Un
caffè dopo l’altro
A Viserys Pod, che come me non vede l’ora
che la Finn/Gethin si realizzi
«Potresti
anche rispondere, ogni tanto.»
«A
cosa ti riferisci?»
«Ai
miei tweet, Finn.»
Il
ragazzo sorrise sornione, provocando in Gethin l’impulso di
prenderlo a schiaffi.
“E
sbatterlo al muro, ripetutamente.”
No,
non poteva pensarlo, doveva essere risoluto; sì, era
preferibile
mostrarsi così. Finn si divertiva a rivolgergli quei
sorrisetti irritanti,
godendo della sua confusione. Ma cosa poteva pretendere da lui, che
assecondasse i suoi ridicoli comportamenti?! Finn era uno spirito
libero, non
gli interessava l’opinione altrui – né
di umiliarsi in continuazione.
Gethin,
però, era diverso: stava cambiando – da quella
sera, da quella
scena provata a casa sua – e aveva bisogno di tempo e
sicurezze per accettarlo.
Sicurezze:
Finn si ostinava a negargliele.
Tempo:
era Gethin a non sopportarlo.
«Non
posso rispondere a tutti, Geth» si giustificò
Finn, raccogliendo i
lunghi capelli castani in una coda.
Gethin,
suo malgrado, fu percorso da un brivido di fronte a quel gesto
così naturale, così… destabilizzante,
per lui.
“A
tutti,” pensò, “ma io non sono un fan
qualunque. Non sono affatto un
fan.”
Non
volle insistere, si voltò verso l’uscita del set e
bofonchiando
dichiarò di essere passato per salutare anche Gwendoline;
non aveva fatto più
di tre passi, quando avvertì una mano posarsi sulla sua
spalla.
«Resti
per un caffè?»
Finn
aveva fatto ricorso alla sua già sperimentata espressione
ferita.
Era un attore nato, i tre anni all’Arts Educational Schools
erano stati quasi
superflui per lui, abituato fin da giovane a gestire qualunque
situazione. O
almeno questo era quello che Gethin pensava di Finn.
Sospirò
e incrociò il suo sguardo; sorrise, involontariamente, e
lasciò
che le loro mani si sfiorassero mentre abbandonavano il set.
~~~~~
Era
successo quando, due anni prima? Gethin non lo ricordava neanche
–
non lo ricordava perché aveva cercato di dimenticare.
«Renly
Baratheon ha una relazione con un cavaliere, Loras Tyrell. Hai
problemi a girare scene di nudo con un altro uomo?»
Domanda
superficiale, ma forse non troppo scontata: in molti si erano
presentati al casting per quel ruolo e alcuni – Gethin
avrebbe sentito i
produttori parlarne, in seguito – avevano rifiutato ancor
prima di iniziare il
provino; lui, però, non poteva permettersi un tale lusso.
Andava bene con il
teatro, ma il cinema e la tv non gli davano le stesse soddisfazioni. I
ruoli
non mancavano, era il desiderio di mettersi in gioco a spronarlo a dare
di più.
Poi quel ruolo, il fratello del re, lord Renly, amante
dell’affascinante
Cavaliere di Fiori. Gethin sapeva di essere ben lontano dal Renly
descritto nei
libri, ma aveva tentato comunque e, alla domanda rivoltagli durante il
casting,
si era risposto mentalmente: “Perché no?”
«No,
nessun problema.»
Non
aveva ancora incontrato il futuro Loras Tyrell, non immaginava la
sconvolgimento che quel giovane attore avrebbe portato nella sua vita.
Finn
non si era ancora distinto nel mondo delle serie tv britanniche,
avrebbe cominciato a farlo presto; quando Gethin gli aveva stretto la
mano per
la prima volta, conosceva solo il suo sorriso brillante e i cinque anni
tra di
loro.
«Dovremmo
conoscerci meglio, prendiamo un caffè?» aveva
esordito Finn, dandogli
una pacca sulla schiena.
Gethin
aveva accettato e aveva passato due ore ad ascoltarlo parlare
della sua vita, dei pochi ruoli che aveva interpretato, di come fosse
emozionato di apparire in Game of Thrones
e, senza preoccuparsi del giudizio di chi aveva di fronte, delle
relazioni che
aveva avuto; solo al termine di quelle due ore Finn si era accorto di
quanto
tempo fosse passato e, con una risata, lo aveva fatto notare anche a un
incredulo Gethin.
«Vedo
che c’è alchimia tra di noi» aveva detto
privo di malizia. «Ti va
di mangiarci una pizza sabato sera?»
Era
sempre Finn a proporre caffè e cene, Gethin lo lasciava
fare,
ammirato dai suoi modi disinvolti e dall’aria sbarazzina che
non dimenticava
mai a casa.
Durante
quella prima uscita, Gethin aveva sentito piacevolmente scemare
l’agitazione che gli attraversava la schiena e lo costringeva
a sedere ritto:
provare ancora quella sensazione era una bella prospettiva, che si
realizzava
ogni volta che incontrava Finn.
~~~~~
Finn
soffiò sul suo caffè, cercando di raffreddarlo:
non amava bere
bevande troppo calde, quella era una delle “cose di
Finn” che Gethin aveva
scoperto nei tre anni che si conoscevano. Lui, invece, girò
il cucchiaino nella
tazza per far sciogliere lo zucchero, ma il suo reale obiettivo era
passare più
tempo possibile assieme a Finn, senza però mettere a rischio
la propria già
incrinata dignità.
«Mh,
buono!» sentenziò Finn, portandosi la tazza blu
alle labbra.
Gethin
si morse la lingua, maledicendo il proprio corpo che rischiava
di tradire le sue emozioni a ogni apparentemente innocente gesto del
ragazzo.
«Cosa
dicono gli altri?» chiese Gethin, cercando di distogliere la
propria attenzione da qualunque cosa su cui fosse concentrata.
Finn
sbuffò divertito. «Come se non lo sapessi! Gwen mi
ha detto che la
chiami almeno cinque volte a
settimana.»
«Mi
fa piacere sentirla.»
«Ah,
se solo lo avessi detto a Brienne!»
«Non
siamo la stessa persona io e Renly» scherzò
Gethin, sorseggiando
finalmente il suo caffè.
«Assolutamente
no, e la stessa cosa vale per me e Loras: se fossi stato
come lui, avrei detestato quella vacca
di Brienne.»
«Finn!»
«Che
c’è?» rise il giovane. «Ho
solamente espresso ciò che Loras pensa
di lei. Sai che detestava che fosse così vicina al suo amato
Renly.»
Fece
una pausa, concedendosi un altro sorso di caffè, e Gethin
pensò – ne fu certo
– che il motivo fosse la
speranza di creare in lui ulteriore confusione.
«Per
fortuna non sono Loras» riprese Finn, senza curarsi o forse
neppure accorgersi delle capriole che aveva fatto lo stomaco di Gethin.
«Non mi
sarebbe piaciuto privarmi dell’amicizia di Gwen, no, questo
mai.»
«E
per fortuna io sono ancora vivo!»
«Già,
hai un bell’aspetto per essere un cadavere!»
Risero
entrambi, concedendosi anche qualche morso alle due fette di
torta che la cameriera, nel frattempo, aveva poggiato sul tavolo.
«Gwen
adora lavorare con Nikolaj» disse Finn dopo qualche minuto.
«Lo
so, vanno molto d’accordo.»
«Ti
svelo un segreto, Geth: tifo per Jaime e Brienne. Almeno non mi
porta via Renly!» Gethin non ebbe il tempo di imbarazzarsi
per un motivo che, si
disse, era alquanto stupido, perché Finn
continuò: «Mi piace quando attori che,
in un qualche modo, formano
una coppia
si stimano a vicenda e riescono ad andare d’accordo anche
fuori dal set. Tra
noi c’era quell’alchimia che serviva, Geth. Mi
manchi tanto.»
E
“Geth” strofinò i piedi, cercando di far
confluire lì tutta la –
preferiva chiamarla così – tensione.
~~~~~
«Hai
letto il copione di domani?»
Gethin
annuì, sbadigliando: era in piedi dalla mattina e non vedeva
l’ora
di stendersi a letto e dormire fino al giorno successivo.
«Gireremo una scena
insieme.»
«Già.»
Finn sembrava pensieroso, si grattava il mento e sfogliava i
fogli che teneva in mano.
«Cosa
non ti convince?»
«Non
ci siamo mai baciati prima.»
«Siamo
passati subito al sodo!» scherzò Gethin.
«Io sono passato al sodo, ed
è stato…»
«Fantastico?»
«Favoloso.
Mi sono immaginato un grande guerriero sotto le tue brache.»
Gethin
avvampò violentemente. Ma come gli venivano in mente certe
frasi?! Forse Finn era più… disinvolto riguardo i
propri gusti, però era
riuscito a metterlo a disagio.
«E
dai, Geth, era una battuta!» esclamò Finn,
battendogli sulla spalla.
«Ma una cosa era reale: dovevo solo immaginare. Mentre
ora…»
«Dobbiamo
baciarsi, nella scena di domani. Non te la senti?»
Sollevò
un sopracciglio. «Veramente credevo che non te la sentissi
tu.
Voglio dire, io non ho problemi a baciare un ragazzo, figuriamoci, ma
tu l’hai
mai fatto?»
«Beh,
no, ma sapevo che sarebbe successo, quando ho fatto il provino.
Sono preparato all’idea da un pezzo.»
Finn,
però, non sembrava convinto. «Geth,
ascolta… Noi andiamo molto d’accordo,
siamo amici e i nostri personaggi stanno insieme da un bel
po’, però non è la
prima volta che due ragazzi dello stesso sesso si baciano –
ragazzi che,
sottolineo, non provano attrazione per altri ragazzi. Qui si parla solo
di uno
dei due, ma il succo è lo stesso: se ci baciassimo per la
prima volta davanti
ai riflettori e ad almeno una decina di persone che ci osserva,
rischieremmo
una lunga serie di momenti imbarazzanti e finiremmo per allungare le
riprese di
almeno un’ora. Non sarebbe meglio, che so, provare la scena
in privato?»
Gethin
controllò l’orologio sul polso.
«È tardi, Finn, e io non mi
reggo in piedi.»
«Il
tuo Finn ti fa un caffè dei suoi e vedi come ti senti
rinato! Dai,
Geth, solo un’oretta.» Finn si portò le
mani chiuse a pugno davanti al viso e
allargò gli occhi, in una perfetta imitazione –
Gethin se ne stupì – del Gatto
di Shrek. «Ti
preeego!»
Gethin
scoppiò a ridere e si passò una mano tra i
capelli. «Ok, ok,
però andiamo da me, non mi sento di guidare se facciamo
tardi.»
~~~~~
«Geth,
ho sonno!» si lamentò Finn, abbandonando la testa
sulle braccia incrociate
sul tavolino dal bar. «Mi porti a casa in braccio?»
«Non
sei più un bambino» lo sgridò Gethin,
ridendo. «Non devi lavorare
ancora, oggi?»
Finn
sollevò il volto e sfoderò i suoi occhioni
azzurri, fingendo di
mettere il broncio. «Non mi importa, non voglio sposare
Sansa!»
«Sophie
è una bella ragazza, cosa ci sarebbe di male?»
«Non
mi piacciono le belle ragazze, Geth, lo sai. A me piacciono i gran
fighi.»
Per
poco Gethin non si strozzò con l’acqua che aveva
ordinato. «Come
Jason?»
«Come
Gethin Anthony.» Finn si morse il labbro e gli rivolse un
sorriso
malizioso, poi tornò ad affondare la testa fra le braccia.
Gethin
rimase immobile, lo sguardo puntato ai suoi capelli ricci, per
quelli che in seguito credette essere almeno dieci minuti. La mente
vagava,
assente, mentre il respiro di Finn si faceva più regolare e,
piano piano, il
ragazzo cominciava a russare.
I
pensieri di Gethin andarono alla fatidica, stravolgente serata che i
due avevano passato a casa sua. Due tazze di caffè, un
hamburger cotto di corsa
perché Finn si lamentava dello stomaco vuoto,
mezz’ora passata a ridere e
scherzare sugli aneddoti che il più giovane si divertiva a
raccogliere e a
riferirgli; poi, alle otto e un quarto, Finn si era portato una mano
alla
guancia e, con gli occhi rivolti al soffitto, gli aveva chiesto:
«Non mi fai
vedere la tua camera?»
«La
conosci bene, Finn.»
«Ma
dobbiamo provare la scena di domani, Geth, e la scena di domani si
svolgerà su un letto!»
Senza
attendere una risposta, Finn si era precipitato nella stanza del
suo amico e si era gettato sul materasso, spalancando le braccia; Geth
non
aveva potuto fare altro che seguirlo, sospirando divertito.
«Ora
baciami» aveva detto Finn, puntellandosi con i gomiti sul
letto.
Geth
aveva aggrottato la fronte. «Eh? Senza nessun discorso
introduttivo?»
«Ti
serve una lezione per baciare qualcuno? Dai, ti va anche di lusso,
ché oggi non ho la barba!»
Gethin
non aveva voluto aspettare, scambiare qualche parola con Finn,
calarsi nella parte, ma si era spinto a non farsi troppi problemi:
avvicinò il
proprio volto a quello del ragazzo, chiuse gli occhi e lo
baciò castamente.
«Wow,
che emozione, mi hai dato il tuo primo bacio!»
«Che
stai dicendo? Non era…»
«Ah,
avevi già baciato qualcuno prima di me? E allora spiegami
che
cavolo era quello!»
«Era
una prova, Finn.»
«Con
le prove rischiamo di arrivare a domattina. Vieni qua.» Senza
avergli dato il tempo di rendersi conto di ciò che stava
accadendo, Finn gli
aveva poggiato una mano dietro la testa e lo aveva attratto a
sé, baciandolo
con passione.
Gethin
aveva provato l’iniziale istinto di ritrarsi, forse
perché
avrebbe voluto che il suo primo bacio con un uomo fosse meno
approfondito, ma
poi lo aveva lasciato fare; tuttavia Finn si era limitato alle labbra,
tenendo
la lingua ben riposta nella bocca.
«Beh,
che ne pensi?» gli chiese quando ebbe finito di baciarlo.
«Sei…
bravo. No, aspetta, è che non so cosa volevi sentirti
dire!»
«È
andata bene? Hai provato imbarazzo?»
«Non
troppo.»
«Bene,
ora tocca a te!»
Gethin
aveva respirato profondamente, prima di chinarsi a baciarlo; si
erano scambiati baci sempre più intensi per un tempo che non
ebbero perso tempo
a calcolare, prima che Finn, riemergendo dall’ennesimo bacio,
gli ordinasse:
«Aprimi la camicia.»
«Cosa?»
«Avanti,
aprila: domani dovrai farlo.»
E
Gethin quella sera l’aveva fatto. Aveva aperto i bottoni,
aveva
lasciato che Finn lo cingesse e si rizzasse a sedere, per poi
sollevarsi in
modo da permettergli di far scivolare le mani sulla schiena –
e oltre, più in
giù, dove Gethin non aveva mai pensato di toccare. Si erano
baciati con foga,
lanciando sul pavimento camicia e maglietta, aderendo i petti,
lasciando infine
che le loro lingue si sfiorassero, si cercassero, si aspettassero.
Era
stato Finn a interrompere i baci, riportando Gethin alla
realtà:
stavano solo provando, non c’era niente tra di loro. Eppure,
quando Finn era
uscito dal suo appartamento sorridente e con i capelli scompigliati,
tranquillo
e professionale come doveva essere, Gethin non aveva avuto
l’aspetto di un
attore tranquillo e professionale né un volto solcato dal
sorriso, ma solo i
capelli in disordine.
Era
passato più di un anno da quella sera, eppure Gethin non
riusciva a
dimenticare le sensazioni che aveva provato. Si era recato sul set la
mattina
seguente e aveva distolto lo sguardo quando Finn lo aveva salutato; si
erano
baciati di nuovo, ma c’era voluto un po’
perché la passione divampasse ancora.
Non perché Gethin non riuscisse ad avvertirla,
bensì perché aveva paura a
farlo.
Finn
mugugnò e sollevò la testa, riemergendo dal mondo
dei sogni.
«Buongiorno,
Finn» lo canzonò Gethin.
«Mh…
fame.»
«Credo
dovrai rimandare, fra poco finisce la tua pausa e, beh,
dall’aspetto
dei tuoi capelli ti suggerirei di passare a dargli una
sistemata.»
«Ordino
un panino e me lo porto dietro» decise Finn.
Allungò una mano
sul tavolo per afferrare il portafoglio che aveva poggiato
lì e, casualmente,
urtò la mano di Gethin.
A
entrambi parve di avvertire un brivido.
~~~~~
Era
un attore, doveva impegnarsi nel suo lavoro, non poteva permettersi
distrazioni come pensieri inappropriati che lo portavano a riflessioni
inutili:
tra lui e Finn c’era solamente una forte amicizia e quella
sera Gethin si era
calato nel ruolo, lasciandosi trasportare. Niente di più, si
ripeteva.
Finn
si comportava come al solito, rideva e indossava strani copricapi
–
tra cui una pentola di rame – per recarsi alle riprese,
ricordandosi poi di
tenere un comportamento adeguato sul
set. Gethin non doveva preoccuparsi, si trattava di lavoro.
E
non si preoccupò più, fino a quel giorno.
Un
altro giorno fatidico, una notte che con tutto se stesso cercava di
dimenticare e sperava di ricordare per sempre.
Erano
a una convention – o qualcosa di simile, in futuro Gethin si
sarebbe dimenticato quale fosse stata l’occasione –
e con loro c’erano anche Kit
e Alfie. Amici come prima, senza mai parlare di quello che era successo
sul
letto di Gethin, lui e Finn scherzavano continuamente, comportandosi
come due
ragazzini; poi, di fronte ai fotografi, Finn lo aveva baciato.
Non
sulle labbra, non con passione, ma sulla guancia, stringendolo a
sé
e facendolo ridere. C’era voluta tutta la forza di
volontà di cui Gethin era
provvisto per non farlo andare in tilt davanti a tutti.
Avevano
dormito in albergo, quella notte, dopo una serata passata a
comportarsi come adolescenti che si accingono a superare il limite tra
l’amicizia
e quello che c’è dopo.
Chiacchieravano, si abbracciavano, si elargivano a turno baci sul viso
–
evitando le labbra, quello non era materiale per le riviste.
Kit,
immancabilmente, aveva offerto agli amici le provviste di birra
che per una persona sarebbero durate un mese, per lui solo una
settimana.
Gethin ci era andato giù, con l’alcol, pensando
solo a festeggiare il successo
della serie e cercando di allontanare dalla mente l’idea di
non farne più parte
– e di non poter più recitare con Finn. Si
sarebbero tenuti in contatto, però,
come stavano facendo in quel momento, organizzandosi per un pomeriggio
a casa
di uno dei loro colleghi, e allora perché lasciarsi
avvolgere dalla tristezza?
Quando
ebbero bevuto abbastanza – e Alfie si fu addormentato sul
pavimento della stanza che condivideva con Kit – Gethin
salutò l’amico ancora
sveglio e seguì Finn in camera.
«Ho
sonno» annunciò Finn, togliendosi i vestiti e
rimanendo in boxer.
Non si preoccupò della presenza di Gethin, ma si
buttò sul letto in quelle
condizioni.
«Cavolo,
Finn, mettiti qualcosa addosso!»
«Perché,
ti scansa… sconda… vabbè, quello!»
Affondò la testa nel cuscino, mugugnando. «Non
sono in grado di formare frasi
adatte… completate… complete
ora.»
«L’aria
condizionata rischia di ucciderci e adesso tu non sei in grado
neanche di avvertirla.»
«E
allora spegnila.»
«Cosa
ti fa pensare che possa riuscirsi, adesso?» Gethin rise e si
tolse i pantaloni, calciandoli poi lontano. Nemmeno lui,
però, indossò altro
dopo essersi liberato anche della maglietta.
«Morirò
di freddo» accettò Finn.
Gethin si chiese se si aspettasse che gli infilasse il pigiama.
«Scaldami tu.»
«Dormo
in un altro letto, lì non c’entriamo.»
Avrebbe avuto un motivo
diverso per rifiutare in condizioni normali, ma al momento non temeva
niente. E
sapeva che qualcosa sarebbe
successo,
lo aveva saputo per tutta la serata.
«Ti
preeego!» lo implorò Finn, scalciando.
Gethin
non poté fare altro, ancora una volta, di condividere il
letto
con lui. Entrò sotto le coperte e costrinse Finn a fare lo
stesso, lasciando
poi che lo avvolgesse con le braccia; il suo corpo freddo, a contatto
con la
sua pelle, lo fece rabbrividire, ma strinse l’amico ancora di
più. Finn lo
baciò sulla punta del naso.
E
Gethin ricambiò con un bacio sulle labbra.
Movimenti
lenti, addormentati, a cui seguirono con il passare dei
secondi baci più coinvolgenti, carezze sulla schiena, gambe
che sfregavano
altre gambe. Finn gli morse il labbro inferiore e Gethin gli strinse i
capelli,
costringendolo a emettere un gemito, mentre con la bocca esplorava il
suo
collo. Pensò anche di avergli lasciato un segno, ma non se
ne preoccupò; passò
al petto di Finn, lo baciò, premette i loro corpi per
sentire il calore che ora
il suo amico stava sprigionando.
Gethin
non ricordava di preciso quanti baci si fossero dati né per
quanto tempo; ricordava solamente gli occhi azzurri di Finn, rimasti
nascosti
sotto le palpebre per tutta la durata del loro scambio di carezze,
fissarlo
alla fine di tutto, più vispi di quanto Gethin si era
aspettato. Finn sospirò e
poggiò la testa riccioluta sul petto dell’altro,
addormentandosi insieme a lui.
~~~~~
«Prosciutto,
formaggio e due fette di pomodoro: le uniche cose che
potrebbero tirarmi su durante una giornata di lavoro. Conosci Will
Tudor?»
Gethin
socchiuse gli occhi di fronte all’inaspettato raggio di sole
che
li colse all’uscita dal bar. «Mh, no. È
un nuovo personaggio?»
«Una
coopaasa» rispose Finn, addentando il panino. «Uno
scudiero che
devo portarmi a letto» concluse dopo aver mandato
giù il boccone.
«Che
cosa?» Gethin si immobilizzò, esterrefatto.
«Lo so, lo so,
Loras dovrebbe
amare solo Renly» disse Finn, non cogliendo il motivo
dell’indignazione dell’amico.
«Ma questo Loras è un pezzo di merda, non mi piace
come lo stanno trasformando.
Per fortuna riesco ancora a dare qualcosa di mio.»
«Soprattutto
a Will» soffiò Gethin, facendolo voltare.
«Scusa, è solo
che mi dà fastidio… come hai detto tu, non
è giusto che Loras si faccia il
primo che passa.»
«Sicuro
che sia questo il motivo?»
«Quale
altro potrebbe essere?» lo provocò, sperando che
finalmente potessero
chiarire quello che c’era tra di loro.
«Gethin.»
«Terence.»
Finn
gli rivolse un sorriso storto al suono del suo nome di battesimo,
poi tornò al suo panino, lasciando ancora una volta in
sospeso la questione.
Da
quella notte in albergo, il loro rapporto si era evoluto, ma non era
facile definire in cosa. Il mattino seguente, al risveglio, Finn aveva
dato un
bacio sulla fronte a Gethin e poi l’aveva scavalcato per
lanciarsi sotto l’acqua
della doccia; quando era tornato in camera, vestito e pronto per una
nuova
giornata, non aveva detto nulla a proposito di quello che era successo
e
Gethin, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato mesi prima, non
aveva
evitato il suo sguardo né gli aveva negato un sorriso. In
seguito rimasero soli
molte volte, ma non in tutte accadde qualcosa: ogni tanto scappava un
bacio,
una carezza, una notte sotto le coperte senza qualcosa di
più di un abbraccio e
a Gethin andava bene così, anche quando la mattina Finn
correva via e lui lo
guardava, placidamente disteso sul letto, lasciare la camera.
Non
aveva pensato che in quei mesi Finn potesse frequentare altri
uomini, era troppo impegnato ad accettare il cambiamento che si stava
manifestando in lui – più difficile che accettare
di essere “senza definizione”
per il ragazzo che gli occupava la mente – per tormentarsi
con altre immagini.
Will Tudor era un attore, ma se Finn stesse già frequentando
un altro uomo? Un
tempo era stato certo che glielo avrebbe detto, lo stesso non si poteva
dire
data la trasformazione del loro rapporto. E se quello stesso Tudor,
invece,
avesse preso il suo posto? Se Finn come con lui gli avesse proposto di
provare
da soli?
Probabilmente
gli lesse nel pensiero. «Spero non sia un
imbranato.»
disse. «Non ho alcuna voglia di perdere tempo.»
«Non
gli hai insegnato niente?»
Finn
gli sorrise, sardonico. «Insegno solo ai più
carini.» Strappò un
altro pezzo di pane, lo masticò e poi riprese a parlare.
«A proposito, ieri ho
visto un tuo video.»
«Quale?»
«“Straight,
but now narrow”» citò, divertito.
«Ogni tanto lo guardo, mi
mette di buonumore.»
Gethin
lasciò che Finn lo superasse e sorrise alla sua schiena. Non
erano amanti, non erano solo amici, non c’era una definizione
per loro; si
vedevano spesso, a volte si lasciavano andare ai baci e a volte si
comportavano
come amici con interessi amorosi ben diversi.
Ma,
Sette Dèi, quando si baciavano Gethin non credeva di poter
conoscere felicità maggiore.
«Ehi»
lo richiamò Finn, a distanza di qualche metro da lui.
«Gwen
stasera non c’è, ti va di mangiare una pizza da
me?»
Gethin
annuì, felice. Quel Will Tudor non lo spaventava,
né temeva gli
uomini che potevano incrociare la strada di Finn; non gli faceva paura
neanche
lui, al momento, e non aveva fretta di andare da nessuna parte.
Sono
le cinque e mezza del mattino (sei e quaranta, ora che sto
pubblicando!) e sto scrivendo queste note. Beh,
buongiorno!
Non
pensavo di poter veramente scrivere una RPF, un giorno. Ho pubblicato
una drabble su David Tennant, è vero, ma erano pensieri
riguardanti il ruolo
che stava lasciando e potevano essere, con un po’ di fortuna,
anche veri; qui
invece ho messo insieme due attori e ho fatto fare e dire loro delle
cose per
ben sei pagine di Word. È strano e mi sento anche un
po’ in colpa a scrivere su
persone reali, però sono soddisfatta. Nonostante siano le
cinque e mezza del
mattino, nonostante abbia scritto una RPF, sono soddisfatta del
risultato
ottenuto. E mi scuso con Finn Jones e Gethin Anthony per tutto
ciò che si sono
ritrovati a fare!
L’idea
di questa storia mi è venuta leggendo questa splendida Finn/Gethin
di Agne, da cui ho preso anche l’ispirazione per ambientare
una scena in
albergo dopo una convention, e ho sviluppato il primo pezzo mentre
ruolavo con
la mia barbara a Pathfinder. Una barbara che scrive RPF slash. Bene.
Passiamo
a un po’ di spiegazioni: gli attori citati sono Gwendoline
Christie (Brienne), Nikolaj Coster-Waldau (Jaime), Sophie Turner
(Sansa), Jason Momoa (Drogo), Kit Harington (Jon) e Alfie Allen (Theon); Will Tudor è l’interprete di
quell’odioso scudiero che si
porta a letto Loras nella terza stagione.
La
storia è ambientata durante le riprese della terza stagione,
mentre
i flashback partono dal casting di Gethin (che non so assolutamente
come si sia
svolto né quello che gli abbiano detto, è tutto
frutto della mia fantasia) e
arrivano al 2012, anno della foto messa in cima alla storia e che io
amo con la
parte di me stessa che non è impegnata ad amare Jaime.
La
“prova privata” della scena della seconda stagione,
ah! Beh, non so
come si sia svolta, ma più volte lessi in giro (purtroppo
ora non sono in grado
di linkarlo) che è accaduta realmente, che Finn e Gethin
abbiano realmente
provato lontani dalle telecamere. Il video che Finn cita nel finale
esiste
realmente e io ho tradotto quella frase più o meno con
“Etero, ma non ‘limitato’
(ad altre possibilità o contrario ai vari orientamenti
sessuali)”. Boh, non so,
posso usare come scusa l’ora tarda.
I
tweet… Beh, i tweet ci sono e Finn non risponde sempre. O
risponde
con un sms o una chiamata e questo pensiero rende i miei occhi
cuoricini.
Che
altro c’è da dire? Credo basti così.
Volete
farmi sapere che la storia vi è o non vi è
piaciuta, ma non vi
va di scrivere recensioni chilometriche? Non importa, anche un
“Bella” o “Fa
schifo” che mi arriverà come messaggio privato
sarà per me fonte di grande
giubilo. Se poi non vi andasse comunque di scrivermi, beh, non importa,
vi
ringrazio infinitamente per aver letto questa storia!
Medusa