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Autore: Nimel17    02/06/2013    8 recensioni
L'incontro di Rumpelstiltskin e Belle a Storybrooke grazie ai loro cani, stile "Carica dei 101"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Henry Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Buongiorno, signorina Lucas. Sono qui per l’affitto.”
“Naturalmente.”
“Ha qualcosa per Imp?”
“Naturalmente.”
Il signor Gold era consapevole che nella sua vita nulla cambiava. Ogni terza domenica del mese andava a riscuotere l’affitto con il suo cane, Imp, e il diner della signora Lucas e sua nipote Ruby era l’ultimo del giro. Di solito la gente era intimorita dal suo pastore tedesco, ma la cameriera aveva chiaramente un debole per lui e ogni volta gli regalava dei biscotti.
Perché in quella particolare domenica mattina, bella e soleggiata, sentiva un peso incredibile sulle spalle? Voleva cambiare qualcosa, ma non sapeva cosa.
Tornato a casa, si sedette sul divano vicino alla finestra e lasciò che Imp si sedesse al suo fianco e appoggiasse il muso sulle sue ginocchia.
“Ti piacerebbe un altro cane?”
Imp abbaiò e lui sospirò, accarezzandogli la testa.
“Lo so cosa ci vorrebbe. Ma siamo troppo vecchi, ragazzo mio.”
L’animale guaì e si alzò sulle zampe, appoggiandosi al davanzale per guardare fuori dalla finestra.
“Vuoi fare un gioco? E va bene. Vediamo se troviamo una compagna per tutti e due?”
Imp scodinzolò e Gold non potè fare a meno di sorridere. Per lui era tutto così facile.
Il suo cane non era la persona più temuta della città, o la più detestata, a differenza del padrone.
Si mise a sbirciare anche lui le persone che passavano.
La prima donna col cane ad arrivare fu un’insegnante, collega della signorina Blanchard, una donna dal volto cavallino e spessi occhiali che aveva un cocker con le orecchie pendule come i capelli flosci della padrona.
Imp uggiolò e lui emise un verso di derisione.
“Non sono per noi, vero?”
Dopo pochi secondi seguì la moglie del pastore con il suo ridicolo cagnolino rugoso.
“Fortunatamente è già occupata. E poi il suo cane è un maschio, Imp.”
Andò in cucina e si versò del the avanzato dalla mattina. Che sciocchezze. Come se si potesse trovare il Vero Amore rimanendo a guardare fuori dalla finestra. Gli venne da sorridere.
Suo nipote, Henry, avrebbe sostenuto una cosa simile. Peccato che non potesse vederlo più spesso, ma Neal e sua moglie Emma vivevano a Tallahassee e non venivano spesso a Storybrooke. Non che potesse biasimarli, era una cittadina in cui nemmeno Stephen King si sarebbe degnato di inventare qualcosa di notevole.
Imp era ancora al suo posto e Gold lo raggiunse, dandogli una leggera pacca di consolazione sulla testa.
“Sai come si dice, la terza volta è quella fortunata. Aspetta e vedrai.”
Quando videro chi entrava nella loro visuale, Imp rizzò il pelo e lui rabbrividì.
“Non la vampira, ragazzo mio, proprio no.”
Regina Mills, il sindaco, scoccò loro un’occhiata gelida, come se li avesse sentiti e la sua barboncina fece altrettanto, ringhiando nella loro direzione. Probabilmente credeva che la stessero fissando solo per darle fastidio, così Gold sorrise maligno finchè l’altra non distolse lo sguardo e Imp scoprì le zanne, facendo correre la cagnolina dall’altro lato delle gambe della padrona.
“Uno a zero per noi, bravo Imp.”
Il cane abbaiò per sottolineare la loro vittoria e ritornarono a fissare la gente che passava.
La veterinaria con il suo pechinese.
“Troppo vecchia.”
La piccola Grace Stan con il suo nuovo cucciolo.
“Troppo giovane.”
Non passò più nessuno dopo di lei, così Gold si distese mettendosi le mani dietro la testa.
“Tutto inutile, Imp. Nessun’altra ha un cane a Storybrooke, mi dispiace.”
Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, dove stava per spuntargli una di quelle emicranie che non gli sarebbe più passata. Imp iniziò ad abbaiare e agitare furiosamente la coda.
“Ma che diamine hai?”
Si alzò per vedere cosa avesse mai agitato così il suo cane e rimase a bocca aperta.
“Non è possibile. E chi sarebbe quella ragazza? Non l’ho mai vista.”
A pochi metri da loro stava una giovane donna dai venticinque ai trent’anni, piccola di statura, dai folti boccoli castano ramati e due grandi occhi blu, il viso illuminato da una risata rivolta alla sua husky, che aveva le sue stesse iridi chiare.
Come Imp aveva i suoi occhi nocciola screziati d’oro ambrato.
“Perfetta. Vero?”
Il cane volò giù dal divano e salì sulle zampe posteriori, appoggiandosi alla porta.
“Bellissima idea.”
Lo legò al guinzaglio e uscirono, cercando di raggiungere le due sconosciute. Intanto, Gold rifletteva.
Chi poteva essere la ragazza? Era sicuro di non averla mai vista e lui conosceva tutti a Storybrooke.
All’improvviso, l’husky si voltò verso di loro e Imp iniziò a correre, trascinandolo.
“Buono buono…”
Come se non bastasse, anche l’altro animale strattonò il guinzaglio per raggiungerli, facendo oscillare pericolosamente la ragazza.
I due cani iniziarono ad annusarsi entusiasti e a girarsi attorno, ma così facendo Gold realizzò con orrore che i guinzagli si stavano attorcigliando intorno alle sue gambe e a quelle della donna.
La sconosciuta fu la prima a perdere l’equilibrio e lui si gettò d’istinto di frenare la sua caduta, ma non aveva tenuto in conto della sua limitatezza di movimento, così cadde anche lui di schiena, mentre lei atterrò su di lui.
Razionalmente, Gold avrebbe dovuto desiderare di privare Imp di tutte le sue crocchette e biscottini per il resto della sua vita da cane, ma la verità era che in quel momento l’unica cose che riusciva a percepire razionalmente era un profumo di acqua di rose misto a qualcosa di indefinito, come di libri appena stampati.
“Buon Dio signor Gold, si è fatto male?”
Il momento perfetto durò poco e lui sbatté le palpebre per rendersi conto della realtà.
“Non mi pare, no…”
Sbatté ancora gli occhi, leggermente confuso.
“Ci conosciamo? Mi ha chiamato per nome.”
Lei ridacchiò, nonostante la sua risata avesse un suono un po’ triste.
“Dovevo immaginarlo che non si sarebbe ricordato di me. Ero ancora piccola quando vivevo a Storybrooke con mio padre. Moe French, quello di Game of Thornes.”
Gold ricordò che, almeno dodici o tredici anni prima, il fiorista era accompagnato da una bimbetta ossuta e dalle lunghe trecce.
“Tu sei la piccola Lacey?”
“Ero.”
“Si, si, naturalmente…”
Idiotaidiotaidiota, pensò lui. Era ovvio che non era più una bambina. Lacey French si era chinata ad accarezzare Imp, riempiendolo d’attenzioni.
“Tu mi hai riconosciuta, vero Imp?”
Il cane traditore scodinzolò per le carezze e Gold liquidò la piccola puntura che sentì a quella vista.
Non era certamente gelosia.
Assolutamente no.
Una volta rimessosi in piedi, recuperò il guinzaglio di Imp e si sforzò di non fissare imbambolato la figuretta vestita di blu davanti a lui.
“Allora… è stato un piacere rivederla, signor Gold.”
“A- anche per me, Lacey.”
Gold e Imp rimasero fermi sulla strada a guardare le due figure allontanarsi per parecchi secondi, poi tornarono lentamente verso casa.
“La prossima volta che vedrò Henry gli dirò che ha ragione e sosterrò tutte le sue pazze idee.”
Lacey French.
“Sono in un oceano di guai, Imp.”
Il cane gli sfregò la testa sulla mano per consolarlo e lui si passò una mano sui capelli.
Se l’avesse saputo Regina Mills, lo avrebbe deriso per l’eternità.
Si era innamorato a prima vista di Lacey.
Lo squillo insistente del telefono lo trasse fuori dalla trance in cui era caduto.
“Pronto?”
“Signor Gold? Sono la signorina French.”
Possibile che fosse un segno del cielo? Era sempre stato ateo, ma se stava succedendo veramente che lei lo stesse chiamando, anche per un motivo qualsiasi, forse un dio qualsiasi esisteva davvero.
“Certo, certo signorina French, ha bisogno di qualcosa?”
Doveva calmarsi, probabilmente riguardava suo padre. Il fiorista era sempre indietro con l’affitto.
“Ecco, mi dispiace che sia caduto a causa mia…”
Ma se era stata tutta colpa… merito di Imp?
“…Volevo sapere se potevo farmi perdonare invitandola a pranzo da Granny.”
Per poco non gli sfuggì la cornetta di mano. Guardò il suo cane ad occhi sgranati come per chiedergli conferma, non riuscendo ad articolare una risposta sensata.
“Pronto? Signor Gold, è ancora lì?”
“C-certo… mi scusi, ero distratto, ma andrebbe benissimo.”
Benissimo? Meravigliosamente, straordinariamente eccellente sarebbero stati più esatti.
“All’una?”
“All’una.”
Si resse col bastone anche per sedersi sul divano, con un sorriso inebetito stampato sulla faccia.
“Secondo te è un appuntamento, Imp?”
 
 
 
Sei mesi dopo
 
“Tuo padre è in ritardo, Neal.”
“Impossibile, dev’essere sbagliato l’orologio.”
“Il nonno è in ritardo? Non può essere, è sempre arrivato puntuale.”
“Oddio ha avuto un incidente.”
“Se così fosse, mi preoccuperei di più per l’altra persona coinvolta.”
“Non vedo l’ora di rivedere Imp.”
“Anche io.”
 “Io no.”
“Ammettilo, Emma.”
“E va bene, anche io.”
“Forse ha picchiato qualcun altro ed è finito in galera. Sapevo che dovevo sequestrargli il bastone.”
“Ma papà, come faceva allora a camminare?”
“Non lasciarti ingannare Henry, l’ultima cosa di cui tuo nonno ha bisogno è quel bastone.”
Neal Gold controllò l’orologio. Le lancette camminavano ancora. Henry si era seduto sul davanzale della loro finestra, con gli occhi spalancati come se dovesse vedere a tutti i costi la Cadillac del nonno spuntare dalla strada. Emma se ne stava a braccia conserte sul petto, sospirando nel vedere suo figlio così agitato.
Henry adorava suo nonno e, anche se lei riteneva che non fosse esattamente l’esempio migliore per il bambino, doveva riconoscere che Gold idolatrava il nipote e si riduceva a gelatina con lui.
E il suo cane era molto più educato dei compagni di classe di Henry.
“Eccolo! Ma…”
“Ma cosa? È venuto a cavallo di un drago?”
Il figlio stava attraversando la fase delle fiabe e spesso Neal ci scherzava su.
“Ripetimi Henry, chi sarebbe il nonno?”
“Non ne ho idea. Forse…”
“Scommetto che sarebbe Rumpelstiltskin, venuto a chiedere un primogenito.”
“Cooomunque, quello che volevo dire è che non è da solo.”
“Henry, c’è sempre stato Imp con lui.”
“Lo fate apposta? C’è una donna con lui.”
Emma e Neal si guardarono istantaneamente, la stessa espressione di sorpresa mista a un vago orrore.
“Non può essere.”
“Papà? Dopo l’esperienza con mia madre…”
“Perché? Che cos’ha fatto la nonna?”
“Diciamo che non era una cara donna, Henry.”
“Oddio, Emma, il ragazzo ha ragione. C’è una donna con lui. Ed è pure uno schianto.”
Emma gli tirò un pugno sul braccio e lo fece scansare.
“Ok, Neal, ora ti dirò una cosa che pensavo di riservarti solo in punto di morte.”
“Cosa?”
“Me l’aspettavo che sarebbe successo in fondo.”
“Ma…”
“In effetti tuo padre è l’uomo con più sex appeal che conosca.”
“Cos’è il sex appeal?”
“Emma, non davanti al bambino! Un momento… tu trovi sexy mio padre?”
“Lasciamo stare.”
“Mamma, papà! C’è un altro cane!”
Emma notò che la donna che accompagnava il suocero era straordinariamente bella, con lunghi capelli scuri e ondulati, bellissimi occhi blu cristallino e un sorriso smagliante. Indossava un semplice prendisole giallo e stava ridendo per qualcosa che Gold le aveva detto.
Lui era… diverso. Nonostante non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, lo aveva sempre trovato intimidatorio. Non era molto alto, ma bastava un’occhiata perché uomini grandi e grossi iniziassero a piangere e scusarsi.
Ma, ora, i suoi occhi erano buoni e teneri, come quando stava da solo con Henry.
Erano accompagnati da Imp, naturalmente, e un husky dagli occhi color ghiaccio, una femmina probabilmente.
Recuperata un po’ di padronanza di sé, Neal era uscito ed era andato ad accoglierli, ricevendo anche le feste entusiaste del pastore tedesco.
“Vieni Henry, andiamo anche noi.”
Il bambino non se lo fece dire due volte e corse ad abbracciare il nonno e i due cani, mentre Emma si presentò alla sconosciuta.
“Emma Swan, sono la moglie di Neal.”
“Lacey French.”
Gold ridacchiò, cingendole la vita con un braccio.
“In verità…”
“Ssh! Avevamo concordato che era una sorpresa!”
Gli sguardi di Emma e Neal corsero sulle loro mani.
Eccole lì, due fedi d’oro, chiare e luminose.
Neal li guardò a bocca aperta.
“Oh… mio… Dio.”
Lacey era arrossita.
“Ci dispiace di non avervi invitato, ma è successo tutto molto in fretta.”
“Dillo pure chiaramente, amore mio, sono io che non ho voluto invitare seccatori.”
“Ma io sono tuo figlio!”
“Sei sempre una seccatura, figliolo.”
Emma trattenne a stento una risata. I due si punzecchiavano sempre.
“Fa’ il bravo, Robert.”
“Se me lo chiedi tu, dearie…”
Lacey si voltò verso Emma, sorridendo.
“Serve una mano in cucina?”
In realtà, Emma aveva ordinato un pranzo già pronto, essendo completamente negata ai fornelli, ma era troppo curiosa.
“Potresti aiutarmi con il dolce.”
Aiutare era un eufemismo. Aveva preso del gelato di riserva perché Neal diceva che le sue torte erano armi da combattimento.
Con sua somma invidia, la nuova suocera individuò subito il problema e ruppe le uova mancanti senza spandere nemmeno una goccia o senza frantumare il tuorlo. E dalla conversazione mentre cuocevano il dolce, si accorse che era anche molto colta.
Non c’era da meravigliarsi se Gold se l’era sposata in meno di sei mesi.
“Allora, come vi siete conosciuti?”
“Sono stati i nostri cani. Ci hanno legato i guinzagli attorno alle gambe, io stavo per cadere a terra e lui mi ha aiutata. O meglio, è caduto anche lui e io gli sono caduta sopra. Ma lo conoscevo da quando ero piccola, mio padre è un suo affittuario, solo che non mi aveva riconosciuta.”
“Tuo padre non sarà stato molto felice.”
Gli occhi di Lacey persero un po’ di luce.
“Ha detto che non ero più sua figlia e mi ha cacciata di casa. Lui aveva un debole per il mio ragazzo del liceo e non gli è mai andato a genio che lo avessi mollato perché era stupido, arrogante e vanitoso come un pavone.”
“Mi dispiace…”
“Spero che cambierà idea quando…”
Emma boccheggiò.
“Di già?”
“Non ne sono ancora sicura. Non voglio pronunciarmi ancora.”
“Ok ok… allora, vi siete caduti addosso e dopo?”
“L’ho invitato a pranzo al diner per farmi perdonare, abbiamo avuto altri tre appuntamenti e poi ci siamo fidanzati.”
“E quando vi siete sposati?”
“Tre mesi fa. Siamo stati in luna di miele fino alla settimana scorsa, a Parigi.”
“Che lavoro fai?”
“Gestisco la biblioteca di Storybrooke. Invece Robert mi ha detto che tu sei uno sceriffo, qui a Tallahassee.”
“Avete parlato di me?”
“Conosco tutto su te e Neal, Emma. Senza contare Henry, Robert va matto per tuo figlio.”
“La cosa è reciproca, credimi.”
Lacey sorrise ancora ed Emma si rese conto che l’aveva conquistata molto facilmente.
Chissà, forse con lei la famiglia sarebbe diventata più normale.
  
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