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Autore: Lollola    30/05/2013    1 recensioni
Kimberly, una ragazza che ha una folle cotta per Taylor Lautner, vive in una piccola cittadina e mai si sarebbe sognato di incontrarlo sotto casa sua. All'inizio, lui si dimostra gentile ed educato e Kim ne rimane completamente estasiata, basta un semplice viaggio in auto a far si che tra i due nasca un'incredibile antipatia reciproca.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Biiiiip biiiiip biiiiiip biiiip.
Oh no, così presto? Non ero pronta, non potevano essere già le sette, dovevo aver di certo sognato. Aprii un occhio e lanciai una rapida occhiata verso la sveglia, erano proprio le sette. Feci una smorfia e tirai una botta con la mano all'aggeggio malefico. Un sorriso soddisfatto e poi mi raggomitolai ancora sotto le coperte, pronta a riprendere il sogno da dove lo avevo interrotto. Stavo per dire a Taylor Lautner che lo avrei sposato, ma...
“KIIIIIIIIIIIIIIIIIM IN PIEDI! ORAAAA!”
Spalancai gli occhi ma non mi mossi dal letto, stavo così bene, sotto il calduccio del piumone, per quale assurdo motivo avrei dovuto muovermi? Il mio letto era così caldo e confortevole, era il mio rifugio felice.
“Non costringermi ad usare il secchio..”
La voce di prima, quella che aveva urlato adesso cantilenava e si stava avvicinando lentamente verso di me, voleva tirarmi fuori da quel calore confortevole e io non volevo, risposi con un grugnito e un tono di voce scocciato dopo aver infilato la testa sotto il cuscino.
“Josh lasciami in pace”
“Lo sai che lo faccio kim, arrivo tra tre, due, uno...”
Sbarrai gli occhi e mi tirai su dal letto con uno scatto fulmineo, quel rompiscatole di mio fratello sarebbe stato capace di farlo davvero, ma in fondo aveva ragione, io dovevo andare a scuola quel giorno, era pur sempre un mercoledì, scolastico purtroppo.
“Okay, okay sono in piedi, sei veramente fastidioso”
“Gné gné gné principessina vedi di muoverti o i toast fatti da mamma si freddano.”
A quelle parole sentii un mormorio sinistro, il mio stomaco si faceva sentire, e come dargli torto? In fondo era dal pranzo del giorno prima che non toccavo cibo.
Mi infilai le pantofole pelose, quelle che tenevano i piedi al calduccio e corsi verso la cucina, vedere il tavolo pieno di toast e sentire l'odore del caffè fece nuovamente brontolare la mia pancia e io mi buttai a tavola prendendo il primo toast che mi capitava sotto mano, sfilandolo praticamente dalle mani di mio padre. Lo addentai e mi lasciai sfuggire un mugolio d'assenso, era veramente squisito.
“Buongiorno anche a te Kim”
Mi disse sarcastico mio padre vedendo la sua colazione che piano piano spariva mangiata da me. Abbozzai una risata e alzai il toast verso di lui, che, col giornale in mano, beveva il caffè come ogni mattina prima di uscire. Mio padre è un uomo sulla cinquantina, capelli brizzolati, in forma e sempre vestito elegante. Diceva che per la sua professione -medico- era una cosa buona farsi vedere elegante quando non si indossava il camice, e io sono la sua preferita, la figlia femmina e più piccola, la sua pupilla.
“Scusa papà, buongiorno.”
Mi allungai verso di lui e gli schioccai un bacio sulla guancia, consapevole del fatto che sarebbe bastato quel gesto a farmi perdonare.
“Voglio un bacio anche io tesoro!”
Proruppe allora mia madre. Lei invece è infermiera, 45 anni, capelli castani e in forma smagliante, lei e mio padre si erano conosciuti proprio in ospedale. Sorrisi e andai ad abbracciarla lasciando anche a lei un bacio sulla guancia.
“Buongiorno anche a te mamma, ora vado a prepararmi o faccio tardi”
Mi dileguai e corsi di nuovo in camera mia, al piano di sopra. Mi guardai intorno e andai verso la finestra, tirai su le serrande e sorrisi nel vedere la meravigliosa giornata che mi aspettava, c'era un bellissimo sole ed ero certa che sarebbe stata una bellissima giornata.
Lanciai un'occhiata al poster sul muro e salutai Taylor Lautner con la mano, questo mi riportò al mio sogno e io mi feci pensierosa mente sceglievo i vestiti che avrei indossato quel giorno per andare a scuola.
'Kimberly Lautner non suonerebbe male' mi dissi tra me e me mentre infilavo i Jeans e indossavo la camicetta blu, un abbigliamento che per scuola andava più che bene.
Presi la mia cartella e poi mi catapultai giù per le scale, se non mi fossi sbrigata sarei arrivata tardi e Sam mi aspettava fuori dalla porta per arrivare a scuola insieme. Salutai la mia famiglia e poi raggiunsi lei.
“Ce l'hai fatta a scendere, credevo non arrivassi più!”
Mi disse lei facendo una smorfia non appena mi vide. Risi della sua espressione e scossi la testa spostando una ciocca dei capelli castano mogano da sopra gli occhi.
“Scusa, stavo facendo un sogno, Taylor mi aveva fatto la prop-“
“Aaaaaaalt, buona ti perdono, basta che non cominci con i tuoi interminabili racconti sul licantropo.”
La guardai scioccata e le diedi una botta con la cartella, lei scoppiò a ridere consapevole che chiamando Taylor in quel modo mi avrebbe fatto arrabbiare.
“Sei una strega Sam, non devi chiamarlo così!!” Le dissi guardandola con le sopracciglia corrugate.
“Dovevo vendicarmi in un modo o nell'altro del fatto che ti mi hai fatto aspettare -rispose lei- ora muoviti o facciamo tardi.”
Cominciammo a correre e solo in quel momento notai che oltre che ad esserci il sole faceva anche un bel caldo, in quel modo sarei arrivata a scuola tutta sudata, ma meglio quello che arrivare in ritardo.
Appena arrivate le strade mie e di Sam si divisero, lei raggiunse le mie amiche e io andai da Kevin.
Kevin era all'ultimo anno come me, era il mio migliore amico, gay, e ci conoscevamo dalla terza elementare ed eravamo praticamente inseparabili, spesso ci scambiavano per una coppia, e nessuno di due lo sopportava, mai sentito parlare d'amicizia? Lo raggiunsi e quando stavo per salutarlo lui mi bloccò.
“Ferma, fai una giravolta.”
Spalancai gli occhi e aggrottai le sopracciglia alla sua richiesta, ma poi feci come mi disse.
“È la prima volta da quando ti conosco che approvo il tuo stile, questa camicia ti sta benissimo!”
Mi disse entusiasta e io scoppiai a ridere.
“Oh meno male, mi fa piacere e mi sento sollevata.”
“Non abituarti, non risuccederà tanto facilmente.”
Sentenziò allora lui. Io alzai gli occhi al cielo e lo presi per un braccio trascinandolo verso l'entrata.
“Muoviti, si sta facendo tardi.”
E lo trascinai in classe.
--------5 ore dopo----------------
“Meritavo un nove per quella ricerca! Sai bene quanto ci ho lavorato, non è giusto!”
Il viaggio di ritorno verso casa con Kevin fu una sequela di lamenti su un voto secondo me troppo basso per una ricerca di fisica che avevo svolto
“Hai preso 8 e mezzo, non è un quattro Kim”
Mi rispose lui scettico .
“Volevo nove!”
Continuai io imperterrita mentre attraversavamo la strada, ormai vicini a casa mia, dove mi aspettava mia madre che aveva preso un giorno di ferie.
“Tu vuoi troppe cose, al posto tuo mi sarei accontentato, io ho preso un sei, cosa dovrei dire?”

Alzai gli occhi al cielo e lasciai perdere, quando faceva così era impossibile parlare con lui, e poi non mi sembrava una cosa tanto grave aspirare ad un voto più alto no?
“Sai che in città gireranno un film?” Esordì lui all’improvviso “Un film d’azione, ma non hanno annunciato chi sarà la star, di sicuro qualche vecchiaccio.”
Terminò così la sua frase, ma come dargli torto? In fondo la nostra non era una città molto conosciuta e se pure non fosse venuto qualche attore sopra gli ‘Anta’ non sarebbe stato comunque famoso, come non lo sarebbe stato il film.
“Si avevo sentito una cosa del genere”   risposi allora io “Lo faranno vicino casa mia, quindi immagino che per un po’ sarà scomodo con la macchina, ci mancava solamente questa.”
Dissi io in tutta risposta alle sue parole, poi mi squillò il telefono, era mia madre. Alzai una mano facendogli segno di stare in silenzio, poiché immaginavo che stava per controbattere alle mie parole con qualche assurda affermazione.
-Mamma dimmi, cosa c’è?
Domandai dopo aver portato il telefono all’orecchio, Kevin dietro di me sbuffava, impaziente che riattaccassi per poter dire la sua
-Kim, devi farmi un favore, ho bisogno che tu vada al supermercato a prendere qualcosa per il pranzo, io non ho avuto tempo questa mattina.
Borbottai un po’, poi le risposi.
“Va bene, dimmi cosa ti serve”.
Mi pentii all’istante di aver acconsentito, infatti cominciò a fare una lista assurda di cose, fui costretta a prendere un’agenda e una penna o non avrei mai ricordato tutto quanto. Poi chiusi la chiamata e mi girai verso Kevin.
“Mia madre mi ha commissionato della spesa da fare, mi accompagni?”
“Scusa Kim non posso, devo andare a dare una mano a mio padre in officina, magari ti chiamo dopo va bene?”
-Bella scusa- Brontolai tra me e me, poi mi schioccò un bacio sulla guancia e se ne andò.
Mi diressi quindi verso il supermercato, per farlo dovetti passare anche davanti a casa mia e notai subito tutti i macchinari da presa, i sei sistemati, tutti gli addetti in fibrillazione per cominciare e in fondo, quasi nascosti, i camerini delle star. Provai a sbirciare ma purtroppo i nomi erano ben nascosti, così lasciai perdere e continuai per la mia strada.

Arrivata al super mercato presi tutto ciò che mi serviva, dovetti seguire anche una chilometrica fila alla cassa e ormai si erano fatte le due, considerando che il pranzo doveva essere ancora preparato avrei mangiato alle tre.
Sbuffando per quella previsione presi le mie buste e mi incamminai verso casa. Fortunatamente casa mia distava da lì solamente una decina di minuti, in poco tempo sarei arrivata.
L’aria era sempre la stessa di quella mattina, eppure mi sembrava tutto meno entusiasmante, la mia allegria si era spenta e nonostante avessi la testa tra le nuvole non mi eccitava nemmeno più l’idea che stessero per girare un film di fronte a casa mia. Ero di nuovo di fronte al set e tornai a fissarlo, nemmeno immaginassi che potesse cambiare da un momento all’altro. Totalmente persa in quei pensieri non mi accorsi di uno spesso cavo poggiato a terra, intruppandoci presi una storta e caddi a terra, proprio come una pera cotta. Sentii un dolore allucinante alla caviglia e dopo aver visto rotolare a terra tutta la spesa portai le mani su quest’ultima, non so come feci a trattenere un urlo di dolore. Due ragazzi stavano parlando non poco distanti da me, poco prima non li avevo notati, ma dopo avermi vista cadere uno dei due si era precipitato verso di me per soccorrermi, presa com’ero dal dolore nemmeno mi preoccupai di vedere chi fosse.
“Ehy tutto bene? Ti sei fatta male?”
Chiese premurosa la voce del ragazzo, mi sembrò familiare e alzai il viso per cercare di capire se fosse qualcuno che conoscevo, quando riconobbi quel volto rimasi senza fiato.




Angolo autrice

Ed eccomi qui, per la seconda volta a riproporre la mia storia. L'avevo già pubblicata, ma poi viste le poche recensioni mi ero scoraggiata e avevo smesso, ma ora eccomi qui, pronta a riprendere e speranzosa che la storia abbia più successo. Buona lettura!
  
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