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Autore: ShioriKitsune    03/06/2013    3 recensioni
[DamonCentred]
"Lo sai, quella cometa ha viaggiato attraverso lo spazio per migliaia di anni.
Tutta sola.
Solo una palla di neve e ghiaccio, intrappolata in un percorso dal quale non può sottrarsi".
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Non pensavo che avrei pubblicato nuovamente per il fandom di TVD, ma questa OS è venuta da sé.
La verità è che amo scrivere dal POV di Damon, amo Damon e amo immedesimarmi in lui.
Questa fic è la mia interpretazione del video "The Comet" e spero che possa emozionarvi almeno un po', così come scriverla ha emozionato me.
xoxo
-Mery-chan. <3

* * * * *

The Comet


 

Lo sai, quella cometa ha viaggiato attraverso lo spazio per migliaia di anni.
Tutta sola.
Solo una palla di neve e ghiaccio, intrappolata in un percorso dal quale non può sottrarsi.


 

 

Una cometa.
Era questo ciò a cui mi sentivo di paragonarmi?
Una stella solitaria, un punto di luce in mezzo al buio.
Chiusi gli occhi, mentre il film della mia vita iniziava a scorrermi dietro le palpebre chiuse.
Dolore, odio, rabbia erano stati le forze portanti della mia esistenza, colonne di cemento indistruttibili.
Scelte sbagliate, costrette, prese d'impulso.
Baci rubati in piena notte, segretamente, mentre sentivo sussurrare il mio nome tra un gemito e l'altro.
Sempre lei, sempre Katherine.
Non era forse partito tutto da quella meravigliosa e diabolica donna? Capace di stregarmi, di plasmarmi a suo piacimento, rendendomi suo schiavo fedele.
Legato dal desiderio, da quell'amore viscerale che una volta provato non si può più negare. Da quella passione che ti entra dentro con la forza, recidendo in malo modo tutti i fili che ti tengono aggrappato alla vita e rendendo di essa il suo centro.
Quella stessa dolorosa passione che ti prende poco alla volta, strappando pezzi di te stesso e sputandoli via.
Che ti annienta, di distrugge.
Questo era stata per me Katherine Pierce, una piacevole distruzione.
E non era forse sua la colpa di tutto?
Sentivo il buio entrarmi nelle ossa e farsi strada fino al petto, proprio lì dove ci sarebbe dovuto essere il cuore. Un cuore morto, spento. Un cuore che ne aveva avuto abbastanza.
Steso sull'asfalto, con il viso rivolto verso la luna, era come se cercassi redenzione nella luce. Luce che filtrava attraverso gli arbusti, luce che non riusciva ad arrivarmi con chiarezza.
Ero bloccato nel mezzo.
E li, in quell'impasse infinita, mi domandai cosa ne sarebbe stato di me se quella donna non fosse mai entrata nella mia vita, artigliando la mia essenza, lacerandola.
A quest'ora sarei stato felice.
Morto, ma felice.
Non avrei avvertito l'impulso di uccidere, solo per appagare un vuoto che non poteva essere riempito. Il vuoto di un uomo che ha perso tutto, che ha perso la speranza.
Avevo smesso di sentire, provare. Avevo smesso di fingere di essere umano.
Non lo ero più, non lo sarei più stato.
Non ero Stefan, odiavo le recite imbastite per pura apparenza.
Tutto ciò che ero stato un tempo era ormai perso per sempre.
Ma non appena riuscivo a convincermi di quest'innegabile realtà, la sua voce arrivava pronta, schiaffeggiandomi in pieno viso.
"Andiamo, Damon, è una bugia. A te importa".
La salvezza che non riuscivo a raggiungere.
La mano troppo lontana per essere afferrata.
La redenzione che mi era stata negata.
Elena.
E, puntualmente, distruggeva ogni mia meticolosa convinzione. Ogni mia speranza di dimenticare tutto, di spegnere l'umanità, lei la disintegrava con una semplice frase.
Non sarei mai stato libero.
Non sarei mai stato capace di non provare.
Perché la verità era che volevo sentire, volevo sentire tutto.
Ogni colpo incassato, ogni barlume di felicità, ogni momento di spensieratezza e ogni spaccatura del mio cuore.
Volevo sentirle sulla pelle, in modo da potermi definire vivo.
In modo da potermi definire capace di raggiungere l'agognata salvezza.
Quell'umanità che tanto avevo disprezzato si burlava di me, prendendosi gioco di tutto ciò che ero diventato.
Bloccato tra il voler fuggire ed il voler essere salvato, tra le tenebre della mia anima nera e il sorriso di una giovane umana.
E allora avrei sofferto ancora, e ancora, fino a quando non ne sarei morto.
Avrei sopportato ogni schiaffo, ogni parola impregnata nel veleno, ogni rifiuto.
Sarei andato avanti.
E per ogni lacrima versata mi sarebbe stato donato un abbraccio, un sussurro pieno d'affetto, una calda stretta di mano.
L'avrei meritata.
Sarei riuscito ad arrivare a lei.
E allora, solo allora, avrei potuto dire di aver vissuto. Di essere stato in grado di trovare il mio posto nel mondo.
La mia famiglia, la mia casa.
Un posto in cui non essere più solo.

   
 
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