Pont
Notre-dame
12 Novembre 2005, Ponte
Notre-Dame
Il Pont Notre Dame è formato da
tre arcate: le due piccole in muratura che sono le più vicine agli argini e la
grande arcata centrale ricostruita in acciaio.
L’arcata dal lato dell’argine
della città sovrasta la Rue de Lobau, invece sotto
l’arcata dell’Ile de la Cité c’è solo il fiume.
Javert era fermo sull’angolo del
ponte dal lato dell’Ile, alla sua destra
l’imponente costruzione dell’Hopital Hotel-Dieu.
L’Ispettore Javert avrebbe tanto
voluto smettere di pensare, avrebbe voluto che tutta la massa informe dei suoi
pensieri semplicemente sparisse, inghiottita dal rumore delle acque della Senna
scure sotto di lui.
Mai in tutta la sua carriera, in
tutta la sua vita, si era trovato in un atteggiamento come quello!
Spalle curve, con i gomiti
appoggiati al parapetto del ponte, testa china ed il viso nascosto tra le mani
come chi si vergogna profondamente di qualcosa.
Perché? Perché Valjean lo aveva
lasciato andare? E soprattutto, dannazione, perché lo aveva baciato? E perché
era sembrato tanto preoccupato di farlo uscire sano e salvo dalla banlieue?
C’era qualcosa di incomprensibile in quell’uomo! Sarebbe stato più logico, più
naturale, che il ladro avesse ucciso l’Ispettore che poteva, che voleva, fargli
passare il resto della sua vita in prigione, invece Valjean si era comportato
come se avesse voluto proteggerlo. Come se gli importasse davvero di lui.
Perché?
Javert doveva fare appello ad
ogni goccia di lucidità che gli era rimasta per risolvere quel dilemma, oppure
sarebbe impazzito, ne era certo!
Le labbra gli bruciavano ancora
al ricordo di quel contatto.
Perché?
“È un ladro, ruba sempre quello
che vuole! Ha deciso di rubarmi un bacio per umiliarmi, o forse ha voluto farmi
credere di provare qualcosa per me per impedirmi di arrestarlo. Stupido! Io
sono la legge e nessuno può prendere in giro la legge!”
Ma lui, Javert, perché non lo
aveva respinto? Avrebbe dovuto spingerlo via e invece si era arreso senza
neanche combattere.
Si era arreso al prigioniero 24601
del carcere di Tolone che per primo aveva acceso la passione e il desiderio in lui, e si era arreso a
Monsieur Madeleine che per primo aveva gli aveva fatto provare il calore di un
affetto ed aveva dato a quel bruciante bisogno una sfumatura più nobile.
Javert aveva accolto quelle
labbra sulle sue con un sentimento di abbandono e resa totale come se fossero
la prima cosa giusta della sua vita.
Inammissibile.
Non si era ribellato, non era
stato capace di risputargli in faccia la sua pietà... come aveva potuto
permettere a quell’uomo di esercitare un controllo così totale su di lui?
Non poteva negarlo a se stesso,
alla fine Valjean aveva vinto.
Javert aveva accettato il bacio
ed aveva accettato la clemenza di un criminale quando, piuttosto, sarebbe dovuto
morire facendo il proprio dovere, e così l’aveva data vinta a quel ladro.
Maledetto idiota che era stato!
Il ponte Notre Dame era deserto a
quell’ora, nessuna macchina, nessuna coppia che passeggiava perché c’era troppa
paura che la rivolta delle banlieue si
allargasse e raggiungesse prima o poi il centro della città.
Javert era completamente solo,
appoggiato ancora con i gomiti al marmo del parapetto e la testa tra le mani.
Da qualche parte nella notte le
campane della grande cattedrale di Notre Dame avevano battuto lente ventiquattro rintocchi profondi e tre
più acuti.
L’una meno un quarto. Adesso
erano ufficialmente più di venti ore che non dormiva e la sua lucidità mentale
cominciava a risentirne.
Aveva trovato una spiegazione per
il bacio, ma tutto il resto? Se Valjean aveva voluto creargli delle difficoltà
nell’arrestarlo, perché gli aveva consegnato i suoi documenti? Javert aveva già
visto che erano falsi, ma di falso c’era solo il nome perché per il resto i
dati di numero di telefono ed indirizzo corrispondevano perfettamente con
quelli ufficiali di qualunque elenco telefonico della città.
Ultime Fauchelevent
esisteva davvero ed abitava in Rue de l’Homme-Armé
numero 7.
Non poteva essere solo una
coincidenza, Valjean gli aveva dato davvero il suo indirizzo.
Perché? Per farlo arrivare fin lì
e fargli trovare una casa vuota? Non aveva senso! Avrebbe fatto prima e meglio
a non darglielo affatto! Come era senza senso il fatto che gli avesse
consegnato i documenti che da soli, essendo falsi, gli avrebbero assicurato un
paio di anni di galera.
Non aveva nessun senso, a meno
che… quell’uomo si stava davvero lasciando arrestare?!
Ma se davvero era così e
finalmente Javert lo teneva in pugno perché non sentiva nessuna soddisfazione?
Perché aveva quasi orrore di andare ad arrestare Valjean? Cosa c’era che
impediva a lui, Ispettore di primo grado, di fare il suo dovere e riportare
dietro le sbarre un latitante? Perché si sentiva così dannatamente in debito
con lui? Valjean gli aveva salvato la vita, sì, ma c’era qualcosa di più che
Javert non riusciva ad afferrare completamente…
“Oddio, no! No, non può essere
così!”
Era un pensiero assurdo, eppure era
terribilmente possibile: Valjean aveva sacrificato la sua libertà per
permettere a lui di vivere.
La verità gli stava davanti
eppure lui la sfuggiva perché la vedeva troppo grande e terribile.
Valjean gli aveva salvato la vita
perché voleva davvero proteggerlo, ed il perché glielo aveva spiegato con quel
bacio.
Una cosa che lui non aveva mai
neanche osato sognare, che lo disgustava e lo affascinava allo stesso tempo:
Valjean… provava qualcosa per lui?
Se era vero allora era tutto
peggiore di come Javert se lo era aspettato! Valjean aveva sacrificato la sua
libertà per amore, gli aveva risparmiato la vita pur sapendo che lui lo avrebbe
arrestato e quando aveva dovuto scegliere tra uccidere lui e tornare in
prigione aveva preferito tornare in prigione.
Allora davvero Valjean lo amava?
Amato! Per Javert in quel momento
l’amore aveva la forma e la consistenza di un giubbotto pesante, che portava
impresso il calore dell’uomo che gli aveva salvato la vita.
Se lo strinse addosso. Era ancora
così caldo!
Avrebbe dovuto strapparselo di
dosso e gettarlo via!
Aveva iniziato a tirare giù la
cerniera ma non appena l’aria fredda gli aveva graffiato il collo e lo aveva
fatto rabbrividire si era fermato.
Non ce la faceva, non era capace
di tornare a sopportare il freddo da solo.
Era così bello, così rassicurante
quel dolce tepore che si insinuava gentile fino a lambirgli la pelle.
Era il marchio del più grande
gesto di amore che Javert avesse mai ricevuto, e lui non aveva la forza di
scacciarlo, non dopo averlo desiderato così disperatamente per tanti anni.
Javert si strinse le braccia
intorno al corpo ed immaginò che fosse Valjean a stringerlo.
No, era tutto così dannatamente
sbagliato!
A farlo sentire amato e protetto
come mai prima in vita sua era stato uno squallido ladro di strada!
Perché? Perché il destino aveva
voluto essere così crudele con lui?
Perché l’unica persona che gli
avesse mai fatto provare dei sentimenti doveva essere uno dei criminali che
aveva sempre tanto disprezzato?
“Non è vero! Non può essere vero!
È solo un ladro, l’amore è qualcosa che lui non può provare!”
Se non avesse saputo che era
scientificamente impossibile avrebbe giurato che quel ladro gli avesse appena
rubato il cuore.
Si era accorto che il respiro gli
usciva dalla gola come una specie di rantolo o come un lamento.
Lui! Ispettore di Primo Grado!
Che riconosceva e accettava su di se la superiorità di un criminale evaso!
Mai avrebbe dovuto esistere una
cosa del genere! Non finché lui era vivo!
…
Era stato facile salire sul
parapetto del ponte, i palmi poggiati sulla pietra fredda, il peso del corpo
che gravava interamente sui polsi per pochi attimi, giusto il tempo di mettere
un ginocchio là sopra e tirare su tutto il resto, e Javert si era trovato in
piedi sulla balaustra.
Lì, con il vento che lo
schiaffeggiava e l’aria umida del fiume che gli vorticava intorno, per un
attimo aveva avuto paura di quel vuoto e si era voltato indietro a guardare
quel meraviglioso momento in cui Valjean aveva tagliato le corde che lo
legavano.
Quanto avrebbe voluto
abbandonarsi tra le braccia di quel gesto generoso, quanto avrebbe voluto
ricambiarlo!
Valjean gli aveva detto “Ti
restituisco la tua vita” quanto avrebbe voluto tornare da lui e potergli dire
“Ti restituisco la tua libertà”.
Ma non poteva.
Lui era la legge, e la legge non
è generosa, non conosce l’amore, non sa ricambiare la pietà.
Se Javert viveva Valjean non
poteva restare libero. Se Valjean restava libero Javert non poteva vivere.
La sua vita. Così preziosa,
interamente dedicata al dovere, affidata alla pietà di un criminale e
restituita intatta senza chiedere nulla in cambio. Era quello il prezzo da
pagare per rendere a Valjean la sua libertà.
Era giusto: Valjean aveva offerto
la sua libertà per la vita di Javert, adesso toccava a lui offrire la sua vita
per la libertà di Valjean.
Alla sua sinistra distingueva
vagamente le torri di Notre Dame.
Ricordava che gli era stato
detto, tanto tempo prima, che non c’era perdono per i suicidi.
Si asciugò con uno scatto
rabbioso poche lacrime che gli erano sfuggite neanche lui sapeva quando e come,
poi si costrinse a raddrizzare la schiena e a tenere la testa alta.
Non che lui credesse tanto a
quelle storie, ma se doveva andare all’Inferno, dannazione, ci sarebbe andato
da uomo, non piagnucolando come un vigliacco!
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30 Dicembre 2005, Rue de l’Homme-Armé numero 7
Quella
mattina Javert si svegliò con la testa pesante perché la notte prima aveva
fatto fatica ad addormentarsi ed alla fine era riuscito a prendere sonno solo
quando si era rannicchiato contro la schiena di Valjean e si era lasciato
cullare dal suo respiro e dal battito del suo cuore.
E poi, in
mezzo a tanti pensieri caotici sul suo passato, sul suo presente e sul suo
futuro, era riuscito a darsi pace solo quando aveva deciso “Domani glielo dico”.
I giorni
dopo Natale erano scivolati via in un perenne clima di festa, e Javert aveva
scoperto che stare in quella casa gli faceva provare un altro strano sentimento:
si sentiva completo, come se un gran
vuoto freddo dentro di lui fosse stato finalmente colmato, e poi il suo
rapporto con Valjean diventava sempre più intenso perché Javert stava
cominciando a fidarsi in modo consapevole. Non era più una resa sdegnosa come
quando gli aveva detto “Fai di me quello che vuoi” era una cosciente, esplicita
richiesta di aiuto per cominciare una vita vera, una vita dove c’era posto per
l’amore.
Era proprio
quello il problema: dopo il giorno della vigilia in cui Javert aveva detto
chiaramente “ti amo” a Valjean avrebbe voluto dire altre volte qualcosa come
quella, ma non ci era mai riuscito perché… perché il suo orgoglio gli ricordava
sempre con prepotenza quanto quelle due parole potessero essere facilmente
interpretate come un segno di debolezza.
“A che mi sono ridotto! Sembra il film “ghost”
!” aveva
pensato spesso.
Tuttavia non
riuscire a dire “ti amo” all’uomo che gli aveva donato una nuova vita gli
sembrava una imperdonabile forma di codardia, e se c’era una cosa che lui
odiava più del sentirsi debole era sentirsi un vigliacco, per questo quella
mattina si era svegliato pensando risoluto “Oggi
glielo dico”.
Rimase leggermente
sollevato su un gomito a guardare Valjean che dormiva, in quel momento steso
sulla schiena ma con il viso voltato verso di lui.
“Come sei bello”
Jean
Valjean, il suo prigioniero che aveva finito per conquistarlo cuore e anima.
Javert cercò
la sua mano sotto le coperte e lasciò che le loro dita si sfiorassero per un
po’.
“Ma guardati… stai sorridendo perché sai che sono io ad
accarezzarti?”
Aveva sempre
pensato che l’espressione “nido d’amore” fosse una disgustosa melensaggine
nonché una colossale scemenza, tuttavia in quel momento non gliene veniva una
più adatta per descrivere la situazione: Javert si sentiva completamente al
sicuro in quella stanza dai toni di bianco ed azzurro, cullato da una dolce
sensazione di benessere nell’intimità di un letto dove c’erano mescolati il
calore del suo corpo e quello dell’uomo che amava.
Intanto
Valjean aveva cominciato a muoversi ed il suo respiro a cambiare, finché non
aprì gli occhi, o almeno ci provò.
:-Hei… buon giorno-:
Biascicò con
la voce impastata di sonno.
:-Buon
giorno anche a te-:
Gli rispose
lui con un sorriso.
Sentì che
Valjean strusciava un po’ la mano contro la sua e vide comparire nel suo
sguardo una sfumatura interrogativa quando si rese conto che Javert non stava
ritirando la sua imbarazzato, anzi sembrava ricambiare le carezze sul palmo e
sul polso.
Javert alzò
gli occhi al cielo come chi chiede che gli venga concessa tanta pazienza.
:-È inutile
che fai quella faccia, sai? È proprio come sembra: ti sto tenendo la mano
mentre stiamo a letto. Qualcosa da dire?-:
Gli occhi di
Valjean brillarono di gioia e rise piano per quella finta aggressività.
:-Certo che
no, non mi permetterei mai di opporre resistenza ad un pubblico ufficiale-:
Javert rispose
con una smorfia.
:-Sei uno
stupido-:
:-Sì, anche
io sono contento di stare con te, Ispettore-:
Javert
decise che ne aveva abbastanza di quello scambio di battute da cui stava
uscendo sconfitto e azzittì Valjean nel suo modo preferito: baciandolo.
Stava
scoprendo che gli piaceva una volta tanto essere lui a prendere il comando, ed
anche Valjean sembrava apprezzare la cosa perché si stava rilassando sotto di
lui.
“Prima di questo però devo parlare seriamente con lui… non posso
fargli perdere la ragione già da ora o non capirà neanche una parola!”
Si staccò e
lo guardò improvvisamente serio.
:-Valjean,
dobbiamo parlare. Posso andare a fare del caffè?-:
Lui lo
guardò confuso e palesemente scontento dell’interruzione.
:-Per
favore, è importante-:
Insistette
Javert, al che Valjean annuì e gli diede il permesso di alzarsi, anche se con
un sospiro di rammarico.
:-Bravo…
torno tra poco-:
Per il caffè
scelse la macchinetta tradizionale francese invece di quella dell’espresso che
non era assolutamente in grado di usare… niente da fare, lui per le cose di
cucina era negato, e Valjean avrebbe dovuto farci l’abitudine!
Quando il
caffè fu pronto lo versò in due tazze, aggiunse lo zucchero e le mise sullo
stesso piatto. Ci entravano appena, ed a Javert venne in mente un bizzarro
paragone su quanto lui e Valjean a letto somigliassero a quelle due tazze così
vicine. Il vapore caldo avrebbe potuto essere il loro respiro affannato quando
si spingevano più in là nel loro “amoreggiare come due adolescenti” che non
erano più tanto inesperti.
“Che idea balorda” Pensò scuotendo la testa.
Prima di
tornare rimase un momento sulla soglia della cucina e fece un respiro profondo.
Stava per
portare il caffè a letto al suo uomo, stava per fare il primo gesto affettuoso
premeditato della sua vita. Era un momento importante, da assaporare fino in
fondo.
Quando tornò
da Valjean lo trovò seduto con lo guardo perso a fissare il copriletto.
“Probabilmente io avevo la stessa espressione la prima mattina che
mi sono svegliato qui ed aspettavo che lui mi portasse il caffè. Sì, ero
confuso, me lo ricordo… non preoccuparti, 24601, presto sarà tutto a posto”
Si schiarì
la voce per fargli capire che era tornato.
Valjean alzò
lo sguardo e nei suoi occhi c’era quel sorriso radioso che faceva mancare il
respiro a Javert e gli faceva tremare le mani che reggevano il piatto.
“Davvero sono io che ti sto rendendo così felice?”
Si chiese
Javert incredulo.
:-Tieni…
questo è il massimo del caffè che posso fare-:
Cercò di
giustificarsi.
Valjean ne
bevve un sorso ed il suo sorriso divenne ancora più dolce.
:-È
buonissimo-:
Anche Javert
ne bevve un po’.
Faceva poco
meno che schifo e lui fece una smorfia contrariata.
Non era
quello che aveva avuto in mente.
:-Va bene,
adesso comincia la parte difficile. Ascoltami e non dire neanche una parola-:
Si era
accorto troppo tardi di essere stato un po’ brusco e subito guardò Valjean
preoccupato di vedere una qualunque reazione negativa.
Quell’idiota
del prigioniero 24601 fece il gesto di chiudersi la bocca e di buttar via la
chiave.
“Ma tu guarda di chi mi sono andato ad innamorare!”
Però quel
gesto lo aveva rassicurato. Era un enorme sollievo sapere che Valjean non se
l’era presa.
Prese un
gran respiro, immettendo nei polmoni tutta l’aria che poteva, sperando di
riuscire a tenere a bada il suo orgoglio abbastanza a lungo da dire le cose
forse più importanti della sua vita.
:-Allora… io
ti devo ringraziare perché in questi giorni sono stato bene qui con te. Ah, e
va bene, lo ammetto prima che tu mi costringa a confessare con i tuoi metodi! È
stato il periodo migliore della mia vita. Mi sono sentito protetto, ed
accettato, ed è stato bello, molto bello, sentire che c’era qualcuno a cui
importava di me. E adesso che ho capito di aver sbagliato tante cose… ti chiedo
scusa-:
Valjean
intanto faceva strane smorfie perché chiaramente avrebbe tanto voluto dire la
sua ma era vincolato al mutismo.
:-Lascia
stare, non è del mio comportamento in passato che voglio parlare. No, quello
che voglio dire è…-:
La parte più
difficile. No, se già cominciavano a pizzicargli gli occhi non andava bene!
:-Voglio
dire che… mi sono sentito amato, e… -:
Le parole
cominciavano ad uscire scollegate, come se facessero una fatica tremenda a
passare tra le maglie di una rete fatta di orgoglio e testardaggine.
:-E poi… mi
sono sentito… perdonato. E non fare quell’espressione da “non ho fatto niente
di speciale” perché…-:
Adesso c’era
anche un nodo pericoloso che gli chiudeva la gola.
:-Perché per
me è stato molto importante! Per me è stato bellissimo scoprire che per ogni
errore che facevo ci poteva essere un gesto gentile a correggermi invece di una
staffilata, e ora…-:
Javert
scosse la testa. Non poteva, accidenti, non ci riusciva! Non se anche Valjean
aveva gli occhi lucidi.
Chiuse gli
occhi e buttò fuori tutto d’un fiato :-Io non posso più stare senza di te!-:
Riaprì gli
occhi, ma solo per poco, perché gli bruciavano sempre di più, tempo di vedere Valjean
che aveva posato la tazza e faceva il suo gesto di invito, supplicandolo con lo
sguardo di lasciarsi abbracciare.
Lui si voltò
ostinatamente dall’altro lato.
:-No,
stavolta no, mi sento già abbastanza ridicolo e stupido ad aver detto queste
cose!-:
Valjean lo
ignorò e si avvicinò a lui per togliergli la tazza dalle mani, posarla, e
tornare a stringerlo.
:-No! Ho
detto di no! No, togliti immediatamente, 24601! Io non… non…-:
Lottò
disperatamente per non cedere, si divincolò con tutta la forza che aveva ma fu
inutile: Valjean stava usando tutta la sua
forza per stringerlo tra le braccia, e non aveva nessuna intenzione di
lasciarlo andare.
Stranamente
però Javert non sentiva alcuna prepotenza in quel gesto, sentiva solo tanto,
tanto bisogno di esprimere un sentimento troppo enorme per essere spiegato,
probabilmente lo stesso sentimento che saliva dentro di lui lento ed
inesorabile come la marea.
Era. Così.
Bello.
Il calore
dell’abbraccio attorno alle sue spalle e delle mani che gli accarezzavano la
schiena si insinuava sempre più a fondo, oltrepassando le barriere fisiche ed
arrivando a toccare la parte più intima del suo animo, quella che desiderava
disperatamente essere amata e poter amare a sua volta.
Perché gli
occhi dovevano bruciargli tanto? Trattenere le lacrime diventava sempre più
difficile, ma Javert era ben determinato: non avrebbe pianto perché era
commosso, o ancora peggio perché era dannatamente innamorato, assolutamente no,
era fuori discussione!
:-Non avere
paura -: sussurrò Valjean al suo orecchio :-Non vergognarti di essere felice…
tanto felice da piangere magari-:
Javert
strinse i denti, per un attimo simile all’inflessibile poliziotto che era stato
per tanto tempo.
No, non doveva
piangere, anche a costo di farsi scardinare le costole da quel suo cuore
insubordinato!
:-Non avere
paura di me. Io ti amo, Javert-:
Il primo
singhiozzo gli sfuggì rapido tra le labbra prima che potesse riagguantarlo e
costringerlo di nuovo in fondo allo stomaco.
:-Accidenti
a te, ti avevo detto di stare zitto!-:
Sbottò
Javert.
Non poté
farci nulla. Forse era il calore del corpo di Valjean così rassicurante e
protettivo, forse era stata quella dichiarazione d’amore sussurrata, ma Javert
sentì che era stato colpito più a fondo che mai.
L’ultimo
frammento del suo orgoglio si schiantò in mille pezzi come un ciottolo di
ossidiana ed il nodo che aveva in gola finì per scoppiare in singhiozzi
arrabbiati contro il petto di Valjean.
:-Ecco, sei
contento adesso? … Maledetto idiota, hai visto che hai combinato? Mi hai fatto
piangere!-:
Valjean era
sempre colpevole di fargli fare la figura dello stupido in un modo o
nell’altro, per questo Javert continuava ad insultarlo mentre si
aggrappava a lui e sfogava tutte le sue
lacrime.
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30 dicembre 2005, più tardi
Jean Valjean
aspettava.
:-Io devo uscire. Torno tra un’ora. E adesso non mi chiedere
niente-:
Gli aveva
detto Javert dopo pranzo mentre si cambiava in fretta.
Ordini
secchi, impartiti con la voce dura da poliziotto che non usava da un po’ di
tempo.
Valjean ne
era rimasto un po’ ferito.
Forse Javert
non gli aveva perdonato di averlo fatto piangere, forse l’orgoglio del
funzionario di Stato era riemerso prepotente quando Javert si era sentito più vulnerabile
ed adesso il loro rapporto era irrimediabilmente compromesso… Valjean non
voleva neanche pensarci.
Erano le
quattro meno un quarto e l’ora era quasi passata.
“Dove accidenti è finito?!”
Passeggiava
inquieto su e giù nel salotto, ed i suoi passi lo portavano spesso davanti alla
finestra per vedere se per caso sotto c’era Javert.
Nel momento
in cui Valjean lo aveva rivisto con l’espressione impenetrabile di quando lo
aveva conosciuto a Montreuil aveva avuto una vaga
paura a cui però non aveva voluto dare forma, che però con i minuti gli
sembrava sempre più concreta ed insopportabile.
E se il
nuovo equilibrio conquistato tanto a fatica da Javert si fosse per qualche
motivo spezzato e lui avesse fatto qualche gesto estremo? Qualcosa come
gettarsi di nuovo in un fiume…?
“No!
Tornerà… lui me lo ha promesso!”
Valjean si
aggrappava disperatamente a quel “torno tra un’ora”.
Il
campanello suonò due volte e lui scattò di corsa per rispondere.
:-Scendo
subito-:
Agguantò il
giubbotto, le chiavi di casa, si tirò dietro la porta e scese i gradini due
alla volta.
Non era solo
curiosità, era che lui doveva
scoprire il motivo dello strano comportamento di Javert!
:-Va tutto
bene?-:
Gli chiese
appena lo vide.
Era
incredibilmente sollevato che fosse tornato sano e salvo!
:-Sì, tutto
bene, solo che dovevo fare una cosa importante. Adesso vieni con me-:
L’espressione
di Javert era assolutamente impenetrabile, ma la mano che tendeva a Valjean era
sincera.
Lui la prese
e Javert sembrò rilassarsi un po’.
Lo guidò tra
le strade di Parigi innevate, in cui c’era tanta aria di festa per il Capodanno
imminente.
“Stiamo passeggiando mano nella mano… peccato che lui abbia
quell’espressione così accigliata e mi stia praticamente trascinando!”
Poi Valjean
si accorse di un’altra cosa.
:-Javert…
perché hai il mio giubbotto?-:
Non era un
giubbotto qualsiasi, era quello che lui gli aveva dato la notte delle banlieue,
quello con cui Javert si era gettato nel fiume e che lo aveva salvato
dall’annegamento.
La mano di
Javert strinse la presa.
:-Dopo-:
Gli disse
secco.
:-Javert… ma
che hai nella tasca destra che sembra stia scoppiando?-:
:-Dopo anche
questo-:
Stavolta
però all’Ispettore sfuggì un sorrisetto e Valjean avrebbe giurato di aver visto
un lampo di malizia passargli rapido negli occhi.
La
“passeggiata” durò poco più di un quarto d’ora, finché non arrivarono in vista
della Senna e Javert svoltò deciso a destra, verso Nord, verso Pont Notre Dame,
e mano a mano che ci si avvicinavano la sua espressione si faceva sempre più
determinata.
:-Javert…?-:
Tentò di
nuovo Valjean.
La Senna…
l’associazione tra il fiume e Javert non gli piaceva proprio per niente.
:-Ti ho
detto dopo-:
Raggiunsero
il ponte, lo slargo rotondo sull’arcata dal lato dell’Ile de la Cité, e Valjean capì di che si trattava un secondo prima
che Javert aprisse bocca.
:-È da qui-:
Gli disse
semplicemente.
Valjean lo
tirò indietro, al sicuro tra le sue braccia.
:-Non ti
preoccupare, non ti ho portato qui per farti assistere al mio suicidio-:
Valjean
allentò di poco la presa, ma non riusciva a lasciare la sua mano.
Gli sembrava
che se lo avesse fatto lo avrebbe perso, stavolta per sempre.
:-Javert,
perché…?-:
Le acque
della Senna sciabordavano sotto di loro.
“Perché mi hai portato in questo posto orribile?”
Lo sguardo
dell’Ispettore vagò un po’ sulla pietra del parapetto prima di rispondere.
:-Volevo
solo farti vedere dove ho cominciato a cambiare. Qui poco più di un mese fa ero
così disperato da voler morire, adesso è qui che voglio rinascere-: Lo guardò
negli occhi prima di aggiungere con decisione :-Insieme a te-:
Distolse di
nuovo lo sguardo.
:-Valjean,
io… e se io ti dicessi che in questi giorni sono stato tanto bene con te da
potermici abituare? Se io ti dicessi che non ho mai dimenticato quello che mi
hai detto a proposito di “costruire qualcosa insieme” e che adesso vorrei che
non fosse solo un periodo di prova di un mese o due?-:
Valjean cominciò
a capire.
“Vuole… restare? Alla fine è riuscito ad accettare quello che
prova per me?”
:-Ti
risponderei che sarebbe bellissimo. E scommetto che tu lo sapevi già che ti
avrei risposto così, non è vero, Ispettore?-:
Javert gli
rispose abbassando gli occhi impacciato come un bambino beccato a dire una
piccola bugia.
:-Bè… meglio
essere sicuri, no?-:
Stava
cercando qualcosa nella tasca sinistra.
:-E quindi…
dimmi, Jean Valjean, credi di essere capace di sopportarmi tutti i giorni della
tua vita a partire da ora finché morte o il fatto che non so fare neanche un
caffè non ci separi? Pensi di potermi sopportare quando tornerò a casa
incazzato dal lavoro o peggio quando non tornerò perché starò seguendo qualche
caso importante? Pensi di riuscire ad amarmi nonostante tutti i miei difetti
che, ti assicuro, tu non conosci ancora neanche a metà?-:
Valjean lo
guardò stranito.
Aveva solo
un vago presentimento, ma quello bastava a fargli battere forte il cuore.
Diede la sua
risposta lentamente, perché sentiva che era molto, molto importante.
:-Sì. Io
sono pronto ad amarti ora e per sempre perché ormai sono non so quanti anni che
ti amo, Ispettore-:
Javert
sembrò tirare un sospiro di sollievo.
:-Bene,
allora… tu non immagini neanche quanto mi sento stupido a fare questa cosa, ma
in ogni caso la mia vita non può più essere quella di prima, quindi visto che
deve cambiare preferisco che sia così… -:
Mai e poi
mai Valjean si sarebbe immaginato una cosa del genere: Javert che teneva la sua
mano sinistra con una strana reverenza, lo guardava con occhi sinceri,
profondi, in fondo ancora un po’ timorosi e diceva.
:-Jean
Valjean, mi vuoi sposare?-:
L’oggetto
che Javert aveva cercato in tasca era un anello, una semplice fascetta di oro
bianco che scintillava come una minuscola stella nella luce del sole invernale.
“Sto sognando… questo è un sogno… bellissimo, sì, ma solo un
sogno…”
No, la mano
calda di Javert che ancora teneva la sua era troppo reale, ed anche il timore
nello sguardo di Javert che aspettava la sua risposta.
“Sposarlo… una vita insieme! Ed ha inghiottito il suo orgoglio
spinoso per chiedermelo!”
:-SI! Sì, lo
voglio!-:
Urlò con
tutto il fiato che aveva.
L’espressione
di Javert si aprì nel sorriso più bello che Valjean avesse mai visto.
Vide come al
rallentatore l’anello che veniva delicatamente infilato sul suo anulare, Javert
che sorrideva, e poi… poi gli girava la testa e lui non riusciva a smettere di
ridere… o di piangere… e non riusciva neanche a smettere di baciare il suo
Ispettore fregandosene del fatto che erano in un posto pubblico e trafficato.
:-Scusa…
scusami… ti ho messo in imbarazzo-:
Borbottò
tutto rosso in faccia quando ebbe un po’ superato l’emozione.
:-Assolutamente
no. Ti ho appena chiesto di sposarmi, era tuo preciso dovere rispondere in quel
modo. Mi sarei offeso se non lo avessi fatto-:
Valjean credette
che il suo cuore sarebbe scoppiato per la felicità.
Se solo non
ci fosse stato quel problema.
:-M… ma…
Javert… io sono ancora ricercato. Se non mi denunci diventerai mio complice-:
:-Non vedo
l’ora-:
Gli rispose
Javert con un ghigno.
:-No,
davvero… e se lo scoprissero?-:
:-Se lo
scoprissero, in attesa che i tuoi reati vadano in prescrizione, dirò a tutti
che ti stavo sorvegliando da vicino. Molto da vicino. Diciamo che ti terrò agli
arresti domiciliari-:
Javert lo
baciò di nuovo, prendendogli il viso tra le mani e mettendoci una passione che
Valjean non conosceva ancora.
:-Ormai sei
mio, 24601. Non mi sfuggirai mai più-:
Mormorò
sulle sue labbra.
Valjean era
ipnotizzato, riuscì solo a rispondere con la voce ridotta ad un sussurro.
:-No,
Ispettore… io non scapperò mai più da te-:
Improvvisamente
gli venne una gran voglia di ridere.
:-Ah,
Javert, una cosa così teatrale da te non me la sarei mai aspettata! È stato
bellissimo ricevere una proposta di matrimonio, ma… lo sai anche tu che non
possiamo sposarci veramente, no?-:
Javert fece
di nuovo la sua espressione truce, che Valjean, dopo aver temuto per tanti
anni, stava cominciando ad apprezzare. La trovava piuttosto sexy in effetti.
:-In questi
anni non hai imparato nulla su quanto posso essere ostinato? Se io dico che
farò una cosa la farò, in un modo o nell’altro! Andremo in Belgio, o in Spagna,
o magari su una nave da crociera e ci faremo sposare dal capitano, ma tu
diventerai mio marito, Jean Valjean!-:
:-Oh, quanta
determinazione!-: rise Valjean, poi però continuò serio, guardando negli occhi
Javert :-Ne sono onorato-:
Lui arrossì
un po’.
:-E senti,
per curiosità, ora me lo puoi dire cosa c’è nell’altra tasca?-:
Chiese
Valjean tanto per toglierlo dall’imbarazzo.
Javert
sorrise, il primo sorriso davvero malizioso che Valjean gli avesse mai visto.
:-Oh, sì,
credo che ti interesserà… tieni-:
Tirò fuori
dalla tasca un sacchetto di carta bianco e glielo porse.
Valjean
aveva la netta impressione che Javert stesse osservando ogni suo minimo
movimento per godersi uno spettacolo particolarmente divertente.
“Uno scontrino della farmacia? … Ah!”
Sentì il suo
viso diventare più rosso che mai, anzi aveva proprio l’impressione che dalla
sue guance salisse il vapore condensato per quanto erano diventate calde.
Dentro il
sacchetto c’erano un pacco di condom ed una boccetta di olio.
:-E adesso
torniamo a casa. Propongo di continuare la discussione in camera da letto-:
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Alla fine doveva pure accadere,
avevano davvero fatto l’amore, ed era stato molto più di come entrambi se lo
erano aspettato.
Era stato il leggero imbarazzo di
trovarsi nudi uno di fronte all’altro, erano state carezze incerte e respiri
affannati, e la fronte di Valjean che premeva su quella di Javert, e le braccia
dell’Ispettore che stringevano il suo prigioniero come non avevano mai fatto prima,
ed erano stati segnali impercettibili, con cui ognuno chiedeva all’altro di
dargli di più.
Ed erano stati baci ardenti su
ogni centimetro di pelle sempre più accaldata, ed erano stati gemiti, e brividi
che scioglievano le ossa ed annebbiavano la mente, ed era stato calore, un
calore ancora sconosciuto per entrambi così intenso che sembrava dovesse
incendiare le lenzuola da un momento all’altro, ed erano state la loro mani
intrecciate per rassicurarsi a vicenda.
Ed erano stati rantoli rochi e
tendersi di muscoli e ringhi di piacere, e graffi sulla schiena e sui fianchi,
ed i loro corpi che si inarcavano, avvinghiati in una danza selvaggia scandita
da ansiti frenetici e dai loro cuori che palpitavano uno contro l’altro, ed era
stato fuoco liquido, feroce ed incandescente che scorreva nelle loro vene
riducendo in cenere ogni brandello di razionalità rimasto.
Ed erano state le loro dita che
si intrecciavano più strette, e scatti e tremiti incontrollati mentre ogni
fibra del loro essere si contorceva in spasmi di violenta voluttà per poi
bruciare in pochi, accecanti momenti di estasi.
Ed era stata spossatezza che per
un po’ aveva lasciato loro appena la forza di riprendere fiato, ed era stato il
loro sorriso completamente appagato, ed il loro corpo che gli aveva permesso
appena di alzarsi malfermi sulle gambe per sollevare le coperte e cadere di
nuovo esausti uno tra le braccia dell’altro.
E poi finalmente era stato un
sonno profondo che li avvolgeva ed era stata la promessa di una nuova alba e di
una nuova vita.
Finalmente era stata pace.
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Cantuccio dell’autore
Cose
importanti da dire su questo ultimo capitolo:
0 – BUAA!!!
È FINITAAAA >//<””” Non mi sono resa veramente conto che la storia era
finita fino a che non mi sono trovata a scrivere nel mio cantuccio per questo
ultimo capitolo… mi mancherà tanto =’(
0,5 – La
prima volta di Valjean e Javert è stata una faticaccia immane, quindi ve lo
ordino: ditemi che è bellissima! No, vabbè, scherzavo… siate pure sinceri -_-“
1 - La parte
della proposta di matrimonio è tutta dedicata a Chocolate_Powa,
che mi ha contagiato la fissazione del matrimonio tra i due baldi giovani
francesi, e mi ha anche fornito le indicazioni sui paesi dove i due avrebbero
potuto sposarsi nel 2005, visto che ancora in Francia non c’era la legge. Infinitamente
grazie =D
2 - A
proposito del flashback non poteva mancare, no? Insomma, il suicidio di Javert,
oltre ad essere uno dei brani più belli del musical, è un pezzo fondamentale
della storia! Spero che Victor non mi detesti troppo se ho visto nel suicidio
di Javert una estrema, contorta ed assoluta dichiarazione d’amore per Valjean!
“pur di non arrestarti preferisco morire io” se non è amore questo!
3 - Sempre
nel flashback, visto che c’entrava Notre Dame, ho nascosto una citazione della
canzone “Bella” del musical “Notre Dame de Paris” quindi se
conoscete anche quel musical divertitevi a trovarla.
4 – A
proposito di citazioni ne ho nascoste alcune del musical “les
Mis”, stavolta contagiata da Keiko 86.
5 – Ho
controllato su Google Maps ed è dolorosamente vero:
Pont Notre Dame… non è dal lato della Cattedrale di Notre Dame! Per me è stata
una gran delusione scoprire che tutte le scene del suicidio di Javert con Notre
Dame sullo sfondo sono praticamente sbagliate =( Però pure i parigini, non
hanno senso dell’ordine! Avete un ponte che si chiama Notre Dame? E allora
mettetelo dal lato giusto dell’isola! Oppure gli cambiate nome!
Ora è il
momento dei ringraziamenti definitivi: a Saitou
per aver messo la storia tra le preferite, a Moony98 per averla messe
tra le ricordate e ad Akribes, Chocolate_Powa,
Keiko86
e Litu per averla messa tra le
seguite.
Ed
ovviamente un grazie speciale a chi ha recensito, quindi a Chocolate_Powa,
Saitou, Keiko86 ed Ignition.
E grazie in
anticipo a chi farà tutte queste cose in tempi futuri.
Au revoire
Makoto