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Autore: ChildrenOfTheBarricade    03/06/2013    3 recensioni
Parigi, Modern AU
Tra chi non sa chi è, chi non sa cosa vuole e chi non sa come ottenerlo. Tra non riesce a far pace col passato, chi fatica a fermarsi a vivere il presente e chi non riesce a prospettarsi un futuro. Tra i Les Amis, l'Università, e le domande senza risposta.
- E/R- Eponine/Combeferre -Courfeyrac/Jehan -Joly/Musichetta/Bossuet -Marius/Cosette
(Per la serie "le storie non finiscono mai com'erano iniziate" : iniziata come raccolta di shot)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Enjolras, Eponine, Grantaire, Marius Pontmercy
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. Combeferre
 
Non vivi forse prodigandoti per gli altri?
 
 
Nell'istante stesso in cui Combeferre aprì gli occhi, si sentì pervadere da una spiacevole sensazione di irrequietezza. Enjolras. Enjolras non era rientrato quella notte. 
Si girò di scatto verso il letto del suo compagno di stanza, sospirando di sollievo nel distinguere -seppur sfocati dalla miopia- dei ricci biondi che spuntavano da un groviglio di lenzuola. Solo a quel punto spense la sveglia e scivolò giù dal letto sbadigliando.
Erano le sette del mattino: Enjolras a quell'ora era solitamente già sveglio e impegnato a programmare sistematicamente i suoi impegni per la giornata, destreggiandosi tra le lezioni di Legge e l'organizzazione di qualche manifestazione studentesca, eppure quel giorno era rimasto a letto, lasciando la stanza immersa in una calma irreale. 
Non che ne fosse stupito: la sera prima lui era rimasto sveglio a studiare fino all'una e non l'aveva sentito rientrare, era naturale che fosse stanco. Quello che invece non era normale per niente era il fatto che si ostinasse ancora a non parlarne col suo migliore amico. Insomma, credeva davvero che non si fosse accorto di niente?
Guardò i vestiti di Enjolras gettati malamente ai piedi del letto: forse agli occhi di qualcun altro quello sarebbe potuto passare per un semplice segno di stanchezza, ma Combeferre lo conosceva meglio di chiunque e sapeva  che disdegnava il disordine almeno quanto le ingiustizie sociali; considerava i piatti sporchi nel lavandino come una piaga paragonabile alla corruzione del paese, per intenderci. Solo uno stupido avrebbe potuto non rendersi conto che qualcosa stava cambiando, e Combeferre non era uno stupido. Solo non aveva idea di come convincerlo ad aprirsi con lui.
Continuò a rimuginare anche mentre improvvisava una colazione e mentre si faceva la doccia, ma senza esiti particolarmente positivi: ogni possibile conversazione che si figurava nella sua mente finiva con un Enjolras indignato dalle sue "immotivate" insinuazioni che cercava ogni modo per sfuggire al dibattito.
 Dio solo sapeva quanto quel ragazzo potesse essere testardo.
 
Quando uscì dal bagno, trovò l'altro seduto a gambe incrociate sul divano, ancora in pigiama e intento a sottolineare qualcosa sul libro di Diritto privato.
"Buongiorno. Niente lezioni oggi?"
"Ciao 'Ferre" rispose, alzando a malapena gli occhi dal volume "No, stamattina no, preferisco studiare qui. Non sto tanto bene."
Combeferre lo guardò, scettico: ricordava perfettamente tutte le discussioni per convincerlo - o obbligarlo - a restare a letto quando si prendeva la febbre a quaranta e Joly già piangeva la sua morte. Non poteva credere che improvvisamente avesse deciso di prendersi cura di se stesso.
"Che hai?" domandò, sedendosi accanto a lui sul divano.
Enjolras scrollò le spalle e sottolineò un'altra frase.
"Niente di che, non preoccuparti, sono solo stanco."
"Ci credo, non ti ho sentito rientrare ieri sera. A che ora sei tornato?"
Potè notare chiaramente il corpo dell'altro irrigidirsi e la sua voce risuonare tesa e nervosa mentre gli mentiva.
"Io... non mi ricordo. Forse le undici." 
Beccato.
"Ti ho aspettato fino all'una; dov'eri?" Cercava di mantenere un tono di voce il più neutrale possibile, ma persino per lui era difficile barcamenarsi tra la frustrazione per la reticenza dell'amico, l'euforia per essere -forse - riuscito a metterlo con le spalle al muro e quel vago senso di delusione che gli attanagliava lo stomaco dall'inizio della conversazione.
Enjolras esitò, piantando lo sguardo nel libro.
"In biblioteca"
Era sempre stato un pessimo bugiardo, ma questa volta si stava davvero superando.
"Enjolras, la biblioteca chiude alla nove... No, hey, aspetta!" esclamò, vedendo che l'altro accennava ad alzarsi dal divano e afferrandolo per un braccio prima che potesse allontanarsi.
"Che ti prende, si può sapere?"
"Niente, sono stanco." Ripeté, divincolandosi dalla sua presa con poca convinzione.
Non capitava spesso che uno dei due mentisse all'altro, anzi, anche sforzandosi non era in grado di ricordare l'ultima volta che si erano nascosti qualcosa. Del resto, si conoscevano abbastanza da capirsi senza bisogno di spiegazioni; Combeferre non aveva dovuto fare domande quando Enjolras si era iscritto ad un'università lontana anni luce da casa dei suoi genitori, e a nessuno dei due era sembrato necessario parlare del fatto che Combeferre sarebbe andato con lui. Erano coinquilini ma avevano in comune più che una stanza: condividevano sogni, speranze, insicurezze, ricordi di notti passate a studiare sul pavimento, schiena contro schiena, circondati da libri e tazze di caffè, e di giornate passate a fantasticare su come cambiare il mondo. Combeferre, con la sua pacatezza, riusciva a mitigare i tratti spigolosi del carattere di Enjolras, che in cambio lo contagiava con il suo spirito combattivo e i suoi incorruttibili sogni.
Probabilmente era per questo che Combeferre non poteva proprio evitare di sentirsi ferito, mentre guardava Enjolras dargli le spalle per andare a chiudersi nel bagno, tagliandolo ancora una volta fuori da qualunque conflitto emotivo stesse avendo luogo dentro di lui in quel momento.
Sospirò, passandosi una mano sul viso e cercando di riordinare le idee. 
Non ci aveva messo molto a collegare l'inusuale comportamento assunto dal biondo in quelle settimane e le sue inspiegabili sparizioni con il termine "relazione con qualcuno".  Per quanto riguardava il "qualcuno", Combeferre aveva capito da anni che Enjolras era omosessuale, probabilmente anche prima dello stesso Enjolras. Da lì a scoprire chi fosse effettivamente l'oggetto delle sue attenzioni il passo era stato tanto breve quanto sconcertante; d'altra parte, ora tutte le discussioni, le provocazioni, i rimproveri, acquistavano un senso. Riassumendo, sapeva tutto, ma non aveva idea di come affrontare la questione. 
Tuttavia, lo scrosciare dell'acqua della doccia gli lasciava inevitabilmente intendere che la conversazione era finita, e l'orologio sulla parete persisteva nel ricordargli che se non si fosse dato una mossa, il suo insegnate di Biochimica lo avrebbe gentilmente invitato a restare fuori dall'aula. Combeferre recuperò la borsa (già pronta dalla sera prima) e lanciò un'ultima occhiata alla porta del bagno, prima di scuotere la testa e uscire dalla stanza. 
Le lezioni di Biochimica erano importanti, ma i suoi amici lo erano di più: per questa ragione evitò di entrare in facoltà e camminò invece in direzione del bar. O almeno, gli piaceva credere che questa fosse l'unica ragione.
 
 
Eponine stava semplicemente dando di matto. Stare dietro agli ordini della prima mattina, impedire a Gavroche di rompere qualcosa o di ROMPERSI qualcosa, cercare di ignorare Marius e Cosette che sembravano dover dar prova del loro puro e sconfinato amore ad ogni ora e in ogni luogo, era troppo persino per lei. Ora, fortunatamente, il bar si stava pian piano svuotando, e la ragazza che lavorava con lei aveva finalmente deciso di presentarsi, così che Eponine si prese un secondo per chiudere gli occhi e riposarsi, appoggiando i fianchi al bancone.
Ci pensarono Gavroche e la sua voce troppo alta a interrompere quel frammento di tranquillità.
"Hey 'Ferre!"
Aprì di scatti gli occhi scuri, incredula. Combeferre? Che ci faceva lì? Avrebbero dovuto vedersi alle undici! Lei non era pronta. 
Tuttavia, dovette ricacciare indietro quel panico, classificandolo come "del-tutto-immotivato-Eponine-sei-una-stupida" e voltarsi, incontrando così il sorriso dolce di Combeferre, che stava scompigliando amichevolmente i capelli troppo lunghi di Gavroche. Tutto il suo nervosismo sembrò sparire per magia davanti a quella scena.
"Ma chi si vede, anche tu qui?"
"Sì" rispose Eponine al posto del fratello " stamattina ha pensato bene di nascondersi finché non è passato il pullman della scuola: non ho avuto altra scelta che portarlo qui." E lei era arrabbiata, sul serio. Con gli assistenti sociali che continuavano a ronzarle intorno,  l'ultima cosa di cui aveva bisogno era che suo fratello desse loro un pretesto per toglierle la sua custodia. 
Gavroche, fissandosi le scarpe bucherellate, borbottò qualcosa sull'inutilità della geografia, che Eponine preferì ignorare.
"Cosa ci fai qui? Ti aspettavo per le undici" Per un attimo temette di essere stata scortese, di aver detto la cosa sbagliata, di aver fatto un casino. Ma poi il medico le sorrise, e a lei non restò che darsi della stupida paranoica.
"Ho discusso con Enjolras stamattina e ho fatto tardi per la lezione, quindi ho pensato di passare... ma non ti voglio disturbare mentre lavori."
"No, no, tranquillo. Vieni, sediamoci." lo rassicurò, facendo un cenno all'altra ragazza per farle intendere che si sarebbe assentata un attimo. Cenno che ricevette per risposta un'occhiata di assenso e un  sorrisetto malizioso, completamente fuori luogo. Lo era, no? Dopotutto, loro non erano neanche amici, i loro incontri -tra l'altro sempre più frequenti- avevano un solo scopo, con un nome bene preciso: caso umano Enjolras- Grantaire.
Da quando si erano conosciuti, Grantaire era stato una delle poche presenze fisse nella vita di Eponine e, sebbene non lo si potesse considerare esattamente una persona affidabile, sentiva di dovergli tanto, abbastanza da mettersi a complottare per la buona riuscita di quella che sembrava essere  una buona candidata al premio "relazione impossibile dell'anno". 
 
"Allora" esordì lei, sedendosi ad uno dei tavolini e mettendo da parte i propri dubbi "ha prodotto qualcosa questa discussione?"
Combeferre sospirò, sedendosi a sua volta e appoggiando l'immancabile tracolla sul tavolo di plastica. 
"Assolutamente niente, non mi ha nemmeno lasciato avvicinare all'argomento "relazione" questa volta. Inizio a credere che non ci sia modo di farglielo ammettere."
"Oh no, andiamo, non può essere impossibile!"
"Fidati, se avessi sentito le scuse che ha accampato per giustificare il fatto che è tornato all'alba, anche tu avresti perso le speranze."
Eponine trattenne una risata, divertita. C'era qualcosa di strano nel modo in cui quel ragazzo la faceva sentire, qualcosa di completamente diverso dalla tempesta di emozioni contrastanti che si animava in lei ogni volta che Marius era presente, qualcosa di piacevole, anche, ma inesprimibile. 
" Grantaire è altrettanto testardo. Vede tutta questa storia come un miracolo avvenuto per chissà quale allineamento di astri, e ha tutte le intenzioni di lasciare le cose come stanno."
"Anche se significa nascondersi? Voglio dire, ormai va avanti da settimane! La sua è una reticenza inutile."
"Beh, potremmo beccarli sul fatto! Così non avrebbe altra scelta che..." dovette interrompersi davanti all'espressione scandalizzata di Combeferre.
"Vuoi ucciderlo, per caso?" le domandò con voce roca "Perché questo sarebbe sicuramente un modo efficace per fargli venire un infarto."
A quel punto Eponine non poté trattenersi dal ridere, coprendosi la bocca con una mano giusto per darsi un po' di contegno.
 "Ma insomma, non aveva ventidue anni?"
"Sì" rispose sorridendo con dolcezza "ma per quanto riguarda le relazioni amorose è rimasto alla pre adolescenza: forse giusto un po' più indietro. Il fatto è che ha conosciuto troppo presto e troppo intensamente l'amore per la Patria, la Libertà, la Giustizia, e così si è dimenticato di tutto il resto."
Eponine si ritrovò a fissarlo, l'ombra del sorriso ancora a incresparle le labbra.
"Gli vuoi bene" constatò.
"È come un fratello."
Pensò che fosse bello, in quel momento. Pensò che avere l'affetto di Combeferre dovesse essere qualcosa di veramente speciale, di unico. Pensò anche che, se Enjolras rifiutava l'aiuto di un amico che avrebbe palesemente dato anche la vita per lui, doveva avere dei seri problemi, o essere veramente stupido.
"Va tutto bene?" La voce di Combeferre era preoccupata, evidentemente la sua espressione doveva avergli lasciato intendere quali fossero i suoi pensieri.
"Sì, è che...non mi sembrano delle premesse molto incoraggianti. Si faranno del male." 
"Pensi che stiamo sbagliando?"
Eponine passò in rassegna nella sua mente i ricordi comprendenti Grantaire in lacrime o ubriaco fino allo svenimento, il suo sguardo perso nel vuoto della rassegnazione e la sue mani tremanti di rabbia, il tutto scaturito da un'unica causa: Enjolras.
No, non stavano sbagliando.
"Ho solo paura per lui"
"Lo capisco. Ma faresti meglio a non preoccuparti tanto. Forse dovresti pensare più a te stessa"
E di te che mi dici, Combeferre? Non vivi forse prodigandoti per gli altri?
"Forse dovremmo entrambi"
Combeferre lasciò vagare il proprio sguardo per il locale praticamente vuoto.
"Forse sì." concordò infine, alzandosi " iniziamo da oggi, che ne dici? Torno quando hai finito il turno, voglio farti vedere un posto."
Eponine non avrebbe saputo identificare il modo in cui si sentiva mentre accettava di slancio quella proposta; non avrebbe saputo descrivere l'emozione che provava nel vedere suo fratello aggrapparsi alla manica del cappotto di Combeferre, pregandolo di mostrargli ancora una volta il "libro con le figure dei morti", che altro non era se non il manuale di anatomia; non avrebbe saputo nemmeno giustificare i battiti del suo cuore che sembravano accelerare man mano che la lancetta dell'orologio si avvicinava a segnare le undici, ma, quando infine vide la figura alta e rassicurante del giovane medico varcare la soglia, sfregandosi le braccia per il freddo, sentì di poter affermare che si sentiva bene.
Marius la faceva sentire innamorata, con Combeferre era serena. 
Ma forse era veramente arrivato il momento di pensare a se stessa, di lasciare che qualcun altro si prendesse cura di lei: a cominciare la quella mattina.
 
 
 
 
 
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E rieccola!
In ritardo, ovviamente. Ma perdonatemi, un capitolo su Combeferre non si può certo scrivere di getto, bisogna pensarci, e ripensarci, e ripensarci....
Sì, ok, sono scuse, ma sono carine.
Quindi nulla, a voi il capitolo e i commenti.
Enjoy :)  
 
  
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