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Autore: Son Manu    30/05/2013    2 recensioni
{Eric/Alan}
Eric strinse più forte la presa della propria testa che teneva saldamente tra le mani: lui, un perfetto modello da seguire agli occhi dei suoi colleghi si era trasformato in poco tempo in un assassino a sangue freddo. Non era altro che un Dio della Morte condannato con un’anima dannata, destinato alla via della perdizione: lo Shinigami caduto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Humphries, Eric Slingby
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*
 
 
“E quanto ti resta?”
“Sei, forse sette mesi. Un anno se sono fortunato.”
“Hmpf. E tu me lo dici solo adesso?!”
“Eric…”
“No, ascoltami bene. Tu sapevi dei Rovi della Morte da tempo e hai deciso di parlarmene solo ora? Mi hai mentito tutto questo tempo!”
“Cos’altro avrei potuto fare? Non potevo dirtelo, io… non sarebbe cambiato niente…”
“Si invece! Avremmo trovato una soluzione, forse eravamo in tempo!”
“Non c’è una soluzione. Eric, per favore, calmati!”
“Come faccio a stare calmo?! Tu mi stai dicendo che morirai e io dovrei stare qui a guardarti?!”
“…….era proprio per questo che non volevo dirti niente.”
“Come?!”
“E’ così. Non avrei dovuto dirti della mia malattia.”
“Mi avresti tenuto nascosto questo segreto finché non ti avrei trovato morto, forse?! Era questo il tuo piano?!”
“No. Infatti era giusto che sapessi. Sei l’unico che si preoccupa per me.”
“Oh beh, grazie del pensiero ma non me ne faccio nulla ora della tua gentilezza. Fammi un favore, risparmiami le tue prossime perle di saggezza perché la situazione non cambia, tu morirai in ogni caso! Ed io cosa dovrei fare?! Scusami tanto se non sono in vena di sentire le tue ragioni, Alan!”
“……….”
“……..A-Alan, e-ehi…no, non piangere, io non….scusami….”.
 Istintivamente il più grande lo prese tra le braccia e in tutta risposta, Alan si strinse a lui, nascondendo il viso nel suo petto, quasi  fosse in cerca di protezione.
“M-Mi dispiace. N-non volevo causarti questo intralcio….”
“No, io… non dovevo reagire in quel modo, mi sono comportato da presuntuoso egoista. Non è colpa tua, sono io che devo chiedere scusa. Non sei un intralcio, Alan. Non pensare nemmeno una cosa del genere.”
“M-Ma…”
“Troverò una soluzione, te lo prometto.”
“Eric, te l’ho già detto, non c’è nulla che tu possa fare. Smettila di preoccuparti per me, non devi. I-Io… starò bene.”
“Alan…”
“Promettimi solo una cosa.”
“Hm?”
“Promettimi che resterai con me fino… fino a quando….”
“Fino alla fine, amico mio.”

 
 
*


 
Solo un’ultima intensa boccata di sigaretta e un rapido sguardo alla luna piena prima che lo Shinigami si decise a riavviarsi verso casa; eppure quasi senza rendersene conto, calde lacrime iniziarono a rigargli il volto, ripensando a quei ricordi che si fecero strada nella sua mente fino ad apparire sempre più nitidi. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno di appena qualche mese prima.
 
E quella stessa notte era successo di nuovo, aveva ucciso ancora: toccò ad una graziosa fanciulla, non aveva più di 23 anni, si chiamava Sandy. Una ragazza piena di vitalità e spensieratezza, con i suoi  sogni, con così tanto da trasmettere al prossimo; stroncata in un attimo per mano di quel disperato  mietitore.
Eric strinse più forte la presa della propria testa che teneva saldamente tra le mani: lui, un perfetto modello da seguire agli occhi dei suoi colleghi si era trasformato in poco tempo in un assassino a sangue freddo. Non era altro che un Dio della Morte condannato con un’anima dannata, destinato alla via della perdizione: lo Shinigami caduto.
 Si ritrovò ormai costretto ad una vita tormentata che si lacerava nel senso di colpa. Si era coperto di peccati imperdonabili, macchiandosi di tutti quei crimini commessi nei giorni precedenti, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro, sarebbe andato fino infondo. Il suo Alan aveva bisogno di lui e avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarlo dalla sua malattia, poco importava quale fosse il prezzo da pagare, non avrebbe mai rinunciato a lui.

 
“Eric?”

Una voce familiare richiamò subito la sua attenzione, ridestandolo da quei pensieri oscuri che gli pervadevano l’animo e, capendo immediatamente di chi si trattasse, si affrettò ad asciugarsi le lacrime dal viso, ricomponendosi il più velocemente possibile ed assumendo un espressione disinvolta. In un certo senso, la sua improvvisa comparsa fu la sua salvezza.

“Alan? C-Cosa ci fai qui? Come sapevi che ero---?”
“Beh, diciamo solo che ti conosco meglio di quanto pensi. So sempre dove poterti trovare.” Rispose quest’ultimo con fare innocente, con il suo solito sorriso radioso impresso sulle sottili labbra. Il moretto azzardò un passo verso di lui, notando fin da subito che c’era qualcosa che non andava.
“Va tutto bene? Sei strano ultimamente.”
“Nah, va tutto bene. Avevo solo bisogno di una boccata d’aria.” Tagliò corto, appoggiandosi al muro dietro le sue spalle.
“Andiamo, Eric, non mentirmi. Lo so che mi nascondi qualcosa.”
“Lo sai, hai decisamente troppa immaginazione, novellino. Torna a casa, è tardi.” Lo liquidò sarcastico come di consuetudine. Infilò poi una mano in tasca come d’abitudine mentre l’altra sorreggeva la sua Falce sopra la sua spalla.
“Smettila di essere arrogante! Sono preoccupato per te!”
“Ti ho già detto che sto bene, non insistere.”
“Eric, per favore. Sono settimane che mi eviti, sei sfuggente. A malapena mi rivolgi la parola quando siamo a lavoro, non credere che non l’abbia notato.”
Eric scrollò le spalle e fece per inventarsi la prima scusa che gli passò per la mente, ma il moretto lo precedette, rompendo quel breve silenzio che si creò tra loro con un profondo sospiro da parte di quest’ultimo.
“Stai ancora pensando a quello che ti ho detto un paio di mesi fa, non è così?”
Il biondo non rispose: incredibile come quel ragazzino lo conoscesse così bene ormai. Era come se gli leggesse nel pensiero, non gli sfuggiva nulla. Non provò nemmeno ad obiettare, aveva ragione, inutile continuare a fingere ormai.
“Eric, rispondimi.”
Il tono di Alan era così dolce, un vero peccato che presto non avrebbe più sentito quel suono di voce così grazioso; il solo pensiero gli fece mancare il respiro per un breve istante.
“Si, ci penso. Ogni giorno. E prima che tu possa dire qualsiasi altra cosa, non pretendere che debba fare finta di nulla.”
“Non ti ho chiesto questo infatti.”
“E allora cosa---”
“Ricordi… cosa mi avevi promesso? Hm?”
Fece un altro passo verso il più grande, prendendogli la testa fra le mani, costringendo l’altro a ricambiare quello sguardo: Eric si sentì quasi senza difese e ancora una volta rimase in silenzio.
“Mi avevi promesso che mi saresti stato vicino. Lo so che è difficile, ma non è questo il modo di affrontare la situazione. Non voglio che mi eviti Eric, e non voglio nemmeno che mi tratti come un malato terminale. Sono sempre io. E… questa tua distanza mi uccide più velocemente, lo capisci? Sei il mio partner, ho bisogno di te al mio fianco.”
Quelle parole colpirono Eric dritte al cuore, lasciandolo spiazzato: era così concentrato nel mietere tutte quelle vittime nel disperato tentativo di salvargli la vita che si stava dimenticando di Alan stesso. Quei momenti insieme erano giorni preziosi e li stava sprecando in quel modo. Si dette dell’idiota per averlo trascurato intere settimane che gli venne voglia di tirare un pugno al muro, se solo l’altro non lo stesse ancora trattenendo per il viso.
“I-Io… non volevo affrontare la realtà. Avevo così paura che….n-non lo so cosa stessi pensando. Ti chiedo scusa, Alan.”
Abbassò lo sguardo per la vergogna, perfettamente consapevole di non essersi comportato correttamente nei suoi confronti; se avesse saputo i crimini che stava commettendo non lo avrebbe mai perdonato. Si sentiva un mostro.
L’altro interpretò quel gesto teneramente, come se avesse di fronte un bambino pentito e non poté fare a meno di sorridere a quella vista, accarezzandogli una guancia con il palmo della mano.
Alan sapeva sempre come far ragionare quel testardo cocciuto di uno Shinigami, era l’unico in grado di calmarlo in qualsiasi situazione, vedeva il meglio in ogni persona ed era così generoso con il prossimo pur sapendo le sue condizioni: era proprio per questo che Eric si era inevitabilmente innamorato di lui.
“Andrà tutto bene.” Aggiunse subito dopo, provando a rassicurarlo. Eric rialzò lo sguardo, incrociando nuovamente i suoi occhi, forzando appena un sorriso in tutta risposta.
No, sapevano entrambi che non sarebbe andato tutto bene. Ma quella bugia era proprio quello di cui aveva bisogno in un momento del genere e volle fingere di crederci davvero, per una volta.



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Eric tornò nel suo appartamento un paio di ore dopo: percorse le scale che conducevano alla sua stanza e una volta lì, fu finalmente libero  di togliersi la cravatta nera, lanciandola con noncuranza sopra la sedia, così come la sua arma. Si levò poi giacca e camicia, riservando loro lo stesso trattamento, avviandosi subito dopo in bagno. Si rinfrescò il viso con una manciata d’acqua fresca e si guardò allo specchio.
 
-Che cosa sto facendo... Sono diventato un assassino.-
 
Non fu più in grado di riconoscere la figura riflessa sopra quel vetro. Stava lentamente consumandosi dentro: per quanto ancora avrebbe potuto tenerlo nascosto? Quanto tempo ci avrebbe messo prima di macchiarsi completamente nell’anima?
Scosse energicamente la testa, scacciando quegli ennesimi pensieri negativi che tentarono ancora di annebbiargli la mente. Il sorriso di Alan era la cosa più preziosa che gli fosse mai capitata, non avrebbe sopportato l’idea di non vedere più quel suo splendido viso così sereno e luminoso, in grado di trasmettergli felicità come solo lui era in grado di fare.
Se stroncare le vite di giovani donne lo avrebbe salvato, sarebbe andato fino infondo, dovesse costargli la sua stessa vita.

 
“Alan, te lo prometto, io ti salverò. Non mi importa se sia giusto o sbagliato; se questa è davvero l’unica possibilità, la porterò a termine con qualsiasi mezzo. Fosse l’ultima cosa che faccio.”

   
 
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