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Autore: dontblinkcas    27/05/2013    5 recensioni
«Ancora qualche centimetro più su e per me sarebbe stata la fine» disse ad un tratto con apprensione, «mi avrebbe fermato il cuore».
«Non sono pronto a perderti, né ora, né tra sessant'anni» continuò Alec con un sibilo come se quelle parole perdessero di significato se pronunciate con voce più alta.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Young and Beautiful

 

 
Il buio era totale, le spesse tende viola agganciate all'asta da diverse manette non lasciavano trasparire la tenue luce esterna di un piovoso giovedì di novembre nella Grande Mela.
Il ragazzo, profondamente addormentato, si fondeva con le lenzuola, formando un groviglio intricato di gambe, coperte e braccia. Il respiro regolare faceva alzare ed abbassare il petto nudo; i capelli scompigliati erano sparpagliati sul cuscino, mentre il viso del giovane era rilassato e tranquillo, come se non fosse accaduto nulla di terribile in quelle ultime settimane estenuanti.
La porta della camera da letto si aprì con un impercettibile cigolio e la testa nera di Alec si affacciò; rimase un attimo indeciso, ma osservando l'orologio alla parete si decise ad aprire completamente la porta ed entrare nella camera con un vassoio tra le mani.
Il Cacciatore attraversò la stanza con l'aiuto della sola luce artificiale che proveniva dal corridoio; appoggiò in equilibrio il vassoio sul mobiletto carico di prodotti per il corpo e per i capelli e si avvicinò alle tende aprendole con un gesto deciso; poi raggiunse il letto sedendosi accanto al corpo di Magnus. Gli mise una mano sulla guancia accarezzandogliela gentilmente mentre ammirava il viso tranquillo dell'immortale.
«Magnus» disse dolcemente, «Magnus svegliati. Sono le tre del pomeriggio, non puoi dormire tutto il giorno. Hai bisogno di mangiare per rimetterti in forze».
Mentre parlava un grugnito infastidito uscì dalle labbra di Magnus, che si girò di lato annodandosi ancora di più nelle coperte. Alec alzò un sopracciglio per l'esasperazione e riprovò ancora accarezzando stavolta i capelli dello stregone.
«Magnus, so che riesci a sentirmi. Non ho intenzione di passarti la mia forza perché tu sei pigro e non vuoi mangiare. Perciò alzati oppure ribalto il materasso con te sopra. A te la scelta».
Magnus emise un altro verso infastidito, molto simile a dei soffi da gatto, che Alec interpretò come un modo per dirgli di andarsene via. Ma imperterrito il cacciatore continuò a fissarlo immobile fino a quando Magnus parlò con la voce impastata dal sonno.
«Vattene Nephilim».
«“Vattene Nephilim”? Potresti essere anche più gentile nei confronti del tuo ragazzo che ti porta la colazione a letto» replicò Alec con un mezzo sorriso.
Di risposta lo stregone disse qualcosa di indecifrabile sventolando la mano con fare pigro.
«Okay, l'hai voluto tu. A mali estremi, estremi rimedi» concluse il cacciatore alzandosi dal letto e afferrando il materasso. Sebbene Magnus fosse estremamente alto, Alec non fece alcuna fatica a inclinare pericolosamente il materasso.
«Okay, okay sono sveglio! Non c'é bisogno di essere così bruschi» borbottò Magnus girandosi a pancia in su e aprendo con cautela i suoi occhi da gatto; osservò Alec in piedi accanto a lui, in controluce: Magnus pensò che in quel momento il suo ragazzo assomigliasse davvero a un angelo. Gli sorrise e alzò un braccio nella sua direzione, Alec afferrò la mano tesa per farsi trascinare sul letto; cadde di fianco a Magnus, che gli cinse i fianchi per avvicinarlo. I loro visi si ritrovarono a pochi centimetri: gli occhi blu di Alec fissavano le iridi verdi di Magnus che brillavano nella nuova luce del giorno.
«Buongiorno» sussurrò il Nephilim sulle labbra dello stregone prima di baciarlo.
«Buongiorno. Questo risveglio mi piace di più di quello di prima» rispose Magnus quando sciolse il bacio.
Alec portò la sua mano sinistra sul petto dell'immortale, appena sotto il cuore.
«Come stai?» gli chiese serio, sentendo sotto le dita la cicatrice frastagliata; quel contatto gli ricordava ogni istante di quello che aveva provato quando aveva visto Magnus cadere in battaglia, il terrore per aver pensato al peggio.
«Non ho ancora deciso: potrei dire di stare bene ma poi perderei l'occasione di vederti di affaccendato a curarmi, come una crocerossina della Seconda Guerra Mondiale» rispose Magnus sorridendo nel vedere la reazione offesa di Alec che gli diede un pizzicotto.
«Ahi! Questo non è previsto in alcune cure mediche, ne sono certo».
«Dico sul serio Magnus. Come stai?» chiese di nuovo Alec con una punta di apprensione.
«Sto bene Alexander, dico sul serio. Ho centinaia di anni, non è la prima volta che mi faccio male» rispose lo stregone per rassicurare il ragazzo.
«Ma questo non è un semplice graffio causato da un gatto bello grosso» replicò Alec con preoccupazione.
Magnus gli prese il volto tra le mani accarezzandogli con i pollici gli zigomi.
«Alexander va tutto bene, sono ancora qui d'accordo? Questo è tutto quello che conta» lo tranquillizzò Magnus; Alec annuì e gli diede un bacio che però venne interrotto dallo stomaco brontolante dello stregone.
«In realtà credo di star per morire… di fame. Non avevi detto qualcosa del tipo "il tuo ragazzo che ti porta la colazione a letto"?».
In risposta Alec si svincolò dalla presa di Magnus, si alzò e raggiunse il vassoio traballante abbandonato sul tavolino; quando lo prese tra le mani Alec fece una smorfia di disappunto.
Lo stregone si sollevò facendo forza sulle braccia e si mise a sedere: ora la cicatrice bianca era evidente sulla sua pelle ambrata.
«Cosa succede? Hai dimenticato la rosa rossa che mettono in ogni film di terza categoria?» domandò Magnus sorridendo al suo ragazzo; in risposta Alec si avvicinò e mise il vassoio sul grembo dello stregone.
«Cosa stai… roba da mondani suppongo. Comunque è colpa tua: se ti fossi svegliato subito avresti trovato la colazione ancora fumante» replicò Alec sedendosi accanto a lui.
«È solo per questo?» chiese con dolcezza. Toccò con un dito la tazza arancio di caffè nero e il piatto con una piccola montagnetta di pancakes: piccole scintille azzurre scoppiarono nel contatto e un filo di fumo si elevò dalla tazza.
«Visto? Niente di cui preoccuparsi» gli fece sorridendo, «i pancakes li hai fatti tu? Sicuro che siano commestibili?» continuò lanciandogli uno sguardo divertito.
«Non credi io sappia cucinare? Che bella fiducia! Comunque sono andato da Taki, ma se non ti fidi li mangio io» replicò Alec allungando il braccio verso il piatto, ma con uno scatto felino Magnus intercettò la mano bloccandogliela contro il petto.
«Non si ruba il cibo ai malati, non te lo hanno insegnato a scuola di Shadowhunters?».
Alec alzò gli occhi al cielo, ma non poté evitare alle sue labbra di inarcarsi verso l'alto.
 
Appena Magnus finì la colazione, sembrò che le energie gli fossero tornate del tutto, anche se Alec notò come i movimenti dello stregone fossero ancora cauti e rigidi. Mentre il cacciatore si vestiva, Magnus si fissò davanti allo specchio osservando la ferita da ogni angolazione.
«Ancora qualche centimetro più su e per me sarebbe stata la fine» disse ad un tratto con apprensione, «mi avrebbe fermato il cuore».
Alec si immobilizzò davanti al cassetto aperto trasalendo per quelle parole improvvise. Aver vissuto per qualche istante con l'idea che Magnus potesse essere morto era stata la sua esperienza peggiore: più di quando aveva rischiato la morte a causa di Abbadon e più di quando aveva sentito il legame di parabatai rompersi durante la battaglia di Brocelind. Era stato come se gli fosse mancata la terra sotto i piedi, come perdere una parte di sé, come perdere metà della sua anima.
Aveva capito quanto Magnus fosse mortale nonostante la sua immortalità, e si era sentito male per aver pensato di riflettere sulla proposta di Camille.
«Non so se l'avrei sopportato» sussurrò Alec, aveva paura che la voce gli si spezzasse.
Magnus osservò il riflesso di Alec nello specchio, ora nei suoi occhi c'era una serietà grave mista ad amore e malinconia; il Nephilim alzò lo sguardo incrociando quello dello stregone. Poi lentamente Alec si avvicinò a Magnus e lo abbracciò circondandogli il petto con le braccia e appoggiando la guancia contro quella coperta da un leggero strato di barba di Magnus; i loro sguardi erano ancora intrecciati come se quel contatto visivo fosse più loquace di mille parole.
«Non sono pronto a perderti, né ora, né tra sessant'anni» continuò Alec con un sibilo come se quelle parole perdessero di significato se pronunciate con voce più alta.
Magnus sovrappose le sue braccia a quelle di Alec stringendolo a sé.
«Tu sei la sola cosa che mi tiene ancora attaccato a questo posto, non potrei mai andarmene senza di te. Non sono un eroe, ma con te accanto mi sembra di esserlo».
Alec strofinò il suo naso contro la guancia ispida di Magnus prima di baciarlo.
Sembrò che il tempo si fosse fermato, che la terra avesse smesso di girare in quel breve istante eterno; le loro labbra si muovevano come se fossero sempre appartenute le une alle altre, le loro dita intrecciate erano la presa più sicura di questo mondo.
Magnus sciolse il bacio prima di perdere il controllo.
«Dovresti farti una doccia e la barba» disse Alec accarezzandogli la guancia con la sua.
«E tu dovresti andare da Jace. Devi essere là quando si sveglierà» rispose Magnus con tranquillità.
«Sicuro? Se vuoi posso rimanere qui...» replicò incerto.
«Sto bene Alexander. Hai badato a me, ora è tempo che ti occupi anche del tuo parabatai oppure Jace diventerà geloso di me» ribatté Magnus con un sorriso.
«Potresti venire con me...».
«No. Voglio passare una normalissima e noiosissima giornata sul divano a guardare la tv. Niente e nessuno potrà distogliermi da questo progetto».
Alec sciolse l'abbraccio e finì di vestirsi in fretta, poi diede un bacio veloce a Magnus.
«Grazie, credo che tornerò verso sera. Riuscirai a rimanere vivo fino al mio ritorno? O stavolta morirai di noia?» chiese Alec uscendo dalla camera e dirigendosi verso l'ingresso seguito da Magnus.
«Cercherò di rimanere vivo per te Alexander. Ora va' o ti caccio io con un modo molto meno gentile. Ci vediamo stasera» disse Magnus tenendo la porta aperta ad Alec che uscì di casa sorridendo scendendo le scale dell'edificio.
 

***

 
Magnus era sdraiato sul divano rosso, la sua testa era sgombra, libera da qualsiasi pensiero; erano passate settimane dall’ultima volta che si era così leggero. In effetti era da quando lui e Alec erano tornati dal viaggio, da quando la situazione era precipitata a causa di un pazzoide megalomane che non aveva avuto un attimo di respiro. Ma non erano state solo le vicende di quei giorni a essere precipitata.
Da quando Isabelle lo aveva richiamato da Vienna la sua relazione con Alec si era complicata ulteriormente: aveva trovato le domande di Alec sul suo passato assolutamente legittime, ma Magnus aveva preferito sviare tutte le curiosità del giovane, convinto che il passato era soltanto un lontano ricordo, come se quella fosse la vita di qualcun altro. Ma quando la curiosità si era trasformata in ossessione qualcosa si era incrinato: vedeva dietro gli occhi limpidi di Alec un cielo in tempesta, era consapevole che il ragazzo non era felice, ma si era convinto che fosse soltanto la disperazione per la situazione difficile e non per la loro relazione.
Infatti il risveglio di quella mattina gli aveva ricordato il periodo felice del viaggio: perciò la sua mente si era concessa qualche tempo di riposo dai pensieri più cupi, preoccupata solo di seguire il filo logico del film che stava guardando.
 
All'improvviso sentì qualcuno bussare alla porta di ingresso.
Magnus si alzò di scatto con i muscoli tesi: se fosse stato Alec non avrebbe di certo bussato dato che aveva le chiavi; se fosse stato chiunque altro avrebbe dovuto citofonare e attraversare l'ingresso chiuso dell'edificio prima di salire e bussare alla porta del loft.
Tese le orecchie e di nuovo senti i colpi leggeri ma decisi sul legno scuro; si avvicinò cautamente con le scintille azzurre che comparivano tra le dita pronto ad attaccare al primo segno di pericolo. Girò il lucchetto della porta e aprì uno spiraglio lasciando uscire la luce dell'appartamento che colpì la figura incappucciata davanti a lui.
«Magnus Bane» disse con voce atona il misterioso visitatore, poi con estrema lentezza dal nero mantello apparve un braccio, nella mano biancastra una lettera.
«Da parte di Camille Belcourt. La mia padrona mi ha detto di informarti che potresti trovare la lettura molto interessante».
Magnus cercò di intravedere il volto da sotto il cappuccio impenetrabile prima di allungare la mano per afferrare il biglietto; aveva sperato di non sentire mai più quel nome in vita sua, ma qualcosa dentro di lui lo costrinse ad accettare la lettera. Appena la prese, il soggiogato si voltò sparendo silenziosamente tra le scale buie.
Lo stregone chiuse la porta alle sue spalle e vi si appoggiò; un brivido lo percorse, ogni suo senso fremeva come campanelli di allarme. Sentì la filigrana preziosa e pesante sotto le sue dita e un profumo inebriante lo colpì quando aprì la lettera rivelando la calligrafia svolazzante di Camille.
 


Mio carissimo Magnus,
        non avrei mai voluto essere io a doverti rivelare quello che sta accadendo, ma credo che tu abbia il diritto di sapere cosa sta succedendo.
Ora inizio a capire cosa trovi di così tanto speciale in Alexander Lightwood. Hai sempre avuto un’insana passione per le cose fragili e lui non è da meno: i capelli neri e gli occhi azzurri sono sempre stati i tuoi punti deboli, ma questo giovane Nephilim ha qualcosa di…unico. Il rossore che gli affluisce alle guance, il sapore del suo sangue, le sue poche parole, la sua determinazione.
Non posso credere che abbia davvero deciso di accettare la mia proposta: la tua immortalità per la morte di Raphael.
Ma sai come si dice: in amore non esistono regole.
 Forse la tua dolce metà crede che capirai quando ti strapperà la tua immortalità. Ti avevo avvertito molto tempo fa che noi non eravamo fatti per stare con i mortali: per quanto possono amare, non potranno mai smettere di essere ossessionati dalla nostra eternità e dalla nostra bellezza.
Spero di non aver provocato troppo dolore, ma volevo che tu fossi informato sugli intrighi del tuo amato; nonostante quello che tu possa pensare mi importa ancora di te.


La tua fedele,
Camille Belcourt


 


Buonasera cari lettori.
Ho avuto l'ispirazione di scrivere mentre ero a teatro a vedere una rappresentazione teatrale scritta da un prof della mia scuola sull'"Amore frammentato".
In più la canzone di Lana del Ray mi ha aiutata molto a sviluppare la OS.
Ho voluto descrivere una scena che credo nessuno abbia mai rappresentato, perciò spero non faccia troppo schifo.
Mi dispiace se troviate i personaggi un po' OOC, non era mia intenzione.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate, quindi recensite.
Buona lettura,
Dany.





  
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