Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: ArashiHime    15/12/2007    9 recensioni
Voi sapete cos'è una Kokeshi?
Kokeshi è il nome di una bambola tipicamente Giapponese. La MIA bambola.
Non vi dirò che è semplice possederne una, nè tantomeno che è piacevole allevarla.
Vi confiderò tuttavia che...ella è come un trifoglio e chi riuscirà a coglierla godrà della fortuna del più puro degli amori.
Questa è una caccia al tesoro. Corri bambino, e conquista il tuo premio...!
Genere: Comico, Mistero, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Torno prima del previsto dato che il romanzo non riesco a scriverlo, e sto al contrario dedicandomi alla stesura di storie bre

Torno prima del previsto dato che il romanzo non riesco a scriverlo, e sto al contrario dedicandomi alla stesura di storie brevi e favole ^^
Premetto che i Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia non mira a sminuirli né in alcun modo dare di loro un’immagine negativa. Tutto ciò che vi apprestate a leggere è opera mia: Arashi Hime (che trovate sempre a: arashihime@hotmail.it)

Vogliate scusare l’inizio ingarbugliato, spero vi possa comunque piacere questo primo capitolo iniziale… ^^

_____________________

Capitolo 1


« …Ti prego, bambina mia, dimmi che sei pronta! »

Urlò una voce profonda e ansiosa da dietro la porta scorrevole di riso della mia cameretta, e io –trasalendo- non potei fare a meno di scoccare un’occhiata veloce all’orologio appeso al muro dinnanzi a me: le sette e quattro minuti.
Sgranai leggermente la bocca, sconvolta, e mi bastò solo un attimo per posare sulla mia antica toilette orientale la spazzola di crino che stavo usando per pettinarmi, prima di schizzare in piedi –inciampando prontamente nella lunga seta del mio abito- così da poter correre, per quanto mi era possibile, verso la porta.
« Eccomi, padre! » Esclamai ansante quando vi fui davanti, facendo scivolare verso destra il leggero muro di carta di riso che mi separava da quegli occhi blu e quei capelli biondi che tanto amavo; e il vederlo sorridere -accarezzandosi i suoi baffi in quel gesto che da piccola mi aveva fatto tanto ridere- non poté che mettermi di buon umore.
« Scusatemi il ritardo, spero non vi saranno complicazioni per l’aereo… » Mormorai a bassa voce, inchinandomi velocemente in una tacita richiesta di perdono, ma la risata del mio interlocutore mi fece presto capire...quanto ancora, della cultura occidentale, dovevo imparare.
« Non ci si inchina per scusarsi, Shinoko » Mi ammonì scuotendo la testa « ...Non in occidente perlomeno, cerca di ricordarlo per quando arriveremo. »
« Si padre, come desiderate » Risposi prontamente io, riportandomi in eretta postura e sorridendogli radiosa, mentre le mie mani correvano velocemente a lisciare gli strati del mio kimono celeste e bianco, in un gesto di mascherata paura.
Chissà –pensai socchiudendo gli occhi al piacevole tocco della seta ricamata- forse avevo errato nell’indossare un simile capo? Forse avrei dovuto preferire un paio di... “pantaloni” e una “maglietta” come aveva detto Okasaan, mia madre...?
Forse, avrei messo in imbarazzo...lui...? ...mio padre...?
...oh...oh...no...!
« PADRE, VI PREGO, PERDONATEMI! » Urlai allarmata e improvvisamente terrorizzata, portandomi le mani al petto e indietreggiando di qualche passo dall’uscio della porta. Impaurita. « Io...io...mi cambierò d’abito! Io, vi prego...!! Non odiatemi! Io non... »
...Perché? Perché dovevo essere tanto ottusa? E’ chiaro, una volta partiti, avrei messo in difficoltà mio padre continuando imperterrita ad attaccarmi alle mie tradizioni! Quante volte ancora avrei dovuto pregare gli antenati di donarmi intelligenza e perspicacia!?
Perchè, avendo me come figlia, la sua vita era sempre così spiacevolmente complicata!?
« ...Come? » Borbottò mio padre, guardandomi spiazzato mentre -automaticamente- scattava verso di me per riafferrarmi al volo prima che riuscissi ad inciampare sui miei geta laccati, finendo rovinosamente a terra. « Shinoko, cosa stai dicendo? » Mi domandò perplesso, tirandomi verso di sé e cercando di immobilizzarmi per accarezzarmi i capelli. « Perché dovresti cambiarti d’abito? » Chiese poi, infine, inarcando un sopracciglio e osservandomi ora quasi incuriosito, mentre sul suo volto andava a comparire un sorriso divertito e sornione. Allegro e amabile.
Uno di quei sorrisi che sin dai miei primi giorni di vita avevo serbato nel mio cuore come il più dolce dei regali donatomi dal cielo.
« ...Perché... » Esordii io, spiazzata a mia volta da quella sua domanda strana e quasi assurda.
Forse, con la sua fittizia prova di incomprensione, non voleva mettermi in difficoltà. Forse non voleva strapparmi rapidamente alla mia realtà. Forse desiderava che fossi io a sentirmi a mio agio...
Oppure...
« ...Forse dovresti smettere di costruire nella tua mente tanti castelli d’aria, Shinoko » Bofonchiò improvvisamente l’uomo immobile di fronte a me, sospirando mentre i suoi occhi color del mare si alzavano al cielo prima di scivolare nuovamente a scrutare ogni espressione che, sul mio volto, si susseguiva in un’altalena di dubbi, timori e speranze. « ...Voglio che tu sia felice... »
Felice –Lo ripetei nella mia mente più e più volte, quasi volendo imprimermi la parola nella mente. Nel cuore.
Che strano sentirmi rivolgere quelle parole, e quella gentilezza...
Che strano concepire che di lì a qualche ora, mai più avrei rivisto il mio giardino di bambù o il mio specchio di legno.
Che strano immaginarmi persa in una grande nazione straniera, al fianco di quell’uomo che avevo potuto mirare solo poche volte nella mia vita.
Che...buffo.
Si. Buffo.
Doveva essere questo il termine che chiunque avrebbe cercato all'interno del proprio vocabolario personale, dopo avermi visto camminare di fianco a colui che chiamavo padre, per le affollate vie Tedesche.
Un futuro che ancora non riuscivo a delineare, e che –nel mio animo- forse troppo ancora mi impauriva...
…eppure...
« Padre... » Sussurrai, abbassando lo sguardo. Timorosa del porre la domanda, ma terrorizzata all’idea di sentirne la risposta.
« ...Si? » Mormorò dolcemente l’uomo che, dinnanzi a me, continuava a guardarmi –forse speranzoso di riuscire a capire e interpretare la mia mente, o forse solo incuriosito dalla mia gamma di pensieri troppo irreale per essere vera.
« ...Cosa vedi, guardandomi? » Domandai infine, dopo aver inspirato profondamente e aver stretto le mie mani l’una sull’altra in una morsa d’ansia.
Temevo la risposta poiché, nel mio animo, ne conoscevo le alternative.
Sapevo l’effetto che il mio essere suscitava negli occhi di un uomo o una donna occidentali.
Sapevo i pettegolezzi che su di me venivano fatti, anche tra i miei vicini o le mie consorelle.
Sapevo ma, pur sapendo, continuavo a temere l’eventualità.
Io ero una donna così.
Sciocca. Ecco.
Nulla più...
« Vedo una ragazza » Sussurrò mio padre dopo un attimo di silenzio esitante, e nel dirlo, portò l’indice della sua mano destra sotto il mio mento, invitandomi ad alzare lo sguardo verso il suo.
Verso il suo sguardo apprensivo. Dolce. Un po’ impaurito e un po’ inconsapevole.
« …anzi, una giovane e bellissima donna... » Si corresse dopo un istante, sorridendo gentilmente, e il suo dito –dal mio mento- venne posato sulla mia fronte, da dove lentamente, prese a scivolare...
« Vedo un ovale bianco e perfetto, da bambola di porcellana, splendidamente incorniciato da una cascata di capelli color della notte...
Vedo un bellissimo paio di occhi color del mare, e delle labbra rosee e carnose...
Vedo un nasino alla francese... » E così dicendo mi solleticò il naso, facendomi ridere e quasi starnutire. Proprio come quando ero bimba. « ...e un sorriso incantevole » Disse allora, prontamente, abbassandosi alla mia altezza e afferrandomi dolcemente il viso tra le mani, sorridendo a sua volta.
« Ecco cosa vedo...nulla più di mia figlia. Shinoko Swarz »
...Suonava davvero male quel nome –pensai istantaneamente accennando ancora una volta ad un sorriso, per non deludere le aspettative del mio amato interlocutore.
« Shinoko Aliné Swarz » Lo corressi allora io, arrossendo leggermente. Se non altro, aggiungendovi quell’unico nome occidentale ereditato da ancora non ricordavo quale sconosciuto parente europeo, il mio nuovo cognome non suonava poi così strano.
« Certo... » Bofonchiò l’uomo, ridacchiando. « ...Allora, mia piccola Shinoko Aliné Swarz » Ripeté quel nome con ligia sicurezza, quasi volesse prendere in giro i miei complessi o semplicemente il mio essere mezzosangue. « ...te lo richiedo: Vuoi venire ad abitare in Germania con me? »

...E io, osservando sorridere quel padre che per troppi anni avevo desiderato, e che in quell’unico momento avevo lì di fronte a me...
Osservando i suoi lineamenti marcati...I suoi baffi biondi e allegramente smossi dal suo sospiro paziente...
Scrutando nel suo sguardo chiaro e nel suo cuore puro...
...Mi fu impossibile non annuire, intimidita ma infondo felice.
Felice di poter immaginare un futuro, dopo anni in cui vedevo solo nero e vuoto.
Felice.

« Ja! » Esclamai, e finalmente -soddisfatta- riuscii a far sfoggio di un po’ di quel “linguaggio strano” che Okasaan aveva tanto insistito per farmi apprendere sin da piccola.
« Portatemi in Germania, padre...! »



Inizia così la mia storia, caro diario. Un po’ confusa, non pensi?
Oggi parto da Tokyo con mio padre –Sebastian Swarz- in direzione di Amburgo, la sua città natale e luogo dove trascorrerò il resto della mia vita.
Hai visto, mio caro diario, quant’è strana la vita?
Fino a qualche anno fa, avrei giurato che sarei per sempre rimasta a recitare Haiku e a danzare al suono di un koto, sul teatro più famoso di Tokyo. Ora, invece...
...E’ proprio vero.
La vita di una piccola Geisha è proprio imprevedibile...
...ma i numi, visti i miei 19 anni appena compiuti, sapranno sicuramente aiutarmi.

tua,
Shinoko.

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: ArashiHime