Libri > I Miserabili
Segui la storia  |       
Autore: Smeralda Elesar    03/06/2013    3 recensioni
"I Miserabili" ambientato nel XXI secolo: Durante la rivolta delle Banlieue dell'ottobre/novembre 2005 il latitante Jean Valjean raggiunge i quartieri della sommossa per proteggere Marie Pontmercy, la fidanzata della sua figlia adottiva Cosette, e lì incontra l'unico uomo in grado di riconoscerlo e denunciarlo, l'Ispettore Javert. Contro ogni logica e contro ogni legge Valjean e Javert si trovano legati da qualcosa di più che una caccia all'uomo nei sobborghi di Parigi o dal loro passato di guardia carceraria e di detenuto. Riusciranno a gestire questa strana situazione?
AVVISO: Capitolo 5 completamente riscritto.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Pont Notre-dame

 

12 Novembre 2005, Ponte Notre-Dame

 

Il Pont Notre Dame è formato da tre arcate: le due piccole in muratura che sono le più vicine agli argini e la grande arcata centrale ricostruita in acciaio.

L’arcata dal lato dell’argine della città sovrasta la Rue de Lobau, invece sotto l’arcata dell’Ile de la Cité  c’è solo il fiume.

Javert era fermo sull’angolo del ponte  dal lato dell’Ile, alla sua destra l’imponente costruzione dell’Hopital Hotel-Dieu.

L’Ispettore Javert avrebbe tanto voluto smettere di pensare, avrebbe voluto che tutta la massa informe dei suoi pensieri semplicemente sparisse, inghiottita dal rumore delle acque della Senna scure sotto di lui.

Mai in tutta la sua carriera, in tutta la sua vita, si era trovato in un atteggiamento come quello!

Spalle curve, con i gomiti appoggiati al parapetto del ponte, testa china ed il viso nascosto tra le mani come chi si vergogna profondamente di qualcosa.

Perché? Perché Valjean lo aveva lasciato andare? E soprattutto, dannazione, perché lo aveva baciato? E perché era sembrato tanto preoccupato di farlo uscire sano e salvo dalla banlieue? C’era qualcosa di incomprensibile in quell’uomo! Sarebbe stato più logico, più naturale, che il ladro avesse ucciso l’Ispettore che poteva, che voleva, fargli passare il resto della sua vita in prigione, invece Valjean si era comportato come se avesse voluto proteggerlo. Come se gli importasse davvero di lui.

Perché?

Javert doveva fare appello ad ogni goccia di lucidità che gli era rimasta per risolvere quel dilemma, oppure sarebbe impazzito, ne era certo!

Le labbra gli bruciavano ancora al ricordo di quel contatto.

Perché?

“È un ladro, ruba sempre quello che vuole! Ha deciso di rubarmi un bacio per umiliarmi, o forse ha voluto farmi credere di provare qualcosa per me per impedirmi di arrestarlo. Stupido! Io sono la legge e nessuno può prendere in giro la legge!”

Ma lui, Javert, perché non lo aveva respinto? Avrebbe dovuto spingerlo via e invece si era arreso senza neanche combattere.

Si era arreso al prigioniero 24601 del carcere di Tolone che per primo aveva acceso la passione e  il desiderio in lui, e si era arreso a Monsieur Madeleine che per primo aveva gli aveva fatto provare il calore di un affetto ed aveva dato a quel bruciante bisogno una sfumatura più nobile.

Javert aveva accolto quelle labbra sulle sue con un sentimento di abbandono e resa totale come se fossero la prima cosa giusta della sua vita.

Inammissibile.

Non si era ribellato, non era stato capace di risputargli in faccia la sua pietà... come aveva potuto permettere a quell’uomo di esercitare un controllo così totale su di lui?

Non poteva negarlo a se stesso, alla fine Valjean aveva vinto.

Javert aveva accettato il bacio ed aveva accettato la clemenza di un criminale quando, piuttosto, sarebbe dovuto morire facendo il proprio dovere, e così l’aveva data vinta a quel ladro.

Maledetto idiota che era stato!

Il ponte Notre Dame era deserto a quell’ora, nessuna macchina, nessuna coppia che passeggiava perché c’era troppa paura  che la rivolta delle banlieue si allargasse e raggiungesse prima o poi il centro della città.

Javert era completamente solo, appoggiato ancora con i gomiti al marmo del parapetto e la testa tra le mani.

Da qualche parte nella notte le campane della grande cattedrale di Notre Dame avevano battuto  lente ventiquattro rintocchi profondi e tre più acuti.

L’una meno un quarto. Adesso erano ufficialmente più di venti ore che non dormiva e la sua lucidità mentale cominciava a risentirne.

Aveva trovato una spiegazione per il bacio, ma tutto il resto? Se Valjean aveva voluto creargli delle difficoltà nell’arrestarlo, perché gli aveva consegnato i suoi documenti? Javert aveva già visto che erano falsi, ma di falso c’era solo il nome perché per il resto i dati di numero di telefono ed indirizzo corrispondevano perfettamente con quelli ufficiali di qualunque elenco telefonico della città.

Ultime Fauchelevent esisteva davvero ed abitava in Rue de l’Homme-Armé numero 7.

Non poteva essere solo una coincidenza, Valjean gli aveva dato davvero il suo indirizzo.

Perché? Per farlo arrivare fin lì e fargli trovare una casa vuota? Non aveva senso! Avrebbe fatto prima e meglio a non darglielo affatto! Come era senza senso il fatto che gli avesse consegnato i documenti che da soli, essendo falsi, gli avrebbero assicurato un paio di anni di galera.

Non aveva nessun senso, a meno che… quell’uomo si stava davvero lasciando arrestare?!

Ma se davvero era così e finalmente Javert lo teneva in pugno perché non sentiva nessuna soddisfazione? Perché aveva quasi orrore di andare ad arrestare Valjean? Cosa c’era che impediva a lui, Ispettore di primo grado, di fare il suo dovere e riportare dietro le sbarre un latitante? Perché si sentiva così dannatamente in debito con lui? Valjean gli aveva salvato la vita, sì, ma c’era qualcosa di più che Javert non riusciva ad afferrare completamente…

“Oddio, no! No, non può essere così!”

 Era un pensiero assurdo, eppure era terribilmente possibile: Valjean aveva sacrificato la sua libertà per permettere a lui di vivere.

La verità gli stava davanti eppure lui la sfuggiva perché la vedeva troppo grande e terribile.

Valjean gli aveva salvato la vita perché voleva davvero proteggerlo, ed il perché glielo aveva spiegato con quel bacio.

Una cosa che lui non aveva mai neanche osato sognare, che lo disgustava e lo affascinava allo stesso tempo: Valjean… provava qualcosa per lui?

Se era vero allora era tutto peggiore di come Javert se lo era aspettato! Valjean aveva sacrificato la sua libertà per amore, gli aveva risparmiato la vita pur sapendo che lui lo avrebbe arrestato e quando aveva dovuto scegliere tra uccidere lui e tornare in prigione aveva preferito tornare in prigione.

Allora davvero Valjean lo amava?

Amato! Per Javert in quel momento l’amore aveva la forma e la consistenza di un giubbotto pesante, che portava impresso il calore dell’uomo che gli aveva salvato la vita.

Se lo strinse addosso. Era ancora così caldo!

Avrebbe dovuto strapparselo di dosso e gettarlo via!

Aveva iniziato a tirare giù la cerniera ma non appena l’aria fredda gli aveva graffiato il collo e lo aveva fatto rabbrividire si era fermato.

Non ce la faceva, non era capace di tornare a sopportare il freddo da solo.

Era così bello, così rassicurante quel dolce tepore che si insinuava gentile fino a lambirgli la pelle.

Era il marchio del più grande gesto di amore che Javert avesse mai ricevuto, e lui non aveva la forza di scacciarlo, non dopo averlo desiderato così disperatamente per tanti anni.

Javert si strinse le braccia intorno al corpo ed immaginò che fosse Valjean a stringerlo.

No, era tutto così dannatamente sbagliato!

A farlo sentire amato e protetto come mai prima in vita sua era stato uno squallido ladro di strada!

Perché? Perché il destino aveva voluto essere così crudele con lui?

Perché l’unica persona che gli avesse mai fatto provare dei sentimenti doveva essere uno dei criminali che aveva sempre tanto disprezzato?

“Non è vero! Non può essere vero! È solo un ladro, l’amore è qualcosa che lui non può provare!”

Se non avesse saputo che era scientificamente impossibile avrebbe giurato che quel ladro gli avesse appena rubato il cuore.

Si era accorto che il respiro gli usciva dalla gola come una specie di rantolo o come un lamento.

Lui! Ispettore di Primo Grado! Che riconosceva e accettava su di se la superiorità di un criminale evaso!

Mai avrebbe dovuto esistere una cosa del genere! Non finché lui era vivo!

Era stato facile salire sul parapetto del ponte, i palmi poggiati sulla pietra fredda, il peso del corpo che gravava interamente sui polsi per pochi attimi, giusto il tempo di mettere un ginocchio là sopra e tirare su tutto il resto, e Javert si era trovato in piedi sulla balaustra.

Lì, con il vento che lo schiaffeggiava e l’aria umida del fiume che gli vorticava intorno, per un attimo aveva avuto paura di quel vuoto e si era voltato indietro a guardare quel meraviglioso momento in cui Valjean aveva tagliato le corde che lo legavano.

Quanto avrebbe voluto abbandonarsi tra le braccia di quel gesto generoso, quanto avrebbe voluto ricambiarlo!

Valjean gli aveva detto “Ti restituisco la tua vita” quanto avrebbe voluto tornare da lui e potergli dire “Ti restituisco la tua libertà”.  

Ma non poteva.

Lui era la legge, e la legge non è generosa, non conosce l’amore, non sa ricambiare la pietà.

Se Javert viveva Valjean non poteva restare libero. Se Valjean restava libero Javert non poteva vivere.

La sua vita. Così preziosa, interamente dedicata al dovere, affidata alla pietà di un criminale e restituita intatta senza chiedere nulla in cambio. Era quello il prezzo da pagare per rendere a Valjean la sua libertà.

Era giusto: Valjean aveva offerto la sua libertà per la vita di Javert, adesso toccava a lui offrire la sua vita per la libertà di Valjean.

Alla sua sinistra distingueva vagamente le torri di Notre Dame.

Ricordava che gli era stato detto, tanto tempo prima, che non c’era perdono per i suicidi.

Si asciugò con uno scatto rabbioso poche lacrime che gli erano sfuggite neanche lui sapeva quando e come, poi si costrinse a raddrizzare la schiena e a tenere la testa alta.

Non che lui credesse tanto a quelle storie, ma se doveva andare all’Inferno, dannazione, ci sarebbe andato da uomo, non piagnucolando come un vigliacco!

 

##################################################################################################

 

30 Dicembre 2005, Rue de l’Homme-Armé numero 7

 

Quella mattina Javert si svegliò con la testa pesante perché la notte prima aveva fatto fatica ad addormentarsi ed alla fine era riuscito a prendere sonno solo quando si era rannicchiato contro la schiena di Valjean e si era lasciato cullare dal suo respiro e dal battito del suo cuore.

E poi, in mezzo a tanti pensieri caotici sul suo passato, sul suo presente e sul suo futuro, era riuscito a darsi pace solo quando aveva deciso “Domani glielo dico”.

I giorni dopo Natale erano scivolati via in un perenne clima di festa, e Javert aveva scoperto che stare in quella casa gli faceva provare un altro strano sentimento: si sentiva completo,  come se un gran vuoto freddo dentro di lui fosse stato finalmente colmato, e poi il suo rapporto con Valjean diventava sempre più intenso perché Javert stava cominciando a fidarsi in modo consapevole. Non era più una resa sdegnosa come quando gli aveva detto “Fai di me quello che vuoi” era una cosciente, esplicita richiesta di aiuto per cominciare una vita vera, una vita dove c’era posto per l’amore.

Era proprio quello il problema: dopo il giorno della vigilia in cui Javert aveva detto chiaramente “ti amo” a Valjean avrebbe voluto dire altre volte qualcosa come quella, ma non ci era mai riuscito perché… perché il suo orgoglio gli ricordava sempre con prepotenza quanto quelle due parole potessero essere facilmente interpretate come un segno di debolezza.

“A che mi sono ridotto! Sembra il film “ghost” !” aveva pensato spesso.

Tuttavia non riuscire a dire “ti amo” all’uomo che gli aveva donato una nuova vita gli sembrava una imperdonabile forma di codardia, e se c’era una cosa che lui odiava più del sentirsi debole era sentirsi un vigliacco, per questo quella mattina si era svegliato pensando risoluto “Oggi glielo dico”.

Rimase leggermente sollevato su un gomito a guardare Valjean che dormiva, in quel momento steso sulla schiena ma con il viso voltato verso di lui.

“Come sei bello”

Jean Valjean, il suo prigioniero che aveva finito per conquistarlo cuore e anima.

Javert cercò la sua mano sotto le coperte e lasciò che le loro dita si sfiorassero per un po’.

“Ma guardati… stai sorridendo perché sai che sono io ad accarezzarti?”

Aveva sempre pensato che l’espressione “nido d’amore” fosse una disgustosa melensaggine nonché una colossale scemenza, tuttavia in quel momento non gliene veniva una più adatta per descrivere la situazione: Javert si sentiva completamente al sicuro in quella stanza dai toni di bianco ed azzurro, cullato da una dolce sensazione di benessere nell’intimità di un letto dove c’erano mescolati il calore del suo corpo e quello dell’uomo che amava.

Intanto Valjean aveva cominciato a muoversi ed il suo respiro a cambiare, finché non aprì gli occhi, o almeno ci provò.

 

:-Hei… buon giorno-:

 

Biascicò con la voce impastata di sonno.

 

:-Buon giorno anche a te-:

 

Gli rispose lui con un sorriso.

Sentì che Valjean strusciava un po’ la mano contro la sua e vide comparire nel suo sguardo una sfumatura interrogativa quando si rese conto che Javert non stava ritirando la sua imbarazzato, anzi sembrava ricambiare le carezze sul palmo e sul polso.

Javert alzò gli occhi al cielo come chi chiede che gli venga concessa tanta pazienza.

 

:-È inutile che fai quella faccia, sai? È proprio come sembra: ti sto tenendo la mano mentre stiamo a letto. Qualcosa da dire?-:

 

Gli occhi di Valjean brillarono di gioia e rise piano per quella finta aggressività.

 

:-Certo che no, non mi permetterei mai di opporre resistenza ad un pubblico ufficiale-:

 

Javert rispose con una smorfia.

 

:-Sei uno stupido-:

 

:-Sì, anche io sono contento di stare con te, Ispettore-:

 

Javert decise che ne aveva abbastanza di quello scambio di battute da cui stava uscendo sconfitto e azzittì Valjean nel suo modo preferito: baciandolo.

Stava scoprendo che gli piaceva una volta tanto essere lui a prendere il comando, ed anche Valjean sembrava apprezzare la cosa perché si stava rilassando sotto di lui.

“Prima di questo però devo parlare seriamente con lui… non posso fargli perdere la ragione già da ora o non capirà neanche una parola!”

Si staccò e lo guardò improvvisamente serio.

 

:-Valjean, dobbiamo parlare. Posso andare a fare del caffè?-:

 

Lui lo guardò confuso e palesemente scontento dell’interruzione.

 

:-Per favore, è importante-:

 

Insistette Javert, al che Valjean annuì e gli diede il permesso di alzarsi, anche se con un sospiro di rammarico.

 

:-Bravo… torno tra poco-:

 

Per il caffè scelse la macchinetta tradizionale francese invece di quella dell’espresso che non era assolutamente in grado di usare… niente da fare, lui per le cose di cucina era negato, e Valjean avrebbe dovuto farci l’abitudine!

Quando il caffè fu pronto lo versò in due tazze, aggiunse lo zucchero e le mise sullo stesso piatto. Ci entravano appena, ed a Javert venne in mente un bizzarro paragone su quanto lui e Valjean a letto somigliassero a quelle due tazze così vicine. Il vapore caldo avrebbe potuto essere il loro respiro affannato quando si spingevano più in là nel loro “amoreggiare come due adolescenti” che non erano più tanto inesperti.

“Che idea balorda” Pensò scuotendo la testa.

Prima di tornare rimase un momento sulla soglia della cucina e fece un respiro profondo.

Stava per portare il caffè a letto al suo uomo, stava per fare il primo gesto affettuoso premeditato della sua vita. Era un momento importante, da assaporare fino in fondo.

Quando tornò da Valjean lo trovò seduto con lo guardo perso a fissare il copriletto.

“Probabilmente io avevo la stessa espressione la prima mattina che mi sono svegliato qui ed aspettavo che lui mi portasse il caffè. Sì, ero confuso, me lo ricordo… non preoccuparti, 24601, presto sarà tutto a posto”

Si schiarì la voce per fargli capire che era tornato.

Valjean alzò lo sguardo e nei suoi occhi c’era quel sorriso radioso che faceva mancare il respiro a Javert e gli faceva tremare le mani che reggevano il piatto.

“Davvero sono io che ti sto rendendo così felice?”

Si chiese Javert incredulo.

 

:-Tieni… questo è il massimo del caffè che posso fare-:

 

Cercò di giustificarsi.

Valjean ne bevve un sorso ed il suo sorriso divenne ancora più dolce.

 

:-È buonissimo-:

 

Anche Javert ne bevve un po’.

Faceva poco meno che schifo e lui fece una smorfia contrariata.

Non era quello che aveva avuto in mente.

 

:-Va bene, adesso comincia la parte difficile. Ascoltami e non dire neanche una parola-:

 

Si era accorto troppo tardi di essere stato un po’ brusco e subito guardò Valjean preoccupato di vedere una qualunque reazione negativa.

Quell’idiota del prigioniero 24601 fece il gesto di chiudersi la bocca e di buttar via la chiave.

“Ma tu guarda di chi mi sono andato ad innamorare!”

Però quel gesto lo aveva rassicurato. Era un enorme sollievo sapere che Valjean non se l’era presa.

Prese un gran respiro, immettendo nei polmoni tutta l’aria che poteva, sperando di riuscire a tenere a bada il suo orgoglio abbastanza a lungo da dire le cose forse più importanti della sua vita.

 

:-Allora… io ti devo ringraziare perché in questi giorni sono stato bene qui con te. Ah, e va bene, lo ammetto prima che tu mi costringa a confessare con i tuoi metodi! È stato il periodo migliore della mia vita. Mi sono sentito protetto, ed accettato, ed è stato bello, molto bello, sentire che c’era qualcuno a cui importava di me. E adesso che ho capito di aver sbagliato tante cose… ti chiedo scusa-:

 

Valjean intanto faceva strane smorfie perché chiaramente avrebbe tanto voluto dire la sua ma era vincolato al mutismo.

 

:-Lascia stare, non è del mio comportamento in passato che voglio parlare. No, quello che voglio dire è…-:

 

La parte più difficile. No, se già cominciavano a pizzicargli gli occhi non andava bene!

 

:-Voglio dire che… mi sono sentito amato, e… -:

 

Le parole cominciavano ad uscire scollegate, come se facessero una fatica tremenda a passare tra le maglie di una rete fatta di orgoglio e testardaggine.

 

:-E poi… mi sono sentito… perdonato. E non fare quell’espressione da “non ho fatto niente di speciale” perché…-:

 

Adesso c’era anche un nodo pericoloso che gli chiudeva la gola.

 

:-Perché per me è stato molto importante! Per me è stato bellissimo scoprire che per ogni errore che facevo ci poteva essere un gesto gentile a correggermi invece di una staffilata, e ora…-:

 

Javert scosse la testa. Non poteva, accidenti, non ci riusciva! Non se anche Valjean aveva gli occhi lucidi.

Chiuse gli occhi e buttò fuori tutto d’un fiato :-Io non posso più stare senza di te!-:

 

Riaprì gli occhi, ma solo per poco, perché gli bruciavano sempre di più, tempo di vedere Valjean che aveva posato la tazza e faceva il suo gesto di invito, supplicandolo con lo sguardo di lasciarsi abbracciare.

Lui si voltò ostinatamente dall’altro lato.

 

:-No, stavolta no, mi sento già abbastanza ridicolo e stupido ad aver detto queste cose!-:

 

Valjean lo ignorò e si avvicinò a lui per togliergli la tazza dalle mani, posarla, e tornare a stringerlo.

 

:-No! Ho detto di no! No, togliti immediatamente, 24601! Io non… non…-:

 

Lottò disperatamente per non cedere, si divincolò con tutta la forza che aveva ma fu inutile: Valjean stava usando tutta la sua forza per stringerlo tra le braccia, e non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare.

Stranamente però Javert non sentiva alcuna prepotenza in quel gesto, sentiva solo tanto, tanto bisogno di esprimere un sentimento troppo enorme per essere spiegato, probabilmente lo stesso sentimento che saliva dentro di lui lento ed inesorabile come la marea.

Era. Così. Bello.

Il calore dell’abbraccio attorno alle sue spalle e delle mani che gli accarezzavano la schiena si insinuava sempre più a fondo, oltrepassando le barriere fisiche ed arrivando a toccare la parte più intima del suo animo, quella che desiderava disperatamente essere amata e poter amare a sua volta.

Perché gli occhi dovevano bruciargli tanto? Trattenere le lacrime diventava sempre più difficile, ma Javert era ben determinato: non avrebbe pianto perché era commosso, o ancora peggio perché era dannatamente innamorato, assolutamente no, era fuori discussione!

 

:-Non avere paura -: sussurrò Valjean al suo orecchio :-Non vergognarti di essere felice… tanto felice da piangere magari-:

 

Javert strinse i denti, per un attimo simile all’inflessibile poliziotto che era stato per tanto tempo.

No, non doveva piangere, anche a costo di farsi scardinare le costole da quel suo cuore insubordinato!

 

:-Non avere paura di me. Io ti amo, Javert-:

 

Il primo singhiozzo gli sfuggì rapido tra le labbra prima che potesse riagguantarlo e costringerlo di nuovo in fondo allo stomaco.

 

:-Accidenti a te, ti avevo detto di stare zitto!-:

 

Sbottò Javert.

Non poté farci nulla. Forse era il calore del corpo di Valjean così rassicurante e protettivo, forse era stata quella dichiarazione d’amore sussurrata, ma Javert sentì che era stato colpito più a fondo che mai.

L’ultimo frammento del suo orgoglio si schiantò in mille pezzi come un ciottolo di ossidiana ed il nodo che aveva in gola finì per scoppiare in singhiozzi arrabbiati contro il petto di Valjean.

 

:-Ecco, sei contento adesso? … Maledetto idiota, hai visto che hai combinato? Mi hai fatto piangere!-:

 

Valjean era sempre colpevole di fargli fare la figura dello stupido in un modo o nell’altro, per questo Javert continuava ad insultarlo mentre si aggrappava  a lui e sfogava tutte le sue lacrime.

 

#############################################################################################################

 

30 dicembre 2005, più tardi

 

Jean Valjean aspettava.

 

:-Io devo uscire. Torno tra un’ora. E adesso non mi chiedere niente-:

 

Gli aveva detto Javert dopo pranzo mentre si cambiava in fretta.

Ordini secchi, impartiti con la voce dura da poliziotto che non usava da un po’ di tempo.

Valjean ne era rimasto un po’ ferito.

Forse Javert non gli aveva perdonato di averlo fatto piangere, forse l’orgoglio del funzionario di Stato era riemerso prepotente quando Javert si era sentito più vulnerabile ed adesso il loro rapporto era irrimediabilmente compromesso… Valjean non voleva neanche pensarci.

Erano le quattro meno un quarto e l’ora era quasi passata.

“Dove accidenti è finito?!”

Passeggiava inquieto su e giù nel salotto, ed i suoi passi lo portavano spesso davanti alla finestra per vedere se per caso sotto c’era Javert.

Nel momento in cui Valjean lo aveva rivisto con l’espressione impenetrabile di quando lo aveva conosciuto a Montreuil aveva avuto una vaga paura a cui però non aveva voluto dare forma, che però con i minuti gli sembrava sempre più concreta ed insopportabile.

E se il nuovo equilibrio conquistato tanto a fatica da Javert si fosse per qualche motivo spezzato e lui avesse fatto qualche gesto estremo? Qualcosa come gettarsi di nuovo in un fiume…?

“No! Tornerà… lui me lo ha promesso!”

Valjean si aggrappava disperatamente a quel “torno tra un’ora”.

Il campanello suonò due volte e lui scattò di corsa per rispondere.

 

:-Scendo subito-:

 

Agguantò il giubbotto, le chiavi di casa, si tirò dietro la porta e scese i gradini due alla volta.

Non era solo curiosità, era che lui doveva scoprire il motivo dello strano comportamento di Javert!

 

:-Va tutto bene?-:

 

Gli chiese appena lo vide.

Era incredibilmente sollevato che fosse tornato sano e salvo!

 

:-Sì, tutto bene, solo che dovevo fare una cosa importante. Adesso vieni con me-:

 

L’espressione di Javert era assolutamente impenetrabile, ma la mano che tendeva a Valjean era sincera.

Lui la prese e Javert sembrò rilassarsi un po’.

Lo guidò tra le strade di Parigi innevate, in cui c’era tanta aria di festa per il Capodanno imminente.

“Stiamo passeggiando mano nella mano… peccato che lui abbia quell’espressione così accigliata e mi stia praticamente trascinando!”

Poi Valjean si accorse di un’altra cosa.

 

:-Javert… perché hai il mio giubbotto?-:

 

Non era un giubbotto qualsiasi, era quello che lui gli aveva dato la notte delle banlieue, quello con cui Javert si era gettato nel fiume e che lo aveva salvato dall’annegamento.

La mano di Javert strinse la presa.

 

:-Dopo-:

 

Gli disse secco.

 

:-Javert… ma che hai nella tasca destra che sembra stia scoppiando?-:

 

:-Dopo anche questo-:

 

Stavolta però all’Ispettore sfuggì un sorrisetto e Valjean avrebbe giurato di aver visto un lampo di malizia passargli rapido negli occhi.

La “passeggiata” durò poco più di un quarto d’ora, finché non arrivarono in vista della Senna e Javert svoltò deciso a destra, verso Nord, verso Pont Notre Dame, e mano a mano che ci si avvicinavano la sua espressione si faceva sempre più determinata.

 

:-Javert…?-:

 

Tentò di nuovo Valjean.

La Senna… l’associazione tra il fiume e Javert non gli piaceva proprio per niente.

 

:-Ti ho detto dopo-:

 

Raggiunsero il ponte, lo slargo rotondo sull’arcata dal lato dell’Ile de la Cité, e Valjean capì di che si trattava un secondo prima che Javert aprisse bocca.

 

:-È da qui-:

 

Gli disse semplicemente.

Valjean lo tirò indietro, al sicuro tra le sue braccia.

 

:-Non ti preoccupare, non ti ho portato qui per farti assistere al mio suicidio-:

 

Valjean allentò di poco la presa, ma non riusciva a lasciare la sua mano.

Gli sembrava che se lo avesse fatto lo avrebbe perso, stavolta per sempre.

 

:-Javert, perché…?-:

 

Le acque della Senna sciabordavano sotto di loro.

“Perché mi hai portato in questo posto orribile?”

Lo sguardo dell’Ispettore vagò un po’ sulla pietra del parapetto prima di rispondere.

 

:-Volevo solo farti vedere dove ho cominciato a cambiare. Qui poco più di un mese fa ero così disperato da voler morire, adesso è qui che voglio rinascere-: Lo guardò negli occhi prima di aggiungere con decisione :-Insieme a te-:

 

Distolse di nuovo lo sguardo.

 

:-Valjean, io… e se io ti dicessi che in questi giorni sono stato tanto bene con te da potermici abituare? Se io ti dicessi che non ho mai dimenticato quello che mi hai detto a proposito di “costruire qualcosa insieme” e che adesso vorrei che non fosse solo un periodo di prova di un mese o due?-:

 

Valjean cominciò a capire.

“Vuole… restare? Alla fine è riuscito ad accettare quello che prova per me?”

 

:-Ti risponderei che sarebbe bellissimo. E scommetto che tu lo sapevi già che ti avrei risposto così, non è vero, Ispettore?-:

 

Javert gli rispose abbassando gli occhi impacciato come un bambino beccato a dire una piccola bugia.

 

:-Bè… meglio essere sicuri, no?-:

 

Stava cercando qualcosa nella tasca sinistra.

 

:-E quindi… dimmi, Jean Valjean, credi di essere capace di sopportarmi tutti i giorni della tua vita a partire da ora finché morte o il fatto che non so fare neanche un caffè non ci separi? Pensi di potermi sopportare quando tornerò a casa incazzato dal lavoro o peggio quando non tornerò perché starò seguendo qualche caso importante? Pensi di riuscire ad amarmi nonostante tutti i miei difetti che, ti assicuro, tu non conosci ancora neanche a metà?-:

 

Valjean lo guardò stranito.

Aveva solo un vago presentimento, ma quello bastava a fargli battere forte il cuore.

Diede la sua risposta lentamente, perché sentiva che era molto, molto importante.

 

:-Sì. Io sono pronto ad amarti ora e per sempre perché ormai sono non so quanti anni che ti amo, Ispettore-:

 

Javert sembrò tirare un sospiro di sollievo.

 

:-Bene, allora… tu non immagini neanche quanto mi sento stupido a fare questa cosa, ma in ogni caso la mia vita non può più essere quella di prima, quindi visto che deve cambiare preferisco che sia così… -:

 

Mai e poi mai Valjean si sarebbe immaginato una cosa del genere: Javert che teneva la sua mano sinistra con una strana reverenza, lo guardava con occhi sinceri, profondi, in fondo ancora un po’ timorosi e diceva.

 

:-Jean Valjean, mi vuoi sposare?-:

 

L’oggetto che Javert aveva cercato in tasca era un anello, una semplice fascetta di oro bianco che scintillava come una minuscola stella nella luce del sole invernale.

“Sto sognando… questo è un sogno… bellissimo, sì, ma solo un sogno…”

No, la mano calda di Javert che ancora teneva la sua era troppo reale, ed anche il timore nello sguardo di Javert che aspettava la sua risposta.

“Sposarlo… una vita insieme! Ed ha inghiottito il suo orgoglio spinoso per chiedermelo!”

 

:-SI! Sì, lo voglio!-:

 

Urlò con tutto il fiato che aveva.

L’espressione di Javert si aprì nel sorriso più bello che Valjean avesse mai visto.

Vide come al rallentatore l’anello che veniva delicatamente infilato sul suo anulare, Javert che sorrideva, e poi… poi gli girava la testa e lui non riusciva a smettere di ridere… o di piangere… e non riusciva neanche a smettere di baciare il suo Ispettore fregandosene del fatto che erano in un posto pubblico e trafficato.

 

:-Scusa… scusami… ti ho messo in imbarazzo-:

 

Borbottò tutto rosso in faccia quando ebbe un po’ superato l’emozione.

 

:-Assolutamente no. Ti ho appena chiesto di sposarmi, era tuo preciso dovere rispondere in quel modo. Mi sarei offeso se non lo avessi fatto-:

 

Valjean credette che il suo cuore sarebbe scoppiato per la felicità.

Se solo non ci fosse stato quel problema.

 

:-M… ma… Javert… io sono ancora ricercato. Se non mi denunci diventerai mio complice-:

 

:-Non vedo l’ora-:

 

Gli rispose Javert con un ghigno.

 

:-No, davvero… e se lo scoprissero?-:

 

:-Se lo scoprissero, in attesa che i tuoi reati vadano in prescrizione, dirò a tutti che ti stavo sorvegliando da vicino. Molto da vicino. Diciamo che ti terrò agli arresti domiciliari-:

 

Javert lo baciò di nuovo, prendendogli il viso tra le mani e mettendoci una passione che Valjean non conosceva ancora.

 

:-Ormai sei mio, 24601. Non mi sfuggirai mai più-:

 

Mormorò sulle sue labbra.

Valjean era ipnotizzato, riuscì solo a rispondere con la voce ridotta ad un sussurro.

 

:-No, Ispettore… io non scapperò mai più da te-:

 

Improvvisamente gli venne una gran voglia di ridere.

 

:-Ah, Javert, una cosa così teatrale da te non me la sarei mai aspettata! È stato bellissimo ricevere una proposta di matrimonio, ma… lo sai anche tu che non possiamo sposarci veramente, no?-:

 

Javert fece di nuovo la sua espressione truce, che Valjean, dopo aver temuto per tanti anni, stava cominciando ad apprezzare. La trovava piuttosto sexy in effetti.

 

:-In questi anni non hai imparato nulla su quanto posso essere ostinato? Se io dico che farò una cosa la farò, in un modo o nell’altro! Andremo in Belgio, o in Spagna, o magari su una nave da crociera e ci faremo sposare dal capitano, ma tu diventerai mio marito, Jean Valjean!-:

 

:-Oh, quanta determinazione!-: rise Valjean, poi però continuò serio, guardando negli occhi Javert :-Ne sono onorato-:

 

Lui arrossì un po’.

 

:-E senti, per curiosità, ora me lo puoi dire cosa c’è nell’altra tasca?-:

 

Chiese Valjean tanto per toglierlo dall’imbarazzo.

Javert sorrise, il primo sorriso davvero malizioso che Valjean gli avesse mai visto.

 

:-Oh, sì, credo che ti interesserà… tieni-:

 

Tirò fuori dalla tasca un sacchetto di carta bianco e glielo porse.

Valjean aveva la netta impressione che Javert stesse osservando ogni suo minimo movimento per godersi uno spettacolo particolarmente divertente.

“Uno scontrino della farmacia? … Ah!”

Sentì il suo viso diventare più rosso che mai, anzi aveva proprio l’impressione che dalla sue guance salisse il vapore condensato per quanto erano diventate calde.

Dentro il sacchetto c’erano un pacco di condom ed una boccetta di olio.

 

:-E adesso torniamo a casa. Propongo di continuare la discussione in camera da letto-:

 

##########################################################################################

 

Alla fine doveva pure accadere, avevano davvero fatto l’amore, ed era stato molto più di come entrambi se lo erano aspettato.

Era stato il leggero imbarazzo di trovarsi nudi uno di fronte all’altro, erano state carezze incerte e respiri affannati, e la fronte di Valjean che premeva su quella di Javert, e le braccia dell’Ispettore che stringevano il suo prigioniero come non avevano mai fatto prima, ed erano stati segnali impercettibili, con cui ognuno chiedeva all’altro di dargli di più.

Ed erano stati baci ardenti su ogni centimetro di pelle sempre più accaldata, ed erano stati gemiti, e brividi che scioglievano le ossa ed annebbiavano la mente, ed era stato calore, un calore ancora sconosciuto per entrambi così intenso che sembrava dovesse incendiare le lenzuola da un momento all’altro, ed erano state la loro mani intrecciate per rassicurarsi a vicenda.

Ed erano stati rantoli rochi e tendersi di muscoli e ringhi di piacere, e graffi sulla schiena e sui fianchi, ed i loro corpi che si inarcavano, avvinghiati in una danza selvaggia scandita da ansiti frenetici e dai loro cuori che palpitavano uno contro l’altro, ed era stato fuoco liquido, feroce ed incandescente che scorreva nelle loro vene riducendo in cenere ogni brandello di razionalità rimasto.

Ed erano state le loro dita che si intrecciavano più strette, e scatti e tremiti incontrollati mentre ogni fibra del loro essere si contorceva in spasmi di violenta voluttà per poi bruciare in pochi, accecanti momenti di estasi.

Ed era stata spossatezza che per un po’ aveva lasciato loro appena la forza di riprendere fiato, ed era stato il loro sorriso completamente appagato, ed il loro corpo che gli aveva permesso appena di alzarsi malfermi sulle gambe per sollevare le coperte e cadere di nuovo esausti uno tra le braccia dell’altro.

E poi finalmente era stato un sonno profondo che li avvolgeva ed era stata la promessa di una nuova alba e di una nuova vita.

Finalmente era stata pace.

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 

Cantuccio dell’autore

 

Cose importanti da dire su questo ultimo capitolo:

 

0 – BUAA!!! È FINITAAAA >//<””” Non mi sono resa veramente conto che la storia era finita fino a che non mi sono trovata a scrivere nel mio cantuccio per questo ultimo capitolo… mi mancherà tanto =’(

 

0,5 – La prima volta di Valjean e Javert è stata una faticaccia immane, quindi ve lo ordino: ditemi che è bellissima! No, vabbè, scherzavo… siate pure sinceri -_-“

 

1 - La parte della proposta di matrimonio è tutta dedicata a Chocolate_Powa, che mi ha contagiato la fissazione del matrimonio tra i due baldi giovani francesi, e mi ha anche fornito le indicazioni sui paesi dove i due avrebbero potuto sposarsi nel 2005, visto che ancora in Francia non c’era la legge. Infinitamente grazie =D

 

2 - A proposito del flashback non poteva mancare, no? Insomma, il suicidio di Javert, oltre ad essere uno dei brani più belli del musical, è un pezzo fondamentale della storia! Spero che Victor non mi detesti troppo se ho visto nel suicidio di Javert una estrema, contorta ed assoluta dichiarazione d’amore per Valjean! “pur di non arrestarti preferisco morire io” se non è amore questo!

 

3 - Sempre nel flashback, visto che c’entrava Notre Dame, ho nascosto una citazione della canzone “Bella” del musical “Notre Dame de Paris” quindi se conoscete anche quel musical divertitevi a trovarla.

 

4 – A proposito di citazioni ne ho nascoste alcune del musical “les Mis”, stavolta contagiata da Keiko 86.

 

5 – Ho controllato su Google Maps ed è dolorosamente vero: Pont Notre Dame… non è dal lato della Cattedrale di Notre Dame! Per me è stata una gran delusione scoprire che tutte le scene del suicidio di Javert con Notre Dame sullo sfondo sono praticamente sbagliate =( Però pure i parigini, non hanno senso dell’ordine! Avete un ponte che si chiama Notre Dame? E allora mettetelo dal lato giusto dell’isola! Oppure gli cambiate nome!

 

Ora è il momento dei ringraziamenti definitivi: a Saitou per aver messo la storia tra le preferite, a Moony98 per averla messe tra le ricordate e ad Akribes, Chocolate_Powa, Keiko86 e Litu per averla messa tra le seguite.

 

Ed ovviamente un grazie speciale a chi ha recensito, quindi a Chocolate_Powa, Saitou, Keiko86 ed Ignition.

 

E grazie in anticipo a chi farà tutte queste cose in tempi futuri.

 

Au revoire

 

                                   Makoto

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I Miserabili / Vai alla pagina dell'autore: Smeralda Elesar