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Autore: areon    04/06/2013    0 recensioni
Caran viveva, sin dal giorno della sua nascita, in un piccolo paesino arroccato in mezzo alle montagne scoscese. Sin da quando, a tre anni, sua nonna le aveva regalato un mantellino rosso da cui si era sempre rifiutata di separarsi, era stata soprannominata Rossa.
Ispirato a Cappuccetto Rosso di Perrault
Seconda classificata al contest Cappuccetto Rosso di Gely_9_5
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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02. Convivenza
Caran viveva, sin dal giorno della sua nascita, in un piccolo paesino arroccato in mezzo alle montagne scoscese. Sin da quando, a tre anni, sua nonna le aveva regalato un mantellino rosso da cui si era sempre rifiutata di separarsi, era stata soprannominata Rossa.
Ispirato a Cappuccetto Rosso di Perrault
Seconda classificata al contest Cappuccetto Rosso di Gely_9_5

Rating: arancione
Genere: angst, dark, sentimentale
Personaggi: //
Note: long-fic (3 capitoli)

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Riassunto del capitolo precedente: Caran abita in una casetta di montagna con la madre e la nonna, e dopo la morte del padre è lei che si occupa dei lavori da uomo. Un giorno dei suoi sedici anni esce a prendere della legna per riscaldarsi dal precoce arrivo dell’inverno, quando la raggiunge il suo caro amico d’infanzia Njl. Njl le confessa di essere innamorato di lei, ma lei lo rifiuta dicendo che sono come fratelli, quindi non può ricambiarlo. Mentre Caran sta tornando a casa, l’amico l’aggredisce alle spalle, facendole perdere i sensi, spezzandole una gamba e potandola in un luogo ignoto.


- CARAN E IL LUPO -
Capitolo 2 – Convivenza

La prima cosa che percepì, riprendendosi lentamente, fu il dolore lancinante alla gamba destra.
Era vagamente consapevole della morbidezza del giaciglio su cui era distesa e del calore della coperta; erano ben chiari invece la fasciatura che le impediva il movimento, il dolore acuto e la confusione che le regnava in testa.
“Ehi.”
Aprì gli occhi sentendo la voce familiare che la chiamava gentilmente al suo leggero movimento, sottovoce così da non destarla inutilmente in caso dormisse ancora. Njl era accanto al letto, la vegliava in attesa del suo risveglio.
Una luce grigio-bianca filtrava dalla finestra, opaca ma comunque accecante per Caran, che aveva tenuto gli occhi chiusi per due giorni interi, come le spiegò in seguito Njl.
Accorgendosi di non riuscire a parlare – aveva la bocca impastata dal sonno prolungato – si spaventò, ma l’amico la calmò subito, raccontandole cos’era accaduto.
“Tranquilla. Bevi questa” disse porgendole un bicchiere che conteneva una tisana e aiutandola a bere. Inizialmente si rifiutò con qualche lamento basso, ma quando le spiegò di cosa si trattava accettò, quasi rassegnata. “è un miscuglio di valeriana, camomilla, melissa e un po’ di biancospino, diminuisce il dolore e favorisce il riposo: hai passato gli ultimi due giorni dormendo, non aveva senso tenerti sveglia e in preda al dolore. In ogni caso, ormai era ora che ti svegliassi almeno per un po’: devi mangiare se vuoi guarire in fretta, senza avere altri problemi.”
Mentre le parlava lei bevve la tisana a piccoli sorsi; non era fredda, ma nemmeno bollente: aveva avuto la premura di scaldargliela un po’ così che fosse più facile da bere. Poi spostò il bicchiere dalle sue labbra e lo depose sullo sgabello che aveva posizionato appositamente accanto al letto, l’aiutò a distendersi, le sistemò la coperta e le diede un bacio sulla fronte.
“Vado a scaldarti un po’ di cibo, torno subito.” la rassicurò accarezzandole una guancia.
Caran rimase per qualche istante a fissare il soffitto, non riconoscendo l’ambiente, mentre ascoltava i rumori di passi in allontanamento, di un caminetto attizzato e di una pentola che veniva appesa sul fuoco, poi altri passi che si avvicinavano di nuovo. Poi Njl ricomparve nel suo campo visivo, sedendosi ancora una volta di fianco al letto.
“Ti ricordi cos’è successo?”
Lei scosse piano la testa. Lui sospirò, sorridendole rassicurante.
“È normale, hai sbattuto la testa molto forte. Sei qui da due giorni. Ricordi di essere andata nel bosco per raccogliere della legna?”
Vedendola annuire, continuò la propria spiegazione.
“Bene. Ricordi quando ti stavi avviando verso casa, e sei caduta?”
In risposta, Caran aggrottò le sopracciglia – non ricordava, probabilmente le erbe che le aveva dato l’avevano confusa, ma questo lei non lo poteva sapere. Lui sospirò ancora, vedendo la sua reazione, e riprese a raccontare.
“Hai messo male un piede, la neve probabilmente aveva nascosto un buco o qualcosa di simile: sei scivolata e sei caduta molto male, battendo la testa tanto forte da perdere i sensi e da romperti una gamba. Sono riuscito a prenderti al volo prima che cadessi ancora peggio, e ti ho portata qui, a casa mia, per curarti: casa tua era troppo lontana, la neve stava cadendo molto forte e avremmo rischiato di perderci nel bosco perché le tracce non si vedevano quasi più. Quando siamo arrivati qui ti ho fasciato la gamba e preparato un infuso di erbe come quello di prima, solo più potente, poi ti ho messa a letto. Ho continuato a darti l’infuso mentre dormivi, e un po’ di zuppa per farti mangiare qualcosa, ma due giorni di riposo mi sembravano sufficienti, così oggi ho aspettato che ti svegliassi, anche perché hai bisogno di mangiare qualcosa di meglio di un po’ di zuppa, se vuoi riprenderti come si deve.”
Caran chiuse gli occhi, meditando qualche istante. Non ricordava nulla, solo lui che l’afferrava – probabilmente era a causa della botta in testa che aveva preso.
“C’è un’altra cosa che devi sapere…” la ragazza riaprì gli occhi, tornando a guardarlo. “In questi due giorni in cui hai dormito è caduta molta neve, quindi saremo bloccati in casa almeno per un po’, finché il tempo non migliorerà e si scioglierà abbastanza neve – però se continua a nevicare così saremo bloccati fino all’inizio della primavera. In ogni caso tu non puoi assolutamente camminare prima di due lune, se vuoi guarire davvero.”
Se avesse potuto, Caran l’avrebbe ucciso: costretta a letto per due lune intere – se non di più – era una cosa assolutamente inaccettabile per lei, che quando s’ammalava faceva fatica a rimanere a letto anche solo per quattro o cinque giorni.
Vedendo la sua espressione allibita, Njl non poté trattenersi dal concludere con: “Mi dispiace, ma è per il tuo bene.”
A quelle parole lo sguardo dell’amica divenne carico di odio – se quell’occhiataccia avesse potuto incenerirlo, di lui ormai non vi sarebbe più traccia – mentre lui iniziava a ridere, felice di vedere che anche con una gamba rotta era la stessa di sempre.
Non appena il pasto fu pronto, Njl glielo servì, aiutandola a mangiare. Poi le diede dell’altra tisana, e lei tornò a riposare. Uno scenario simile si ripeté la sera a ora di cena, e ancora nei giorni successivi. Nel frattempo, Njl riduceva gradualmente le dosi di biancospino e melissa ogni giorno, Caran invece passava sempre meno tempo a dormire e sempre di più a guardare apatica fuori dalla finestra la leve che cadeva lenta e senza alcuna sosta, cercando di ricordare cos’era accaduto quel giorno nel bosco, senza però riuscirci.
Il ragazzo era preoccupato dal silenzio protratto dell’amica: era una persona solare ed energica, non era il tipo che taceva per giorni né che rimaneva a letto due mesi senza protestare – per questo si era aspettato che si sarebbe come minimo lagnata per la prima mezza luna, se non anche di più. E invece era ufficialmente arrivato l’inverno, non solo nella stagione ma anche nel calendario, e lei ancora non parlava.
Solo sei giorni dopo, quando si avvicinava la luna piena, Caran gli chiese se potesse procurargli dei panni puliti e aggiungere della calendula alla tisana. Njl fece come richiesto, senza chiedere il motivo – non gli serviva, aveva già capito. Ogni tanto lei gli chiedeva se poteva rimanere da sola, e lui provvedeva ad uscire, dicendole che comunque avrebbe potuto chiamarlo se avesse avuto bisogno di aiuto. Lei fece accuratamente in modo di non averne bisogno, poiché sarebbe stato assai imbarazzante per entrambi, e Njl le fu internamente riconoscente per questo. Sei giorni dopo, Caran smise di chiedergli i panni, e lo informò che non avrebbe più avuto bisogno della calendula – fino alla luna successiva, tralasciò di dire – e anche di questo Njl fu mentalmente grato.
Dopo le imbarazzanti vicende dei giorni precedenti, in seguito ad un altro giorno di pesante silenzio, la ragazza si rese conto che sua madre e sua nonna probabilmente erano preoccupate a morte per lei, non vedendola tornare e non avendo più avuto sue notizie per più di mezza luna, così si fece dare dall’amico inchiostro, penna e pergamena e scrisse un messaggio alla famiglia, sperando di riuscire a farlo avere loro prima della fine della sua convalescenza – oppure, ne era abbastanza certa, sua nonna avrebbe rischiato di morire di crepacuore pensando che le fosse capitato chissà cosa.
Successivamente iniziò a lagnarsi della convalescenza forzata, ma aveva notato che Njl era così gentile da far di tutto per fargliela pesare il meno possibile, e aveva ogni genere di riguardi possibile nei suoi confronti. Era premuroso, la ricopriva di attenzioni, le aveva insegnato qualcosa sulle erbe per distrarla, passava il tempo a raccontare storie, sia quelle classiche sia alcune inventate. Le aveva persino ceduto il suo letto sin dal primo giorno, e dato che si era trasferito lì in seguito alla morte del padre e vi abitava da solo, quello era l’unico letto disponibile: lui dormiva per terra. Si abituarono gradualmente a quella strana atmosfera di intimità – Caran smise di protestare quando lui le scostava la gonna per verificare lo stato di guarigione o le spalmava qualche unguento sulla gamba, sui piedi o sulle mani, che a suo dire dovevano favorire la guarigione o la circolazione del sangue. Certo, essendo cresciuti assieme sin da piccoli erano ormai avezzi alla presenza fisica l’uno dell’altro, ma mai prima d’ora questa si era protratta così a lungo ed ininterrottamente, o era stata così stretta, in particolare da quando la madre di Caran le aveva ordinato di smettere di star sempre accanto all’amico.
La convivenza forzata proseguì senza eccessivi intoppi per un’altra luna, durante la quale non smise che per pochi giorni di nevicare, finché Caran, avendo esaurito le altre varie argomentazioni, se ne uscì con il fatto che Njl doveva riprendersi il letto. Lui le fece ragionevolmente notare che lei non stava bene, quindi non poteva dormire per terra – e lei era una ragazza, e le ragazze non dormono per terra mentre i ragazzi si tengono il letti – e non era conveniente che dormissero assieme, poiché le male lingue avrebbero già avuto da dire a lungo per quell’ampio periodo di sparizione che lei avrebbe passato interamente nella stessa casa con lui; inizialmente tacque per quanto il ragazzo le aveva fatto notare, lievemente in imbarazzo, ma poco dopo gli rispose che in ogni caso ci sarebbe stato qualcuno pronto ad insinuare che avessero fatto qualcosa di sconveniente, quindi tanto valeva che dormisse comodo, anziché preoccuparsi per la sua reputazione. Sosteneva infatti che questa fosse già rovinata dal suo svolgere lavori da uomo e dall’assoluta incapacità di eseguire lavori femminili, e concluse la sua arringa con una battuta sul fatto che, se proprio doveva preoccuparsene così tanto, poteva sempre salvargliela sposandola. Lo scherzo non sortì l’effetto sperato, in quanto non appena finì la frase avvamparono entrambi e Njl si dileguò per un po’, uscendo di casa senza dire una parola. Quando quella sera fu il momento di coricarsi Caran gli chiese di nuovo se volesse dormire lì – in realtà riuscì a chiedere soltanto “Vuoi…?” senza essere in gradi di terminare la frase, ma limitandosi ad indicare il giaciglio. Njl le chiese se fosse convinta e lei annuì, e lui accettò adducendo come scusa che non poteva assolutamente dirle di no. Quando si distese di fianco a lei, il viso accanto al suo, Caran si rese conto per la prima volta di cosa fosse davvero l’aroma dolce che tanto caratterizzava l’amico: profumava di erbe. Inizialmente quella nuova intimità fu imbarazzante, ma vi si abituarono gradualmente, apprezzando ogni sera un po’ di più la presenza accanto a sé, il calore reciproco, i diversi aromi di cui i rispettivi capelli erano impregnati – finché infine non si confusero in uno unico mescolandosi.

Dopo due lune e mezzo dall’inizio di quella strana avventura la gamba di Caran guarì del tutto, ma la neve continuava ancora a cadere, a fasi alterne, ed erano entrambi ancora bloccati in casa – inoltre, essendo guarita da poco, la ragazza non aveva ancora ripreso a camminare bene, e faticava a riabituarsi: iniziò così un lungo periodo di riabilitazione, in cui Njl era sempre dietro di lei, pronto a prenderla in caso le gambe non la reggessero. Inizialmente Caran era frustrata da quella situazione, ma poi riuscì a camminare da sola sempre di più e sempre meglio, e qualche volta passava del tempo appena fuori casa, avvolta nel suo mantello, a guardare la neve cadere. Andare a vedere la neve, in particolare, era stata la prima cosa che aveva voluto fare quando aveva iniziato a reggersi sulle gambe, e Njl non aveva potuto far altro se non accompagnarla. Caran amava la neve, la sua bianchezza incomparabile, il modo in cui ovattava il mondo e lo avvolgeva in uno stato di torpore, il modo in cui il sole si rifletteva sulla neve.

La neve ci mise ancora due lune a sciogliersi abbastanza da rendere i sentieri praticabili. Questo diede a Caran il tempo che effettivamente le serviva per riprendersi appieno. Così, quando finalmente la neve fu sciolta abbastanza da poter attraversare il bosco, Caran e Njl si misero in cammino verso casa di lei: quelle quattro lune e mezzo di assenza della ragazza erano state più che sufficienti a far venire un attacco di cuore alla nonna, probabilmente.
Quando arrivarono, le due donne scoppiarono in lacrime nel vederla sana e salva. Quando si calmarono, i due spiegarono loro quanto accaduto, rassicurandole che ora stava bene e assolutamente nulla di male, a parte quell’assai sfortunato incidente, le era accaduto. Njl rimase con loro per il resto della giornata, e prima del tramonto si avviò verso casa: nessuno dei due era entusiasta della separazione, ma dovevano salutarsi.

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Ed ecco qui anche il secondo capitolo… Ne manca solo uno alla fine della storia.
Piccola nota tecnica sulle erbe: quelle presenti nel testo non sono state selezionate a caso. Le fonti sono questi siti per delle indicazioni generiche sulle erbe con determinate proprietà:
http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/analgesiche.html
http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/narcotiche.html
http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/sedative.html
e questi per le descrizioni specifiche delle singole erbe nominate:
http://www.cure-naturali.it/valeriana/2329
http://www.cure-naturali.it/camomilla/2399
http://www.cure-naturali.it/melissa/2189
http://www.cure-naturali.it/biancospino/2191
http://www.cure-naturali.it/calendula/2132
Passando alle cose non-tecniche della storia, spero l’abbiate gradito, e che vogliate lasciarmi un parere ^^ Ci si vede al prossimo capitolo.
Baci,
areon

   
 
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