlia di Zeus e di Leto, protettrice delle fanciulle!-

I due Danai si guardarono per un attimo e poi scoppiarono a ridere.

-Molto nobile è la tua proposta, regale Podarce, ma purtroppo temo di non poterti accontentare sposando la tua bella sorella, Esione dagli occhi belli, poiché io ho già moglie ed anche un figlio piccolo che prenderà il mio posto sul trono di Salamina dalla chiara sabbia quando io vagherò per l’Ade oscuro. Il nome di mia moglie è Peribea, la quale è la mia seconda, nobile consorte; figlia di Alcatoo lei è, re di Megara, di cui io sono il genero. Perciò non potrei sposare la tua amata e bellissima sorella dai bei capelli neanche volendo.- mi disse.

Io mi stupii.

Telamone era molto giovane e non avrei mai pensato che fosse già sposato.

Questo fatto avrebbe però disonorato ulteriormente mia sorella: portata via e fatta schiava da un uomo più giovane di lei e con già una moglie.

Non potevo permetterlo!

Feci per parlare, ma Esione mi anticipò.

-Io accetto di venire via con te, nobile Telamone, figlio di Eaco, anche senza che sia celebrato un matrimonio in nome di Hera divina, protettrice delle nozze divine e mortali. Sopporterò i lavori che mi saranno assegnati, anche i più duri e faticosi; accetterò le occhiate piene di sdegno e gelosia della tua nobile moglie, Peribea figlia di Alcatoo, che mi odierà appena metterò piede a Salamina dalle belle spiagge ed accetterò di soddisfare le tue richieste, di qualunque genere esse siano. Io non conto, ma mio fratello sì, poiché, ora che il nostro nobile padre è morto, lui dovrà diventare re di Troia dalle belle mura e ragnare sui Troiani domatori di cavalli.-

Detto questo, si voltò verso di me e disse: - Non protestare, nobile fratello. Accetta incondizionatamente la mia volontà e non ti curare del mio Fato. Regna su Troia con saggezza e giustizia, in modo che i Troiani domatori di cavalli e le Troiane dalle belle chiome ti amino e rispettino.-

Fu così che Esione fu portata via da Telamone ed Eracle si impadronì dei miei cavalli migliori.

Mio padre ed i miei fratelli erano morti, le mie sorelle erano state rapite dai Greci, ma io ormai avevo altro di cui occuparmi.

Ero re di Troia e da allora venni chiamato Priamo, Il Riscattato, poiché mia sorella si era offerta a Telamone per salvarmi da morte certa.

  
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