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Autore: ivi87    04/06/2013    6 recensioni
Questa ff è una cross con Scandal ma nell'elenco delle serie tv non l'ho trovato, perciò vi avviso qui.
Timeline: post season finale di Castle e all'incirca due settimane prima del season finale di Scandal.
Ai Caskett serve l'aiuto dei Gladiatori in doppio petto... :-)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Richard Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Caskett goes to Washington

 

 

“Sei fatta così” iniziò Castle, dopo aver sentito le sue scuse “Non ti apri alle persone. Ho dovuto scalfire con le unghie ogni piccolo centimetro” si dondolò appena, su quell’altalena.

“Castle...” Kate avrebbe voluto parlare ma lui non glielo permise.

“Per favore, lasciami finire” la interruppe e attese il suo silenzio per proseguire “Ho pensato molto a noi due, alla nostra relazione...a quello che abbiamo...al nostro futuro...” scosse leggermente la testa “E ho deciso che voglio di più”.

Kate annuì tristemente, consapevole che quel discorso porterà ad una loro rottura, mentre lui aggiunse “Entrambi meritiamo di più”.

“Sono d’accordo” esclamò Beckett. Lui meritava di più di quello che lei poteva dargli.

“Quindi, qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu decida...” Castle si inginocchiò accanto a Kate, tenendo un anello tra le dita “Katherine Houghton Beckett, will you marry me?”.

Le si bloccò immediatamente il respiro.

Tutto si aspettava tranne una proposta di matrimonio.

L’aveva voluto incontrare per scusarsi, per dirgli che accettava il lavoro e che insieme avrebbero trovato una soluzione.

E ora questo.

Lei voleva di più dalla loro relazione. Voleva sapere dove stavano andando.

Bene, adesso lo sapeva.

Perché allora non riusciva a rispondere nulla?

Il volto di Castle, già molto teso e serio, si fece cupo.

Più i secondi passavano, più il braccio si abbassava.

Reagisci Kate. Dì qualcosa!

Nel momento in cui suoi pensieri la riscossero, vennero colpiti da un lampo di luce.

Il flash di una macchina fotografica.

Strizzarono entrambi gli occhi e si voltarono di scatto, in tempo per scorgere il paparazzo scappare via.

Castle scattò in piedi, come una molla.

Se c’era anche una, solo una, possibilità che Kate pronunciasse quel , era appena svanita assieme a quel fotografo.

Un’altra cosa che sapeva bene di lei era quanto tiene alla sua privacy e di certo non desiderava che un momento intimo come quello venisse sbattuto sulla prima pagina di una qualche rivista scandalistica.

Kate si alzò, frastornata dagli eventi di quegli ultimi minuti e gli posò una mano sull’avambraccio.

“Andiamo” disse solamente Castle, correndo verso l’auto di Kate.

Lei immediatamente lo raggiunse “Che vuoi fare, inseguirlo?”.

“Sì!”rispose lui e tese il palmo verso di lei “Guido io se non vuoi farlo tu”.

In risposta, Kate mise in moto e sgommò all’inseguimento del paparazzo.

Lui in motocicletta, loro qualche auto più indietro con la sirena accesa.

“Questo…” il nervosismo di Kate era palpabile “Questo non è necessario…”.

“Vuoi davvero che quella foto venga pubblicata? Che tuo padre lo scopra così? Che tutto il mondo lo scopra così, compreso l’FBI? Perché se è così, allora accosta pure” rispose, quasi scontroso.

La mancata risposta alla sua proposta di matrimonio pesava come un macigno tra loro.

Densa e palpabile nell’aria.

Kate si augurava che inseguire quella fotografia avrebbe distolto l’attenzione dalla risposta che doveva dare.

Non era ancora pronta.

Non voleva dire no.

Ma dire la terrorizzava.

“Svolta a destra” le suggerì Castle.

In silenzio lei obbedì, con il cuore a mille.

La moto del fotografo guizzava con destrezza in mezzo al traffico mentre Kate faticava a seguirlo.

“Superalo, Kate!” le urlò Rick.

Dopo un colpo di clacson, la detective lo fulminò con lo sguardo “Dovrei superare sulla destra l’autobus a due piani, secondo te?!!”.

“Ma lo stiamo perdendo!” ribattè lui.

Quando il grande autobus si levò di mezzo ridando loro la visuale completa della strada, della moto e del fotografo non c’era più traccia.

“Ecco, l’abbiamo perso!” borbottò scocciato, Castle.

Se quella foto fosse circolata, sapeva che Kate si sarebbe chiusa ancora più in sé stessa “Dobbiamo fare qualcosa!” esclamò, quindi.

Kate accostò e spense il motore “Cosa vuoi fare? Setacciare le redazioni di ogni giornale di New York?”domandò con ironia.

“Ci vorrebbe troppo” sbuffò Castle “Domattina all’alba ogni edicola sarà tappezzata con quella foto... e tra poche ore sarà sicuramente su internet...”.

Nessuno disse nulla per almeno un paio di minuti, poi Kate lo vide scrivere un messaggio.

“A chi lo mandi?” domandò, curiosa.

“A Paula. Magari riesce a fare qualcosa” rispose Castle e lei annuì.

Altri minuti di silenzio. Entrambi fermi nel proprio sedile. Occhi puntati davanti a loro, fissi fuori dal parabrezza.

“Quando parti?” la voce spezzata lo tradì.

Kate deglutì, in difficoltà quanto lui “Domani. Dopodomani al massimo” le lacrime cominciavano a pungerle gli occhi “Castle, io...”.

“Partiamo adesso!” di colpo si sporse verso di lei e girò le chiavi, ancora nel quadro di accensione.

“Cosa? Castle, dovremmo almeno parlarne!”.

“Adesso ne vuoi parlare? Ti ho detto tutto quello che volevo dirti, io non ho altro da aggiungere, tu?” i suoi occhi erano così arrabbiati e belli.

Kate lo fissava senza riuscire a proferire parola.

“No? Bene, allora vediamo di risolvere la questione ‘paparazzo’ e poi se vorrai restare a Washington...” distolse lo sguardo da lei “...tornerò da solo”.

Beckett si passò frettolosamente le mani sul volto.

Stava andando tutto male.

Stava rovinando tutto.

L’unica cosa positiva, forse, era questo improvviso viaggio fuori porta, appena spuntato dal nulla.

“Ok, ok... vuoi andare all’aeroporto, benissimo. Ma perché proprio a Washington?” chiese immettendosi nel traffico.

Castle digitava frenetico sul touchscreen “So di una persona specializzata nel... beh, nel risolvere i casini... scandali di tutti i tipi...” accosta pollice e indice per poi allontanarli, ingrandendo così la pagina del sito internet dell’aeroporto “New York/Washinghton D.C. durata del volo un’ora e diciotto minuti, numero due biglietti” leggeva ad alta voce ogni operazione che eseguiva “Visto, non è così difficile prenotare un volo per due persone”.

La frecciatina dello scrittore andò a segno.

“Mi dispiace, Rick” ripetè, Kate.

“Di cosa? Di non avermelo detto? Di non avermi chiesto di accompagnarti? Di cosa ti dispiace?” il suo tono non era scontroso in quel momento. Solo deluso.

Altre domande senza risposta. La foto di Martha apparve sullo schermo del suo telefono impedendole un’altra volta di rispondere.

Velocemente, Castle spiegò l’accaduto a sua madre omettendo la parte riguardante la proposta di matrimonio, cosa che a Kate non sfuggì.

Chiamò anche Alexis per avvisarla della sua assenza, restando ancora più vago.

Castle non tornò più sull’argomento per tutto il tragitto fino all’aeroporto.

Presero i biglietti e grazie all’assenza di bagagli fecero un veloce check-in.

L’imbarco era previsto da lì a poco.

Kate cercò di incrociare lo sguardo con quello di Castle.

Non riuscì nemmeno ad immaginare cosa si dovesse provare a fare una proposta del genere per poi non avere una risposta.

Si sentì una codarda e sì, persino stronza.

Ma non aveva mai voluto prenderlo in giro o tenerlo sulle spine.

Non stava temporeggiando per prendersela con comodo.

Semplicemente non aveva una risposta così chiara e limpida.

Un sì o un no.

Ma la vita non è solo sì o no.

Ci sono molteplici sfumature in ogni gesto, azione o pensiero.

Castle però le aveva posto l’unica domanda che a cui non si poteva rispondere con una sfumatura.

Non riuscì a pensare ad altro nemmeno durante il volo.

E poi c’era la foto.

La cosa non la disturbava più di tanto.

Era solo una foto, in fondo. Oggi la pubblicano e domani è già sul fondo della spazzatura come succede a tutti i giornali.

Ma lei non era famosa. Cosa ne sapeva di paparazzi e scandali?

Poteva davvero precludere il suo posto nell’FBI?

“Quanto sarebbe grave, se la foto venisse diffusa?” gli domandò, distogliendolo dall’interessante visione delle nuvole, fuori dall’oblò “Nei dettagli, intendo. Cosa potrebbe accadere?” proseguì lei, una volta ottenuta la sua attenzione.

“Non avremmo un attimo di pace, Kate. Decine di telefonate per invitarci a programmi televisivi, trasmissioni radiofoniche e interviste. E più ci rifiuteremo più si accaniranno. Verranno sotto casa mia, sotto casa tua e al distretto. Ci seguiranno ovunque. Tampineranno tutti i nostri amici e parenti pur di avere una conferma o una qualche notizia” le spiegò Castle.

Kate aprì la bocca ma la richiuse immediatamente.

Non aveva mai pensato a quanto potesse averlo segnato tutto questo in questi anni.

Si ricordò di quell’articolo sul New York Ledger. Lui e Gina, beccati a litigare al ristorante Le Cirque, erano sulla bocca di tutti per il suo essere un personaggio pubblico.

“Senza contare che per lavorare all’FBI la segretezza e l’anonimato sono indispensabili” scoccò l’ennesima frecciatina, per poi pentirsene subito.

Non le chiese scusa.

Le prese, però, la mano e la tenne stretta per il resto del volo.

 

 

Uscirono dall’aeroporto di Dulles, Washington, verso le 19:00.

Castle diede l’indirizzo al tassista che lì lasciò, poco dopo, di fronte ad un palazzo.

L’ascensore li portò al piano desiderato e, una volta entrati, vennero accolti da una donna magra, dai lunghi capelli lisci e rossi.

“Olivia Pope and Associati, Gladiatori in doppio petto, come possiamo aiutarvi?”.

Castle divaricò la bocca, esterrefatto “Oh. Mio. Dio”.

La donna, sorpresa, volse lo sguardo prima su Kate, poi di nuovo su Castle “Si sente bene?”.

“Lei somiglia tantissimo alla mia ex moglie!” esclamò, con gli occhi spalancati.

Sul volto della rossa apparve un sorriso sghembo “Si? Beh, lei somiglia a Jason Bateman ma non mi sarei mai sognata di aprire una conversazione con questa frase” lo schernì immediatamente per poi rivolgersi a Kate “Mi chiamo Abby Whelan, prego accomodatevi”.

“Grazie” rispose lei “Sono il detective Kate Beckett e lui è Richard Castle” disse, indicandolo.

Abby le sorrise “Ecco come dovrebbe essere un normale inizio di conversazione” puntualizzò facendo loro cenno di seguirla lungo il corridoio.

“Un momento” la donna si bloccò dopo pochi passi “Richard Castle l’autore di gialli?” domandò voltandosi di tre quarti verso i due.

“Scrittore e Musa in carne e ossa” scherzò Castle, per recuperare qualche punto con il risultato di ricevere una leggera gomitata da Kate “Mi scusi per prima” con un colpetto di tosse tornò serio “Abbiamo urgente bisogno di parlare con la Signorina Pope, è possibile?”.

“Sarà qui a minuti” Abby indicò loro delle sedie dove accomodarsi “Sta giusto rientrando da una...come dire.. missione...” rispose strizzando l’occhio.

Castle spalancò le orecchie “CIA, vero? Riguarda la CIA, ne sono sicuro! C’è un infiltrato? No, meglio! Una talpa!”.

Per fortuna la pelle di Abby è di natura bianca come il latte, o l’avrebbero vista impallidire “Uhm... sicuro... complimenti Signor Castle” deglutì sforzandosi di sorridere con l’intento di farla passare come una battuta. 

“Vi chiamo non appena rientra Olivia” si congedò velocemente e raggiunse il resto del team, dietro una porta a vetri.

“Hai sentito Kate?” sussurrò Castle al suo orecchio “C’è una talpa nella CIA! Quanto è fico questo posto?!” mormorò, gongolando e guardandosi attorno.

Beckett scosse la testa “Ti stava solo assecondando, Castle”.

“Non lo puoi sapere” rispose subito, pronto a quel ammonimento.

Per un attimo entrambi si sentirono bene, rassicurati dalla quella sintonia appena ritrovata, grazie ai loro amati battibecchi.

Attimo che però svanì in fretta.

L’anello, custodito nel taschino della sua giacca, minacciava di scavargli un buco nel petto.

Kate vide lentamente sparire il sorriso dal volto di Castle e, automaticamente, scomparì anche il suo.

Come se i loro sorrisi fossero legati tra di loro e dipendessero l’uno da quello dell’altra.  

Il suono di tacchi in avvicinamento catturò la loro attenzione.

La donna camminava veloce nella sua figura snella. I capelli neri e la pelle scura era messa ancor più in risalto dalla camicetta bianca.

Castle si alzò in piedi, facendo segno a Kate di fare la stessa cosa “È lei” le disse a bassa voce.

Senza notarli, Olivia Pope entrò nel grande ufficio dalle pareti di vetro e si unì alla sua squadra.

“Li starà mettendo al corrente delle sue scoperte sulla talpa” borbottò tra sé, lo scrittore.

Pochi minuti dopo, Abby comparve sulla porta, tenendola aperta con una mano, ed invitandoli ad entrare con l’altra.

La stanza era molto ampia con un grande tavolo al centro, illuminata da un’ampia vetrata opaca.

Olivia Pope stava in piedi a capotavola,con le braccia incrociate.

I suoi collaboratori, due uomini e una donna, sedevano in attesa di ascoltare le richieste di quei nuovi clienti.

“Signor Castle, Detective Beckett, prego accomodatevi” Olivia indicò i restanti posti liberi attorno al tavolo e mentre i due si sedettero, Abby chiuse la porta e poi li raggiunse.

“Come possiamo esservi utili?” prosegue Olivia, restando in piedi.

Castle guardò Beckett per un istante e poi iniziò a spiegare “Dovete rintracciare una fotografia prima che venga diffusa”.

“Di cosa si tratta?” domandò Olivia.

Castle deglutì “Le ho chiesto di sposarmi, circa due ore fa, a New York e un paparazzo ci ha fotografato”.

Kate gli strinse la mano, appoggiata sul ginocchio, avendo percepito il suo disagio.

“Vorremmo che la nostra vita privata restasse tale. Le nostre famiglie non sanno ancora nulla e non vogliamo essere invasi dai paparazzi a tutte le ore del giorno e della notte” raccontò Castle “Inoltre...”.

“Inoltre?” domandò l’altra donna seduta al tavolo.

“Per potervi aiutare dobbiamo sapere tutto. Proprio tutto” insistette Olivia.

Kate sorrise a Castle e finì la sua frase “Sono stata scelta per un lavoro all’FBI. Non posso entrare nello specifico ma è un posto importante. Non posso finire sui giornali o essere assediata dai fotografi. Perderei il lavoro”.

“Capisco” la parola FBI ebbe l’effetto di concentrare maggiormente la loro attenzione. Olivia sorrise “Accettiamo il caso” annunciò con un lieve sorriso.

Vedeva un po’ di lei e Fitz in quei due.

Lui ricco e carismatico, lei intelligente e determinata.

“Huck” disse poi, rivolta verso l’uomo robusto alla sua destra “Mettiti al lavoro, forza tutti server delle maggiori testate giornalistiche newyorkesi” ordinò Olivia.

L’uomo si alzò e uscì veloce dalla stanza.

Olivia riprese la parola “Huck è il nostro miglior esperto informatico, rintraccerà la fotografia ma dovete sapere che potrebbe essere già tardi. Se così fosse come volete procedere?”.

Castle e Beckett si guardarono, tesi.

“Contenete i danni” rispose Richard, con decisione.

 

 

Mentre Huck lavorava imperterrito da ormai un’ora e Olivia si stava accordando telefonicamente con Paula, l’agente di Rick, nella sala grande avveniva qualcosa di molto familiare per Castle e Beckett.

La vetrata a lato del tavolo si era ben presto trasformata in una specie di lavagna come quella usata da Kate durante ogni indagine di omicidio.

Solo che questa volta non c’era un caso di omicidio da risolvere e quelle appese erano le foto di loro due. Accanto ad esse, quelle dei loro parenti e amici.

Ex mogli ed ex fidanzati. Vicini di casa arrabbiati e criminali tornati in libertà.

“Wow” commentò Abby “Era da un pezzo che non riempivamo tutto il vetro”.

“È davvero necessario?” chiese Beckett, abbastanza scossa dal vedere tutta la sua vita appesa lì davanti a lei.

Harrison, perfettamente avvolto in un completo firmato, le rispose “Se non dovessimo riuscire a bloccare la foto avrete la stampa addosso. Sono avvoltoi, non si limiteranno alla proposta di matrimonio. Scaveranno a fondo tra i vostri segreti. Qualunque cosa fa notizia per quella gente perciò più cose sappiamo su di voi, più possiamo gestire la situazione e mitigare i danni”.

Kate annuì, nervosamente.

“Procedi Quinn” Harrison si rivolse alla donna con un file in mano, in piedi accanto ad Abby.

“Vediamo... Disturbo della quiete pubblica, resistenza a pubblico ufficiale, furto di un cavallo della polizia...nudo...” Quinn alzò gli occhi verso Castle, il quale ridacchiava sommessamente assieme a Kate “...è stato arrestato ben quattro volte, due per mano della detective Beckett, una assieme alla detective Beckett e l’ultima volta per omicidio”.

“Sono stato incastrato! Beh... l’ultima volta almeno” ribattè Castle, imbarazzato.

“E io non sono stata arrestata...beh tecnicamente sì, ma siamo solo stati trattenuti dalla polizia degli Hamptons...non lo considererei un vero arresto...” si difese Kate.

Harrison sorrise “Fossi in lei detective, mi preoccuperei di altro”.

Le antenne di Kate si drizzarono immediatamente “C-cioè?”.

Castle si affiancò ad Harrison per leggere con i propri occhi tutto quello che avevano trovato su di lei.

“Danno all’altrui proprietà... Rissa tra ragazze... deturpazione di edificio pubblico e l’arresto di cui abbiamo parlato prima... non è molto ma lei è un poliziotto, sono cose che la stampa farà risaltare pesantemente” la risata sommessa di Castle, costrinse Harrison a zittirsi.

“Non è divertente” lo rimproverò Kate.

Castle annuì in risposta “Ti prego raccontami” vide lo sguardo killer lampeggiare nei suoi occhi “Serve anche Harrison...” aggiunse poi, cercando di ritornare serio.

Anche se gli scocciò l’essere stato tirato in mezzo, Harrison annuì, e in ogni caso l’avrebbe scoperto a breve.  

La detective sbuffò, con le spalle al muro “Ho rigato l’auto di un ragazzo che mise incinta la mia compagna di stanza del college e poi la lasciò per un’altra”.

“Uhhhh” commentò Castle “E la rissa?” domandò poi.

Kate roteò gli occhi “Ero ad un party di una confraternita...divergenze di opinioni...una parola tira l’altra...” cercò di minimizzare, guardandosi distrattamente le unghie.

“Quanto avrei voluto esserci!!” le disse Castle, tutto sorridente.

Lei arrossì e quando alzò lo sguardo si ritrovò gli occhi di Rick, Harrison, Quinn e Abby puntati addosso.

Scosse la testa e vuotò completamente il sacco “Ad un addio al nubilato eravamo tutte un po’ brille... dei ragazzi ci hanno sfidato a tirare la carta igienica su una scuola... io...ero solo una ragazzina!” sbottò, completamente rossa.

Castle la abbracciò d’istinto “La mia badgirl! Sono così fiero di te!”.

Kate lo strinse forte e ricambiò l’abbraccio.

Le sembrava passato un secolo dall’ultima volta che erano stati così vicini.

E di chi era colpa? Chi l’aveva tagliato fuori, senza tanti complimenti?

Chi non riusciva a dire uno stupido ?

Sentì le lacrime premere per uscire. Si staccò da lui e con un sorriso chiese dove fosse la toelette.   

Solo lì riuscì a lasciarsi andare, cercando però di non piangere troppo forte.

Katherine Houghton Beckett, will you marry me?

Sì!

Era così difficile da dire?

Probabilmente lui lo sapeva che non sarebbe riuscita a dire sì.

Ma voleva che capisse che era pronto a darle di più.

Ovunque lei volesse.

Un pensiero la colpì all’improvviso, mentre cercava di riprendere il controllo, asciugandosi gli occhi.

Si era concentrata solo sulla proposta e poi tutta la storia del paparazzo l’avevano distratta.      

Che cosa le aveva detto Castle, prima della fatidica domanda?

...Sei fatta così...

Kate uscì dal bagno e si appoggiò al lavandino, guardandosi allo specchio.

...Non ti apri alle persone. Ho dovuto scalfire con le unghie ogni piccolo centimetro...

Più si asciugava le lacrime, più quelle sfacciate sgorgavano.

...Entrambi meritiamo di più...

Si sciacquò il volto, mantenendo lo sguardo basso.

...Quindi, qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu decida, Katherine Houghton Beckett, will you marry me?

Sollevò gli occhi e questa volta vide qualcosa di diverso nello specchio.

Vide una donna che aveva un uomo che l’accettava per quello che era.

Che non voleva cambiarla o farle cambiare idea.

Un uomo che le stava dicendo che l’avrebbe seguita ovunque, lasciando a New York gli amici e la famiglia.

Vide una donna che aveva una risposta da dare.

Corse fuori dal bagno e a metà corridoio trovò proprio Castle.

“Huck ha rintracciato la fotografia, vieni?” le domandò, retorico, Castle, già tornato sui suoi passi verso lo stanzino dell’hacker.

“Sì” rispose Kate, senza però muovere un passo.

Non vedendola arrivare, Castle tornò in corridoio.

“Kate, vieni?” ritentò.

“Sì” ripetè lei, restando ancora immobile.

Castle si avvicinò, confuso “Devi camminare per venire qui” le disse, con l’intento di scherzare.

Ma lei era estremamente seria “Sì” lo guardò dritto negli occhi, cercando di fargli capire.

“Kate...” Castle impallidì, mentre cominciava a comprendere.

“Sì” esclamò nuovamente.

Una lacrima le solcò la guancia. Una lacrima nuova e diversa da quelle versate prima “Ti prego richiedimelo” le parole le uscirono in un sussurro “Ti prego”.

Castle non riusciva a crederci, ma decise di non sprecare quell’occasione.

Prese l’anello dal taschino e lo tenne tra le dita, in mezzo a loro.

Questa volta non si inginocchiò. Voleva guardarla bene negli occhi mentre rispondeva.

“Vuoi sposarmi?” le domandò per la seconda volta in quella giornata.

Lei annuì vistosamente “Sì!” disse finalmente, piangendo e ridendo contemporaneamente.

“Sì? Hai detto sì?” le chiese Castle, commosso e felice “Ha detto sì!!” urlò poi.

Le mise l’anello al dito e la sollevò da terra, tra gli applausi di tutti.

Quando Kate toccò terra, vide tutto il team di Olivia appostato fuori dalla sala grande “Lasciate pure che diffondano la fotografia” disse, rivolta a loro.

“Detective...” Olivia si fece avanti, cercando di dissuaderla.

Castle le prese le mani e la voltò verso di lui “Perché Kate?”.

“Perché tu mi accetti per come sono. Esasperante e snervante avevi detto, giusto?” Kate sorrise, mentre si ricordava delle parole dette da Castle a casa sua, un anno prima “E io ti accetto per come sei, buono, infantile e... famoso” allungò la mano sinistra sulla sua guancia e gli asciugò una lacrima “Non voglio più nascondermi. Non mi importa se domattina lo saprà tutto il mondo e...se sarà un problema per l’FBI...beh, vorrà dire che non sono poi così interessati a me”.

“Oddio” Abby saltellava sul posto, tutta emozionata “Oh, scusate...”.

I suoi colleghi risero mentre Castle e Beckett erano totalmente presi l’uno dall’altro.

Olivia Pope si avvicinò sommessamente “Mi dispiace disturbarvi, ma ci sarebbe una cosa che vorrei discutere con voi” espose, indicando loro di entrare nel suo ufficio.

La coppia obbedì, ma prima che anche Olivia potesse varcarne la soglia, Huck la richiamò “Cosa faccio con la fotografia?” domandò.

“Dammi due minuti” rispose solamente.

Chiuse la porta dietro di sé e si sedette alla propria scrivania.

Castle e Beckett seduti di fronte a lei.

“Immagino che le congratulazioni siano d’obbligo” esordì Olivia, sfoggiando un sorriso smagliante.

Kate arrossì, come sempre, ma strinse forte la mano di Castle “Grazie” risposero entrambi all’unisono.

“Di cosa ci vuole parlare?” si fece avanti Castle.         

Olivia incrociò le mani sul ripiano “Ho parlato a lungo con la sua agente, Signor Castle, e si è presentata un’ottima opportunità per sfruttare al meglio quella fotografia” puntò il suo sguardo alternando gli occhi azzurri di lui agli occhi verdi di lei.

“Avete tre opzioni” Olivia chiuse il pugno e sollevò il pollice “Prima opzione: eliminiamo la foto dal server del New York Post e sarà come se queste ultime ore non fossero mai esistite”.

Castle e Beckett si voltarono per qualche secondo, poi tornarono a guardare Olivia.

La donna alzò anche l’indice “Seconda opzione: lasciamo che la foto venga diffusa e limitiamo i danni. Evitiamo che i paparazzi vi tampinino e che scoprano ogni scheletro del vostro passato” espose quella che poi era la volontà di Beckett, espressa poco prima.

“Oppure” Olivia sollevò, infine, il dito medio “Terza opzione: blocchiamo la fotografia ma non la eliminiamo. Quando sarete pronti, basterà spargere la voce di un vostro possibile matrimonio e ogni testata giornalistica americana vi offrirà cifre spropositate pur di avere una vostra intervista. La fotografia del momento esatto in cui lei ha fatto la proposta sarà la più cliccata del web ma...” attese di avere la loro completa attenzione e poi, proseguì “...avrete il coltello dalla parte del manico. Se sarete voi i primi ad esporvi, la stampa vi verrà in contro. Sceglierete voi  con chi parlare, a chi concedere l’esclusiva” espose con calma.

Kate fu la prima a parlare “Capisco il suo punto di vista ma non vogliamo soldi” si volse verso Rick per averne conferma.

Castle annuì “Non vogliamo essere pagati per vendere un nostro momento privato e specularci sopra”.

“Paula mi ha detto che avreste risposto così” Olivia sorrise, benevola “Qui non si  tratta di speculare, ma di pura e semplice beneficenza. Scegliete un ente, un ospedale, una o più strutture a vostro piacimento e devolvete a loro il ricavato dell’intervista. Risolvereste il vostro problema e aiutereste il prossimo” concluse soddisfatta.

Dopo un primo momento di spaesamento, sul volto di entrambi iniziò a spuntare un piccolo sorriso.

“Così mi piace già di più” ammise Kate.

Castle le prese la mano sinistra. Con il pollice accarezzò l’anello.

La guardò nei suoi splendidi occhi verdi “Cosa ne dici? Opzione tre?” le domandò, sorridendo sempre di più.

Di nuovo, i loro sorrisi erano legati tra loro. Kate non riuscì a non replicare quel sorriso che vedeva sul volto del suo futuro marito “Opzione tre!” acconsentì, felice.

Anche per Olivia guardarli era una gioia “Molto bene, allora” si alzò e andò verso la porta “Vado a dire ad Huck di salvare una sola copia della foto per voi” e uscì lasciandoli soli.

“Avevi ragione, abbiamo fatto bene a venire qui” gli disse Kate “Grazie e...scusa per come mi sono comportata” mormorò mortificata.

Castle sorrise nuovamente “Non pensiamoci più”.

Kate gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Lentamente. Il più lentamente possibile. Gustando tutto il suo sapore.

“Adesso che si fa? Restiamo o torniamo a New York?” domandò appoggiandosi alla sua fronte, pronta a condividere ogni sua decisione.

Castle le diede un piccolo bacio “Detective Beckett, mi porti a visitare il J. Edgar Hoover Building per favore” le rispose accarezzandole con il pollice quell’adorabile neo sulla guancia.

Un altro bacio. Un’altra carezza.

Avevano tutto il tempo del  mondo per decidere cosa fare o dove vivere.

Mano nella mano uscirono in corridoio, cercando Olivia e il suo team per ringraziarli.

“Sai” iniziò Kate, mentre raggiungevano la sala grande “Magari scoprirò che non mi piace questo lavoro, che non fa per me. Che i miei amici e mio padre mi mancheranno troppo. Che New York è casa mia e non posso stare da nessun’altra parte” gli disse “Ci voglio provare, Castle, ma non significa che non cambierò idea se quello che mi offriranno non farà al caso mio”.  

“Lo so” le rispose “Mi avrai con te in ogni caso”.

“E tu avrai sempre me” lo rassicurò immediatamente.

Olivia si avvicinò, assieme a tutta la sua squadra.

“Qui dentro c’è la fotografia” porse a Castle una chiavetta usb “Mi raccomando, non perdetela” lo scrittore rise e se la mise subito in tasca “Quando vorrete, vi basterà darla a Paula e lei penserà ad organizzare l’intervista in esclusiva e ad indirizzare i proventi dove lo riterrete più opportuno”.

Kate allungò il braccio verso di lei “Grazie di tutto”.

Olivia strinse la sua mano e poi quella di Castle “È stato un piacere”.

Rick e Kate ringraziarono e salutarono anche il resto della squadra.

“In bocca al lupo Jason Bateman” salutò Abby, facendoli ridere.

Mentre Olivia li accompagnava all’uscita le suonò il cellulare “Scusatemi”.

“Non si preoccupi, sappiamo dov’è l’ascensore” le rispose Kate.

Si salutarono un ultima volta e poi Olivia si allontanò per rispondere al telefono.

“Pronto?” un sorriso genuino le spuntò sul volto “Fitz...” chiuse dietro di sé la porta del suo ufficio e Castle non potè sentire altro.

Kate era già davanti all’ascensore, Castle restò qualche passo più indietro.

“Hai sentito?” le chiese, una volta raggiunta.

Lei si fece pensierosa “Sentito cosa?”.

“Olivia era al telefono con un certo Fitz” le spiegò a bassa voce, controllando che non ci fosse nessuno nei dintorni.

“Quindi?”.

“Fitz! Diminutivo di Fitzgerard!” ma la detective sembrava non capire “Oh, andiamo Kate, Fitzgerard Grant, il presidente degli Stati Uniti!”.

Le porte dell’ascensore si aprirono e Kate vi entrò scuotendo la testa “Sei senza speranze, Castle”.

Lo scrittore bloccò le porte appoggiandovisi con le mani “Ti dico che era lui!!” insistette, sempre bisbigliando.

“Facciamo così” Kate lo afferrò per i lembi della giacca e lo trascinò all’interno dell’ascensore “O te ne resti qui a blaterare di CIA e cospirazioni o vieni con me a fare le prove della luna di miele e al diavolo l’FBI, ti ci porterò domani” propose con un maliziosissimo sorriso sul volto.

E come già una volta gli era capitato, mesi prima, Richard Castle si ritrovò ad incitare con le mani le porte dell’ascensore affinchè si chiudessero più alla svelta.

 

 

 

FINE     

 

 

 

Ivi’s Corner:

 
Sono consapevole della cavolata immane appena pubblicata xD

Il motivo per cui vanno alla Olivia Pope and Associates non è molto realistico ma vabbè... sul momento era l’unica cosa che potevo fare... xD

 
Scandal: lo conoscete vero???!!!! No? Correte a guardarloooo *-*-*

 
Jason Bateman: ve la ricordate questa battuta, vero? ogni tanto Castle viene scambiato per lui xD

 
Special Thanks to: Ludo, Martina e Giulia!! Lovviu girls #Olitskett <3<3<3

 
Quindi... Caskett, Gladiatori, buona lettura e buona serata!

Baciiiii :-****

 

Ivi87

   
 
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