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Autore: SilviAngel    03/06/2013    7 recensioni
“Sono un angelo del Signore”
“Sì, certo e io sono l’Abominevole Uomo delle Nevi. Sul serio, cosa diavolo sei?”
Piccolo esperimento.
Mio primo crossover
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come detto nell'introduzione, questo è il mio primo crossover.
Buona lettura.

Prima Parte

 
Stiles era seduto su una panchina solitaria, ai margini del parco pubblico di Beacon Hills, con i gomiti piantati sulle ginocchia, il volto abbandonato alla deriva tra i palmi aperti e lo sguardo perso a rimirare i sassolini smossi dalle sue scarpe, quando una piccola e tiepida folata di vento gli carezzò una guancia.
Non seppe spiegarsi il motivo, ma dopo aver chiuso gli occhi per un secondo, riaprendoli, voltò il capo alla sua sinistra, trovando lo spazio accanto a sé occupato da una persona in una posizione molto simile alla sua, con addosso un logoro trench dal quale sbucava, ciondolando a penzoloni, una cravatta blu.
“Ehi amico, questo è il mio angolo della commiserazione, cercatene uno tuo” si lamentò il ragazzo, costringendo l’uomo a sollevare il capo fino a che i suoi occhi dannatamente blu non si posarono sui propri, dandogli la netta impressione che stesse cercando di scavargli fino in fondo all’anima.
“Non hai la proprietà di questo pezzo della Terra, ma se davvero lo desideri posso lasciarti da solo” rispose l’adulto piegando la testa e rimanendo in attesa di una risposta.
“Ok, puoi restare solo se mi dici cosa ti porta qui, sempre che tu non sia un maniaco visto il soprabito, anche se a ben guardare sotto sei vestito quindi non dovresti essere… scusa parlo sempre troppo. Dicevo, come mai qui a piangerti addosso?”
“Dean non mi comprende” confessò dopo qualche attimo di silenzio il moro.
“Dean?”
“Sì, il mio umano”
“Umano?” ripeté Stiles spostandosi istintivamente verso il bordo della panchina “Oh merda! Ma che razza di vita ho? Hai detto umano, lasciando intendere che tu non lo sia, quindi la domanda sorge spontanea: tu che cosa sei, di grazia?”
“Sono un angelo del Signore”
“Sì, certo e io sono l’Abominevole Uomo delle Nevi. Sul serio, cosa diavolo sei?”
“Te lo ho appena detto, petulante ragazzino. Vuoi che ti mostri i miei poteri?” e la sua voce si velò di una leggera minaccia, dovuta alla prostrazione in cui versava il suo animo, ma riacquistando immediatamente il controllo delle proprie emozioni riprese “Ti chiedo perdono. Non dovrei prendermela con te se lui non mi considera più degno della sua fiducia”
“Oh, benvenuto nel club. Neppure il mio, il mio… il mio non so bene che cosa sia” balbettò il liceale.
“Non sai che cosa sia?”
“Cioè, so che cosa è, ma non so se posso definirlo mio. Comunque lui è un lupo, un licantropo per intenderci”
“Mi spiace, ma allora non credo che io e te potremo diventare amici. Dean è un cacciatore”
“Ma per la miseria, e mi ripeto, ma che schifo di vita ho!”
“Forse il tuo mostro non è cattivo”
“Ehi” e il ragazzino indurì l’espressione “Non ti permetto di parlare di lui in questo modo! Lui non è un mostro. Non lo conosci nemmeno ed è buono, in fondo in fondo, anche se mi tratta sempre come una pezza da piedi o mi minaccia o mi sbatte contro le pareti… purtroppo non nel modo che vorrei”
“Ti credo” si giustificò l’angelo.
“Uhm, lasciamo perdere, ma prima dicevi che non ti comprende, in che senso?”
“Io sono sempre stato un soldato, un semplice soldato, a cui venivano dati ordini e compiti da svolgere, ma da quando ho conosciuto lui, è diventato tutto così difficile. Ho iniziato a mettere in dubbio la parola dei miei fratelli, dei miei superiori e tutto perché Dean mi diceva di pensare con la mia testa e io ci ho provato, ma ogni volta in cui ho tentato di seguire il mio volere o ciò che ritenevo fosse giusto, ho sempre causato danni e conseguenze pericolose. L’ho deluso così tante volte che penso si sia arreso, è oramai abituato ai miei fallimenti ed è questo che fa male. Mi guarda come se si aspettasse il consueto errore da parte mia”
“Ma lui ti… cioè tu lo… nel senso che voi due state insieme?” borbottò imbarazzato Stiles.
“No” rispose Castiel tristemente “a lui piacciono i seni, anche se li chiama in modo molto diverso e”
“Capisco” si incupì il ragazzo ripensando a tutti gli ammiccamenti di Erika nei confronti di Derek e del giorno in cui li aveva visti sfrecciare via da scuola sulla Camaro “E dimmi, è bello?”
“Sì” e lì il moro si fermò, come se non si reputasse all’altezza di descrivere colui che aveva salvato dall’Inferno o ritenesse del tutto inutile far comprendere a uno sconosciuto quanto fosse meraviglioso il suo fragile umano, ma vedendo l’attesa dipingersi sul viso del ragazzo seduto accanto a lui, decise di provarci e così continuò “da cosa posso cominciare? Beh, è muscoloso anche se non come il fratello, poi ha i capelli biondo scuro, le guance e il naso cosparso di mille piccole efelidi, un sorriso bellissimo e gli occhi verdi”
“Wow” si infilò Stiles in questo lungo elenco di particolari.
“Ma non completamente verdi, a volte quando è bel tempo e il sole splende forte si riempiono di”
“Screziature dorate? Anche il mio, anche il mio” quasi strillò entusiasta il liceale sorridendo e, piegando una gamba sulla panchina, si girò di fianco così da poter parlare guardando l’angelo con maggior facilità “Derek però ha i capelli neri, un filo di barba incolta che è così sexy e tanti di quei muscoli da perderci la notte a contarli. Dovremmo farli incontrare, se non fosse che cercherebbero di uccidersi l’uno con l’altro. Che sfortuna!”
“E tu perché sei triste?”
“Quello scemo di un lupo non mi vuole tra i piedi, dice sempre che sono un inutile ed enorme impiastro. Ritiene che io non valga niente solo perché non mi riempio di peli a comando, ma per la miseria sono sempre corso in suo aiuto, mento a mio padre da mesi, tento di aiutare tutto il branco come posso e lui come mi ripaga? Ringhiandomi sempre contro. Non ce la faccio più”
“Hai mai pensato che forse vuole solo proteggerti? Se dovessi narrarti tutte le idiozie che ho compiuto perché pensavo di fare il bene di Dean così da permettergli di iniziare una vita migliore, potremmo stare qui per ore. Forse, proprio perché sei umano, cerca in tutti i modi di impedire che ti faccia del male a causa sua o per aiutare il branco. Non vuole che tu metta a rischio la tua vita”
“Non lo so. Non ce lo vedo a farsi così tanti problemi per me” Stiles abbassò il capo sconsolato e si mosse solo alle parole urgenti dell’angelo.
“Mi spiace, ma Dean mi sta chiamando, devo andare da lui”
“Ti sta chiamando? Ma come?”
“Fa parte della mia natura di angelo, se mi chiama io lo sento”
“Come se ti stesse pregando o invocando?” continuò a domandare il ragazzino.
“In un certo senso, anche se non penso che a lui piacerebbe definirlo così, se non hai da fare, ti va di venire con me e conoscerlo? Non penso sia nel bel mezzo di una caccia”
“Ma lui dov’è?”
Castiel socchiuse un attimo gli occhi e ancor prima di riaprirli “Indiana”
“Indiana? E come pensi di poter raggiungere l’Indiana e portarmi con te? Io domani devo andare a scuola e poi aspetta un secondo, manco so come ti chiami. Il mio nome è Stiles”
“No, il tuo nome non è Stiles”
Sorpreso dalla naturalezza con cui l’altro lo aveva contraddetto, il liceale non demorse e ribatté “Oh non rompere, mi piace farmi chiamare così”
“E io asseconderò il tuo volere, pur sapendo che il tuo nome è un altro. Detto questo io mi chiamo Castiel”
“Nome strano anche il tuo, comunque, ma torniamo a noi, come andiamo in Indiana?”
L’angelo non rispose e limitandosi a poggiare due dita sulla fronte del ragazzo fece sparire entrambi per poi ricomparire accanto a una straordinaria auto nera e al suo indispettito proprietario.
“Cass da quando in qua viaggi accompagnato?” giunse la voce profonda di un giovane uomo biondo che, sorseggiando una birra appoggiato al cofano, osservava con espressione strana e diffidente il nuovo venuto.
“Lui è Stiles. È un mio nuovo amico”
“E così è per questo motivo che sono giorni che non ti fai vedere. Eri in giro a farti nuovi amici, che, da quanto vedo, non sono neppure maggiorenni. Da dove vieni ragazzino?”
Stiles, piegato in avanti con le mani sulle ginocchia, si era perso quasi del tutto il botta e risposta tra i due, impegnato come era a non vomitare i propri organi interni sulle scarpe, ma recepì come rivolte a lui le ultime parole e facendosi forza, alzò il capo.
Gli occhi verdi e luminosi, accompagnati da una fronte corrugata e una bocca arricciata a regola d’arte, si posarono su di lui in attesa.
“Qualche attimo fa ero a Beacon Hills, California e penso proprio che a breve rivedrò il mio pranzo e forse anche la colazione di questa mattina”
“Ti capisco, il teletrasporto angelico ha i suoi inconvenienti. Ti va una birra?”
“Birra? No, meglio di no. Vorrei tornare a casa” supplicò Stiles spostando lo sguardo dall’uomo all’angelo.
“Ci tornerai tranquillo, ma prima devo scambiare due parole con il pennuto” e calando una mano sulla spalla di trench vestita, spinse Castiel a seguirlo, allontanandosi di qualche metro.
 
“Che diavolo ti salta in mente di rapire un adolescente?”
“Non l’ho rapito, ho intenzione di riportarlo indietro, ma si sentiva solo e triste e anche io” si giustificò il moro senza abbassare lo sguardo.
“Ti sentivi triste e solo Cass? Potevi venire da me, parlare con me”   
“E dover sopportare quell’irritante espressione di commiserazione che da mesi mi riservi ogni volta? Pensi che io non lo abbia capito? Non fai altro che aspettarti il mio prossimo fallimento. Ho sbagliato e tanto, ne sono consapevole, ma non riesco più a sopportare di non avere la tua fiducia” confessò a denti stretti l’angelo.
“Ascolta, non possiamo cancellare ciò che è stato e ciò che abbiamo combinato, ma nonostante sembri che io mi sia allontanato, nel profondo so di potermi fidare di te. Ho solo una fottuta paura”
“Paura?”
“Sì, ho il terrore che da un giorno all’altro i tuoi problemi si risolvano del tutto, perché quando accadrà, tu te ne volerai di nuovo in Paradiso, lasciando indietro me, Sam e tutti i casini umani”
Castiel, sentendo il dolore filtrare tra le pieghe di quelle poche parole, si avvicinò e senza riflettere o concedere a Dean il tempo di comprendere le sue intenzioni e indietreggiare, posò leggera una mano sulla sua guancia, lasciandovela dolcemente indugiare “Pensi davvero che potrei lasciarmi te alle spalle?” domandò in modo schietto fissandolo dritto negli occhi, senza alcun tentennamento.
“Davvero non mi abbandonerai per il prossimo umano problematico e casinista che cercherà di sconvolgere i piani di tutto l’universo?”
“Pensi davvero che possa essercene un altro in grado di tenere il tuo passo?” ironizzò il moro, carezzando la fronte dell’umano con la propria.
“Questo vuol dire che, qualunque cosa accada, resterai qui?”
“Per sempre, il mio per sempre” sussurrò l’angelo.
“Wou… questo sì che sembra impegnativo” borbottò il cacciatore sogghignando e allontanandosi quanto necessario per poter assaporare in un leggero tocco le labbra invitanti dell’altro.
 
Intanto a pochi metri, Stiles – avendo vagamente intuito i risvolti della chiacchierata che si stava svolgendo vicino a lui nel momento in cui le distanza si erano fatte del tutto irrisorie – aveva distolto lo sguardo concentrandosi nell’ammirare l’auto nera e lucente di Dean, che ritornato suoi propri passi, molto più rilassato di prima, si interessò a lui.
“Allora ragazzino, sconvolto di aver scoperto dell’esistenza degli angeli?”
“Una stranezza in più, signore, cosa vuole che sia” sorrise impacciato e anche un po’ preoccupato di trovarsi di fronte all’ennesimo cacciatore senza sapere che tipo fosse.
“Signore? Hey, ma con chi credi di parlare? Dammi pure del tu. Ma, aspetta, dicevi una stranezza in più? Vuol dire che tu sai che esistono”
“I mostri sotto il letto? Sì”
“Dean” si intromise il moro “che ne dici se lo riportiamo indietro?”
“Ok, penso tu abbia ragione, però fai in fretta”
“Puoi venire con noi” propose l’angelo azzardando un sorriso.
“Lo sai Cass che odio il tuo modo di viaggiare”
“Questa macchina è favolosa” buttò lì Stiles seguendo con due dita il profilo della carrozzeria.
“Hey, giù le mani dalla mia Bambina”
“Sei uguale a lui” si lasciò scappare il liceale
“Lui?” si incuriosì Dean.
“Un mio amico, si chiama Derek, ha anche lui una Chevrolet nera, ma un modello diverso è una Camaro. Guai a chi gliela tocca. È sempre lucida e perfetta, penso che quelle rare volte in cui ci sono salito, siano state per lui un sacrificio”
“Una Camaro?” e avvicinandosi all’auto sussurrò a pochi centimetri dal cofano “Non ascoltarlo bellezza, tu non sei paragonabile a quella chincaglieria ultra moderna. Anche se devo ipotizzare che il tuo amico sia giovane”
“È più grande di me, ma di certo più giovane di te” convenne soprappensiero.
“Stai insinuando che io sia vecchio?” si sentì punto sul vivo Dean.
“No” cercò di salvarsi il castano “ma”
“Dean, lascialo in pace, anche lui deve risolvere alcuni problemi con questo Derek, penso simili ai nostri”
“Potreste riportarmi a casa? Così poi voi potrete pensare ad altro”
“Il piccoletto ha ragione, forza Cass datti una mossa”
L’angelo sorprese entrambi, poggiando le proprie dita sulle loro fronti e facendoli scomparire assieme a lui.
   
 
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