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Autore: Alexiel_Slicer    30/05/2013    4 recensioni
"e tu sei il cigno nero stanco di seguire il branco il cuore grande quanto il sole, ma freddo come il marmo. Ne giovani ne grandi, nel cuore piove grandine"
Sarebbe stata una delusione per suo padre e lei non voleva esserlo. Aveva già perso un anno a causa di quello che le era successo e non poteva accadere nuovamente. Dopo il casino che aveva passato, dopo il casino che avevano passato non voleva dare altre preoccupazioni a quel povero uomo. Ne aveva passate abbastanza nell'ultimo periodo e non meritava altri fardelli. E poi lei aveva quasi diciotto anni e si ritrovava a ripetere il quarto anno, in quella scuola si sarebbe voluta diplomare e non pensionare.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Cigno Nero"


Prologo

Sentiva quella voce autoritaria e ferma chiamarla con insistenza da lontano, quella voce l'avrebbe potuta riconoscere tra mille e anche se le risuonava nelle orecchie distante e sporca poteva giurare che in quel tono c'era anche, oltre l'impazienza, una vena di rassegnazione.
Ad un tratto sentì qualocosa di pesante e duro colpirle la testa abbastanza da farle aprire gli occhi di scatto e farla balzare sull'attenti. Sbattè un paio di volte le palpebre e quando si rese conto della situazione le sue labbra si incresparono in una smorfia di dolore ritardataria.
"Signorina Chelsea Eric!" sentì trillare con stizza "Questa è la miliardesima volta che lei si addormenta durante le mie lezioni!".
Era la professoressa Watson, insegnante di latino e greco che esasperata si sistemava gli occhiali squadrati sul naso appuntito.
"Si, lo so e mi scusi, ma non è mica colpa mia se il latino mi fa venir sonno..." fu la risposta risoluta e quasi beffarda di Chelsea che nel frattempo faceva spallucce, scatenando l'ira della donna che più di ogni altra cosa amava e quasi venerava le sue materie.
La Watson stirò con un movimento secco il braccio, indicandole con la mano la porta dell'aula "Allora esca fuori e non disturbi la lezione con il suo russare! Faccia una visita alla preside mentre che c'è così le darà da fare qualcosa in cui non si annoierà sicuramente!".
La ragazza sospirò e lasciò il suo posto facendo stridere i piedi in ferro della sedia sul pavimento di marmo opaco, per poi raccogliere le sue cose e uscire dalla classe.
Camminò lungo i corridoi per metà bianchi e senape, girò qualche angolo e si trovò davanti la porta in legno dalla finestrella in vetro frastagliato su cui campeggiava la targhetta con scritto "Presidenza".
Si sedette su una sedia e aspettò che la preside la ricevesse.
Oh, quella maledetta Watson! Non poteva permettersi di perdere un altro anno, non a causa di quella donna permalosa e fissata con il suo adorato greco e latino.
Sarebbe stata una delusione per suo padre e lei non voleva esserlo. Aveva già perso un anno a causa di quello che le era successo e non poteva accadere nuovamente. Dopo il casino che aveva passato, dopo il casino che avevano passato non voleva dare altre preoccupazioni a quel povero uomo. Ne aveva passate abbastanza nell'ultimo periodo e non meritava altri fardelli e poi lei aveva quasi diciotto anni e si ritrovava a ripetere il quarto anno, in quella scuola si sarebbe voluta diplomare e non pensionare.
La maniglia girò e la porta si aprì facendo uscire chi fino a pochi secondi prima aveva intrattenuto un colloquio con la preside: un ragazzo della sua età circa, alto e dalla corporatura magra nascosta da vestiti over size, i capelli rasta e di un biondo cenere raccolti in una grossa coda, il viso roseo e dai lineamenti morbidi tirati da un'espressione da cane bastonato scocciato e irritato.
Le passò accanto con le mani infilate in tasca, mentre procedeva con grandi falcate.
"Avanti" urlò successivamente una voce femminile all'interno dello studio.
Chelsea si levò in piedi ed entrò nell'ambiente in cui aleggiava un leggero odore di tabacco aromatizzato all'eucalipto che le pizzicò le narici, per poi riaccomodarsi, sotto ordine della donna, nella morbida sedia imbottita di fronte alla scrivania munita di pc.
La preside era una donna giovane, sulla quarantina, dall'aspetto elegante senza eccesso e professionale. Aveva un bel viso dall'espressione da donna vissuta che la faceva apparire più grande della sua effettiva età, ma che le dava un non so che di affascinante. "Barbara Nickel" c'era scritto sulla targhetta esposta davanti ad una pila di scartoffie che giacevano disordinate sulla scrivania.
"Si accomodi, si accomodi..." le disse non appena entrata "Cosa la porta qui?".
"La professoressa Watson...".
Chelsea non ebbe la possibilità di proseguire "Ah si...! La professoressa Watson..." fece la donna come illuminata "Tu sei Chelsea Eric, giusto? La Watson mi ha parlato più volte di te, anzi direi che si è lamentata...in fondo non la biasimo non è carino addormentarsi durante le sue ore di lezione e non è carino addormentarsi in generale. Siamo a scuola non...".
"Per favore mi risparmi la predica" la interruppe Chelsea secca.
La donna rimase attonita per una frazione di secondo, poi si riprese e si mise a braccia conserte "Bene, allora Eric cosa dobbiamo fare? La professoressa è intenzionata a farti ripetere l'anno per la terza volta".
"No! Quell'arpia non può...!" fece lei scattando in piedi.
"Un pò di rispetto!" l'ammonì la preside Nickel con tono severo e facendole segno di risedersi "A tutto c'è una soluzione" continuò "Le propongo un patto: lei si dedichi alle attività extrascolastiche come fare doposcuola agli studenti in difficoltà, cercare di mantenere puliti gli ambienti scolastici, aiutare con la mensa o altro e il suo anno sarà salvo".
"Questo è un ricatto!" sbottò Chelsea.
"No, questa è diplomazia". 
  
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