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Autore: berserker eagle    30/05/2013    1 recensioni
Sandra è un'allenatrice ferrea, senza se e senza ma, orgogliosa e pronta a tutto per vincere e migliorare, eppure è sempre stata cosi? Ferrea e ligia al dovere?
Tutti hanno i loro momenti di debolezza, tutti amano ed odiano, soffrono quando perdono le persone amate.... e vogliono vendetta.
Un piccolo scorcio sul perché la Capopalestra di Ebanopoli è in questo modo e cosa ne è stato nella sua famiglia.
[Dedicata ad una Cognatuzza]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sandra
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
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Bene. Allora, partiamo con la cosa più importante, questa storia è dedicata ad Aki(Per motivi che lei sa) ed è tutta per lei.^^ E per quanto mi riguarda spero sia anche una bellissima aggiunta al fandom(Ma anche no considerando la mia bravura).xD Io posso dire di essermi impegnato tantissimo per are questa storia, ma in ogni caso se notate errori(che sicuramente ci saranno) non temete e recensite, non ho alcuna intenzione di mangiarvi.^^ 


 

 

-Questa volta ti sconfiggerò di sicuro!
Sandra, avvolta un pesante mantello di stoffa coloro cobalto, digrignò i denti vedendo il suo avversario ridacchiare, più divertito che spaventato dalle sue minacce.
-Hai 12 anni e pensi veramente di battere me? Un capopalesta? Fatti avanti, ragazzina- Gli occhi della “ragazzina” si ridussero a due fessure  davanti alla risposta del nemico, ma la ragazza decise di non rispondere, preferendo osservare attentamente il suo antagonista: pantaloni di velluto grigi, bloccati alla cintola da una cintura di pelle nera leggermente rovinata e un decina di pokeball assicurate alla suddetta formavano, insieme ad un semplice maglioncino nero carbone, il quale copriva un fisico snello ed allenato, l’abbigliamento dell’altro contendente di quella battaglia Pokemon.
Inoltre il tutto era a tratti coperto da un pesante mantello di stoffa nera, decorato alle sue estremità da ciuffi di pelliccia nera sapientemente integrati nel tessuto vero e proprio. Sandra lo riconosceva bene, quella era il mantello che i Domadraghi usavano quando dovevano avventurarsi in, ed oltre, la Via Gelata.
Ma più che il vestiario,  ed il Flygon  che stava accoccolato dietro di lui, beandosi  del caldo provocato dalla lava che scorreva nei canali al di sotto dell’arena Pokemon, erano i suoi occhi a colpire: ghiaccio puro,  l’azzurro dell’iride era cosi chiaro che solo un tale paragone poteva descrivere quel gelido colore.
Eppure, tanto era freddo il colore dei sui occhi, a tratti coperti da ciuffi ci capelli nero ossidiana, quanto era dolce il calore che traspariva da essi mentre la guardava. Sandra, la ragazzina, si irritò ancora di più vedendo che il suo avversario non la prendeva sul serio, stizzita prese la prima, ed unica, pokeball che aveva alla cintura, lasciando libero il suo Seandra.

-Sto arrivando Papa!

 

 

 

La pioggia cadeva fine come aghi e gelida come acciaio sulle case della città dei draghi, avvolta in un silenzio irreale.

 

“Sta iniziando”

 

Sandra, avvolta in un pesante mantello nero  talmente grande da nasconderne completamente il corpo, lasciando scoperto alla furia degli elementi solamente il capo, osservava pigramente la pioggia cadere dal cielo plumbeo.
Il Capopalestra stava appena fuori dalla grotta della Tana del Drago, disinteressata all’acqua che le cadeva addosso senza tregua: il suo sguardo ero fisso verso l’interno della grotta, il corpo teso ed insensibile a causa dell’acquazzone e dei miriadi di pensieri che le vorticavano nella mente.
Sandra sospirò, conscia che gran parte della città era li dentro...se non tutta.

“Ipocriti”

Quella parola le risuonava nella mente, più forte del ticchettare della pioggia.
Più forte del crepitare delle torce all’interno della Tana del drago.
Più forte di qualsiasi rumore esterno.
Sandra, inconsciamente, si morse  il labbro fino a quando piccole gocce di sangue non uscirono dalla pelle lacerata, mentre un misto di rabbia, rimorso e nostalgia prendeva possesso del suo cuore.

“Padre”

 

 

 

 

 

-Cos’è successo? Chiese, vedendo la figlia entrare a testa bassa in casa, Lionel, seduto sul divano mentre accarezzava dolcemente il muso di un Dratini, accoccolato sulle sue ginocchia, la cui testa stava beatamente appoggiata sul petto del Capopalestra. -Hai perso di nuovo con Lance?
Sandra indietreggiò, leggermente intimorita, balbettando qualcosa. -Io…Non ho perso! Io..Io..-
Lionel iniziò a fissare la figlia, un espressione scettica sul volto, cominciando a battere ritmicamente il piede a terra.
-Ok! Ho perso!- Sibilò Sandra ad occhi bassi, per poi alzare la testa con una sguardo di scuse –So già che lui è migliore di me in tutto, non c’è bisogno che me lo dica anche te-
Solo una volta conclusa la frase, Sandra notò che il Capopalestra era davanti a lei: Lionel le scompigliò i capelli, ridacchiando.
-Sei prima mia figlia, poi un’allenatrice, non hai bisogno di scusarti di nulla e di dire cose del genere, a conti i fatti la mia allieva sei tu e non Lance, ricordalo sempre, perché questo non cambierà mai-
Sandra abbracciò il padre di slancio, chiedendosi come riuscisse a trovare sempre le parole giuste per lei.
La figlia però si stacco subito dopo, guardando il Capopalestra negli occhi –Ma la prossima volta lo batterò! E sconfiggerò anche te! -Umpf…Vuoi provarci adesso? Il giardino di questa casa è grande abbastanza per una lotta  ragazzina! Ribatté il padre con tono scherzoso, prendendo al volo una pokeball dalla sua cintura. -Non ti lamentare dopo che avrai perso!- Ribatté a tono Sandra, imitando il gesto del padre.

 

 

L’allenatrice entrò nella tana del drago a passi lenti e misurati, ancora gocciolante a causa della pioggia.
Pian piano il grigio della nebbia e delle nuvole che coprivano la città venne soppiantato dal nero dell’oscurità che avvolgeva la Tana, a tratti illuminata dalle torce accese ed agganciate alle pareti.
La ragazza, man mano che avanzava nella grotta, sentiva il picchiettare della pioggia sul terreno farsi  sempre più debole, fino al punto in cui l’unica cosa che le sue orecchie potevano captare era un’inquietante silenzio a tratti spezzato dal rumore che i suoi passi producevano mentre camminava.
Infine alla quiete si sostituì una lenta e solenne cantilena, la quale cantava di affetti perduti ed ormai scomparsi da tempo.
Sandra aveva ascoltato quella melodia molte volte, ma nelle tante cerimonie a cui aveva presenziato come Capopalestra, mai aveva pensato che un giorno quella nenia solenne avrebbe riguardato lei.
-Finalmente è arrivata-  A parlare era stato un Domadraghi incappucciato, dal manto blu come la notte più scura, la guardia si fece da parte, aprendole il passaggio.
I freddi occhi della ragazza penetrarono la sentinella, inesorabili.
-Non ho bisogno di una guida, torna al tuo posto- Rispose fredda, senza curarsi di apparire sgarbata.
-Non dovrebbe trattare cosi i nostri coraggiosi Domadraghi- Lentamente un brivido agghiacciante le corse sulla spina dorsale, mentre una sensazione ben conosciuta si risvegliava al sentire quella voce raccapricciante dietro di lei. Davanti a lei invece il sorvegliante guardò preoccupato il capopalestra irrigidirsi, il volto furioso.

 “Calma”

Sandra si voltò, stando bene attenta a celare i suoi sentimenti dietro un affabile sorriso e con lieve inchino, niente più di un cenno del capo, prensentandosi ad Andres, membro del Concilio degli Anziani di Ebanopoli, il quale le rivolse un sorriso di scherno
–La morte di un esiliato è riuscito a schioccarla cosi tanto?
Il Domadraghi dietro di lei stava per scagliarsi contro il membro del concilio, eppure Sandra si frappose fra i due, impedendo all’anziano di notare il gesto della guardia, per poi indicare ad Andres la strada per la cerimonia con un cenno del capo.
Una volta sicura che Andres fosse andato avanti, Sandra lanciò uno sguardo interrogativo al domadraghi.
In risposta egli alzò il volto, rivelandole un chioma cremisi e due occhi castani.
-Non sei sola cugina- Sandra lo superò a testa bassa, mentre con la mente tornava a quando aveva sentito per la prima volta quelle parole ed aveva saputo che i suoi giorni felici erano contati

 

 

 

-Lance? Dove sei finito?

“Non si sarà nascosto con da qualche parte con i suoi pokemon?”

Sandra iniziò a preoccuparsi, osservando con occhio critico i corridoi della casa, completamente deserti.
Avevano ormai diciassette  anni, eppure suo cugino non ne dimostrava ancora più di 12, continuando a starnazzare sull’amore e la dolcezza verso i pokemon.
“In fondo è anche per questo che gli voglio bene”
Si disse la ragazza, sicura di questo quanto il fatto che non avrebbe mai detto ad anima viva quanto la sua mente aveva formulato in quel momento.
-Sei sicuro? La voce di Marcus, nonno della ragazza e Capo del Concilio degli  Anziani, si diffuse nel corridoio buio da una porta socchiusa a due ante, costituita di solido mogano, pregiato e levigato con cura.
Senza quasi accorgersene Sandra si accosto all’uscio, curiosa di sentire di cosa e soprattutto con chi stesse parlando il nonno.
-Si, sai bene come funziona Ebanopoli, i 4 anziani del consiglio ed il Capopalestra comandano, ed i domadraghi sono agli ordini del detentore della palestra, per i gusti del concilio io sono troppo liberale, se decido di oppormi alle loro decisioni non si fermeranno davanti a nulla per eliminare una minaccia della mia portata. E nonostante tu sia parte del concilio, padre, rimaniamo 2 contro 3…i numeri sono contro di noi- La voce di Lionel segui quella di Marcus, intessuta di una nota grave e cupa.
- Ed allora accetta le loro proposte! Qui dentro hai una famiglia! Una figlia! Non sacrificare te stesso e tutto ciò che hai per una città che ha abbandonato tuo fratello….Mio padre perché ha sposato un’estranea! Mentre la voce di Lance si aggiungeva a quella preoccupante discussione, un senso di inquietudine s’impadronì di Sandra, mentre i battiti del suo cuore acceleravano come quelli di un uccellino morente.
-Lance, capisco il odio per questa città, ma questa è la mia patria! Qualcuno si deve opporre al Concilio! Non solo per me, ma per tutti coloro in questa città che non hanno parola! Non rimarrò con le mani in mano mentre le vite di altre persone vengono rovinate per l’avidità di tre sole famiglie nobili!...se cadrò combatteranno altri al mio posto-Una pausa ed anche la gola di Sandra venne stretta da una morsa gelida e bruciante allo stesso tempo.
- E se non farò niente…prima mi useranno, poi quando potranno esilieranno non solo me, ma tutta la mia  famiglia, per eliminare il problema una volta per tutte….non posso permetterlo-

Esilio.

Suo padre, esiliato.

“No…no no no!”

-Ma non farmi ridere! Le persone di questa città sono tutte chiuse nelle loro tradizioni! E Sandra? La lascerai in preda del concilio come un burattino?- Fu la secca risposta di Lance

“Non può essere, non lo accetto!”

-Per questo sei qui, Lance- Rispose Marcus –Ti vogliamo chiedere questo, proteggila, tu sai cosa è in grado di fare il concilio degli anziani: se Lionel verrà esiliato gli sarà impedito di avere contatti con chiunque all’interno della città, ed entrambi sappiamo quanto Sandra sia importante per te- Dopo un decina di secondi di cupo silenzio, Lance rispose, fermo e deciso. -Lei…lei non è sola, non preoccupatevi-

 

 

 

 

 

“Non sarebbe dovuta andare a finire cosi”

Questo era l’unico pensiero che la mente di Sandra riusciva a formulare mentre camminava nell’antro della Tana del Drago, evitando accuratamente ogni singola persona all’interno della grotta.
Rabbia, era questa l’unica cosa che riusciva a provare mentre guardava i volti ipocriti degli avventori, tutti sporcati dalle loro inutili lacrime.
Dov’erano quelle lacrime, quel dolore, quando suo padre aveva bisogno di loro? Sandra avrebbe voluto urlare, eppure rimase in silenzio, avvicinandosi velocemente al tempio della Tana del Drago.
Stanca,  era troppo stanca per parlare, ne tanto meno gridare, Il tempo delle parole, si disse scivolando silenziosamente fra le ante semi-aperte delle porte del tempio, era finito da tempo.
La stanza ampia e buia del tempio era deserta ad eccezione del centro; li stava , avvolto da morbidi tendaggi bianchi e vesti pulite, Lionel; Sandra, con il cuore in gola, non poté fare a meno di pensare all’ultima volta che aveva visto quell’uomo.

 

 

 

-Non ti meriti tutto questo!
Lionel indossò il pesante mantello ornato di nera pelliccia  senza dare ascolto alle parole di Sandra, la sua squadra, dormiente nella pokeball, accuratamente riposta sotto di esso.
-Non sempre le cose vanno come si desidera- Disse atono –Tornerò appena avrò finito la missione, non preoccuparti-
-Non trattarmi come una ragazzina! Ho 18 anni! So benissimo che non tornerai! Non esiste nessuna missione da compiere! Nessun incarico da portare a termine! Urlò Sandra, furiosa –So ogni cosa!
La ragazza non ebbe il tempo di aggiungere altro, nemmeno la possibilità di concludere il discorso che la mano guantata di suo padre le scompigliò i capelli.
-Non….non ci sono molte cose da dire in situazioni come queste- Ribatté Lionel, prima d’interrompersi un attimo –Ci sono cosi tante cose da dirti…tanti consigli da darti…cosi da poter riparare per tutto il tempo in cui non potrò essere al tuo fianco; purtroppo non ho la possibilità di farlo…io posso solo dirti questo-
Le mani del capopalestra  si posarono sulle spalla della giovane, mentre Sandra guardava il padre negli occhi.
-Ti voglio bene, tu sei mia figlia e qui, ad Unima od anche hai confini del mondo questo non cambierà mai, questo è qualcosa che nemmeno Arceus in persona può cambiare-
-Perché te ne devi andare allora?! Ribatté Sandra, mentre calde lacrime iniziavano ad addensarsi ai lati dei suoi occhi.
-Perché, ricordarlo sempre, abbassare la testa per paura e come morire….diventa forte, Sandra, talmente forte da non perdere contro niente e nessuno. Cosi che quando ci ritroveremo, sarai una persona di cui io possa essere ancora più orgoglioso di quanto lo sia adesso, quel giorno sarò io a sfidarti in una lotta- Sandra non rispose, le parole completamente bloccate in gola; l’unica cosa la futura Capopalestra di quella città poté notare era che le mani di suo padre, ancora sulle sue spalle, tremavano.
-Signore…è ora di andare, il concilio degli anziani ha stabilito che deve stare fuori dalla via gelata entro un quarto d’ora, una squadra la scorterà- Esordì  un Domadraghi appena arrivato, coperto da un leggero mantello di velluto blu.
-
Lionel alzò il mento, avviandosi verso l’uscita della città con passo deciso. -Ti rivedrò? Veramente?  E una promessa? Chiese Sandra, le mani strette sul mantello di suo padre.
Il Capopalestra la guardò, accennando un sorriso.
-E’ una promessa ragazzina, vedi di diventare Capopalestra, perché quando arriverò voglio essere che sia tu quella che sconfiggerò per  riprendermi il mio titolo!

 

 

 

Mentiva.
Sandra non aveva potuto fare a meno di aggrapparsi a quella parole, quella speranza, per non odiare quella città, per non odiare se stessa, troppo debole per non aver fatto nulla. Eppure lo aveva sempre saputo in fondo al cuore che quelle parole alla fine erano solo parole, ed alla fin fine quel feretro era l’ennesima conferma di qualcosa che in fondo sapeva da anni.
Ma nonostante tutto piccole lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi zaffiro, bagnando il freddo telo che avvolgeva ciò che era rimasto della sua famiglia.
-Vedi? Sono diventata una splendida donna, saresti fiero di me, sono anche un capopalestra-
Solo il silenzio rispose alle parole di Sandra.
-Ti avrei sconfitto se solo ne avessi avuto la possibilità, se avessi potuto sfidarti un’altra volta-
Fu sul corpo freddo e senza vita di ciò che una volta era stato suo padre che la ragazza dai capelli azzurri posò quel pesante mantello nero, ormai freddo e gelido come il suo vero proprietario, sul bianco feretro che portava sulla schiena.
Giurando che quello sarebbe stato solo l’inizio.

  
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