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Autore: AlfiaH    06/06/2013    2 recensioni
Dal testo:
- Se non lo vuoi, dallo a me! –
- C-Cosa? –
- Cedimi il Paradiso, Arthur. –
In tutta la sua vita, che non aveva inizio e mai avrebbe avuto fine, non aveva mai visto la sua espressione così accesa e seria allo stesso tempo. Gli occhi gli si erano spalancati, come colpito da un lampo di genio e ora erano incatenati ai suoi, un impercettibile sorriso sulle labbra. L’azzurro, che tanto gli piaceva, nonostante l’enfasi della proposta, non rideva, era cupo, grigio, strano. Indietreggiò di un passo, incerto.
//UsUk//
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Okay, piccola premessa!
Scrivere questo primo capitolo è stata una faticaccia, spero non ci siano ripetizioni, che la punteggiatura sia corretta, insomma che sia scritta bene, ma! 
Non so quando posterò il prossimo capitolo. 
Ebbeh, mancanza di fantasia, creatività, energia nelle dita. Ma dovevo assolutamente iniziarla!
All'inizio doveva essere ispirata al poema. Del tipo che sono finita per non leggerne neppure un rigo. Quindi BBoh, solo il titolo è uguale perchè era figo <3
Lasciate un commento!
PS: Il reading potrebbe alzarsi!
PPS: O forse no.




~Paradiso Perduto~

 


Ogni uomo, com’è nella propria natura, si è sempre chiesto cosa ci fosse aldilà della Morte. I più audaci, i più presuntuosi, negli anni hanno avanzato delle ipotesi, fino ad auto convincersi della stessa tesi, arrivando ad una stessa conclusione.
L’umanità verrà dunque giudicata secondo la legge del Paradiso e dell’Inferno.
Gli uomini allora, seguendo la logica degli arroganti, iniziarono a chiedersi come fosse e dove fosse questo Paradiso e come fare per entrarci.  Al contrario cominciarono a temere l’Inferno, punizione dell’Onnipotente.
Ebbene essi scoprirono, o presunsero, che il Paradiso fosse abitato da angeli splendenti, uomini alati, signori incoronati, messaggeri divini.
D’altra parte vi era bisogno di una contrapposizione, qualcosa che bilanciasse la luce con le tenebre.
Così nacquero i demoni, signori dell’Oltretomba, mostri deformi, rifiutanti o indegni della luce, rappresentanti del male.
Eppure i demoni altro non sono che angeli dal Paradiso perduto.



 Paradiso Perduto
 Angeli Caduti

Non vi erano né tempo né spazio aldilà della volta celeste. Essi erano concetti troppo primitivi per comparare il divino e gli spiriti si basavano su quello che osservavano sulla Terra.
Giorno e notte, sole e luna, persino l’alternarsi delle stagioni era una novità.
 Le sole leggi erano quelle della moralità angelica e le regole erano dettate esclusivamente dalla morale di ognuno di essi. Gli angeli amavano ma non si amavano. A loro era sconosciuto il desiderio carnale, visto come una macchia. L’amore doveva essere quello puro e non dedito al piacere e non era mai rivolto ad un unico essere.
Almeno così era in principio.
C’erano angeli che avevano trovato il tempo e scoperto lo spazio per stare insieme, che si amavano l’un l’altro e che niente desideravano più dello stare insieme. Ed è lì, sulla riva di una sorgente creata dalla pura e semplice volontà, che comincia la loro storia.
-          Arthur! Arthur, vieni! Guarda! Ti piace? –
L’angelo dagli occhi smeraldini poggiò le mani sui fianchi guardando l’opera dell’altro con aria di sufficienza. Alfred era davvero bravo con i paesaggi, era dotato di grande fantasia. Ogni volta che creava qualcosa, Arthur era sempre il primo a cui correva a mostrarla, con gli occhi blu spalancati e l’immancabile sorriso felice dipinto sulle labbra. Lo chiamava, lo prendeva per mano e, fiero, gli mostrava quello che realizzava per lui, riempiendogli l’anima di gioia.
-          Beh, si, insomma, mi piace ma non è niente di che. Io potrei fare di meglio. –
Il suo orgoglio gli impediva di ammettere quanto realmente quel regalo gli fosse piaciuto ma l’ovvietà, allo stesso tempo, gli impediva di mentire. Le opere degli angeli avevano una durata breve, solitamente, e per quanto Alfred fosse bravo, anche quella sorgente sarebbe scomparsa in poco tempo. Perciò il creatore prese per mano il compagno e lo trascinò giù, sulla riva, per godere di quello che per loro era il Paradiso.
-          Oh, andiamo, potresti farmi un complimento ogni tanto! –
-          E che vuoi che ti dica? –
Arthur, esasperato, roteò gli occhi, poggiando i piedi scoperti sull’erba fresca. Era davvero una sensazione fantastica. A loro non capitava mai di sentire caldo o freddo, normalmente. Il loro abbigliamento era sempre lo stesso, costituito da una tunica candida, dal colore delle ali, che arrivava solo a metà coscia, e calzari dorati, come l’aureola scintillante. Erano tutti uguali e non avevano bisogno di cambiarsi di abito in nessun’occasione, fatta eccezione per quelle veramente importanti.
-          Beh, un “Alfred, hai fatto un ottimo lavoro, sono fiero di te, sei l’angelo più in gamba del paradiso” potrebbe andare bene, suppongo! –
Lo spirito sbuffò alle parole di quel giovane arrogante che si trovava davanti. Chi si credeva di essere? Ben è vero però che, guardandosi attorno, tutto era perfetto, divino. L’acqua sgorgava fluente dalla roccia spaccata, zampillava fuori felice e scendeva lungo il torrente sottile, diventava cristallina, proseguiva e si perdeva nel vuoto dell’immaginazione. Gli alberi intorno non erano nemmeno così alti e potevano confondersi perfettamente col verde del prato, trasmettevano pace e tranquillità, un senso di beatitudine che quasi commuoveva il suo animo.
Tutto ciò però era solo una copia, lo sapeva. Una copia di quello che l’Onnipotente aveva creato sulla Terra.
Sospirò.
-          Hai una schiera di angeli che te lo ripete tutti i giorni, cosa vuoi di più? –
Quando il messaggero celeste terminò la domanda si accorse che l’altro lo teneva già stretto tra le braccia.
Alfred gli accarezzò la schiena con le dita, tra le ali, e lo sentì rabbrividire. Gli piaceva, gli piaceva terribilmente. La lucentezza dei suoi occhi, quelle sfumature che mai sarebbe riuscito a ricreare, nemmeno con le foreste più verdi, nemmeno con la natura più rigogliosa, la morbidezza dei tratti, le labbra sottili, le spalle non troppo larghe, il corpo asciutto, le gambe lisce e magre, tutto, gli piaceva tutto di lui. Persino le sue sopracciglia a pentagramma, strane persino per gli angeli. Eppure non riusciva a spiegarsi la natura di questo sentimento. Adorava il suo carattere burbero, amava vederlo arrossire, amava sentirlo sbraitare rimproveri a destra e a manca se qualcosa non veniva fatta come si deve. Sentiva l’esigenza di sfiorarlo e allo stesso tempo di stringerlo, fino a soffocarlo. Entrambi sentivano qualcosa martellare nel petto, qualcosa che andava oltre l’amore insegnato loro. Qualcosa che era tanto intenso quanto sbagliato.
-          Voglio sentirmelo dire da te. –
L’ arcangelo che ancora lo stringeva sussurrò appena, sfiorandogli la spalla scoperta con le labbra.
-          E… Perché?... I-Insomma…  -
-          Perché il tuo parere è più importante. –
L’angelo sentì il viso scottare e, imbarazzato, gli legò le braccia attorno al collo, cominciando a giocare con delle ciocche bionde. Il solo sentire la pelle al contatto con la sua lo rendeva immensamente felice, non desiderava altro che rimanere lì, avvolto da quel calore, per sempre. Eppure allo stesso tempo sentiva che non era abbastanza. Dentro di sé era tanto evidente quanto difficile o impossibile da chiedere.
-          E’… Bellissimo. –
-          Anche tu lo sei. –
-          C-Cosa? –
-          Bellissimo. –
Una folata di vento scompigliò i loro capelli dorati e il più giovane ridacchiò, sciogliendo finalmente l’abbraccio e allargando le braccia per sentire l’aria passare tra le dita. Il suo sguardo brillava entusiasta e rideva per lui. Né i cieli più lontani né gli oceani più remoti avrebbero potuto eguagliare quell’azzurro gioviale, quella vitalità accesa. Perché quando rideva, quello sguardo emanava luce.
-          Visto? Sono riuscito a creare anche il vento! –
Arthur non potè fare a meno di sorridergli.
-          Migliori sempre di più, Lucifero. –



 

Da parecchio tempo a quella parte una voce correva tra gli angeli.
Una cosa inaudita, incredibile, impossibile, che quasi sicuramente si era ingigantita di bocca in bocca, trasmessa gli uni con gli altri sempre in buona fede.
Dio stava morendo.
E in mezzo allo scompiglio, allo sconforto, al panico, alla confusione, al dolore, un angelo gioiva.
Alfred era davvero contento di prendere il suo posto, di dimostrare a tutti le sue grandi doti di creatore, anche l’Onnipotente sarebbe stato fiero di lui. L’aveva sempre seguito, amato, venerato, aiutato, era sempre stato il servitore più fedele e disponibile, il più magnanimo, il più splendente. Sarebbe stato un erede perfetto come nessun altro. Ma quelle rimasero voci e soltanto voci finchè il Padre Eterno – che così Eterno sembrava non essere – convocò al suo cospetto Serafini, Cherubini, Arcangeli e Angeli.
-          Miei fedeli figli, gioite. Oggi io ho creato la più bella delle creature, a mia e vostra immagine e somiglianza. Essa è dotata di intelletto e volontà, non segue la Natura, perciò dominerà su di essa. –
Ognuno, viste le immagini che scorrevano loro dinnanzi, si rallegrò dell’opera. Anche Lucifero spalancò gli occhi nel guardare tanta bellezza divina non appartenere ai messaggeri celesti.
Camminavano, correvano, ridevano, mangiavano, parlavano, pensavano, non potevano volare ma erano liberi.
Quel pensiero commosse l’animo del Paradiso.
-          Questi due uomini, figli miei, si amano. A loro voi insegnerete l’amore, da loro lo imparerete e dentro di loro io sarò presente. Sarò l’anima nei loro corpi. Ma prima che io faccia ciò uno dei vostri fratelli prenderà il mio posto. Non il più forte o il più ambizioso, né il più umile o fedele. Solo colui sul quale cadrà il mio spirito. –
Quelle parole fecero sussultare l’intera schiera divina. Quel giorno qualcun altro avrebbe preso il posto di Dio. Nonostante la paura generale, nessuno dubitava della giustezza della scelta compiuta dal suo Santo Spirito e, qualunque fosse stata, su chiunque fosse ricaduta, ogni angelo sarebbe stato disposto ad accettarla. O quasi, almeno.
Quando la voce dell’Onnipotente cessò su di loro cadde il silenzio. Ogni spirito era in attesa.
Poi, quando il Signore scomparve, la scelta fu finalmente chiara.
Tra la folla si innalzò un angelo, la tunica pura, l’aureola splendente, i calzari dorati.
L’arcangelo strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, digrignò i denti fino a scheggiarli, mentre dentro di sé una strana sensazione si faceva largo con prepotenza e una sola parola gli rimbombava nella mente.
Ingrato. Ingrato. Ingrato.
La delusione si trasformò in ira e assoggettò il suo cuore.
E, mentre Arthur osservava con gli occhi sgranati la moltitudine celeste che lo acclamava, Alfred gli voltò le spalle e andò via.
 
 


-          E ditemi, voi siete contenti di questo nuovo “Dio”? –
Lucifero pronunciò quella parola con tutto il disprezzo e il risentimento che aveva in corpo, per l’ennesima volta.
-          IO posso ricreare la Terra! Vedete quel pianeta? Posso ricrearlo mille volte meglio usando soltanto un dito! Cavolo, sono l’angelo migliore del Paradiso! –
I suoi seguaci più fedeli stavano ad ascoltare i suoi deliri. Ogni tanto borbottavano qualcosa, concordavano o disapprovavano quello che l’arcangelo sputava fuori, ma spesso si limitavano ad annuire o ad alzare le braccia per enfatizzare ciò che veniva detto. No, non erano contenti. Arthur non era sicuramente mister simpatia e pochi credevano nel suo operato. Molti però rispettavano ciò che rappresentava.
All’improvviso sentì qualcuno afferrargli il braccio e tirarlo via dalla pedana da cui stava tenendo il suo patetico spettacolo. Dal canto loro, i presenti, vedendo andare via il loro leader, si dispersero nei cieli.
-          Alfred, piantala, ti stai rendendo ridicolo. –
-          Heilà, Dio! Perché invece di parlare con me non vai a creare dei pianeti per abbellire l’universo? Sai, è un po’ triste così, non trovi? –
-          Smettila. –
-          Altrimenti mi fulmini? –
-          Per l’amor del cielo, Alfred… Sai che non l’ho voluto io… -
La voce di Arthur, prima ferma e controllata, già cominciava a vacillare. Non voleva litigare con lui, non voleva che si arrabbiasse così tanto, in realtà non voleva nulla. La sua vita era a posto, viveva in Paradiso, dopotutto. Incredibile a dirsi, ma Dio aveva rovinato tutto.
-          Se non lo vuoi, dallo a me! –
-          C-Cosa? –
-          Cedimi il Paradiso, Arthur. –
In tutta la sua vita, che non aveva inizio e mai avrebbe avuto fine, non aveva mai visto la sua espressione così accesa e seria allo stesso tempo. Gli occhi gli si erano spalancati, come colpiti da un lampo di genio e ora erano incatenati ai suoi, un impercettibile sorriso sulle labbra. L’azzurro, che tanto gli piaceva, nonostante l’enfasi della proposta, non rideva, era cupo, grigio, strano. Indietreggiò di un passo, incerto.
-          N-Non posso… -
-          Tanto tu non lo vuoi! Io sono sempre stato il suo braccio destro, me lo merito! –
L’arcangelo avanzò di un passo facendolo indietreggiare ancora.
-          Lo Spirito ha scelto, non posso farci niente… -
Una strana inquietudine gli attanagliò lo stomaco, tutte le fibre del suo corpo gli suggerivano di stargli il più lontano possibile, di non scendere a compromessi per nulla al mondo. Ma adesso lui era Onnipotente e, nonostante tutto, quel sentimento non era paragonabile alla paura.
-          M-Ma Arthur… Non è giusto! Perché tu? Perché non io? –
-          Dentro di te c’è qualcosa che non va… -
Stavolta fu Lucifero ad indietreggiare, volò in alto e spalancò le ali, simbolo di grandezza e potenza.
-          Mi costringi a prenderlo con la forza! –
Rise e, come se l’avessero sentito o percepito, la sua schiera gli si affiancò. Non aveva alcuna intenzione di rinunciare. Era il più bravo, il più grande, il più forte, aveva tutto il diritto di regnare. Per un attimo i suoi sentimenti per quell’angelo, il suo angelo, si oscurarono completamente. La sua mente era annebbiata dalla sete di potere e le sue orecchie erano piene della sua risata.
-          C-Che hai intenzione di fare, idiota?! –
-          Sei Dio, dovresti saperlo! –
La sfacciataggine del giovane stava cominciando a dargli sui nervi. Come poteva comportarsi in quel modo infantile? Non voleva combattere contro di lui, non l’avrebbe mai fatto. Lo amava, adesso ne era sicuro. Nuove certezze si erano insediate nel suo animo insieme a tanti dubbi. Come poteva essere un buon Padre se non amava i suoi figli allo stesso modo? Perché proprio lui? Cosa aveva di speciale?
Era successo tutto così in fretta da non dargli nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo. Tutto per un attimo sembrava essersi spento e aver perso si senso.
Migliaia di angeli al suo fianco brandivano spade infuocate e scudi alati. Si lanciavano contro il nemico, si lanciavano contro altri angeli. La guerra era iniziata.
Perché?
Il Paradiso era sempre stato di tutti.
Alcuni invocavano il suo nome, gli imploravano di fare qualcosa. Cosa si aspettavano che facesse?
Vide Alfred lanciarsi contro di lui ad una velocità inaudita. Alzò la lama infuocata e fece per colpirlo. Arthur d’istinto si coprì la faccia con un braccio sul quale comparve uno scudo che scagliò lontano l’arcangelo.
Combatti.
-          NO! –
-          COMBATTI! –
Lucifero tornò all’attacco, ruotò su se stesso e colpì con tutta la sua forza. Stavolta il colpo venne parato dal materializzarsi di una spada. L’angelo non era mai stato così veloce a lavorare di fantasia, tutto ciò era inaudito, le armi si erano materializzate da sole. Più il giovane attaccava, più sentiva la forza di combattere, più si limitava a difendersi. Non lo temeva. Avrebbe potuto spazzarlo via con un solo colpo ma le mani gli tremavano.
-          SONO PIU’ FORTE DI TE! –
L’arcangelo gridò rabbioso a pochi centimetri dalla sua faccia, mentre la lama lucente premeva contro quella dell’altro in orizzontale, tenuta con entrambe le mani agli estremi. Intanto spiriti celesti scomparivano, sopraffatti dalle urla, dalle armi, dalla violenza. E quello doveva essere il Paradiso?
-          Alfred… Perché?... –
Una lacrima gli rigò il volto mentre lo spingeva via per l’ennesima volta.
-          Perché IO SONO DIO! –
Ancora all’attacco, ancora e ancora. Arthur avrebbe potuto mettere fine a tutto ciò, ma non ebbe il coraggio di farlo. Per quanto la cosa lo facesse soffrire, ogni volta gli tornavano alla mente le parole dell’altro, la luce che emanava. Non poteva.
Nonostante man mano il suo esercito venisse decimato, Lucifero non si arrendeva. Stringeva i denti e riprovava, come aveva sempre fatto. Non si sa per quanto tempo quella battaglia straziante andò avanti, giorni, forse settimane. Ma alla fine il nemico cadde, stremato, insieme ai pochi seguaci rimasti.
Attonito, seduto, rivolgeva lo sguardo in alto, il respiro affannato, senza forze. Non riusciva a capacitarsi dell’idea di aver perso contro qualcuno che non aveva nemmeno combattuto. La sua anima si era indurita, ma i suoi sentimenti erano ancora lì, intoccabili e immutabili. Nonostante ciò, l’arcangelo non chiese nessun tipo di perdono, si limitava a fissare quello che era diventato, per uno scherzo del Fato, il suo nemico. Mentre gli angeli che li accerchiavano riponevano le armi, quelli in terra cercavano inutilmente di rialzarsi.
I vincitori dallo sguardo duro e accusatorio, i perdenti dallo sguardo colpevole e sconfitto.
Ma mentre Dio cercava di fermare le lacrime bollenti, Lucifero ancora lo guardava con aria di sfida.
Solo quando Egli poggiò una mano sulla sua spalla e si chinò a dargli un bacio sulla guancia, lo sconfitto parve tremare. Aprì la bocca ma le parole gli morirono in gola. Solo un sussurrò uscì dalle sue labbra che si mossero appena.
-          Arthur… -
-          Mi dispiace, Alfred. –
Il biondo indietreggiò e fece allontanare gli alleati. Tenne lo sguardo serio fisso in quello dell’arcangelo, spaesato e confuso, afferrò l’estremità della spada con entrambe le mani, la sollevò e la conficcò nuovamente nel terreno, con forza, accompagnato da un grido di rabbia e disperazione.
Pochi secondi e il cielo si aprì.
Quella era l’unica soluzione.
Gli angeli, spaventati, tentarono di fuggire ma le loro ali scomparvero come il cielo sotto i loro piedi, invocavano aiuto, invocavano perdono. Alfred invece rimase seduto, con gli occhi sbarrati.
Lacrime amare e inconsapevoli caddero dai suoi occhi prima di precipitare nel vuoto.
Per nove giorni e nove notti caddero.
Sprofondarono.
Dall’amore Dio creò l’Inferno.
Per Amore Dio creò Satana.

Gli occhi di Lucifero smisero di emanare luce.




#I comizi di zia AlfiaH
Che dire? Mi sono fissata per le righe orizzontali <3
Questa storia doveva nascere come una gran figata ma il mio modo di scrivere pessimo l'ha resa una cagata bestiale, mi dispiace. L'idea rimane comunque una figata, però <33
Già, l'idea.
Perchè Britannia Angel è una cosa troppo adorabile e SweetDevil!America è uno gnoccone della madocera bellissimo, quindi dovevo assolutamente scriverci qualcosa sopra ;w;
Già, una long fic. Perchè una cosa normale non andava bene. Che persona pessima. Scritta alle 4.22 del mattino. Giocherò questi numeri al Superenalotto. No, okay, non ci gioco, era per dire. Si, lo so, questa cosa non ha senso ma avete letto fin qua e vi meritate un premio! *dà biscotto*
I'm so sorry, dudes.
*scompare in una nuvola di fumo*
  
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