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Autore: B Rabbit    03/06/2013    0 recensioni
«Sai, di norma sono le ragazze a preparare i dolcetti per questo giorno»
Sorrise gentile al fulvo, ignorando magnificamente la frecciatina mandatagli con incredibile affetto dal compagno, e girandosi nuovamente, afferrò dalla busta della spesa la piccola confezione della panna per dolci e il cacao in polvere, adagiandoli sul tavolo insieme agli altri ingredienti.
«Non mi pare che ci sia una legge in Inghilterra che vieti alle persone appartenenti al sesso maschile di cucinare qualsivoglia dolce in questo determinato giorno»
Tratto dalla one-shot.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Conte del Millennio, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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¬ My first Valentine’s Day with you
- Because I want to celebrate it only with you











Non riusciva a dormire, quella notte.
Sospirò sconsolato, gettando uno sguardo alla sveglia lì vicino, e constatando con amarezza l’ora, eccessivamente protratta per uscire ed esageratamente precoce per prepararsi alle lezioni mattutine, si rigirò nel letto, sdraiandosi sul fianco destro.
Socchiuse le palpebre, deboli a causa della stanchezza, ed osservò in silenzio la moquette della camera, resa nera dal buio.
Respirò profondamente e, portandosi una ciocca nivea dietro l’orecchio, posò lo sguardo sul compagno davanti a sé, nascosto da un bozzolo di coperte e lenzuola.
Sorrise nel notare una testa fuoriuscire da quel guscio di morbidezza, forse a causa della difficoltà nel respirare, risolta da un movimento istintivo nel sonno.
Osservò il ragazzo per qualche secondo, in silenzio, ma appena un’immagine si intrufolò sinuosamente nella sua coscienza, arrossì, sgranando lievemente gli occhi.
Si portò una mano al viso, nell’attesa che quell’idea folle svanisse dalla sua mente, come il sonno che, ormai, era sfumato in un attimo.
Ma guardando nuovamente la figura del ragazzo, il suo buon senso si sciolse all'istante, e scostando le coperte, Allen si sedette sul letto, pensieroso.
E, quasi richiamato dalle soavi parole dell’errore, che gli carezzavano dolcemente il giudizio, stordendolo, si alzò, ascoltando unicamente il battito del cuore.
Ignorò la propria ragione che gli urlava disperata di fermarsi, che lo implorava di non commettere quell’inconcepibile sbaglio che, sicuramente, avrebbe odiato.
Ma, semplicemente, la ignorò, camminando verso lui, piano e in silenzio, accontentando così la pazzia del proprio cuore.
Si inginocchiò al capezzale del letto e contemplò il viso del rosso, teneramente addolcito dall’espressione così serena che, pensò Allen, il guercio dovesse avere solo di notte, mentre fluttuava nell’ incoscienza.
Si chinò verso di lui, riducendo progressivamente la distanza dei loro volti, ed osservando i suoi occhi chiusi, sperando che non si aprissero nonostante la grande voglia di tuffarsi in quel verde, posò le labbra sulle sue, delicatamente, mentre il rossore si impadroniva delle sue guance.
Ma appena guardò il viso del compagno per ammirarne la fisionomia così vicina, trasalì, notando con terrore un sussulto scuotere le palpebre chiuse di Lavi.
Si allontanò di scatto da lui, tremante, e portandosi una mano alla bocca, rimproverandosi per l’atto scellerato appena compiuto, si morse il labbro, allontanandosi da lì.



Però, mentre ritornava a letto, non si accorse che, Lavi, era sveglio.

Perfettamente cosciente dell’azione da lui commessa.





~~~






Chiuse velocemente la porta dietro di sé con malagrazia, senza però preoccuparsi del fragore creato dall’unione irruenta dell’anta con la cornice e dei loro ingranaggi.
Scivolò lentamente giù per il legno chiaro della porta, adagiandosi docilmente sulla sua superficie dura e sulla moquette turchese della camera assegnategli dal dormitorio.
Guardò oltre l’unica finestra leggermente aperta ed osservò in silenzio il cielo azzurro che trapelava dalle sottili tende arancioni che tanto amava, per via dell’effetto di luci che regalava in quella sua stanza, bagnandola con dei raggi simili ai fasci delicati del crepuscolo ancora giovane.
Strisciò con le gambe verso il proprio letto, stringendo tuttora quello nella mano, e posò sospirando la schiena sul capezzale, perdendosi con lo sguardo nel biancore del soffitto, lievemente tinteggiato di arancio.
Doveva sbrigarsi, prendere le busta opalescenti e andare, perché lui era scaltro e curioso, e sicuramente lo avrebbe scoperto.
Ma soprattutto, doveva nascondere quello dal suo occhio indagatore.
Respirò profondamente e, dandosi una spinta con la mano destra – quella libera-, si alzò, avvicinandosi alla propria valigia.
Slacciò le cinghie in cuoio e, guardando con sospetto la porta, quasi potesse tradirlo da un momento all’altro, aprì il bagaglio, notando con felicità l’assenza di mutamenti nella disposizione degli abiti predisposta da lui.
Forse sono riuscito a nascondergli tutto…! Prese le buste di plastica, minuziosamente celate dai pantaloni, e chiuse velocemente la valigia, riallacciando le cinghie marroni.
Posò i sacchetti sul proprio letto, sedendosi poi su di esso e, sospirando, osservò quello, mordendosi appena il labbro inferiore.
Accidenti…
Guardò mesto il pacchettino blu, le sue increspature lucide, gli spigoli della scatolina che emergevano dall’incarto, il nastrino sottile e dorato.
Ed ora come faccio…? L’ha fatto per me…
Osservò il cartoncino giallo paglia, tenuto stretto al fiocchetto grazie alla fascetta d’oro.
Non posso mica ridarlo indietro…
Aprì con il pollice la piccola letterina, e con rimorso, lesse il messaggio scritto con inchiostro nero.


“Spero che i cioccolatini
ti piacciano, almeno un po’.

Linalee”


Sospirò amaramente, abbandonando il regalo sulle coperte rosse del letto.
Maledizione… perché?
Cosa doveva fare?
Aprirlo? Assaggiare quei dolcetti e prendersi gioco dei suoi sentimenti?
Restituirlo? Senza neanche sciogliere quel nastro delicato e nascondendole il motivo?
Sospirò ancora e mise la bustina blu in uno dei sacchetti di plastica.
Si portò la mano sinistra al viso, e lasciando scivolare le dita nivee su per la fronte, scostò alcune ciocche di capelli bianchi, catturandole tra le falangi.
«Come devo fare?»
«”Come devo fare?” cosa?»
Allen sgranò gli occhi terrorizzato ed urlò per lo spavento, ma arrossì violentemente un attimo dopo, imbarazzato a causa delle risate fragorose del rosso.
«Ehi, ti ho spaventato?»
Il giovane gli lanciò il cuscino bianco in risposta, sussurrando tenuamente uno “scemo”, e dandosi mentalmente dello stupido per la reazione esagerata che aveva avuto e per la scena divertente così regalata al compagno di stanza.
Il rosso sorrise appena, inarcando lievemente un angolo delle labbra sottili, e sistemando il cuscino sul letto, il più possibile lontano dal giovane, posò la mano sinistra sul petto ed inarcò leggermente la schiena.
«Chiedo umilmente perdono, mio signore»
Allen assottigliò gli occhi grigi, e sospirando, si distese sul letto, posando il dorso della mano destra sulla propria fronte.
«Sei uno stupido, Lavi»
Il ragazzo rise e, voltandosi, incrociò le braccia sul materasso, vicino all’altro, e posò il mento su di esse.
«E dai, ti ho chiesto scusa, non basta?»
Ma il giovane tacque, impedendo a stento alle labbra di inarcarsi dolcemente in un sorriso.
«Alleeeen»
Il fulvo si avvicinò di più al compagno, e mettendo su un finto broncio offeso, accrescendo così quella puerile tragicità, gli alzò lievemente la camicia bianca dell’uniforme, pizzicandogli così il fianco pallido.
«Ehiii…»
Affondò l’indice nell’anca sinistra, sorridendo divertito al mugolio indifeso del giovane, ed allontanò il polpastrello, osservando in silenzio la macchia bianca scomparire dalla sua pelle di porcellana.
«Alleeen… cattivo!»
Il diciassettenne rise appena, voltando le spalle al più grande e sdraiandosi sul fianco destro.
«Eh già, sono la perfidia in persona»
Il fulvo guardò l’esili spalle del ragazzino e, sorridendo malizioso, salì lentamente sul letto per poi gettarsi improvvisamente sul povero malcapitato, che strepitò meravigliato.
«Ma che… Lavi!»
Il diciannovenne rise estasiato ed abbracciò calorosamente Allen, strusciando la fronte sulla sua nuca celata dalle ciocche nivee.
«Se mi ignori io muoio!»
Il giovane sospirò, sconfitto, ed accoccolandosi meglio sul materasso, posando la mano sinistra vicino al proprio viso, socchiuse gli occhi, mentre le gote si coloravano dolcemente di rosso.
«Sei uno scemo…»
Il fulvo sorrise lievemente ed inspirò dilettato il delizioso profumo intriso in quei capelli di polvere di stelle.
«Lo so»
Un sospiro scivolò fuori dalle labbra di Lavi, e rimanendo lì, immobile, vicino a quella mammoletta – adorava chiamarlo così, per via del grazioso broncio che corrucciava quella bocca rosea e della piacevole espressione adirata –, e respirando piano, stette semplicemente in silenzio, senza spostarsi, senza lasciarlo – perché, poi, avrebbe dovuto? –.
Socchiuse l’occhio smeraldino e, salutando quasi con un sorriso il suo ricordo riemerso nella mente, si lasciò avvolgere dalle sensazioni di quel vecchio giorno, racchiuso e registrato nel piccolo frammento della sua memoria, sbocciato per mano dell’imprevedibilità e, forse, anche per la sua presenza.
Espirò dal naso, e sorridendo ancora, sciolse quel tenue abbraccio, sedendosi vicino al giovane e guardando la parete bianca tinta di arancio.
«Ti ricordi il nostro primo incontro?»
Allen si alzò, sedendosi al fianco del compagno, ed annuì, abbassando lievemente il capo.
«E’… stato circa un anno fa, giusto?»
Lavi assentì, posando la mano destra sull’omonimo ginocchio.
«Ti eri iscritto ad anno inoltrato, il 18 novembre»
Si ricorda il giorno…
Il giovane sorrise, accarezzandosi il palmo sinistro con le dita.
«Però… sai, Allen…»
Il diciassettenne si voltò, incrociando lo sguardo del ragazzo addolcito da un sorriso, il suo occhio, verde e profondo, spaventosamente penetrante.
«…»
Il fulvo scosse il capo, coprendosi la benda medica con il palmo sinistro.
«…No, niente, lascia stare»
Il ragazzo dai capelli bianchi lo guardò interrogativo, chinando appena la testa di lato, mormorando un debole “sicuro?”, che fu subito seguito da un “si, tranquillo”.
Il guercio sbuffò e si alzò dal letto, scompigliandosi la chioma vermiglia.
«Forza Allen, andiamo»
Il giovane sbatté le ciglia candide, stupito, e guardò il compagno.
«Dai, non dovevi andare in cucina con quelle buste della spesa?»
Il più piccolo sgranò gli occhi.
… Non mi dire…?
«Si, mio caro, l’ho scoperto»
Brutto…
«Stupido di un Lavi!»



Sospirò flebilmente, lasciando scorrere il soffio sulle labbra leggermente schiuse, e, volgendo lo sguardo di lato pur di non scorgere, anche per sbaglio, anche per poco, la figura sorridente di Lavi – che, con il solito sorriso raggiante, si era offerto di aiutarlo con le buste della spesa, perché “Sei troppo piccolo e debole per portarle!” – strinse con forza le strisce sottili e biancastre dei sacchetti, serrando maggiormente la mano destra.
Dannazione…!
Sospirò ancora, corrucciando lievemente le candide sopracciglia: sapeva che, appena posate le buste su uno dei tavoli della cucina del dormitorio, Lavi lo avrebbe inondato con fiumi di domande e spiegazioni, dolcemente ingentilite da proposte di aiuto.
Stupido di un… un… di uno spione lunatico!
Non era ancora nato al mondo qualcuno in grado di fermare Lavi, soprattutto se posseduto da quell’usuale curiosità insopportabile.
Maledizione!

Sospirò nuovamente e, abbassando quelle ampolle di argento, notò sconfortato il regalo confezionato da Linalee.
Come avrebbe fatto a nasconderglielo, ora?
«Ne Allen»
Si fermò davanti all’entrata della cucina, e posando la mano sinistra sulla manopola d’oro, aprendo così la porta, volse lo sguardo verso il compagno, curioso. «Si, Lavi?» Il giovane entrò nella grande sala, abbondantemente illuminata dalle grandi finestre aperte, e, ringraziato il ragazzo per aver chiuso la porta, posò dolcemente le buste su uno dei tavoli disposti al centro dell’ambiente.
«Per chi sono i dolcetti che devi preparare?»
Sbarrò gli occhi, sconvolto, e, lentamente, rivolse lo sguardo a Lavi, notando con disdetta il sorriso di compiacimento che gli illuminava il volto dai lineamenti decisi ma gentili.
«E-eh…?»
Il ragazzo più grande rise, scostandosi alcune lingue di fuoco dalla fronte rosea, e avvicinandosi al tavolo, posò la mano sinistra sul legno, avvicinando il viso a quello del diciassette, senza mai affievolire quell’inestinguibile sorriso.
«E dai, Allen»
Il giovane indietreggiò appena, incerto, lasciando scivolare la mano destra sul legno chiaro del tavolo.
«Dovresti sapere che giorno è oggi, no?»
Imbarazzato, abbassò lo sguardo e, in preda all’agitazione, scosse la testa, smuovendo appena la chioma bianca.
«N-no… non lo so…»
Il guercio rise flebilmente e ,posando la mano destra sul viso dell’altro, gli accarezzò la guancia lievemente imporporata, scendendo poi giù e, afferrandogli dolcemente il mento con l’indice e il pollice, lo costrinse ad alzare il capo.
«Davvero, Allen
Deglutì, scorgendo in quello specchio dalla superficie di smeraldo la propria figura, piccola e mutata.
«S-si…»
Allen annuì, mentendogli nuovamente e, trattenendo il respiro, guardò sbocciare un altro sorriso su quelle labbra sottili.
«E va bene»
Il fulvo gli lasciò il mento e sospirò, dirigendosi verso i fornelli.
«Oggi è San Valentino, mio caro smemorato»
Sospirò anche lui, sollevato e felice per la conclusione dell’interrogatorio, e, mentre la paura scivolava via, il giovane prese le varie confezioni dai sacchetti di plastica, la stecca di cioccolato fondente, la vanillina, il bicarbonato, per poi guardare alle proprie spalle, notando un Lavi che, legatosi ai fianchi un grembiule bianco trovato chissà dove in quei cassetti, si lavava con premura le mani.
«Sai, di norma sono le ragazze a preparare i dolcetti per questo giorno»
Sorrise gentile al fulvo, ignorando magnificamente la frecciatina mandatagli con incredibile affetto dal compagno, e girandosi nuovamente, afferrò dalla busta della spesa la piccola confezione della panna per dolci e il cacao in polvere, adagiandoli sul tavolo insieme agli altri ingredienti.
«Non mi pare che ci sia una legge in Inghilterra che vieti alle persone appartenenti al sesso maschile di cucinare qualsivoglia dolce in questo determinato giorno»
Il guercio, stupito dalla risposta forbita – accuratamente amalgamata ad un pizzico di ironia –, rise divertito, asciugandosi le mani al grembiule bianco e, curvando la schiena e poggiando i gomiti sul marmo della penisola, che divideva il piano cottura e il lavello dai tavoli, socchiuse gli occhi, abbandonando il mento sui palmi schiusi.
«E’ inusuale, tutto qui»
Allen sorrise lievemente e, lasciando sul piano del lavabo le buste – di cui una non completamente vuota – , si voltò, avvicinandosi a lui e guardandolo con gli occhi leggermente socchiusi.
«Se fosse per San Valentino»
Lo fissò ancora per qualche secondo, per poi avvicinarsi al mobile adiacente ai fornelli, ascoltando compiaciuto la tenue risata del guercio, e aprendo l’anta, prese una scodella blu e un piatto fondo, pregando sin da quel momento nella riuscita dei dolci.
«Ne, Allen, cosa prepari di bello?»
Il giovane richiuse delicatamente l’anta, accompagnandola dolcemente con la mano, e lasciando gli utensili appena presi sul tavolo, iniziò a cercare il frustino elettrico e un setaccio.
«Muffin al cioccolato. Potresti prendere il burro e le uova dal frigorifero?»
Lavi annuì, rispondendo con un fiero “Yes, sir!”, ed eseguì, da bravo soldato, gli ordini impartitegli, portando il bottino al comandante.
«Ecco. Poi me ne fai assaggiare uno?»
Sono per te, scemo
Allen ridacchiò, divertito dall’espressione supplichevole del compagno, ed assentì, sorridendo dolcemente.
«Certo»
Il guercio esultò, e dopo vari “grazie, GRAZIE!!” e “Mollami, scemo di un Lavi!” , i due ragazzi presero il resto degli strumenti ed ingredienti, dando inizio alla preparazione.
Allen sbatté nella ciotola, con l’ausilio del frustino elettrico, il burro, assieme allo zucchero e alla vanillina, per poi versare – dopo aver ottenuto un composto spumoso e aver allontanato Lavi da quest’ultimo, ignorando i suoi “Voglio assaggiare!!” – le quattro uova, lentamente.
«Allen, sei cattivo…»
Il diciassettenne rise, mescolando con attenzione la crema chiara che, grazie ai tuorli e all’albume, si tinse di giallo.
«Ho detto che puoi mangiare un muffin, non l’impasto»
Il fulvo sbuffò ed intrecciò le mani dietro la testa, osservando il frustino muoversi in senso orario.
«Dettagli»
Il più piccolo rise ancora, senza però scostare l’attenzione e lo sguardo dalla crema, ma subito dopo sbarrò gli occhi, schiudendo le labbra per la sorpresa che, Lavi, gli fece, cingendogli il collo con le braccia.
«Senti, ma come hai fatto ad avere la cucina tutta per te?»
Il giovane sospirò e, rilassando le spalle precedentemente irrigidite, spense lo sbattitore elettrico, sollevando lentamente i frustini dalla crema che, piano, colò dall’intreccio di metallo.
«Ho chiesto al signor Adam, il preside e l’addetto alla cucina, e mi ha dato il permesso. Semplice»
Lasciò il frustino vicino alla coppa, in modo che l’impasto cadesse del tutto, e prese il piatto fondo, insieme al setaccio e alla farina.
«Però, adesso… Lavi, potresti toglierti?»
Il fulvo sbatté più volte le palpebre, e mormorando un flebile “scusa”, indietreggiò, sciogliendo l’abbraccio.
«Ehm, ecco… Allen…»
«Si Lavi, puoi aiutarmi»
Il giovane si avvicinò al lavello e, aprendo un cassetto a destra, afferrò un cucchiaio.
«Ma giù le mani dalla crema»
Chiuse lo scomparto in legno e prese la bilancia lasciata sulla penisola, ignorando – senza però un pizzico di divertimento – le risate del compagno, e lo raggiunse al tavolo, posando gli oggetti sulla superficie marroncina.
«Cosa devo fare?»
Allen sistemò la farina, il cacao in polvere, il bicarbonato e il lievito chimico ai lati della bilancia, adagiando poi davanti ad essa il piatto fondo.
«Dobbiamo misurare questi»
Ed indicò le varie confezioni.
«Va bene»
Il rosso prese la farina, ed avvicinando la bilancia, aprì il pacchetto di carta, fissando la polvere bianca.
«Quanta?»
Il diciassettenne alzò la mano destra e, serrando tre dita, lasciò l’indice e il medio sollevati.
«200 grammi»
Il guercio annuì, e con l’ausilio del cucchiaio, versò la farina nel piano bianco della bilancia, finché la lancetta rossa non puntò il numero interessato.
«Ok, ora?»
Allen aprì le confezioni del cacao amaro e del bicarbonato, avvicinandole alla pesa.
«Versa la farina nel piatto e fai lo stesso con la polvere di cioccolato, 70 g. Ah, il bicarbonato 2 e il lievito 6»
Lavi strabuzzò gli occhi e fissò confuso il compagno che, intanto, si era diretto verso il frigorifero alla ricerca del latte.
«E come faccio a misurare 2 grammi!? E per il lievito? Una tacchetta vale 20!»
Il giovane alzò le spalle con noncuranza, cercando strenuamente di non ridere per l’espressione sconvolta dell’altro.
«Prendi una minuscola parte con il cucchiaio e basta, no?»
Anche se riluttante – l’arte culinaria è alchimia, in fondo, e non sono ammessi mezzi termini – il ragazzo eseguì gli ordini, e dopo aver ottenuto le varie misure, mescolò l’intruglio farinoso con la posata, facendo attenzione a non lasciarlo fuoriuscire dal piatto.
Allen, intanto, prese una spatola e un bicchiere tarato, tagliando poi con il coltello un triangolino azzurro del cartone del latte.
«Ora dobbiamo setacciarlo e, poi, unirlo alla crema di prima…»
E versò nel contenitore di vetro il liquido bianco, lentamente, fino a sfiorare la lineetta del 180 ml.
«…Aggiungendo un po’ per volta il latte»
Il giovane sorrise dolcemente all’amico che, quasi contagiato da quella gioia, inarcò un angolo delle labbra.
«Ti do una mano»
E insieme, armati di setaccio e bicchiere, unirono la polvere bianca e marrone con l’impasto insieme al latte, per poi mescolare, tra “Faccio io!” e “Neanche per sogno!”, il composto finale, ultimato con l’aggiunta del cioccolato fondente, accuratamente sminuzzato da Lavi sotto lo sguardo attento di Allen.



«E con questo …»
Lasciò scorrere lo stampo dei muffin negli innesti del forno, e chiudendo dolcemente lo sportello, sorrise, socchiudendo gli occhi argentato.
«Abbiamo finito»
«SII!!»
Lavi esultò, alzando le braccia in alto dalla gioia.
«Fra mezzora i dolci saranno pronti»
Il rosso annuì, e portandosi le mani dietro la nuca, guardò il lato oscuro della cucina.
«Dovremo lavare noi tutto, vero Allen?»
Il diciassettenne rise e, avvicinandosi al lavabo, prese le buste, lasciandole poi sul tavolo.
«Certo, scemo di un Lavi»
Il ragazzo sospirò, affranto, e, seguendo con lo sguardo il giovane, che intanto depose la bilancia al suo rispettivo posto, sorrise, dicendosi che si, in fondo, non era la fine del mondo, lavare due scodelle.
«Potresti portarmi i frustini dello sbattitore? Dopo montiamo la panna.»
Il più grande annuì e, prendendo gli utensili, si avvicinò al compagno, lasciando l’arnese nel lavello.
«Ah, Lavi… la stecca di cioccolato, se vuoi, puoi anche mangiarla»
Lo smeraldo si illuminò di gioia, e gettandogli letteralmente le braccia al collo, il diciannovenne abbracciò l’amico, posando la guancia sulla sua tempia e una mano fra i suoi capelli bianchi.
«Grazieee!!»
Il giovane arrossì e, portando le mani sul petto dell’altro, cerco di liberarsi da quella stretta, spingendo via il più grande.
«V-va bene, va bene, ma ora STACCATI!»
Il guercio ubbidì, scostandosi da Allen, e sorridendo radiosamente, accarezzò la chioma nivea del compagno.
«Grazie»
Il giovane gli diede un pugno scherzoso sul torace, appena sotto le clavicole, e sussurrando uno “scemo”, si sottrasse alle attenzioni del rosso, afferrando il detersivo liquido.
«Potresti portarmi le stoviglie da lavare?»
Il fulvo annuì con un cenno del capo, e dopo aver tranquillizzato Allen – “Non romperò nulla, calmati!” – , fissò con astio gli utensili imbrattati di crema per muffin.
«Non prenderli tutti in una volta, Adam si infurierebbe se spaccassimo qualcosa!»
Il guercio rise sommessamente.
«Si, si»
Lasciò il setaccio e il piatto sulla penisola di marmo e, arrotolando l’inizio del sacchetto di carta, mise la confezione della farina nel mobile opposto al piano cottura.
«Lavi!»
«Arrivano, arrivano!»
Il giovane sbuffò, avviluppando meglio le maniche del maglioncino nero all’altezza dei gomiti. Il diciannovenne, prendendo delicatamente la scodella, guardò con malizia la spatola sporca di quella dolcezza scura e, leccandosi lentamente il labbro inferiore, avvicinò l’utensile alla bocca, gustandosi clandestinamente l’impasto dolce e leggermente corposo dei muffin.
Sorrise deliziato, e, lasciando la spatola all’interno della ciotola, guardò distrattamente le buste, notando una piccola macchia blu colorare uno dei sacchetti.
«Aspetta un attimo, Allen»

Avvicinò la mano libera – quella destra – al contenitore di plastica e, introducendo le dita, sfiorò la superficie liscia dell’oggetto.
«Lavi?»

Sgranò gli occhi, terrorizzato, e, mordendosi internamente il labbro inferiore, lasciò la ciotola e la spatola, abbandonandole malamente sul tavolo.
«Allen»
Il ragazzo si avvicinò al giovane con due uniche e veloci falcate, imprigionando così un meravigliato Allen fra il proprio corpo e il mobile, e sbatté sul lavello il pugno serrato, scrutando con ira e frustrazione quelle iridi grigie perlacee, sbarrate e liquide a causa dello spavento.
«M-ma che-»
«Cos’è questo?»
E alzando la mano destra, il fulvo affievolì la stretta delle dita affusolate, rivelando completamente l’incantevole pacchetto dai riflessi lucenti.
«Allora?»
Il diciassettenne si irrigidì ed abbassò lentamente gli occhi sgranati, fissando il piccolo regalo, sperando quasi che svanisse all’improvviso, appena captata la sua angoscia e paura.
«Allen»
La sua voce, nonostante fosse apparentemente calma, nascondeva impetuosità e amarezza, e con veemenza opprimeva il cuore del giovane.
Perché?
«Rispondimi»
Una richiesta, una debole supplica ingegnosamente celata dal tono divenuto furioso.
Perché sono così arrabbiato?
Il ragazzo dai capelli nivei tremò e serrò gli occhi, spaventato, pregando il cuore di acquietarsi.
«Chi te l’ha dato?»
Perché… perché!?
«Chi?»
Perché io…
«Rispondimi, ti prego!!»
Perché ti amo, Allen?



«Linalee…»


Sgranò lo smeraldo e, assottigliando le labbra e corrucciando le sopracciglia, indietreggiò, voltandosi dalla parte opposta.
No…
Allen aprì lentamente gli occhi e si morse il labbro inferiore, avvilito.
«Me lo ha regalato… oggi, alla fine delle lezioni…»
Perché…
«Congratulazioni, allora…»
Il giovane sgranò gli occhi, sbigottito, e portandosi la mano destra alla bocca, si impose di non piangere, ordinando al cuore di liberarsi da quella stretta dolorosa che lo affliggeva.
«Scemo… io non-»
«Però… dimmi una cosa»
Allen sbarrò gli occhi.
Il viso di Lavi, sempre illuminato dalla felicità e dalla sconsideratezza, che abilmente celavano il suo intuito e intelletto, ora era ottenebrato, l’occhio socchiuso, gli angoli delle sopracciglia rosse aggrottate verso l’alto, sfregiando il suo volto con un’espressione amara.
«Perché una settimana fa… perché allora mi hai baciato, quella notte?»
Il giovane sussultò e, mentre un senso di vuoto e smarrimento divorava il suo corpo, si abbandonò sul mobile, accarezzandosi con l’indice la bocca.
«C-cos-»
«Perché?»
La mano destra salì verso la fronte e, serrandosi appena in un pugno, intrappolò fra le dita alcune ciocche diafane.
Inspirò profondamente, Allen, e, tremante, schiuse le labbra.
«Non mi interessa… Linalee»
Lavi fece un passo in avanti, senza mai abbandonare con lo sguardo la figura del giovane. «I muffin non sono per lei»
Non è lei che amo…
Allen serrò gli occhi, doloranti a causa delle lacrime perseveranti, e non alzò il volto, celandolo alla vista del rosso.
«E allora per-»
«Sei tu, idiota»
Sei tu che amo
«Ma… A-allen-»
Il diciannovenne sgranò gli occhi, appena gli giunsero, flebilmente, dei gemiti alle orecchie.
Hai ragione, dannazione
Digrignò lievemente i denti, e stringendo i pugni, si avvicinò al ragazzino.
Sono un perfetto idiota
Allungò la mano destra verso la testa china e, intrecciando le dita tra i candidi capelli, scese giù per il viso, lentamente.
«Scusami…»
Il più piccolo singhiozzò, ed alzando il braccio sinistro, fece combaciare il palmo con la mano dell’altro, facendo scivolare le dita sul suo dorso, lentamente.
«Sei uno scemo...»
Sorrise, Lavi, e alzando delicatamente il viso del ragazzino, si chinò verso di lui, posando la fronte sulla sua.
«Scusami»
Aprì lentamente le palpebre, Allen, lasciando scivolare via da quelle gocce di mercurio, liquide e tremolanti a causa del pianto insistente, le lacrime, salate come il retrogusto di quella situazione.
«Sei un vero idiota…»
Rise sommessamente, e sorrise, scrutando il luccichio di quegli occhi d’argento.
«Lo so…»
E soffiando sulla bocca schiusa di Allen, Lavi posò dolcemente le labbra sulle sue, unendole in un piccolo e tenero bacio.
«Scusami…»



~~~





Entrò nel suo ufficio, richiudendo silenziosamente la porta alle sue spalle.
Si sgranchì le braccia, ancora assonnato, e, portandosi una mano al viso adulto, sbadigliò, chiudendo le palpebre.
«Che stanchezza»
L’uomo sospirò, e stropicciandosi l’occhio sinistro, si avvicinò alla scrivania, sedendosi poi sulla comoda poltrona in pelle.
Si lasciò cadere sullo schienale, e socchiudendo gli occhi, sbadigliò ancora, sempre il palmo a coprirgli la bocca aperta.
«Ho sonno…»
Sbatté le palpebre e, sdraiandosi sulla scrivania – le braccia come cuscino – notò un piattino bianco, con un muffin al cioccolato e un bigliettino.
«Hm?»
Prese il dolcetto e, sorridendo, ammirò il pirottino scarlatto in cui era conservato.
Ne assaggiò un boccone, sporcandosi appena le labbra con la panna montata, soffice e dolcissima.
«Com’è buono ♥»
Sospirando deliziato, prese il foglietto bianco, ripiegato più volte in sé stesso e, aprendolo, lesse il messaggio.
Sorrise, lasciando il bigliettino sul piatto e guardando il dolcetto.
«Ah ah…»



“ Grazie per avermi affidato
Per un pomeriggio la cucina.

Spero che il muffin le piaccia.


Allen Walker”





«Non c’è di che»


















*Seduta su un Tim obeso*
La la laa, la la laa, la do fa sol laaaa
*Canticchia “Jingle bell” perché?*
Hola gente! <3
Non so perché, ma quando sono felice, la maggior parte delle volte canticchio le canzoni di Natale xD
Cosa che mi è successa l’ultimo giorno di scuola dell’anno passato, ma questi sono dettagli superflui.
Passiamo alle cose serie, piuttosto.
Nonostante il mese, ho scritto una fic su San Valentino, babies.
Non chiedetemi il motivo, mi è balzata in mente così.
Ed ora voglio fare anche io i muffin <3
Però dai, con il freddo di questi giorni, sembra febbraio, no? xD
Da me ha anche grandinato, verso i primi di maggio, ero spaventata, sembravano dei sassolini di ghiaccio, stavano per sfondarmi la finestra °ww°
… Il Conte che fa l’addetto alla cucina e il preside, pfff…
Comunque… questa storia l’ho terminata di scrivere il 12-05-13, e l’ho postata ben 22 giorni dopo.
Maledetta scuola.
Che dire… spero che vi piaccia un po’, ma giusto un pochino.
Alla prossima spero non tra un anno <3


  
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