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Autore: Soleil Jones    05/06/2013    2 recensioni
La mia prima Yaoi (Se così si può chiamare, è molto leggera, ma tanto U_U)
Pairing: Francia x Inghilterra, ovvero FrUk
-.-.-.- dal testo -.-.-.-
-Porquoi, Angleterre?- Chiese semplicemente seguendo con lo sguardo i due fratelli fino a vederli sparire dalla sua visuale. Arthur si voltò perplesso verso il francese, vedendo un sorriso diverso dal solito, più triste, malinconico… -Di che parli, France?-
-Delle tue bugie- Disse alzando le spalle il biondo, guardandolo in volto –Delle bugie che racconti da secoli e secoli, che ogni giorno diventano sempre più tristi-
Arthur sussultò e distolse lo sguardo; lui poteva mentire, anche il suo sguardo poteva, ma… ma sapeva che quella maledetta ranocchia francese aveva colto nel segno.
“W-why? He understood everything… It can’t be possible”
-No-non so di che parli-
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Spero di avervi incuriositi ^^ e di ricevere qualche parere...
Sol F. Jones
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Essere una nazione, significa molto più che rappresentare un pezzo di terra.
Una nazione vive e sta a seconda di ciò che accade al popolo.
Una nazione agisce a seconda delle situazioni politiche del proprio territorio.
Una nazione guerreggia anche contro chi, in passato, è stato un suo “alleato”.
Non importa la sua volontà come persona, non conta il suo pensiero, quasi…
Ogni nazione è così, nessuna esclusa! Avere vita eterna poi può rendere tutto ciò quasi un tormento, tanto che almeno una volta nella vita, ognuno di loro avrà desiderato di vivere come umano e basta.
Ciò crea profonde cicatrici che non fanno male al fisico ma al cuore; eppure si vede, tra loro si capiscono.
Non tutti, certo…
Arthur aveva indubbiamente sofferto molto in vita sua, eppure non si notava nei suoi modi, nelle sue parole e nel suo sguardo. Ecco cosa pensava Francis, osservandolo attonito al meeting di quell’oggi; lui che di solito con il britannico ci litigava e basta, il suo più grande nemico/amico, in quel momento lo osservava con il viso sorretto da una mano, ticchettando ritmicamente le dita sulla superficie in legno del tavolo; come al solito, Alfred avrebbe dovuto “gestire” e “guidare” il meeting, ma come di consueto i suoi discorsi che con i veri argomenti da trattare avevano ben poco, sfociarono nell’ennesima discussione con il suo ex-tutore.
Angleterre… non mostri mai la minima emozione, che cosa nascondi…?” Pensò il francese, aggrottando la fronte all’assistere di quell’infantile scambio di insulti.
-Una nazione tanto giovane quanto infantile non capisco nemmeno come ci sia finita così, guarda tu come si sta riducendo il mondo: cominciano a comandare i bambocci!- Al solito, Arthur lo rimproverava di essere troppo infantile, incompetente ecc. quando invece non era un segreto per il francese che cosa ci fosse dietro quella facciata.
Gli faceva male, davvero tanto, che Arthur si comportasse così anche con chi voleva bene. Dal canto suo, l’americano non diede molto peso a quelle parole –Nahahah! Sempre meglio un bamboccio che un vecchietto che non sa tenere un mestolo in mano, non credi Arthie?- Rise il solare America, per poi ritrovarsi un irritato inglese che tentava di usare la sua cravatta come arma di un delitto.
Francis sospirò alzandosi dalla sedia e sfoggiando un sorriso calmo e pacato, ponendosi tra i due litiganti –Ora calmatevi mes amies, siamo alle solite; non vi sentite stupidi a discutere alla vostra età?- Domandò con la chiara intenzione di distrarre entrambi dalla discussione di prima.
Il fatto era che a volte senza volere, si poteva ferire qualcuno più con le parole che con altro, e America era bravo in questo: non era cattivo, per niente anzi, ma nei suoi battibecchi col fratello a volte ci scappava qualche frase che non volendo, feriva Inghilterra.
Eppure, lui risolveva tutto così: con uno sbuffo e voltandosi da un'altra parte, come se non gliene importasse dell’opinione altrui.
-Sinceramente no- rispose spontaneamente e ingenuamente l’americano –e poi voi due siete molto più vecchi di me; hai poco da dire quindi, France-
Non era vero che non gli importava.
Inghilterra emise uno scocciato “tsk” e si voltò dall’altra parte, raccattando la giacca dalla sedia –L’età non c’entra nel caso di voi due idioti- Bofonchiò lanciando un’occhiata a entrambe le nazioni. In particolare, guardò bene Francis in volto.
 

kyakuseki ni naite'ru kimi o mitsuketa 
sonna kanashii kao wa shinaide yo 
papa mo mama mo shiranai kimi no namida ni 
boku wa kizuita  nugutte agenakucha

 
Secondo lui, il francese e quel suo sorriso erano fottutamente finti, lo si vedeva a una prima occhiata; o magari, lo conosceva troppo bene, dopo secoli e secoli passati tra guerre, alleanze, vittorie e sconfitte. Avrebbe voluto togliergli quella finta aria da raffinato modaiolo che esibiva anche a suon di schiaffi… Non ne capiva il motivo, l’unica spiegazione che dava a se stesso era “Tra noi due solo io ne ho il diritto, bloody hell!”
Il diritto di cosa? Di indossare una maschera, forse?
Già, una maschera agli antipodi, per quanto riguardava le caratteristiche, ma pur sempre efficace.
-Dove vai?- Domandò America, guardando la bionda nazione dirigersi all’uscita, la quale si voltò appena nella loro direzione –A casa, a che serve stare qui?-
Effettivamente quella sala era governata dal caos, non gli si poteva dar torto.
-M-mais… Angleterre…-
-See you son, stupid frog…- Bofonchiò l’inglese, chiudendosi la porta alle spalle, lasciandosi andare ad un sospiro profondo.
Stava di nuovo scappando, ne era consapevole.
Stava di nuovo nascondendosi dietro la sua facciata scontrosa, lo sapeva.
E allo stesso modo, Francis stava ancora una volta convincendosi di quella realtà: e la voleva cambiare ad ogni costo.
 

"daijoubu, daijoubu  itaku mo kayuku mo nai n da yo 
 kimi ga waratte kureru nara" 
daijoubu, daijoubu  buzama ni korobu boku wa 
chiisana saakasu no tamanori piero

 
-Ehi France, dove vai anche tu?-
Francis si infilò la giacca di tutta fretta, uscendo dalla sala senza ascoltare nessuno; sapeva dove trovare Arthur, lo conosceva fin da quando era bambino. Quel bambino che nonostante tutto si era attaccato a lui, e che per alcuni anni aveva avuto la sua lingua come lingua ufficiale.
Imboccò un viale alberato e proseguì a passo spedito, finché non si fermò intravedendo Inghilterra intento ad osservare un ragazzino e suo fratello più piccolo.
Gli si avvicinò silenziosamente guardando la scena con lui.
-Mollami Alinstor, dai!- Il più piccolo aveva un ginocchio sbucciato e si dimenava a più non posso, tenuto in braccio da un ragazzino dai capelli rossi che doveva avere su per giù tredici anni. Il più grande gli aveva messo il suo giaccone sulle spalle e non sembrava volerlo mollare –Piantala dai, non dovevi uscire con questa febbre che hai!- Ribatté sbuffando all’indirizzo del biondino, che gli fece una smorfia incrociando le braccia al petto –Non ho certo bisogno di te, sai?-
-Mi sembra di rivedere te e Nathan…- La voce ovattata e dall’accento francese che avrebbe riconosciuto tra mille, fece sobbalzare Arthur, che annuì guardando appena il suo interlocutore.
Lui e Scozia, prima delle Guerre d’Indipendenza di quest’ultimo, erano più o meno legati, a modo loro. Poi Arthur aveva surclassato suo fratello maggiore, contro il quale aveva combattuto due volte in pochissimo tempo; anche all’interno della sua famiglia, sembrava non riuscisse a non combattere. Forse un po’ era stata colpa sua, chissà… I fatti però non cambiano: dopo Scozia, era stata la volta di America; grazie ad Alfred, Arthur aveva capito cosa significasse avere un fratello più piccolo, eppure anche con lui si era ritrovato a combattere, e a perdere…
Il grande Inghilterra, il dominatore dei mari che aveva sconfitto l’Invincibile Armada, era stato abbandonato anche dalle sue colonie alla fine della Prima Guerra Mondiale. Però non sembrava che l’inglese ci desse peso, era abituato a stare da solo; come isola, era normale, andare nel continente non gli era mai piaciuto proprio perché non era in buoni rapporti con le altre nazioni. Ma tanto che gli importava, d’altronde?
Secondo lui, Francis lo sapeva, ogni volta che si sarebbe mostrato a una persona per chi era davvero o semplicemente ogni volta che avrebbe tenuto a qualcuno, sarebbe andata a finire proprio com’era andata a finire con Nathan, con Alfred… con tutti!
Non poteva dargli torto, però non aveva contato lui: in tutti i loro battibecchi, in tutti quegli insulti e guerre, Francia non si era mai allontanato da Inghilterra.
-Porquoi, Angleterre?- Chiese semplicemente seguendo con lo sguardo i due fratelli fino a vederli sparire dalla sua visuale. Arthur si voltò perplesso verso il francese, vedendo un sorriso diverso dal solito, più triste, malinconico… -Di che parli, France?-
-Delle tue bugie- Disse alzando le spalle il biondo, guardandolo in volto –Delle bugie che racconti da secoli e secoli, che ogni giorno diventano sempre più tristi-
Arthur sussultò e distolse lo sguardo; lui poteva mentire, anche il suo sguardo poteva, ma… ma sapeva che quella maledetta ranocchia francese aveva colto nel segno.
W-why? He understood everything… It can’t be possible
-No-non so di che parli-
Scuotendo il capo, Francis si sciolse la coda in cui aveva legato i capelli quel giorno, evitando di guardarlo perché capiva perfettamente che un tipo come Arthur potesse sentirsi a disagio in un momento come quello –Sì che lo sai, Arthur-
Il biondo strinse i pugni facendo dietro front –No invece! Smettila Francis, non dire stupidaggini. Non sono un bugiardo…- Il suo tono di voce si addolcì un poco, diventando quasi triste –…a differenza tua-
 

"anata no uso ga kanashii no" tte 
"uso nante hitotsu mo tsuite'nai yo" 


Il sorriso di Francis racchiudeva la consapevolezza che quelle parole erano veritiere –Già, lo so… Siamo entrambi dei bugiardi-
Ma l’inglese questa risposta non la sentì; se n’era già andato, allora sì, Francis lasciò che una lacrima scorresse lungo la sua guancia.



 
-Insopportabile!- Sbottò Arthur, uscendo dall’aeroporto di Londra, e incamminandosi verso casa; il discorso fatto ore prima con Francis gli aveva fatto uno strano effetto, anche se era davvero durato poco. –Maledetta rana, è sempre in mezz…- Si fermò mentre attraversava la strada, sbarrando gli occhi –L-lui…-
 

-Uffa, che cosa vuoi ancora, rana?!-
-Petit ti trovo bene, volevo solo vedere come stavi, bruco!-

 
-…Quell’idiota di un francese…-
Nella sua mente scorrevano le immagini di secoli e secoli, di tutta una vita, e lui c’era sempre!
 
-B-bon…Bons-AH! Ma perché devo imparare questa lingua?!-
-Parce que, il fratellone ha deciso così; sei un mio protettorato, ora, quindi è giusto che tu sappia parlare le français-
-Che stupidaggine… Mi libererò di te e del resto del tuo popolo quanto prima!-
-Ahah, certo, mon petit Angleterre… Intanto, metti questa-
-TI ASPETTI CHE MI VESTA DA FEMMINA COME FAI TU?!-
-Oui-
-TU SEI IL MALE!-

 
-C-cosa vuoi ancora? Vuoi ridere di me? dirmi che se fosse diventato il tuo fratellino, America non avrebbe chiesto e ottenuto l’Indipendenza?-
-No, Arthur, sono qui per te…-
-E-eh?-
-Hai capito ben…-
-No. N-non ho bisogno che tu venga qui! Lasciami in pace, idiot!-
-Angleterre…-
-Get out, now!-

 
-I-io l’ho davvero…trattato tanto male quella volta?- Tremava, sì, perché dentro il suo cuore, stava iniziando a nascere qualcosa, o meglio: qualcosa si stava rivelando a lui.
-Gli ho fatto anche del male…-
 
-Perché, Arthur? Perché lei?!-
-Alzati da terra, l’esecuzione è finita da ore e te ne stai ancora in ginocchio a guardare un punto fisso come se potesse ricomparire. Mi spiace, accetta la realtà-
-NO! Arthur, lei non aveva fatto niente di male, e tu lo sai bene quanto me!-
-M-mollami, io non avevo scelta! In ogni caso oramai è tardi, Giovanna è morta… Torna a casa, Francis-

 
I pensieri di Arthur vennero bruscamente interrotti da un qualcosa di sfolgorante e luminoso, che arrivò improvvisamente e annunciato da un rumore acuto; voltandosi, quella luce venne riflessa negli occhi verde smeraldo della Nazione, che dopo quella, non vide più niente.
 


 
Un incubo, doveva essere solo uno stupido incubo. Niente di più.
Reggendosi la testa con una mano, scostandosi le ciocche bionde dal viso, Francis respirava affannosamente. Guardò l’ora sul display del suo telefono cellulare: le quattro, erano appena le quattro accidenti!
Avvertiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, una stretta che per lui era una sorta di segnale che qualcosa non andava; già, ma cosa?
Si alzò, rinunciando all’idea di dormire e non fece in tempo a dirigersi in bagno che il cellulare squillò.
“Nathan?” Sì, Scozia.
I due andavano abbastanza d’accordo in fin dei conti, nonostante l’essere membro della famiglia Kirkland voleva dire avere quel certo qualcosa che faceva scattare qualche battibecco di tanto in tanto… Ok, forse un po’ più spesso.
Che dire, sarà stata predisposizione naturale, forse.
-Pronto? Nathan, va bene che sei libero di chiamarmi quando vuoi, ma…- Si bloccò sentendo degli strani rumori di sottofondo, come delle sirene –Ma dove sei scusa?-
 
-In ospedale- Rispose stancamente, camminando per i corridoi in cerca della stanza che cercava.
Sentendolo, il francese si allarmò; e ciò era palese all’orecchio della Nazione –C-cosa? Perché?-
-Arthur- Si limitò a rispondere –Non so bene che è successo, mi hanno chiamato da qui dicendomi che l’avevano investito o qualcosa del genere- Spiegò cercando con gli occhi la stanza dove doveva trovarsi il fratello; era parecchio nervoso, forse stava provando lo stesso sentimento che provava quando Arthur era piccolo ed era in pericolo: apprensione.
Beh, era suo fratello maggiore e nonostante tutto non aveva mai smesso di volergli bene così come a Galles e Irlanda. Erano una famiglia!
-In che ospedale ti trovi ora?-
-Eh? E che ti importa? Comunque, sono a Londra, ovviamente…- Bofonchiò innervosendosi –Ma dove cazzo è quella stanza?!-
-Nathan, rispondimi: sai come sta?- Chiese apprensivo Francis, e dai rumori che sentiva immaginava che si stesse vestendo di tutta fretta.
-Prima, quando sono arrivato, ho parlato col medico. Beh ha la testa abbastanza dura, ma non si è ancora svegliato-
-Arrivo subito.-
-Ma ch…? Francis? Ehi, ci sei ancora?!- Chiuse la chiamata sbuffando –Baka…-
 

"kyakuseki ni misenai kamen no shita no 
 anata ga kakushita sugao o misete

kega shita toki itai tte  tsurai toki wa wameite 
 hazukashii koto wa nai n da kara

 
Fece il prima possibile: si infilò i primi vestiti che trovò e partì col primo volo per Londra. Inutile dire che la strada dall’aeroporto all’ospedale se la fece correndo e che altrettanto fece entrando in ospedale.
Non appena Nathan gli aveva detto di Arthur, era come se la terra stesse per sparire da sotto i suoi piedi, come se stesse per perdere una parte di sé.
Possibile che volesse davvero tanto bene a quell’inglesino che per tutta la durata della sua vita l’aveva visto come una ranocchia pervertita e rompi scatole?
Sì, decisamente. Col fiato corto, passò davanti ai fratelli di Arthur che tentarono di fermarlo.
-Francis aspetta, non possiamo ancora entrar…-
Lui li ignorò; spalancò la porta della stanza riuscendo a non romperla per miracolo.
L’inglese, che guardava il soffitto con lo sguardo vuoto, spaventato dal rumore improvviso scattò a sedere e lo vide: i capelli solitamente perfettamente ordinati, laccati e chi più ne ha più ne metta, erano scomposti. Sembrava aver dormito poco, oltretutto era pallido e i vestiti erano un po’ stropicciati, eppure sulle sue guance si dipinse una lieve tonalità rossastra al rendersi conto che anche così lo trovava …… Bello.
-F-France, che ci fai qui? C-chi… Chi te l’ha detto?- Domandò sinceramente sorpreso di vederlo lì. Il respiro del francese andò regolarizzandosi mentre lo fissava con le braccia ricadenti lungo i fianchi, le mani chiuse e strette a pugno.
“Ora basta, Arthur… Getteremo giù la maschera entrambi!”
-Me l’ha detto Nathan. Lui, Erin e William sono qui fuori- Rispose a mezza voce, suscitando lo sbigottimento di Arthur –S-sono qui? P-per…Per me?-
Ebbene sì, la famiglia Kirkland era alquanto disfunzionale, certo non era paragonabile a quella dei Nordici, ma non poteva davvero pensare che a Scozia o agli altri non importasse niente del più piccolo di loro!
In meno di due secondi, Arthur si ritrovò stretto in un abbraccio. Non capiva cosa stesse accadendo, non capiva perché si sentisse così al sicuro eppure così scoperto, era come se tutto quel tempo fosse stato coperto da una sorta di corazza, la quale con quel semplice abbraccio impulsivo si era scheggiata e ora stava per rompersi. Guardava confuso un punto indefinito, senza ricambiare o rifiutare l’abbraccio di Francis. Non si sentiva in grado di respingerlo, ma non riusciva nemmeno a ricambiare un abbraccio. Pensandoci, Arthur, quand’è stata l’ultima volta che ti hanno abbracciato?
Francis aveva il capo contro l’incavo del suo collo, avvertiva chiaramente il lievissimo rossore delle sue guance e… e qualcosa che bagnò la pelle della sua spalla, facendolo sussultare.
“S-stai piangendo?” Fu la sua domanda silenziosa, che ricevette risposta dall’inclinazione del tono di Francis.
-V-va tutto bene… Non importa se non riesci a sorridere, non importa se non ne puoi più perché…- Si allontanò un po’ dal biondo, che poté guardarlo in faccia e vedere le lacrime scendere da quei bellissimi occhi blu, lucidi in quel momento. C’era un sorriso rassegnato e consapevole, che sparì per sfociare della smorfia che voleva trattenere i singhiozzi -…P-perché io piangerò con te!-
Quello fu più che sufficiente per far scattare in Arthur una reazione inaspettata; gli occhi gli si riempirono di lacrime tutto d’un colpo, perché in quella semplice frase c’era tanto, tanto di più –F-Francis…-
E così, entrambi scoppiarono a piangere: Arthur si sentiva, e sembrava, un bambino. Portò i palmi ai lati degli occhi tentando di fermare le lacrime invano, piangendo rumorosamente, mentre invece Francis piangeva e basta, singhiozzando: gli prese le mani togliendogliele dal viso, e se lo ritrovò avvinghiato in una morsa che era un abbraccio.
La nazione dove pioveva sempre, davvero con un solo abbraccio trasmetteva quel turbine di emozioni e sensazioni che lo travolsero?
 

daijoubu  daijoubu  kimi ga mitsukete kureta 
wasurekakete'ta boku no kao 

"daijoubu, daijoubu"  sore wa marude mahou no you da 
hora usotsuki piero wa mou kiete inaku natta

[ Va tutto bene, va tutto bene… Sei stato l’unico che ha capito
che stavo per dimenticare il mio vero volto
“Va tutto bene, va tutto bene” È stato come un incanto magico
Guarda, il bugiardo Pierrot,  ora scomparirà ]

 
Ora aveva capito.
Lui non era mai stato solo, nel bene e nel male, Francis c’era sempre stato. Per litigare con lui, per ridere con lui, per scherzare e spesso e volentieri azzuffarsi con lui…
E, anche Francis ora lo sapeva: quell’adorabilmente scorbutico bambino era cresciuto detestando quel suo modo di fare disinvolto non senza motivo.
 
-A-ahi…Ahahah, Angleterre smettila di tirarmi i capelli dai!-
-Sei un grandissimo idiota!-
-Ahah… Ehi Arthur, dove te ne scappi?-
-Stammi lontano, normanno! Ti ho appena battuto, perché ridi?!-

 
-F-fallo di nuovo e ti raso a zero quei tuoi insulsi capelli biondi, c-capito?-
Il francese sorrise, un sorriso vero, poggiando la sua fronte su quella di Arthur –Lo stesso vale per te, A-Arthur!- 
E prima che quest’ultimo gli saltasse al collo con l’intenzione di strozzarlo per aver pronunciato il suo nome con accento prettamente francese, Francis gli tappò la bocca premendo le sue labbra su quelle dell’inglese, facendolo avvampare.
Con quelle lacrime versate insieme, avevano rotto la maschera che portavano entrambi.
Con quel bacio, avevano suggellato il sentimento che sentivano da sempre… dal primo momento in cui lo smeraldo degli occhi di uno aveva incontrato il mare degli occhi dell’altro.
 

-Che scena strappalacrime…- Bofonchiò Scozia, da dietro la porta; Irlanda del Nord, Erin, scosse il capo sogghignando –Non capirai mai niente dell’amore, eh?-
-A-amore?-
-Amore, Nathan. Puro, semplice, e sincero amore!- Annuì guardandoli e spingendolo leggermente per farlo allontanare, in modo da concedere un po’ di privacy al fratello –Se ne sono accorti tutti quanti e tu ancora non l’hai capito?-
-Ecco… Ehhmmm…-
William, alias Galles, ridacchiò appena, guardandoli “Neanche tu hai tutta questa perspicacia, Erin” –Lascia perdere sorella, Scozia è sempre Scozia. Gli brucia che qualcuno si sia preso il suo fratellino-
Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, Scozia, ma per lui Arthur sarebbe sempre rimasto quel mocciosetto biondo che da bambino, insultandolo in ogni modo possibile e immaginabile, si attaccava sempre al suo mantello pur di non separarsi da lui.
-Andiamo…-
-Uh? Dove? Non aspettiamo di poter vedere Arthur?-
-Will ha ragion…- -Se aspettiamo i comodi di quei due anche Peter Pan invecchierà!-
Sagge parole, Scozia.
 




Note Autrice 

Come Yaoi, la prima per me, è leggerissima, non posso nemmeno definirla tale forse XD
Beh, l’ispirazione è venuta dall'omonima canzone di Senka, che personalmente trovo molto bella:
Pierrot (CLICCARE SUL TITOLO PER ANDARE AL VIDEO DELLA CANZONE!) appunto!
Il mio “Pierrot per eccellenza” è Spagna, a dirla tutta… Ma così d’un tratto mi è venuto in mente Arthur e la mia mente, che è molto strana U_U ha fatto collegamenti e ragionamenti che non sto a spiegare per il semplice motivo che già è tanto se li capisco io XD
Il ragionamento di fondo, con cui ho scelto il pairing, è: tra tutti i suoi successi e tutti i suoi insuccessi, chi è che c’è sempre stato con Arthur, nel bene e nel male? FRANCIS, CHE DOMANDE *___*
La FrUk è una coppia che adoro, io che solitamente prediligo e scrivo sui pairing con gli OC…XD
Vero, sono i miei prediletti, e sono davvero pochissimissime quelli con i personaggi dell’Anime su cui riesco a scrivere, si contano sulle dita di una mano. E la FrUk è tra queste ^^
Beh essendo la prima mia FrUk, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, de verdad
 
Sol F. Jones
  
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