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Autore: Satellite_29    05/06/2013    1 recensioni
Era la prima vacanza che trascorreva senza i suoi genitori. Era circa otto anni fa, quando Kaylee incontrò Logan in un bosco. Non avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo in seguito. Non avrebbe mai pensato di poter provare tutte quelle emozioni per un ragazzo.
Dal Capitolo
- Promettimi una cosa: ci scriveremo tutti i giorni, svuoteremo tutto il nostro cervello dai nostri pensieri e li scriveremo nelle nostre lettere. Giurami che mi scriverai qualsiasi cosa. – disse, guardandomi negli occhi.
- Ci sentiremo anche dopo le vacanze? – chiesi, intimorita. Lui mi si avvicinò e mi abbracciò forte.
- Soprattutto dopo le vacanze.
[Classificata al 2° posto nel Superenalotto Contest di syssy5]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Write me a letter

Quando avevo sedici anni, nel lontano 2005, avevo trascorso per la prima volta le mie vacanze estive da sola. Beh, non proprio sola, visto che ero ospite da mia zia Elisabeth e mia cugina Stephanie in montagna. I miei purtroppo non potevano lasciare la città per lavoro, ma mi concessero di trascorrere le vacanze lontana dalla calda città. Appena arrivai, ricordo di esser rimasta delusa da ciò che vidi: il paese dove avrei abitato era formato da poche case messe insieme, nulla a confronto di dove abitavo io. Dormivo in una mansarda arredata con mobili in legno, come si usa in quei paesini, e con una finestra che si affacciava sulla valle sottostante. I primi giorni, passai il mio tempo con mia cugina, di due anni più grande di me. C’è da dire che non mi annoiai, nonostante la mancanza dei divertimenti tipici delle città.
Il primo sabato mattina che passai lì, Stephanie non poté uscire con me perché aveva delle faccende da sbrigare in città. Avrei voluto tanto accompagnarla, per spezzare la monotonia di quei giorni, ma zia Ellie (come la chiamo io) insistette così tanto a farmi rimanere in paese che l’ascoltai.  Andai gironzolando per i negozietti e bancarelle varie. Dalla veranda di un bar mi accorsi che poco lontano dal paese c’era un bosco e un’idea folle entrò nella mia testa.
 
Mi ritrovai immersa nel verde della boscaglia dopo circa un quarto d’ora di camminata. Di solito non mi piaceva stare da sola, ma c’era qualcosa di strano che mi attirava in quel posto così solitario. Forse proprio perché io, ragazza di città fino al midollo, non ero abituata alla tranquillità e alla quiete che risiedeva in mezzo agli alberi. Ammetto che nei primi minuti saltavo dalla paura ad ogni minimo rumore leggermente sospetto, ma iniziai a non farci  più caso quasi subito. Esplorai per un po’ la zona, incontrai anche qualche scoiattolo che vagava in mezzo all’erba. Soltanto quando fui estremamente esausta di camminare, mi sedetti alle radici di una quercia, appoggiando la schiena al tronco del maestoso albero. Dalla borsa presi un libro che in quei giorni portavo sempre con me, proprio per quelle evenienze, e iniziai a leggere. Più continuavo nella lettura, più non mi rendevo conto di quanto tempo passasse. Quando mi accorsi che era ora di tornare in paese, compresi anche che avevo completamente perso l’orientamento e non avevo la più pallida idea di quale fosse la strada di casa. Allarmata, presi subito il cellulare. Imprecai altamente quando mi ricordai che lì in alta montagna non c’era campo. Velocemente percorsi qualche metro senza sapere dove andavo realmente, chiedendo aiuto. Purtroppo nessuno poteva sentirmi. Era quasi il tramonto e il sole colorava di arancio anche l’aria del bosco, creando quasi un effetto surreale. Dopo altre urla e altri tentativi di chiamare qualcuno, mi accasciai per terra. Sarei scoppiata in lacrime, se non avessi sentito un leggero fruscio tra le foglie. Mi voltai di scatto, con il cuore in gola dalla paura, ma quello che vidi non era ciò che mi aspettavo. Pensai fosse soltanto una mia allucinazione per quanto era bello. Era un ragazzo alto, dal colorito chiaro come la porcellana, gli occhi erano ghiaccio puro e i capelli erano chiarissimi.
- Che ci fai da sola nel bosco? – mi chiese. Il tono di voce era leggermente sorpreso, ma soprattutto canzonatorio.
- È vietato, forse? – dissi di rimando, alzandomi da terra. La luce del sole provocava dei riflessi dorati sui suoi capelli, che mi mossero al ritmo della sua testa quando la scosse.
- No. Ma non ti conviene girare da queste parti, se poi non sai la strada del ritorno. – disse e si voltò, dandomi le spalle.
- Dove stai andando? – chiesi, irritata, mentre lo raggiungevo di corsa. Tutta colpa delle sue gambe lunghe.
- Seguimi, ti riaccompagno in paese. – non rallentò nemmeno il passo, fui costretta quasi a corrergli dietro. Per tutto il tragitto non spiccicammo parola. Mi chiesi se ce l’avesse con me perché era obbligato moralmente ad aiutarmi. Però, atteggiamento a parte, non potevo negare che fosse meraviglioso.
 
- Da qui ce la fai a tornare da sola,  o devo farti da baby-sitter fino a quando non sei dentro casa? – chiese, quando arrivammo in paese. Lo squadrai dall’alto in basso (o sarebbe meglio dire il contrario, visto che non ero tutta questa altezza).
- Ti ringrazio per non avermi lasciato sola in mezzo al bosco, ma se avessi saputo che eri così scontroso, avrei preferito rimanerci. – dissi velenosa. Lui scoppiò a ridere – Scusami, non credevo pensassi questo di me. – fece un sorrisetto divertito.
- Mi hai detto che fino ad adesso mi hai fatto da baby-sitter, cosa dovrei pensare? – chiesi, curiosa di conoscere la risposta. Gli scappò una risatina – Mi è venuto spontaneo dirlo. Io invece penso che ti ci vorrebbe una bella vacanza.
- Questa dovrebbe esserlo. – sbuffai, rimpiangendo tutti gli amici che avevo in città e che avrei rivisto soltanto a settembre. Lui sorrise, ma questa volta non in modo strafottente, sembrava sincero.
- Avrei dovuto immaginarlo. Nessuno di queste parti si perderebbe nel bosco. Scusami, ricominciamo con il piede giusto, ti va? – disse, porgendomi la mano. La strinsi – Piacere, Kaylee Morris.
- Logan Graham, il piacere è mio.
 
- Qui cosa fate per divertirvi, il sabato sera? – chiesi a mia cugina Stephanie. Lei si stava truccando nel bagno, mentre io ero appena uscita dalla doccia. Lei mi sorrise – Stasera c’è la fiera. Vuoi venire insieme ai miei amici? – chiese, io annuii. In fondo, non mi andava di passare la serata da sola. E magari avrei incontrato anche Logan.
- Allora fatti bella: voglio farti conoscere un po’ di ragazzi stasera. – esclamò, facendomi l’occhiolino. Che avrebbe voluto dire, lo scoprii soltanto quando ci incontrammo con il suo gruppo di amici. Per dirla in breve, due dei suoi amici mi sbavavano dietro, e Stephanie aveva intenzione di “sistemarmi” con uno dei due. Erano entrambi carini e simpatici, ma nessuno mi conquistò sul serio. Non dopo aver conosciuto Logan. Sarà stata la situazione di quel momento, ma ormai avevo l’idea che quel ragazzo fosse quasi un angelo, nonostante la conversazione brusca. Ad un certo punto della serata, mi staccai da quel gruppo per curiosare da sola in mezzo alle bancarelle. Molte erano adibite a buffet per il cibo, altre erano adibite a mercatini dell’usato. Studiando alcuni oggetti che erano in vendita, notai un braccialetto. Era la semplicità fatta oggetto: un filo di caucciù decorato soltanto da una pietra rossa a forma di cuore. Pensai che doveva essere mio, ma quando mi resi conto che non avevo nemmeno uno spicciolo, cercai di non esternare la mia delusione.
- Ti piace quel braccialetto, non è vero?
Sussultai per la sorpresa, e vidi Logan affianco a me. Come avevo fatto a non accorgermi della sua presenza?
- Peccato che non abbia nemmeno una mezza moneta. Potrei sempre farlo mettere da parte, prenderlo tra un po’ e ..
- Lascia stare – mi interruppe, cacciando il portafogli – Quanto costa questo? – chiese alla donna dietro il bancone. Lei disse il prezzo, lui pagò e mi legò al polso il braccialetto.
- È il secondo favore che mi fai in meno di ventiquattro ore. – dissi, ammirando il regalo – Come posso sdebitarmi?
Logan fece finta di pensarci su e poi alzò le spalle – Non saprei, potresti offrirmi il gelato la prossima volta che verrò in paese.
- Non sei di qui? – chiesi stupita. Da come conosceva il bosco, non l’avrei mai pensato. Lui scrollò la testa – Abito nella città a valle. Visto che quest’anno non posso permettermi vacanze, ogni tanto passo qua con la mia auto e mi fermo per qualche giorno dai miei amici.
- Ah, capisco ... – dissi a voce bassa. Un’ondata di delusione mi travolse, e all’inizio non seppi spiegare il perché. Camminammo insieme tra le varie bancarelle, fino a quando il mio stomaco non si mise a brontolare. Logan, avendo notato che avevo fame, mi portò nel bar più vicino. Visto che l’aria fresca di quella sera non ci dispiaceva, decidemmo di sistemarci fuori. Quando feci per sedermi, lui si sistemò dietro di me e tirò la sedia indietro per farmi passare meglio, e poi mi fece sedere. Solo dopo qualche minuto mi ricordai che non avevo soldi, e mi detti della stupida. Non potevo farmi offrire anche la cena, diamine!
- Logan, io devo andare. Mi hai regalato il braccialetto, non posso accettare che tu mi paghi la cena.
- Stai scherzando, spero. Te l’ho già detto, non devi preoccuparti. Non posso soltanto offrirti la cena da bravo gentiluomo? Se il problema è che ti senti in debito, te lo ripeto, non ce n’è bisogno. Non muoio mica se non mi ridai i soldi. – terminò, ridendo. Io sbuffai – Se lo dici tu … La prossima volta che ci vediamo, pago io! – esclamai, facendo scoppiare a ridere Logan in una grossa risata.
- Allora sei proprio testarda, eh? Stai tranquilla, la prossima volta si vedrà.
 
Di Logan avevo perso completamente notizie. In effetti, mi aveva avvisato che il giorno dopo il nostro incontro sarebbe ritornato in città. In cuor mio, speravo ci saremmo rivisti. Volevo davvero offrirgli il gelato, pensavo in me. In realtà, non era solo per quello che volevo vederlo, ma ancora non lo sapevo.
 
- A che stai pensando, Kay? – mi chiese Stephanie. Ancora una volta, era riuscita a convincermi ad uscire con lei e i suoi amici. Non c’era più la fiera del sabato precedente, ma molte bancarelle erano rimaste comunque. Mentre mi legavo i capelli scuri con un elastico le risposi – A che dovrei pensare? Niente, non preoccuparti.
Lei mi guardò poco convinta, poi scrollò la testa e si fiondò in testa al gruppo per raggiungere il suo fidanzato. Vicino a me arrivarono subito quei due a cui piacevo, intenti a inondarmi di complimenti e chiacchiere varie. Quasi non li ascoltai: ero alla disperata ricerca di Logan. Mi guardavo a destra e a sinistra, in cerca di quel biondo che aveva occupato interamente la mia mente per tutti quei giorni.
 
Stavo camminando per il corso principale del paesino. Mi ero tenuta dietro rispetto a tutti gli altri, ed ero sola. Avevo chiesto a Stephanie di scollarmi i suoi due amici, e così era stato. Ad un certo punto, qualcuno mi afferrò il braccio e mi trascinò nel vicoletto che avevo appena sorpassato. Spaventata al massimo, ero già pronta ad urlare, ma riconobbi il suo volto.
- Che cazzo ti è saltato in mente di prendermi così? – gli dissi, cercando di non apparire spaventata, anche se la mia espressione aveva parlato da sola. Lui rise – Spaventata, eh? Scusami. Ti prometto che forse non lo faccio più.
- Che cosa significa quel forse? – gli chiesi, guardandolo sospettosa. Lui mi accarezzò i capelli - Assolutamente nulla, piccolina.
Penso che se quella traversina non fosse stata completamente buia, Logan si sarebbe accorto del mio colorito rosso pomodoro. O forse, aveva semplicemente fatto finta di non notarlo. Mi prese per mano e mi chiese se avevo voglia di cenare con lui al bar dell’altra volta. Io annuii e, mano nella mano, camminammo verso il bar.
 
- Due gelati al sale marino, grazie. – disse al cameriere. Avevamo mangiato tutti e due un panino, e io gli avevo chiesto se volesse quel fatidico gelato di cui avevamo parlato  la settimana prima.
- Che razza di gusto è? – chiesi ridendo a Logan. Lui mi sorrise – Aspetta e vedrai.
Pochi attimi dopo, il cameriere tornò con due coni gelato. Quando mi assicurai che se ne fosse andato, esclamai – Ma è blu!
- Cosa c’è, non ti piacciono i gelati blu? – chiese. Io scossi la testa – Non ne ho mai visto uno!
- Forza, assaggialo! Non te ne pentirai. – affermò, con l’aria da saputello.
- Ne sei proprio sicuro? – chiesi, guardando dubbiosa il gelato. Lui annuii – Se non ne fossi stato certo, non l’avrei scelto per te.
- E va bene, vediamo com’è questo gelato al sale marino! – dissi. Quando lo assaggiai, mi sembrò di scoprire un mondo. Logan sorrise, soddisfatto.
- Che ti avevo detto? Dovresti fidarti di più di ciò che dico. – disse, facendo il finto offeso. Io scoppiai a ridere, e lui con me. Notai che si era leggermente sporcato vicino alle labbra col gelato, così presi un fazzoletto e lo pulii. Stavo quasi per staccare la mano, quando lui la prese con la sua e la accarezzò. Ci guardammo negli occhi in silenzio. Potevo vedere il mio riflesso nell’azzurro dei suoi occhi. Il tempo sembrò quasi fermarsi, fino a quando non arrivò il cameriere a portarci il conto. Velocemente, presi i soldi dalla borsa e pagai prima ancora che Logan potesse guardare la somma del conto. Lui sorrise, avendo capito il motivo del mio gesto. Quando ci portarono il resto, Logan si alzò e mi porse la mano.
- Si è fatto tardi. Mi permette di accompagnarla a casa, signorina Morris? – chiese teatralmente.
- Volentieri, signor Graham.
 
Erano passate due settimane dal mio ultimo incontro con Logan. Alla fine di quel sabato sera trascorso insieme, io e Logan ci eravamo scambiati i numeri di telefono ma ci rendemmo conto quasi subito che sentirsi era impossibile, giacché in montagna non c’era campo. Un giorno, mentre accompagnavo mia cugina in un negozietto, mi accorsi che molta gente portava lettere e cartoline ad un banco vicino alla posta, sorvegliato da quelli che sembravano due postini. Stephanie, notando che guardavo verso quello strano banco, mi spiegò a cosa servisse.
- Diciamo che è un servizio postale speciale. È grazie a quello che comunichiamo con la città a valle. Ogni pomeriggio quei due lì scendono in città e smistano le lettere. E in città fanno la stessa cosa altri due postini, che ogni pomeriggio verso le cinque salgono in paese e smistano le loro lettere. Ammetto che rispetto a una telefonata o a un sms è molto più complicato, ma almeno non siamo esclusi dal mondo, no?
Ritornai a guardare quel bancone e pensai che avrei chiesto a Logan il suo indirizzo. Sperai che a Logan venisse in mente la mia stessa idea. Magari, il giorno stesso mi sarebbe arrivata una lettera.
 
- Quella dei numeri di telefono non è stata una grande idea, vero? – mi chiese Logan, mentre passeggiavamo per il parco giochi. Quella volta Logan era venuto di mattina, visto che un suo amico l’aveva invitato a dormire da lui per qualche  giorno. Appena lo disse, il mio cuore sembrò volermi uscire dal petto per la felicità.
- Già. – risposi – Mia cugina mi ha detto che c’è un servizio postale speciale. Potremmo utilizzare quello, no?
Logan, con la testa china a guardare l’erba, sembrava assorto nei suoi pensieri. Improvvisamente alzò la testa, sorridendo.
- Promettimi una cosa. – iniziò a dire. Io annuii.
- Ci scriveremo tutti i giorni. Svuoteremo tutto il nostro cervello dai nostri pensieri e li scriveremo nelle nostre lettere. Giurami che mi scriverai qualsiasi cosa. – disse, guardandomi negli occhi.
- Ci sentiremo anche dopo le vacanze? – chiesi, intimorita. Avevo iniziato a capire che mi piaceva, non volevo perdere contatti con lui. Lui mi si avvicinò e mi abbracciò forte.
- Soprattutto dopo le vacanze.
Profumava di bosco, di montagna, di sole. Lo strinsi anch’io, sognando invano che non ci saremmo lasciati mai. In quel momento non sapevo cos’eravamo. Da alcuni suoi gesti, mi sembrava che il nostro rapporto era oltre la semplice amicizia. Ma non riuscivo a capacitarmi che quel ragazzo fosse diventato parte centrale della mia vita in sole quattro settimane. Sì, ero e sono socievole, ma come avevo detto prima, non si trattava di amicizia. L’avrei scoperto soltanto in seguito, che il sentimento che ci legava era ben più di quello che avrebbe dovuto essere.
 
- Mica hai delle briciole? – chiesi a Logan, mentre eravamo seduti su una panchina davanti ad un laghetto artificiale con delle anatre che sguazzavano allegramente. Lui fece di no con la testa e mi guardò con occhi interrogativi.
- Volevo dar da mangiare alle paperelle. – spiegai, poggiando i gomiti sulle ginocchia e sporgendomi un po’ di più verso il laghetto.
- Lo sai che se continui così potresti cadere in acqua, vero? – disse il biondo, sorridendo alla mia espressione crucciata.
- A meno che qualcuno non mi spinga, non credo che io possa cadere. – affermai, continuando a fissare il laghetto. Le paperelle nuotavano nell’acqua inseguendosi l’un l’altra. Era una scenetta abbastanza comica. Logan ridacchiò. Mi girai per guardarlo, ma quello mi aveva già dato una pacca sulla parte bassa della schiena, facendomi sobbalzare in avanti. Purtroppo per me, la distanza tra la panchina e il perimetro del lago era davvero inesistente, così caddi in acqua. Logan scoppiò a ridere, mentre io lo incenerivo con gli occhi. Non l’avrebbe passata liscia. Sorrisi sadicamente, e Logan mi guardò tentennante. Mi alzai e camminai verso di lui.
- Amore mio, fatti abbracciare! – dissi, scoppiando in una risata che sembrava quasi isterica. Anche Logan iniziò a ridere – Ma non ci penso proprio, tesoro! – disse, cercando di allontanarsi il più possibile da me. Purtroppo per lui, quando ero più piccola avevo fatto ginnastica leggera e, nonostante lui avesse le gambe più lunghe, lo raggiunsi in pochi minuti. Praticamente gli saltai sulla schiena. Per la sorpresa (e anche per il contatto con la mia maglietta fradicia e la mia pelle fredda) perse l’equilibrio, cadendo in quella piccola striscia di erba tra il laghetto e le panchine. Stavo per alzarmi, soddisfatta del risultato, ma il biondo mi strinse per i fianchi, costringendomi a rimanere ancora appoggiata al suo busto. Mi girai a guardarlo, incuriosita dal suo gesto. Logan fece un sorriso sghembo e divertito – Adesso inizia la guerra, amore. 
Disse quell’ultima parola con un tono dolce, nonostante stesse per farmi tuffare di nuovo nel laghetto. Logan si alzò di scatto e tentò di bloccarmi ma, capite le sue intenzioni, mi aggrappai a lui come nemmeno un koala riuscirebbe a fare.
- Col cavolo che ci torno là dentro! Vai a nuotarci tu con le paperelle, fa freddo! – dissi io, mentre faceva di tutto per farmi scendere. Dopo dieci minuti buoni, Logan si fermò all’improvviso.
- Amore – sottolineò – se non ti stacchi tu, penso proprio che una nuotatina me la faccio sul serio.
- Non oserai .. ! – iniziai a urlare.
- Fidati, oserò eccome! – disse, iniziando ad entrare nel laghetto. Avrei dovuto scappare a gambe levate, eppure rimasi shoccata e mi aggrappai ancora di più a Logan. Solo quando si tuffò completamente nel laghetto mi staccai, finendo anche io nell’acqua. Riemersi, spostando i capelli all’indietro. Le papere ovviamente starnazzavano spaventate e nuotavano veloci per allontanarsi. Logan era ancora sott’acqua, e quando salì in superficie me lo trovai alle spalle. Stavo per imprecare a squarciagola per il secondo bagno che mi aveva fatto fare, ma lui mi abbracciò da dietro con le sue braccia robuste e si avvicinò a me.
- Ti odio, lo sai vero? – dissi, senza girarmi a guardarlo in faccia. Ero bordeaux per la rabbia.
- Te l’avevo detto che l’avrei fatto, zuccherino. – rispose, più dolce del miele. Quei nomignoli mi iniziavano a dare sui nervi. Mi voltai verso di lui e gli tirai un buffetto sulla guancia. Lui sgranò gli occhi, facendo il finto offeso – Stavo per offrirti una tregua, ma non mi lasci altra scelta!
- Ma che ..
Mi tirò per i pantaloncini e mi fece andare sott’acqua. Una, due, tre volte. Quando riuscii ad avere una presa salda su di lui, riuscii a riemergere. Le mie labbra si trovavano a pochi centimetri di distanza dalle sue. Logan mi sorrise, strofinando la punta del suo naso contro il mio. Improvvisamente udimmo un fischio: era un controllore del parco, che ci intimava ad uscire dal laghetto. Di scatto uscii dall’acqua diventando paonazza per la brutta figura. Non riuscii a guardare Logan, ma avrei scommesso tutti i miei soldi che si stesse sforzando di non ridere.
 
- Smettila! Ti prego, basta! – urlai. Mi ero seduta su un’altalena del parco giochi e Logan aveva iniziato a spingermi. Ma non sapeva che dondolare velocemente sull’altalena mi faceva girare la testa e venire da vomitare. Logan, pensando che le mie grida fossero dovute soltanto a una finta paura, non mi ascoltò e continuò a spingermi. Mentre l’altalena andò in alto mi sentii male e senza volerlo lasciai le catene, cadendo per terra. Sentii Logan raggiungermi e gridare il mio nome, pochi attimi dopo vidi soltanto il buio.
 
- Non preoccuparti Elisabeth, è stato solo un calo di zuccheri. Tua nipote non ha assolutamente nulla che non vada. Abbiamo fatto tutti gli esami possibili.  – udii, mentre mi risvegliavo. Aprii lentamente gli occhi e quando mi guardai intorno mi accorsi di essere in ospedale. Provai a sedermi, ma una mano mi bloccò all’altezza della pancia. Sobbalzai.
- Non ti muovere. Come stai? – mi chiese Logan preoccupato. Avrei voluto picchiarlo: in fondo era anche colpa sua se mi ero sentita male. Ma ebbi solo la forza di sorridere per tranquillizzarlo.
- Hai sentito il dottore, è stato solo un calo di zuccheri. Ma il grosso l’ha causato la nausea da altalena. – dissi, appoggiando la schiena al cuscino. Mi guardò arrabbiato.
- Perché non mi hai detto che saresti stata male? Non ti avrei nemmeno fatto salire su quell’altalena! - urlò. E di rimando urlai anche io.
- Se tu mi avessi ascoltato quando ti ho detto di fermarti, non sarei qui!
Rimase a bocca aperta, come se solo in quel momento ci stesse riflettendo sul serio. Quando si rese conto che avevo ragione, mi prese la mano con entrambe le sue.
- Mi dispiace. Non vorrei mai averlo fatto. Se sei stata male è colpa mia. Non è stata assolutamente mia intenzione. Se solo tu sapessi … Non potrei mai esserne capace.
Stava per continuare quando lo bloccai.
- Se sapessi cosa? – chiesi, curiosa e preoccupata al tempo stesso. Rimase muto per qualche secondo, come se avesse pensato mentalmente cosa dire, ma non poté dire nulla perché mia zia entrò rumorosamente nella mia stanza. Disse che sarei potuta tornare a casa insieme a lei quel momento stesso, visto che non avevo nulla. Logan mi sorrise e uscì dalla stanza senza farsi notare da nessuno. Nessuno tranne me.
 
Logan mi avvisò che aveva avuto problemi in famiglia e che doveva tornare giù in città. Mi promise che ci saremmo visti il sabato sera come sempre, e che si sarebbe fatto perdonare. Iniziammo a scriverci. Ogni giorno consegnavo personalmente la mia lettera al postino, sperando che mi arrivasse una risposta al più presto. Come avevamo promesso, ci scrivemmo tutto ciò che ci accadeva nei minimi dettagli. Decoravamo i nostri fogli con faccine e disegnini stilizzati. In una Logan, che era bravissimo a disegnare, disegnò me e lui mentre prendevamo un gelato al sale marino. Ormai le mie giornate erano divise in due: una prima parte, in cui mi scervellavo a scrivere cose interessanti nella lettera, e una seconda parte, in cui speravo che la mia lettera fosse arrivata a Logan e immaginavo le sue reazioni a ciò che avevo scritto. Quelle lettere erano diventate una parte vitale di me. Logan Graham era diventato parte di me.
 
Dopo due lunghe settimane, arrivò finalmente il sabato tanto desiderato. Anche se in programma non avevo nulla di particolare, indossai il mio vestitino preferito: bianco con alcuni sprazzi di verde smeraldo che mettevano in risalto le venature verdi dei miei occhi scuri. Avevo appena finito di prepararmi quando qualcuno bussò alla porta. Mi sembrò strano, visto che Stephanie era già uscita e mia zia anche. Andai ad aprire e davanti mi trovai Logan con una rosa rossa in mano. Gli sorrisi.
- Perché la rosa? - chiesi, mentre chiudevo a chiave la porta di casa.
- Mi stai chiedendo perché te l’ho portata oppure perché ho scelto proprio una rosa? - sorrise, tenendo il gambo del fiore con entrambe le mani, come per tenerle occupate.
- Entrambe le due cose. - risposi, incuriosita. Lui alzò lievemente lo sguardo. Mi esaminò dalla testa ai piedi, senza mai smettere di sorridere. Il suo sguardo era dolce, mi provocò un brivido per la sua intensità.
- Ho preso una rosa perché è elegante e molto più bella rispetto ad altri fiori. Ma è anche semplice, come te del resto. E poi, mi stai chiedendo perché l’abbia presa .. beh, un gesto carino non ha per forza un motivo. Si fa e basta. – disse, guardandomi negli occhi. Io sbuffai. Lui rise.
- Non ti soddisfa la mia risposta?
- Per niente. – dissi, facendo l’imbronciata. Poi lui mi porse il braccio e insieme andammo verso il corso del paese. Come al solito, cenammo al bar e ci prendemmo il gelato al sale marino. Era strano quel gusto, non saprei spiegarlo tutt’ora. Dolce e salato al tempo stesso, quasi innaturale. Quando pagammo il conto (alla “romana”, perché ero stufa che offrisse sempre lui), ci facemmo una passeggiata e notai solo allora che c’erano le giostre. C’era di tutto: l’autoscontro, delle piccole montagne russe, la ruota panoramica, i go-kart, la casa degli specchi, quella dei fantasmi, e tanti altri giochi di abilità dove si vincevano peluche giganti. Tirai Logan per la maglietta e lo costrinsi a fare quasi tutti i giochi. Ci divertimmo come pazzi e, in compenso, avevamo vinto tanti peluche.  Logan mi chiese se avevo voglia di fare un giro sulla ruota panoramica. Nonostante fosse abbastanza alta e io soffrissi di vertigini, accettai comunque. Appena salii sulla cabina della ruota, mi accorsi che avevano installato delle casse da cui si sentiva una musica di sottofondo. Erano canzoni che uscivano spesso in radio, molte le riconobbi. Ci sedemmo uno di fronte all’altro. Più salivamo, più stringevo la gonna del mio vestito per impedirmi di urlare. Lo so, sarebbe stato meglio non salirci, ma dopo quello che era successo con l’altalena volevo dimostrare a Logan che non avevo paura di niente. Ma le espressioni del mio volto erano più che eloquenti.
- Kay, mi dici che cos’hai? Da quando siamo saliti stai torturando il tuo vestito. – disse, apparendo calmo. Mi tolse le mani dalla gonna. – Mi spieghi che sta succedendo?
- Vuoi sapere che sta succedendo? – dissi, spostandomi davanti a lui. Non so cosa mi prese in quel momento, ma gli dissi tutto ciò che mi era passato per la testa negli ultimi cinque minuti. Non esclusi niente.
- C’è che soffro di vertigini. C’è che non avrei voluto dirlo per non sembrare una stupida, anche se già l’episodio con l’altalena è stato alquanto umiliante ed eloquente. C’è che per una volta volevo che tutto andasse bene, perché davanti a me ho il ragazzo più bello e più dolce che abbia mai conosciuto. L’unico che sia stato capace di .. – stavo per continuare a parlare e a vomitare parole, ma Logan mi fermò posando un dito sulle mi labbra. Si chinò in avanti verso di me e sussurrò – Tu non sei stupida. Tutti abbiamo delle fobie, che possono sembrare insensate. Io da piccolo avevo una paura enorme dei gatti. Eppure una volta fui costretto a badare un gatto per una mia vicina e, stando a stretto contatto col gatto, la paura passò. Guarda il finestrino. Siamo sul punto più alto della giostra. Non si va più in alto, non c’è nulla da temere. Anzi, vedi che spettacolo.
Guardai il paesino, illuminato a festa, e la valle in fondo, anch’essa illuminata in alcuni punti. Guardai in alto, e intravidi qualche piccola stella che brillava nel buio della notte. Guardai i suoi occhi, che erano lo spettacolo più bello di quella notte. Erano diventati il mio faro, la mia luce da seguire per non perdersi. Una folata di vento proveniente dal finestrino abbassato mi fece rabbrividire.
- Hai ancora paura? – chiese. Feci di no con la testa. Lui sorrise. Dalle casse si sentiva una canzone molto familiare.
 
You should let me love you,
Let me be the one to give you everything you want and need.
Baby good love and protection,
Make me your selection,
Show you the way love’s supposed to be.
Baby you should let me love you.
 
Mi ritrovai a cantarla a bassa voce. Quando mi accorsi che Logan mi stava sentendo, mi bloccai subito. Lui rise – Timidona, perché hai smesso? Eri brava. Ma soprattutto bella. – disse, accarezzandomi una guancia. Ero immobilizzata. Pensai che in quel momento sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa.
- Prima hai detto che sono il ragazzo più bello e più dolce che abbia mai conosciuto. E che sono stato l’unico capace di ..? – chiese, avvicinando sempre di più il mio volto al suo. Mi resi conto solo in quel momento che gli avevo detto una cosa del genere. Avrei voluto darmi uno schiaffo, ma avevo già fatto figure di merda in abbondanza. Stavo per ribattere, stavo per inventarmi una scusa e nascondere quella mia semi dichiarazione, ma la porta della cabina si aprì di scatto, salvandomi in calcio d’angolo. Il giro era finito e dovevamo scendere.
 
La serata era trascorsa in maniera tranquilla. Tra noi aleggiava un’aria piena di imbarazzo, sia da parte mia che da parte sua. Ci eravamo quasi dichiarati, probabilmente un’occasione del genere non sarebbe mai più capitata. In quel momento, non eravamo più al lunapark, ma stavamo andando in direzione del parco giochi.
Lì era poco illuminato e si vedevano tantissime stelle. Mi sedetti sull’altalena, Logan mi fulminò con lo sguardo. Capendo il motivo, risi.
-Non preoccuparti, se mi siedo soltanto non svengo. – Logan non riuscì a nascondere un sospiro di sollievo. Si sedette sull’altalena affianco alla mia. Lo osservai dalla testa ai piedi.  Era la perfezione fatta persona, era semplicemente fantastico. Logan si accorse che lo stavo fissando. Arrossii.
- Ehi, cucciola. – disse, avvicinandosi con la sua altalena.
- Non sono piccola, ho soltanto due anni in meno di te. – affermai, sbuffando.
- Infatti ti ho chiamato cucciola, non piccola. E’ ben diverso. – Logan fece un’espressione da saputello che lo faceva sembrare più piccolo dei suoi diciotto anni. Risi, e lui mi sorrise dolcemente. Prese la mia mano con la sua, sfiorando delicatamente il mio palmo con le sue dita. Di solito, sarei già saltata in aria per il solletico, ma il suo tocco era così leggero che quasi non lo sentivo. Era come se avesse paura di toccarmi, lo capivo anche dal suo sguardo attento sulle nostre mani.
- Logan, non è stata colpa tua. Lo vuoi capire si o no? – chiesi a voce bassa. Lui, comprendendo che avevo capito la sua paura, sospirò.
- Tu non capisci.
- Spiegami. Se tu non ci provi nemmeno a parlare, non potrò mai capire. – affermai, sperando che avremmo ripreso il discorso che avevamo interrotto sulla ruota panoramica. Lui fece un grande respiro, quasi per prendere coraggio.
- Quando sono con te, è come se mi trovassi in un mondo parallelo. Tutti i miei problemi spariscono, solo un pensiero è persistente: tu. Da quando ti conosco la mia vita è diventata un conto alla rovescia, nell’attesa di rivederti ancora. Sei diventata tutto in così poco tempo … Quando ti ho visto cadere dall’altalena ho subito pensato al peggio, ho avuto una paura folle di perderti. In ospedale i minuti sembravano ore e quando mi hai detto che era stata colpa mia, avrei voluto sbattere la testa contro il muro. Ti avevo detto che ero tornato a casa per motivi di famiglia ma non era vero: me ne ero andato per evitare di farti ancora del male, anche involontariamente. E adesso sono qui, sperando che tutto ciò che sto provando per te sia ricambiato e sperando in …
- In cosa, Logan? In cosa stai sperando? – chiesi, dopo aver notato che si stava interrompendo. Per un attimo realizzai che Logan non avrebbe mai potuto dire ciò che io avevo sperato per tutti quei giorni. Mi sembrava troppo assurdo per crederci. Forse ero influenzata da esperienze precedenti, ma pensai che se Logan avesse dichiarato anche un minimo sentimento di amore verso di me, di certo avrebbe detto una menzogna. Ma la tutte quelle domande che affollavano la mia testa in quell’istante non mi impedirono di ascoltare.
- Come sarebbe a dire, in cosa sto sperando? – chiese, stringendomi le dita - Sto sperando in me. In te. Sto sperando in un noi, in un qualche minimo futuro insieme. Mi piaci davvero tanto, Kay. Più eloquente di così, non so come dirtelo ..
Logan aveva confessato tutto. Non seppi se ridere per la felicità o piangere per la commozione. Semplicemente, gli accarezzai il volto e mi avvicinai alle sue labbra candide e rosee.
- Mi piaci tanto anche tu. – sussurrai sulle sue labbra. Appena finii di parlare, il suo volto si illuminò in un sorriso e mi baciò lievemente. Ricambiai il bacio e una scarica di adrenalina mi attraversò tutta la schiena. Eravamo insieme, noi due. Io e Logan, nessun altro. Il silenzio era rotto soltanto dai nostri respiri e dai battiti veloci dei nostri cuori. Perfetta sincronia, azzardai a pensare che potessimo diventare una cosa sola.
 
Mancavano solo una settimana alla mia partenza. Sarei ritornata nella città che tanto adoravo, avrei rincontrato tutti i miei amici. Avrei ritrovato tutto quel mondo che mi ero lasciata alle spalle durante quelle vacanze. Ma il mio ritorno a casa mi avrebbe costretto a lasciare Logan. Le nostre città erano lontanissime tra loro. Anche se le nostre promesse erano più che sincere, sapevo che non saremmo riusciti a mantenerle. Ci speravo, certo, ma in cuor mio mi ero già arresa all’idea che Logan non sarebbe mai stato realmente mio, né io sarei stata realmente sua in eterno.
Quel weekend Logan avrebbe dormito in un alberghetto poco lontano dal centro abitato, per stare più tempo con me. Passammo tutto il sabato insieme: la mattina mi era venuto a prendere per fare colazione al bar, poi avremmo pranzato al parco con dei panini a mo’ di picnic e la sera saremmo usciti di nuovo insieme.
- Bonjour Mademoiselle, pronta per la colazione? – chiese, porgendomi il braccio. Sua madre era di origini francesi e aveva studiato la lingua anche alle superiori. Non raramente sfoggiava il suo accento da perfetto parigino.
-  Certo che sì, Monsieur.  – risposi allegramente. Mi avvicinai a lui e gli schioccai un bacio sulle labbra. Lui mi guardò estasiato, come lo sono i bambini davanti alla cioccolata o alle caramelle.
- Sei bellissima. – disse, con un sorriso un po’ ebete sul volto. Per una volta era lui quello a fare la parte del fesso tra i due! Io arrossii e liquidai il tutto con le solite frasi di rito “Ma che dici? Non è vero, sono brutta!” ma in quel momento capii che non era vero. Mi sentivo bella dentro, perché Logan riusciva a far emergere tutte le mie migliori qualità. Mi sentivo come mai prima, ero invincibile: lui mi faceva sentire migliore.
 
Trascorsa un’intera giornata passata a camminare, rincorrerci, scherzare e quant’altro, era arrivato il momento dei saluti. Lo accompagnai davanti alla porta della sua stanza per assaporare quegli ultimi attimi con Logan. Dopo non l’avrei mai più rivisto.
- Beh, credo che ci dovremmo salutare adesso. – dissi io, titubante. Tenevo lo sguardo ben lontano dai suoi occhi penetranti, che avrebbero compreso all’istante il mio stato d’animo.
- Dici? – chiese, con un tono allegro. Non potei evitare di inarcare un sopracciglio. Sapeva benissimo che la settimana dopo sarei partita, e io sapevo che lui non sarebbe potuto venire a salutarmi. Improvvisamente mi prese per i fianchi e mi avvicinò a sé.
- Non sarei tanto sicuro che ti lascerò andare via tanto facilmente stanotte … - mi sussurrò all’orecchio, in modo da provocarmi dei brividi lungo tutto il collo fino alla fine della spina dorsale. Come se non fosse già bastato a farmi saltare il cuore in gola, Logan iniziò a darmi dei baci sul collo.
- Logan io dovrei … - cercai di parlare, ma lui mi zittì posando l’indice sulle mie labbra. Aprì la porta della sua stanza. Il mio cuore martellava così forte nel petto che ebbi paura che Logan ne potesse sentire il rimbombo.
- Non preoccuparti, so cosa stai pensando. Non farei mai nulla contro la tua volontà, lo sai vero? – disse, guardandomi negli occhi. Aveva le guance arrossate, i capelli biondi leggermente spettinati. Annuii. Volevo sciogliermi sul pavimento. Lui sorrise e, tenendomi per mano, mi accompagnò dentro la stanza. Chiuse la porta alle sue spalle mentre io osservavo la piccola camera. Era accogliente, nonostante le modeste dimensioni. Era arredata con dei mobili in legno chiaro, da un piccolo balconcino si riuscivano a vedere le stelle. Mi appoggiai sul letto, con i muscoli tesi per la situazione in cui mi ero cacciata. Non ero stupida, sapevo che Logan avrebbe voluto fare l’amore con me. Anche io volevo, ero più che sicura dei miei sentimenti: lo amavo. Ma lui? Sì, gli piacevo, ma fino a che punto? Potrà sembrare stupido per qualcuno, ma io credo che la prima volta debba avvenire con una persona importante, non con la prima che incontri. Per me sarebbe stato un evento incancellabile, che mi avrebbe segnato per tutta la vita. Ma volevo essere sicura che per lui sarebbe stata la stessa cosa.
- Ehi, cucciola. – mi disse, avvicinandosi a me. Si sedette e mi accarezzò una guancia. Io abbassai lo sguardo e lui se ne accorse. Mi abbracciò, inaspettatamente, e io affondai il volto nell’incavo tra il collo e la spalla. Strinsi la sua maglietta, affondando le dita nel tessuto morbido. Lui mi diede un bacio leggero sui capelli. Poi ruppe il silenzio che aleggiava nella stanza.
- So perché ti sei chiusa a riccio. – sorrise – Ma sappi che non voglio costringerti a fare nulla. Voglio solo che tu sappia che provo davvero dei sentimenti enormi per te. Io … Io credo di amarti, Kaylee.
Dopo che disse queste parole, fu come se i miei sensi si risvegliassero dopo un lungo letargo. I colori mi sembravano più vividi, avevo la sensazione di poter percepire dieci volte meglio ciò che potevo sentire prima. Il cuore si era acceso in una serie di battiti accelerati. Istintivamente alzai lo sguardo su di lui e lo baciai. Le nostre labbra si sfiorarono e le nostre lingue si incontrarono. Per tutte quelle emozioni, dei brividi percorsero la mia spina dorsale. Affondai le dita nei suoi capelli morbidi, arricciando qualche ciocca, mentre lui mi stringeva a sé. Mi staccai per riprendere fiato e sussurrai, come per non farlo sentire a nessuno, come per evidenziare l’intimità di quella frase – Credo di amarti anche io.
Logan sorrise, in tutti i sensi: non sorrideva soltanto la bocca, ma anche gli occhi sprizzavano gioia. Ci sdraiammo sul letto e lì ci svelammo completamente. Partendo da baci lievi che via via diventavano sempre più passionali, iniziammo a stringerci e a toccarci, fino a quando non ci bastò più nemmeno quel contatto. Eravamo tutti e due ancora completamente vestiti, perciò iniziammo a spogliarci l’un l’altro. Quando Logan tirò su la mia maglietta e sbottonò il reggiseno volevo sprofondare dalla vergogna: nessuno mi aveva mai vista come stava per vedermi lui. Presi un respiro profondo e Logan se ne accorse.
- Se vuoi che mi fermi, dillo. – disse, serio. Io scossi la testa e mi girai verso di lui, che era seduto alle mie spalle.
- No, non voglio che tu smetta. – affermai, sorridendogli. Logan sorrise di rimando e mi diede un lieve bacio sulla spalla. La mia schiena aderiva quasi completamente al suo petto. Respiravamo in sincronia. Mi abbracciò, stringendo i miei fianchi con le gambe. Spostò i miei capelli dal collo, lasciandoli cadere sul mio seno ormai scoperto. Sfiorò la nuca con la punta del suo naso.
- Se mi fai continuare adesso, non tornerai più indietro. Lo sai vero? – disse, alludendo al fatto che ero vergine. Voleva essere sicuro che fossi pronta. Io annuii. Non volevo più tornare indietro, ormai. Avevo paura. Certo che avevo paura, era la mia prima volta. Ma volevo che Logan capisse fino a che punto ero disposta ad arrivare per lui. Volevo che capisse ciò che provassi per lui. Volevo amarlo. Con la mente, con il corpo e con il cuore.
Mi sdraiai supina, lui sopra di me. All’inizio non fu piacevole, ma lo divenne nel momento immediatamente seguente. Da lento e lieve, il movimento si fece più profondo e veloce, fino a quando entrambi raggiungemmo l’orgasmo. Fu come stare sulle montagne russe: il brivido che ti percorre quando si scende in picchiata era lo stesso. Eravamo una cosa sola in quel momento. Non eravamo più Logan Graham e Kaylee Morris. Non c’era più nessun io e nessun tu: eravamo noi e basta.
 
Eravamo abbracciati “a cucchiaio”. Sarei dovuta stare già a casa per quell’ora, ma avevo deciso che avrei dormito con Logan, e lui era stato più che d’accordo.
- Ti amo. – dissi.
- Ti amo anche io. – disse Logan di rimando. Mi strinse e ci addormentammo così, con l’eco di quelle parole che ancora riecheggiavano nella stanza.
 
 
Otto anni dopo.
 
 
- Mamma finalmente sei arrivata! – urla la piccola Evelyn. Oggi sono andata a prenderla a scuola, il padre è sommerso dal lavoro. Già, da quando ha avuto quella promozione, Marc riesce a stare a casa solo a cena.
Ma ora vi starete chiedendo, Kaylee e Logan? Dove sono finiti? Stiamo parlando della stessa storia?
Ebbene sì. Sono sempre io, Kaylee Morris. Solo che adesso ho 25 anni e di Logan non ho notizie da quell’ultima sera insieme. Mi ha spezzato il cuore. Aveva detto di amarmi solo per infilarsi tra le mie gambe. Aveva promesso che si sarebbe fatto sentire, che sarebbe persino venuto a trovarmi. Niente di tutto ciò è mai successo. L’ho amato, mi ha deluso, ho sofferto, ma dopo tanto tempo sono riuscita a rimarginare le ferite. L’unica cosa che mi tiene ancora un po’ legata a lui è Eve.
E’ sua figlia, e non l’ha mai saputo. Forse non lo saprà mai. Adesso non importa, perché ho trovato qualcuno che sia riuscito a farmi sentire piena, viva, come è riuscito a fare lui tanti anni fa: Marc Holden, l’uomo che ho sposato tre anni fa, che è stato capace di amarmi, nonostante avessi già una bambina. Sto bene così. Amo Marc ma soprattutto amo mia figlia. E non permetterò a niente e nessuno di rompere l’equilibrio e la serenità che ho ritrovato adesso.
 
E’ stato un incubo. Un incubo lungo sei anni. Quando mi sono svegliato, mi ricordavo tutto ciò che era successo prima dell’incidente. Volevo salutarla, volevo stringerla ancora una volta a me, volevo rassicurarla, dirle che sarebbe andato tutto per il meglio, nonostante la distanza. Volevo dirle che non l’avrei lasciata andare.
Sono trascorsi due anni dal mio risveglio dal coma. I più difficili della mia vita. Kaylee ovviamente era partita. Sicuramente avrà pensato che fossi il solito stronzo e che la mia fosse stata una semplice cottarella estiva. Avrà pensato che io l’abbia sfruttata a mio piacimento quella sera.
Ma non è così.
Non riesco a vivere senza di lei. E’ come se mi mancasse l’ossigeno per respirare. Ho bisogno di lei. La amo, come non ho mai amato nessuno in vita mia.
Per questo l’ho cercata per tutto questo tempo, e adesso sono arrivato nella sua città per dirle tutta la verità. So che lei sarà sicuramente andata avanti senza di me, non la biasimo. Spero solo che mi ascolti. E se deciderà di riprovarci, sarò l’uomo più felice di questa terra.
 
- Mamma, possiamo prendere il gelato? Ti prego, ti prego, ti prego! – mi chiede Eve, con la sua vocina cristallina. Le scompiglio leggermente i capelli – E va bene Eve, però appena finito il gelato torniamo a casa.
Ci avviciniamo al chioschetto del gelataio, dove ordino un cono per la piccola e  una coppetta per me. Dopo aver pagato, ci accomodiamo sulla panchina di fronte. Ovviamente, Eve inizia a sporcarsi come solo lei riesce a fare.
- Eve, possibile che non riesca a mangiare senza sporcarti troppo? La fronte! Sei riuscita a sporcarti di gelato anche la fronte! – le dico. Non è un rimprovero, si capisce dal mio tono scherzoso. Infatti la mia bambina non riesce a fare a meno di ridere. Facendo finta di essere arrabbiata, cerco un pacchetto di fazzoletti nella borsa. Certo che non riesco mai a trovare nulla qui dentro …
- Serve un fazzoletto? – mi chiede una voce maschile. Sorpresa, alzo immediatamente la testa. Un uomo alto, dai lineamenti duri e virili, con la chioma dorata che gli circondava il volto in maniera angelica. O leonina, dipende dai punti di vista. Soltanto quando metto a fuoco il suo sguardo, comprendo chi ho davanti.
- Chi non muore si rivede, signor Logan. – affermo, seria in volto, nonostante un sorriso cortese.
- Non sa da quanto tempo volevo rivederla, signorina Kaylee. – afferma lui, puntando i suoi occhi azzurri nei miei.
 
Un battito. Due battiti. Più veloci, sempre più veloci. Sempre più incalzanti, sembrano inseguirsi.
Erano esattamente otto anni che non mi sentivo più così.


Eccomi qua! Lo so, non è conveniente pubblicare una nuova storia se si è in alto mare con le altre. Ci tenevo tantissimo a pubblicarla, perciò l'ho fatto.
Questa storia è nata come una one shot, ma già mi frulla un'idea in testa di scriverne il seguito, ambientato dopo l'ultimo incontro tra Kaylee e Logan .
Vorrei tanto, ma al momento devo concentrami su Asso e su le altre due storie che ho lasciato in sospeso (ma principalmente su Asso, visto che è una di quelle più impegnative!)
Per chi mi segue, spero di non avervi deluso e vi chiedo di commentare per aiutarmi a migliorare. Sono ben volute sia recensioni positive che critiche.
Alla prossima! Clau
  
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