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Autore: Kade    03/06/2013    8 recensioni
Rin è una giovane avvocato di Tokyo che adora il suo lavoro. Ha un ragazzo che la ama, una casa tutta sua e tanti amici. Ha tutto quello di cui ha bisogno e ha intenzione di vivere la sua vita in tranquillità. La sua esistenza, però, viene sconvolta dalla comparsa di Sesshomaru, uomo d'affari arrogante e freddo come il ghiaccio, che ha bisogno di lei per risolvere alcune controversie giudiziarie e per mettere a tacere per sempre il suo più acerrimo nemico: Naraku. Fra aule di tribunale, incertezze, amori e incomprensioni, ecco a voi la mia storia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Secondo capitolo


Capitolo 2
"Proposte indecenti"







"La chiamo a nome di Sesshomaru Taisho."


Rin trattenne il fiato e sbarrò leggermente gli occhi. Sesshomaru Taisho, uno degli uomini più importanti di Tokyo e uno degli imprenditori edili più famosi del Giappone, aveva dato l'ordine di chiamarla. Che cosa avrebbe mai potuto volere uno come lui da una come lei? Si diede mentalmente della stupida e lasciò che un sorriso le increspasse le labbra rese vermiglie dal rossetto.

"Oh, è molto divertente! Per un attimo ci ho quasi creduto!"
Rise piano, ascoltando Koga sospirare sconsolato.

"Non sto scherzando, signorina."
Aggiunse l'uomo con una voce così seria che Rin, suo malgrado, gli prestò maggiore attenzione.
"Il signor Taisho in persona mi ha chiesto di contattarla per chiederle se sarebbe così gentile da recarsi il prima possibile alla stazione di polizia. Si tratta di una questione piuttosto urgente e, se ha visto i telegiornali, sa a cosa mi riferisco."

"No, mi ascolti un attimo: ho già un appuntamento per stasera. Devo andare a cena fuori con il mio fidanzato e non posso disdire assolut-"

"Questo non sarà un problema. M'impegnerò io stesso per contattare il suo fidanzato e avvisarlo del fatto che la sua presenza è richiesta qui. Il signor Taisho è disposto a pagarla profumatamente se sarà qui entro mezzora. E' questione di vita o di morte. Sul serio."

La ragazza prese un respiro profondo e decise di credergli. Quell'uomo non sembrava in vena di scherzi. Lo poteva dedurre dal tono di voce basso, profondo e caratterizzato da una vena di preoccupazione appena percettibile. Annuì distrattamente, senza pensare al viso deluso del suo ragazzo, che contava su quella cena per dirle chissà cosa. Era stato molto misterioso, ma Rin non aveva indagato oltre, preferendo aspettare la serata tanto attesa. Kohaku era stato così emozionato solo per due occasioni: questa cena e la vittoria degli Yomiuri Giants nell'ultimo campionato di baseball e la ragazza, dal canto suo, non voleva assolutamente rovinare tutto. Ma lei era una donna capace di organizzare i propri impegni e di riconoscere quali erano le priorità... E poi doveva ammettere di essere piuttosto curiosa su cosa il signor Taisho dovesse dirle di così urgente da farla precipitare in fretta e furia alla stazione di polizia.

"Va bene. Arrivo subito, mi dica solo l'indirizzo preciso."
Si avvicinò nuovamente alla scrivania e, preso un post it e una penna, annotò il numero civico della stazione di polizia dove avrebbe dovuto recarsi.
"Tra venti minuti sarò lì."

In realtà non sapeva cosa l'avesse spinta a mettersi in macchina e a rinunciare alla cena con Kohaku, ma poteva affermare con certezza di essere dannatamente curiosa su cosa ci fosse sotto in tutta quella storia. Scacciò il volto del fidanzato dalla propria mente per concentrarsi sulla strada. Il traffico era notevole, visto che molte persone staccavano dal lavoro a quell'ora, ma riuscì ad arrivare comunque in venticinque minuti circa alla stazione di polizia. Trovò un parcheggio per un puro colpo di fortuna e, ringraziando i Kami, afferrò borsa, giacca e chiavi e scese dalla vettura, innescando l'antifurto. Si diresse spedita verso l'ingresso della stazione di polizia e rivolse un saluto cortese al poliziotto appostato vicino all'entrata.

"Buonasera! Sono stata chiamata da Sesshomaru Taisho..."

"Ah sì, il signor Taisho... prego, mi segua."
L'uomo in divisa si alzò e la condusse lungo un intrico di corridoi tutti uguali, con le pareti piastrellate e il pavimento in legno consumato. Giunto di fronte ad una stanza, aprì seccamente la porta a vetri e la invitò con un braccio ad entrare. In quelle quattro pareti, bianche e spoglie, seduto su una sedia di legno traballante e con un alone di superiorità che lo circondava dalla testa ai piedi, c'era Sesshomaru Taisho. Vestito di tutto punto in completo gessato grigio antracite, rivolse un'occhiata indifferente a Rin, che fece il suo ingresso nella stanza e gli rivolse un sorriso di circostanza.
Quell'uomo la metteva a disagio e ciò traspariva in maniera fin troppo evidente. Si soffermò per un attimo ad osservare il viso dell'imprenditore: candido e perfetto, adornato da due profondi occhi dalle sfumature dorate, da una voglia a forma di mezzaluna di un rosa tenue sulla fronte, dal perfetto naso alla greca e da due labbra pallide e sottili. I capelli erano una cascata di puro argento e sembravano fini e morbidi come seta; il corpo, per quello che Rin poteva vedere, era muscoloso e, tuttavia, non troppo gonfio, come se Sesshomaru fosse frutto del disegno di un artista d'ispirazione classica. Poteva immaginare i suoi muscoli, guizzanti e scattanti, sotto il tessuto della camicia bianca e la sua pelle candida come la neve, senza alcun difetto ad intaccarla. Le braccia parevano forti e, in qualche modo, rassicuranti. Aveva una certa eleganza nel vestire e sembrava che quegli abiti gli fossero stati cuciti addosso, tanto si adattavano bene alla sua fisicità.
Era così incantata nell'osservare l'uomo e la perfezione del suo corpo che quasi non si rese conto del suo sopracciglio sollevato.

"Sta sbavando."

La ragazza si maledisse più e più volte, mentre cercava di ricomporsi e assumere un'espressione meno ebete di quella che, a quanto pare, aveva manifestato finora. Si avvicinò al tavolo di legno e si sedette sulla sedia di fronte a lui.

"Ehm... Buonasera, signor Taisho. Ho fatto il prima possibile... Sa, il suo assistente mi ha pregato di arrivare in fretta e furia. E io ho corso come una disperata e probabilmente mi beccherò una multa, visto che penso di aver visto il flash dell'autovelox, ma dal momento che-"

"Faccia silenzio."

Rin si zittì immediatamente, sentendo su di sé una patina di gelo che aveva tutta l'aria di essere emanata da Sesshomaru stesso. Abbassò lo sguardo. Quell'uomo aveva una strana quanto disarmante capacità di metterla in soggezione solo guardandola. Appoggiò la valigetta sulla scrivania, tanto per non stare con le mani in mano, aspettando che lui si decidesse a dirle cosa diavolo poteva volere uno come lui da una come lei.

"L'ho fatta chiamare per una questione piuttosto importante. Oggi ha seguito i notiziari?"
Rin annuì e lasciò che continuasse. Aveva l'impressione che a Sesshomaru Taisho non piacesse molto parlare: lo poteva intuire dal tono freddo e formale di voce e da un certo sforzo nel mettere insieme una frase, come se gli costasse fatica farlo.
"Bene. Allora sa che sono stato arrestato e condotto qui con l'accusa di speculazione edilizia e di favoreggiamento alle attività mafiose della Yakuza. Queste accuse, queste stronzate, mi costringeranno a presenziare ad un processo, che avrà inizio tra due mesi e tre giorni. Sicuramente si starà chiedendo cosa c'entra lei in tutto questo. Sbaglio?"

A Rin sembrava che quel "sbaglio?" fosse stato detto più per circostanza che per altro, come se Sesshomaru fosse un uomo abituato a non sbagliarsi mai e ad esserne consapevole. Sospirò impercettibilmente e annuì di nuovo.
"Sì, mi stavo chiedendo questo. E mi chiedevo anche come mai ha contattato me anzichè Sakamoto-san, il suo avvocato."

Sesshomaru le rivolse un'occhiata a metà tra lo sdegno e l'indifferenza, come se non solo il fatto di parlare, ma più che altro il fatto di "parlare con lei" gli desse un fastidio immenso.
"Si dà il caso che Sakamoto sia in vacanza a farsi spalmare olio abbronzante sulla schiena insieme alla moglie e ai suoi marmocchi pestiferi e che mi abbia espressamente detto di rivolgermi a lei in caso di problemi. Ora è chiaro?"

La ragazza aprì leggermente la bocca, un'espressione stupita sul volto.
Il suo capo era uno stronzo e ora aveva la prova per dimostrarlo. Tra tutti coloro che lavoravano in ufficio aveva scelto lei e, anche se una voce nella sua testa le suggeriva che forse avrebbe dovuto sentirsi orgogliosa, ora poteva soltanto dire di essere incazzata come una iena. Aggrottò le sopracciglia, cercando di mascherare la furia che stava cominciando a divampare in lei come un incendio.

"Capisco... Quindi lei intende dire che io dovrei..."

"Mi sembra chiaro. Sarà lei ad assistermi durante il processo e ad occuparsi della mia difesa."
A Rin sembrò di cadere in una specie di voragine senza fondo, in un buco nero dal quale non sarebbe mai potuta riemergere. Tra tutti gli uomini che avrebbe potuto difendere le era toccato Sesshomaru Taisho, un imprenditore ricco e viziato con la passione per le donne e una collezione di denunce che avrebbe fatto invidia ad uno dei delinquenti più incalliti dei bassifondi di Tokyo. Si accorse di avere di nuovo la bocca aperta e di sembrare più una ragazzina stupida che un avvocato serio e preparato, quindi cercò di ricomporsi in fretta.

"Sì, certo... Allora..."
Aprì la valigetta con uno scatto e tirò fuori alcuni fogli e una penna, assumendo immediatamente un atteggiamento pratico.
"Anzitutto ho bisogno di avere il fascicolo del caso per poterlo studiare con calma. Poi lei dovrà raccontarmi tutto quello che sa su questa faccenda. Sono un avvocato della difesa e dovrò fare di tutto affinchè la giuria possa essere convinta della sua innocenza."
Sesshomaru fece un cenno d'assenso, fissandola negli occhi. Oro fuso dentro il cioccolato. Rin provò uno strano brivido, ma decise di ignorarlo.
"Devo metterla in guardia, però: lei dovrà essere estremamente sincero con me. Se non dirà tutto ciò che sa, non potrò aiutarla come si deve a risolvere la questione."
Le parve di sentire una specie di sbuffo fuoriuscire dalle labbra dell'uomo, ma poi, guardando il suo volto serio e freddo come il ghiaccio, ritenne di averlo immaginato. Come poteva un dio come lui abbassarsi ad una cosa tanto futile come sbuffare? No, era impossibile. Si soffermò a guardarlo e gli donò un piccolo sorriso d'incoraggiamento.
"Non c'è nulla di cui preoccuparsi, signor Taisho."

"Le sembro preoccupato?"
Domandò freddamente Sesshomaru, staccandosi dallo schienale e togliendosi la giacca. La camicia bianca lasciava poco spazio all'immaginazione, visto il tessuto fine e semi-trasparente, e Rin si rese conto che sarebbe stato molto difficile per lei riuscire a concentrarsi su ciò che doveva dire. In fondo non era così semplice articolare un sostantivo, un verbo e un complemento senza impappinarsi come un'allocca.

"Ehm... Bene, sì. Cominciamo. Mi racconti come si sono svolti i fatti."

E Sesshomaru cominciò a raccontare, il tono di voce più gelido dell'iceberg che aveva fatto affondare Jack, Rose e il Titanic con tutti i passeggeri.
Quando Inu no Taisho, padre di Sesshomaru, era morto, aveva lasciato al figlio le redini della Taisho Industries e una grande quantità di soldi da gestire. Le finanze andavano alla grande e tutto sembrava andare per il meglio. Circa un mese prima di essere arrestato, l'uomo era stato contattato dal suo commercialista per una serie di problematiche all'interno dei conti dell'azienda. A quanto pareva, infatti, erano spuntati negli archivi aziendali un gruppo di appartamenti che Sesshomaru non ricordava di aver comprato, acquistati con una somma minima da proprietari precedenti e valutati con almeno il doppio del valore originario. Il fatto lo aveva insospettito, ma non abbastanza per indagare oltre. Affidò al commercialista il compito di sistemare la questione e continuò con il proprio lavoro, fino a quando tre poliziotti non avevano invaso il suo ufficio e gli avevano messo le manette per portarlo lì, in quella lurida stazione di polizia che puzzava di cavolini di Bruxelles.

Rin annotò tutto quello che poteva essere utile e, dopo aver finito di scrivere, sollevò lo sguardo su Sesshomaru. Sembrava che il fatto di trovarsi in una stazione di polizia e di avere sulla testa due accuse di importanza non indifferente non lo interessasse più di tanto. La ragazza non sarebbe riuscita a provare ad immedesimarsi in lui neanche se avesse realmente voluto, visto che lei, da lurida umana mortale, non poteva neanche immaginare quanto cose del genere fossero inutili agli occhi di una divinità scesa in terra come lui.
"E con questo ho più o meno capito perché l'abbiano accusata di speculazione. Ma come si spiega l'accusa di favoreggiamento alle attività della mafia?"

"A quanto pare gli appartamenti risultanti negli archivi aziendali sono stati utilizzati dalla Yakuza. La polizia crede che io abbia usato soldi sporchi per permettere alla mafia di avere luoghi sicuri e a basso costo dove far girare gli affari."
Rispose l'imprenditore, sciogliendo la presa delle mani affusolate e portando una di esse sulla superficie del tavolo.
"Come mio difensore desidero che lei faccia alcune indagini per capire chi c'è dietro tutta questa storia. D'accordo?"

Rin lo osservò con una punta di risentimento sul viso. Per quanto potesse essere famoso, influente e stragnocco, Sesshomaru Taisho non aveva alcun diritto di dirle come svolgere il suo lavoro. Si soffermò a guardarlo dritto negli occhi, trovandovi il vuoto. Strano come le iridi di quell'uomo non trasudassero altro che pura, semplice e gelida indifferenza, come se tutti gli esseri umani non fossero altro che pedine di uno schema più grande nelle sue mani e come se il mondo dovesse piegarsi ai suoi desideri. Volitivo, in un certo senso. In tutto e per tutto. Distolse lo sguardo, mascherando ancora una volta un brivido che le era corso lungo la spina dorsale, e ricacciò indietro la risposta maleducata che avrebbe voluto tanto propinargli.

"Perfetto. Mi metterò subito in contatto con un mio amico e collega per creare una strategia... Nel frattempo, in qualità di suo avvocato, le consiglio di sottostare agli ordini ricevuti. Stia a casa e faccia fare agli altri le commissioni necessarie..."
Si fermò un momento, sospirando.
"Posso immaginare quanto sia frustrante per lei... Ma più la sua condotta sarà ottima, più possibilità avremo di farla uscire indenne dal processo. Va bene?"
Sesshomaru si limitò ad annuire, il viso come una maschera di solido vetro.
"Bene... Ora dovrei andare. Ho il numero di Koga, il suo assistente, salvato nel cellulare. Eventualmente mi metterò in contatto con lui. Per quanto riguarda la strategia e le altre pratiche, credo che ci vedremo molto spesso in queste settimane, signor Taisho."

L'uomo la osservò alzarsi, afferrare la valigetta e dirigersi verso la porta con passo rapido.
"Koga le darà presto l'indirizzo di casa mia."
Rin si voltò e lo guardò stupita, senza badare al fatto di sembrare un pesce bollito.

"L'indirizzo di casa sua?"
Domandò in un soffio, schiarendosi subito dopo la voce.

"Sì, l'indirizzo di casa mia."
Confermò con tono annoiato e un sopracciglio ancora una volta inarcato.
"Dal momento che sono confinato fra quattro mura e lei dovrà elaborare con me una strategia, mi sembra ovvio che l'unico posto in cui possiamo incontrarci sia casa mia."
Ora si poteva scorgere un'aria vagamente divertita nella voce dell'uomo, che sembrava intento a pensare qualcosa che Rin non riusciva ad afferrare. Si chiese cosa stesse macchinando. Ebbe una risposta subito dopo.
"O forse si aspettava qualcosa di più? Magari una cena o un incontro passionale nel mio letto?"

Rin si lasciò cadere di mano la valigetta, rossa di rabbia e con una vena pulsante sulla fronte. Ma come si permetteva quello stronzo di un dio greco bello come il sole? Stava insinuando che lei, una donna fedele, dai sani principi e fidanzata da ben quattro anni, fosse interessata minimamente ad andare a letto con lui? Bugie. Bugie e cattiverie.

Ma è impossibile. Le bugie non hanno un fondo di verità. Quindi quelle che dice non sono bugie, cara Rin. E lo sai anche tu.

Cercò di ritrovare la calma e di mantenere un tono fermo e calmo.
"Per mia fortuna non sono così disperata, Taisho-san. Sono fidanzata da anni, ormai, e non vedo perché lei abbia potuto pensare una cosa del genere. Se non le dispiace, io vado. Arrivederci."
Recuperò la valigetta, girò di tacchi e aprì la porta per uscire. Per andare via da quell'uomo che, anche se in modo ironico e disinteressato, le aveva istigato il dubbio nel petto.










"Amore, sei tu?"
La voce di Kohaku arrivò attutita dalla cucina e Rin, dopo aver appoggiato il cappotto e la valigetta sul divano rosso del salotto, lo raggiunse, i tacchi che producevano un ticchettio forte sul parquet lucido.

"Sono io!"
Esclamò una volta giunta in cucina. Si trovò davanti uno spettacolo davvero buffo. Kohaku era coperto da capo a piedi di farina e aveva le mani immerse in un impasto colloso e di uno strano colore, un misto tra giallo vomito e marrone ruggine dei tubi di scarico delle fogne di Tokyo. Scoppiò a ridere vedendolo in quelle condizioni e non smise nemmeno quando lui le rivolse un'occhiata di traverso.
"Ahahah... Oddio, sei favoloso! Sarebbe bellissimo immortalarti in una foto..."

"Sei cattiva! Stavo facendo una torta per il nostro anniversario. E' oggi e stamattina non ci siamo neanche fatti gli auguri."
Rin smise immediatamente di ridere. Aveva dimenticato il loro anniversario... Aveva dimenticato una data così importante, eppure Kohaku non sembrava arrabbiato. Riconobbe una luce particolare nei suoi occhi, che trovò arrossati. Probabilmente aveva pianto. Rin si morse il labbro inferiore, dispiaciuta oltre ogni limite e anche, in un angolo recondito del suo animo, infastidita. Perché Kohaku doveva sempre piangere? Ogni volta che avevano litigato, forse due o tre volte in quattro anni di relazione, lui si era messo a piangere come una fontana, facendola sembrare la bastarda di turno. A volte si chiedeva se fosse davvero un uomo o se fosse rimasto all'età della pubertà, quando le emozioni esplodono senza poter essere controllate, come un fiume in piena. Era lei troppo cinica o lui troppo infantile? Forse altre ragazze avrebbero apprezzato quel lato di Kohaku, manifestazione della sensibilità e della dolcezza del ragazzo, ma lei trovava il tutto fin troppo stupido. Probabilmente era anche per questo motivo che aveva cominciato a sentirlo distante. Come se lei fosse cresciuta e lui fosse rimasto anni e anni indietro. Mantenne un atteggiamento pacato, ma il tono di voce tradiva la stanchezza e il leggero fastidio.

"Kohaku... Mi dispiace! Sono stata presa dal lavoro e da altre cose... Scusami..."

"Tranquilla... Lo posso capire. Non devi scusarti..."
Quelle parole la buttarono giù e la scossero in modo spiacevole. Da quando tutto questo aveva cominciato ad irritarla? Ignorò la domanda della sua coscienza e gli rivolse un sorriso. La stava facendo di nuovo sentire come la stronza della situazione. Decise di cambiare argomento

"Bene... Che torta volevi fare?"

"Ah, la torta al cioccolato che ti piace tanto. Quella col cuore di fondente!"
Rin diede un'occhiata all'impasto e rise ancora, le sopracciglia fini inarcate.

"Ti ringrazio comunque per il pensiero!"
Si sporse in avanti e gli posò un bacio sulla guancia. Si voltò per andare in camera a cambiarsi, ma si sentì afferrare il polso. Si girò e si trovò davanti un Kohaku dal volto serio e pensieroso.
"Devi dirmi qualcosa?"

"Io... Sì, ecco..."
Il ragazzo cominciò a balbettare e, ad uno sguardo curioso di Rin, si fece forza e prese un bel respiro.
"La torta era solo una parte della sorpresa. Dentro avrei voluto mettere una cosa..."
Si voltò verso il piano di lavoro di marmo alle sue spalle e prese qualcosa, tenendola tra le mani giunte dietro la schiena, di modo che Rin non potesse vedere. Lei gli rivolse un sorriso circospetto, ma lasciò che continuasse.
"Ormai sono quattro anni che stiamo insieme, Rin, e mi sembra il momento più adatto per chiedertelo. Abbiamo vissuto tante esperienze e ho imparato ad amarti sempre di più ogni giorno di questi quarantotto mesi insieme. La mia vita è cambiata da quando ti ho conosciuta. E' cambiata in meglio, a dire la verità. Ti amo tanto, amore. Lo sai... Per questo vorrei chiederti una cosa..."
S'inginocchiò di fronte alla ragazza, che lo guardò dall'alto con uno strano sguardo. Un misto di terrore e di stupore che donava così poco ai suoi caldi occhi castani.



"Rin, vuoi sposarmi?"











~ Angolo dell'autrice

Ciao, belli e belle!
Sono tutta un fremito per questa storia e, anche se sono passati solo due giorni da quando ho pubblicato il primo capitolo, ho deciso di aggiornare subito. Ringrazio le persone che hanno lasciato una recensione e che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate. E' sempre un immenso piacere poter leggere che apprezzate gli sforzi della sottoscritta! :) Vi voglio tanto bene, anche se ci conosciamo e se mi considerate al pari di una cacca di piccione.
Un bacio e alla prossima!

Giulia









   
 
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