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Autore: Una Certa Ragazza    06/06/2013    2 recensioni
Si possono fare tante cose, per noia: commettere errori trascurabili come tirare sassi dai cavalcavia, oppure iscriversi ad un corso di pilates, o ancora trovarsi un hobby che preferibilmente coinvolga un ambiente tranquillo in cui farsi nuovi amici.
Per noia, Rossana inizia una rivoluzione.
Proponendosi di diventare paladina degli umili e degli indifesi - ovvero, senza allargarsi troppo, di coloro che non hanno vestiti firmati e non sono proprio degli adoni - Rossana sfrutta un'arma che internet le ha gentilmente concesso: Spotted.
Nella rete, Rossana si entusiasma, si perde, si ingarbuglia. E rischia di non accorgersi che - forse - qualcuno la sta cercando nella vita reale...
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Finalmente sono tornata! Scusate l'immenso ritardo, mi dispiace davvero di aver tardato così tanto. Purtroppo sono sotto esami, e sono sommersa dalla mole di studio (come immagino tutti, non ho l'arroganza di presumere che tutti voi ve ne stiate in panciolle mentre io sgobbo, motivo per cui mi scuso il doppio per il mio ritardo). Nell'ultima settimana ci si è messa anche la chiavetta internet che ha deciso di prendersi una vacanza. Ha ricominciato a funzionare ieri, infatti avrei dovuto aggiornare ieri sera ma ho finito per vedere "Hesher è stato qui". Un piccolo capolavoro, in effetti.
Prima che mi dimentichi, riaggiornerò il capitolo 5 perché è pieno di errori di battitura. Purtroppo appena scrivo un capitolo, pur rileggendolo, non riesco a rendermi conto di queste cose. Questo è il difetto di pubblicare strada facendo: non si riesce mai a correggere un capitolo con il dovuto distacco, perché lo si è sempre scritto da troppo poco tempo.

Vi lascio il più in fretta possibile alla storia, ma prima, come promesso, spiegerò come Spotted abbia preso ispirazione da Gossip Girl:
Come probabilmente le pagine Spotted che potete trovare sulla rete spiegano meglio di me, questo sistema è nato dai romanzi di Cecily von Ziegesar, dove la misteriosa Gossip Girl, di cui nessuno conosce l'identità, pubblica sul suo blog foto e gossip sui ragazzi dell'alta società newyorkese. Va da sé che, anche se nato da un romanzo, un'idea del genere è facilmente adattabile alla vita reale, anche senza aver a disposizione i pargoli dell'élite americana. Spotted funziona circa così, solo senza le foto e limitando, per quello che si può, l'invasione della privacy. Come ha scritto Darllenwr in una delle recensioni, il gestore di Spotted di questa pagina sarà una Gossip Girl de' noialtri? Beh, non posso promettere che lo scoprirete a brevissimo ma... Beh, in questo capitolo trovate già qualcosina.

Il disegno di oggi sono le mamme di Rossana ed Emma mentre le aspettavano :)




Ringrazio tutti per le bellissime recensioni, risponderò a chi non ha ancora ricevuto una mia replica il prima possibile, scusate ancora per il ritardo!
Dedico questo capitolo ad E., il mio migliore amico che l'altro giorno è stato spottato. Al contrario dell'Andrea di Rossana, non ha avuto bisogno di me per essere "avvistato", comunque ho trovato molto divertente questa coincidenza. Beh, prima o poi doveva succedere che qualche mio amico finisse su Spotted!





CAPITOLO 6

Persone e computer

 

"Due cose dovete sapere su di me; la prima è che sono

profondamente sospettosa delle persone in generale.

È nella mia natura aspettarmi il peggio da loro. E la seconda

è che sono inaspettatamente brava con i computer."

 

"Divergent", Veronica Roth

 

 

In una settimana, Rossana fece e disfece molte cose: trovò nuove persone a cui dedicare i suoi post, andò a vedere il concerto dei Transamerica, seguì tutte (o quasi) le lezioni di sociologia, si impelagò in discussioni di natura etica e politica con un gran numero di personaggi più o meno equivoci e alla fine di quei sette giorni si ritrovò in biblioteca.

Non ci aveva mai passato molto tempo, ma adesso si rendeva conto che quel luogo le piaceva davvero.

Nello specifico, le piaceva la sala più grande, dal pavimento di granito, inspiegabilmente irta di tavoli di tutte le forme, come se fosse stata arredata a rate, e soprattutto piena di gente disposta a rimanere in un silenzio che aveva del miracoloso.

Si mise ad osservare – con un sentimento assente che si avvicinava abbastanza all'invidia – un ragazzino seduto su una poltrona blu all'angolo che leggeva un romanzo come se volesse annegarci dentro.

Rossana leggeva, ma non era una lettrice eccezionale. Ah, la differenza incolmabile tra le cose che appassionano e quelle che si limitano a piacere! Certo, aveva fatto la conoscenza di un numero di libri superiore alla media italiana, ma ci voleva così poco...

Ammirava, invece, quella specie di fervore che albergava sul viso di chi amava leggere, la voracità con cui i loro occhi mangiavano le pagine e le loro menti mangiavano esistenze mai vissute, e rimpiangeva di non essere come loro.

Riscuotendosi dai suoi pensieri, tornò al libro di Diritto. Ma sì, irretroattività della legge là, interpretazione del dettato normativo qua... Non c'era nient'altro da fare che memorizzare, perché i concetti in sé non erano poi così complicati come cercavano di venderglieli.

Dopo un'ora di questo leggere e mandare a mente, che era noioso come colorare una figura di cui conosceva già i contorni, Rossana cominciò a divagare.

Prima frugò nell'astuccio alla ricerca di un evidenziatore che non le serviva, poi si distrasse a guardare le arcate bianche delle finestre che davano sul viale d'accesso, poi ancora iniziò a cambiare posizione in continuazione e a spostare i piedi di qua e di là, perchè finivano sempre per attraversare le linee nere che dividevano le piastrelle l'una dall'altra, e questo le dava fastidio. Alla fine accettò il fatto che la sua concentrazione se n'era andata.

Non perse tempo a sentirsi in colpa. A dire il vero, era un po' che non si sentiva in colpa per qualcosa.

Si limitò ad accendere il computer e a far percorrere ai suoi occhi il profilo dei tetti grigi e rossi che si vedevano oltre la vetrata che aveva davanti, pensando che era pomeriggio inoltrato e che era quasi ora che tornasse.

Quando il computer fu pronto, si connesse alla rete wireless della biblioteca e cominciò a navigare.

Sul forum de "il Barometro" c'erano un paio di discussioni che le interessavano, come quella sull'opportunità di concedere o meno la cittadinanza ai bambini nati in Italia da extracomunitari, e in che termini farlo.

Prima di mettersi a scrivere cosa ne pensava lei, scorse velocemente la pagina principale del sito. Le sembrava di guardare con occhi nuovi lo sfondo blu opaco del forum, l'atmosfera da Nautilus che vi regnava; avvertiva di nuovo la sensazione, se non di fare parte di una missione, almeno di trovarsi dove era per lei più giusto essere. Era tornata, su questo non c'erano dubbi.

Paga di questo sentimento e con quella sazietà che non deve niente a nessuno, come quando si bevono un paio di bicchieri di vino rosso decente durante una cena robusta, iniziò a buttare giù la sua replica all'ultimo commento.

Aveva appena iniziato a digitare che dalla porta alla sua destra entrarono cicalando quattro ragazze che dovevano avere qualche anno in meno rispetto a lei.

Rossana le classificò immediatamente come "persone che hanno scambiato i leggins per pantaloni veri". E che leggins improbabili, tra l'altro... Il più normale era a pois arancioni, e anche se Rossana non era un'icona di stile credeva di saper distinguere dove finiva l'eccentricità e iniziava il cattivo gusto.

Avrebbe scrollato le spalle e sarebbe tornata a scrivere, non fosse stato che quelle quattro non davano segno di voler tacere.

«E così?» stava chiedendo una di loro a quella che, grazie alle sue pantacollant in peculiari tonalità di fucsia, sembrava un leopardo geneticamente modificato.

«Così gli ho detto sì, che ci uscivo... Ma lo sapete, non è che ne avessi voglia.» seguì una risata esagerata, che a Rossana diede una specie di brivido, come se fosse una danza rituale compiuta da un cannibale.

«Ma poi cos'è successo?» domandò un'altra.

«E poi mi ha detto...» la ragazza che stava raccontando, contro ogni convinzione di Rossana che aveva sospettato che non fosse in grado di parlare a bassa voce, mormorò qualcosa evidentemente destinato solo alle orecchie delle sue amiche, che scoppiarono a ridere senza ritegno.

Che baccano.

Le vennero in mente le due ragazze del bagno della facoltà, quelle che parlavano di Andrea. Ah, non di nuovo, era davvero fastidioso...

C'erano situazioni in cui una semplice richiesta bastava a far cambiare atteggiamento; Rossana aveva la netta sensazione che questo non fosse il caso, e comunque tendeva a non avere particolare fiducia nelle persone, tuttavia decise di fare un tentativo.

«Ehi voi» apostrofò secca il gruppetto, ma senza astio «questo non è il posto per fare casino. Se volete, qui fuori c'è il parco, ed è pure una bella giornata.»

Come volevasi dimostrare, le quattro ragazze la ignorarono completamente, riservandole poco più di un'occhiata bieca e tornando subito dopo a cianciare, mentre accendevano un computer e lo sistemavano sul tavolo da loro scelto.

Irritata, Rossana si guardò intorno; non poteva davvero essere l'unica in tutta la sala a sentirsi infastidita da quelle quattro.

In effetti, però, attorno a lei era rimasta poca gente: alla sua destra c'erano due ragazze che, per quanto avessero un'aria seccata, non sembravano propense a dire qualcosa alle nuove arrivate; più o meno davanti a lei c'era un ragazzo intento a lavorare al computer, e anche se Rossana non riusciva a vederlo bene in faccia era certa che avesse le cuffiette, per cui neppure doveva essersi reso conto del chiasso; a sinistra, poi, c'era una ragazzina combinata malissimo, che sembrava essersi fatta come obiettivo nella vita quello di assomigliare ad Ugly Betty con tutte le sue forze e che teneva gli occhi bassi sul suo libro. Quella, di sicuro, non avrebbe mai detto una parola alle ragazze coi leggins. Non se poteva evitarlo.

Fu distratta ancora una volta da un inopportuno scoppio di risa e si voltò. Oh, sì, dopotutto era un classico: le quattro avevano avvistato la ragazzina conciata da sfigata, e adesso si stavano scambiando allegre gomitate e parole a mezza voce, senza naturalmente realizzare, neppure per un breve, autocosciente momento di lucidità, che loro stesse erano vestite circa come un gruppo di uova di Pasqua senza inventiva.

A Rossana non importava che la ragazzina col libro portasse quella montatura da occhiali assurda che le nascondeva metà del viso o che sembrasse aver bisogno di un buon parrucchiere, e francamente credeva che non sarebbe dovuto importare a nessuno; trovava anzi un po' squallido che si dovesse basare una conversazione – addirittura divertedosi! – su questo.

Ora, come comportarsi? Facendo finta di niente, certo. Si trattava di glissare sul proprio fastidio ancora per qualche minuto, o ancora meglio lasciare immediatamente la biblioteca, e lasciar perdere quella contingenza senza importanza. Ma Rossana, a quanto pareva, era nata mezza guascone1, e già affiorava in lei l'urgenza di fare qualcosa di plateale e giusto e crudo; finché non si fosse alzata e non avesse cercato lo scontro non sarebbe riuscita a ricacciare indietro quella smania.

Ma sì, del resto era da un po' che non lo faceva...

Un polso torto dalla sua stessa mano, la pelle sotto le sue dita che sembrava farsi così fragile, il braccio che si divincolava «Se tocchi Emma ancora una volta ti faccio male, hai capito?»

Il piagnucolio.

E la sua voce decisa, ancora una volta: «Hai capito?»

Scacciò via i ricordi, riguardo ai quali aveva sentimenti contrastanti, e si alzò.

Si diresse verso il tavolo dove sedevano le quattro ragazze, che quando la videro avvicinarsi smisero di parlare e fecero correre i loro occhi su di lei, aspettando che dicesse chiaro e tondo quello che voleva.

Rossana non se ne curò, le raggiunse con tutta calma e appoggiò con decisione le mani sul piano del tavolo, sorridendo serena.

«Mi pareva di avervi detto che state disturbando tutti» disse dolce «Ma forse siete dure di comprendonio.»

La più vicina a lei, ovvero quella che aveva scuoiato senza pietà il leopardo fucsia, piantò su di lei un'occhiata condita di sopracciglio alzato.

«Si può sapere che vuoi?» chiese.

«Ah, tutti noi vogliamo un sacco di cose, no? Ad esempio, in questa sala vogliono tutti che ve ne andiate.» sapeva di avere già gli occhi di tutti puntati su di lei, ma mentre diceva quella frase si prese qualche secondo per fare una rapida panoramica della sala.

Le due ragazze a destra sorridevano facendo segni di incoraggiamento nella sua direzione, mentre la ragazzina con gli occhiali guardava la scena con malcelato interesse.

Il ragazzo alla sua sinistra, cuffie o no, aveva sollevato lo sguardo dal computer e la osservava con divertita curiosità. "Molto bene, e adesso vediamo come te la sai cavare", sembrava dirle.

«Ma qual'è il tuo problema?» la voce della ragazza con cui stava parlando la raggiunse nella sua ricognizione «Intendo dire, sei tocca nel cervello?»

«Non più di tanti altri.» rispose Rossana, tornando a guardarla e alzando con modestia le spalle «Di sicuro non più di chi scambia una biblioteca per un bar del centro... Quelli sono proprio stupidi.»

«Che razza di troia...» sussurrò una delle tre che ancora non aveva parlato.

Rossana scoppiò a ridere «Davvero non sai fare di meglio? Considerato quello che ti metti» lanciò un'occhiata significativa ai leggins gialli e viola a motivo militare della sua interlocutrice «ti credevo più originale.»

«Ma corri a casa a nasconderti, patetica!»

«Che peccato» iniziò Rossana pensosa, come se stesse riflettendo «io non sopporto le persone noiose... Beh, immagino che sembrare quattro clown non voglia dire necessariamente esserlo.»

Le altre ragazze dissero qualcosa di indistinguibile e arrabbiato, mentre la ragazza a cui si stava rivolgendo scattava in avanti e si artigliava alla maglia di Rossana «Ti consiglio di fare meno la stronza.» disse in un sibilo.

Rossana fece un leggero passo indietro per compensare la forza di quella che era praticamente una spinta, ma il suo sorriso si mantenne ben saldo sulle labbra.

Afferrò il braccio di Leggins Fantasiosi e lo strinse con forza, al punto che per la sorpresa la ragazza lasciò andare la presa e lei poté scrollarsela di dosso «E io ti consiglio di non minacciare la gente.» disse, mentre il suo sorriso si faceva quasi una lama da quanto le sue labbra erano tirate agli angoli. Sapeva bene come diventava il suo sorriso quando faceva così, ogni tanto a casa lo faceva apposta perché Emma diceva che le metteva paura, e questo un po' la divertiva.

«Ma vuoi davvero botte?» quella a pois arancioni, che fino a quel momento era stata relativamente zitta e che sedeva al computer, non sembrava minacciosa, più che altro incredula.

Rossana spostò tutta la sua attenzione su di lei, la osservò per un lungo momento e si disse che le sarebbe stato difficile incontrare ancora un tale concentrato di ovvietà: capelli di un castano medio con meches bionde, resi stopposi da un uso eccessivo della piastra; matita nera e spessa sugli occhi, particolarmente calcata agli angoli; maglia ampia, scollatura generosa ma morbida; orecchini a teschio, arancioni anch'essi. Quanta gente si vestiva così, esattamente?

Il sorriso di Rossana si fece ampio «Assolutamente, anzi non vedo l'ora! Ma si può fare qui fuori? Stiamo dando fastidio a tutti.»

La ragazza con i leggins viola e gialli sorrise a sua volta e disse: «Quattro contro una, eh? Se proprio vuoi, cretina...»

In quel momento la ragazza con le meches bionde lanciò un'esclamazione soffocata: «Merda!»

«Che c'è, Lara?»

«Il computer!» fu la risposta, quasi un singhiozzo. La ragazza in arancione sembrava ormai prossima alle lacrime. Fece girare su sé stesso il portatile, così da mostrare lo schermo alle sue amiche, e Rossana potè vedere che sul monitor lampeggiavano ad intermittenza vari simboli con un ché di psichedelico: musi di gatto bianchi e neri, stilizzati, simboli della pace di tutti i colori, punte di lancia, pipistrelli e – ogni tanto – un uccello che pareva una gru. Perché proprio una gru, Rossana questo non sapeva dirlo.

«Ma che roba è?» fece la ragazza con i leggins militari, quasi che fosse suo malgrado affascinata da quello strano minestrone che, per quello che la riguardava, Rossana trovava intimamente disturbante, come se rievocasse qualche paura antica provata in un sogno fatto da bambina.

«È...» iniziò la ragazza arancio «Credo sia un virus. Mi è entrato un virus nel computer!» si portò una mano alla fronte, catturando un paio di ciocche nella sua stretta disperata «Come- come faccio a dirlo ai miei?»

Era rossa in viso, come se si vergognasse del suo stesso panico; Rossana, tuttavia, sapeva che quel chiazzarsi del volto di un colore così simile al mattone preludeva più che altro ad una crisi di pianto ineluttabile.

Non era persona da provare pietà, Rossana, e in quel momento avrebbe voluto sentirne almeno un po', senza alcun dubbio, anche se lo riteneva un sentimento proprio di chi vuole a tutti i costi essere buono e si è allenato così tanto ad esserlo da usare la propria gentilezza senza discernimento.

Ma guardando la ragazza tremolante, che non sapeva cosa dire o cosa fare, non riusciva ad avvertire altro che un distaccato dispiacere quasi più dovuto all'essere lì, ad assistere ad una scena che non aveva nulla a che fare con lei, che non allo sconforto della ragazza. Era una sensazione che somigliava confusamente all'imbarazzo.

Così rimase lì, dimenticata anche dalle altre; ecco, adesso sì che non sapeva cosa fare. La tentazione di mettersi a dondolare sul posto era forte, visto che non poteva tornare al suo tavolo ma neppure poteva stare lì completamente immobile, senza più niente da fare.

"Come un'armatura senza corpo, come un simbolo di cui non si ricorda il nesso" le venne in mente all'improvviso, ed era quasi sicura che quella citazione – quell'epifania passeggera – avesse in qualche modo a che fare con l' "Orlando furioso".

Il suo sguardò volò verso il ragazzo con le cuffie, che però era di nuovo scomparso dietro al suo computer e aveva ripreso a digitare.

Nel frattempo le altre ragazze si erano fatte attorno alla loro amica, cercando di confortarla con gesti che Rossana, persa nei suoi pensieri, vedeva senza riuscire a decifrare.

«Dai, Lara, qui vicino c'è un negozio di computer» disse una di loro, premurosa «ci ho portato ad aggiustare il mio tablet un mesetto fa, sono bravi. Ci andiamo subito, vedrai che te lo sistemano, ok?»

«Avanti, non è stata colpa tua!» la consolò quella che fino a poco prima era impegnata a prendersela con Rossana, quella con i leggins gialli e viola «Neppure quella stronza di tua madre ti dirà niente, vedrai.»

«Certo che è proprio sfiga...»

«E chissà com'è entrato, poi!»

Automaticamente, tutte e quattro lanciarono almeno un'occhiata a testa in direzione di Rossana, e a lei per poco non scappò da ridere. Insomma, vada per il pessimo gusto in fatto di vestiti, per il chiasso in biblioteca e per le dinamiche sociali da film di serie Z, ma incolparla di aver infettato un computer con la forza del pensiero era un po' troppo anche per loro."No, le dico che il sito pirata da cui scarico la musica non c'entra niente, è stata una strega dai capelli di fuoco a farmi il malocchio al computer!".

Sì, forse nel medioevo, se avessero avuto qualcosa di appena un po' più tecnologico di un aratro.

La ragazza in fucsia mise sottobraccio il computer della sua amica e attese le altre, e mentre le sue compagne conducevano la sfortunata verso la porta si voltò verso Rossana e disse con una smorfia: «Spero tanto di rivederti, così parliamo con più calma...»

«Già.» rincarò la ragazza viola e gialla, girandosi sulla soglia della sala per guardarla da sopra la spalla dell'amica «Ci vediamo presto, sfigata.»

«Il piacere è stato mio. Ciao ciao!»

Così Rossana rimase lì, a guardare le quattro ragazze uscire dalla porta, consapevole di non avere una visione completa di quello che era successo, tagliata fuori. Al solo scopo di darsi un contegno, come se lo facesse nei riguardi di una sé stessa di fronte ad uno specchio più che nei confronti degli astanti, fece spallucce.

Tornò al suo posto senza fretta, così come da lì si era alzata.

Si era quasi dimenticata del suo, di computer, al punto che sembrava persino un po' sconsolato, lì ad occupare il tavolo tutto da solo.

Oh, cielo, stava diventando animista come Emma...

Esitò un attimo prima di mettere nuovamente le mani sulla tastiera, senza capire da dove le venisse quella riluttanza improvvisa, e fu proprio in quel momento – quando si decise a ripartire da dove era rimasta – che si rese conto che qualcuno le aveva mandato un messaggio su Facebook. La notifica era lì, lampeggiava sulla barra delle applicazioni, eppure era entrata sul social network come Maddalena Robin, uno dei suoi nomi falsi. Chi mai poteva aver scritto a quell'account?

Aprì il messaggio con un filo di ansia; ansia per cosa, poi, non lo sapeva.

 

Ciao.

 

Il messaggio diceva solo questo, "ciao". E il mittente era perfino una persona che non aveva niente a che fare con lei, un certo "Ercole Savignano" – in quel momento collegato a Facebook, come testimoniava il punto verde accanto al nome – di cui lei non aveva il contatto. La sua pagina personale era talmente vuota che poteva trattarsi solo di un asociale o di un'identità fasulla come la sua. Anzi! Ora che ci pensava era anche possibile che questo fantomatico Ercole l'avesse contattata proprio perché aveva riconosciuto in lei un suo simile, ma come gli era anche solo venuto in mente di venire a cercare proprio il suo profilo? L'unica cosa che aveva fatto con quell'account era stato mandare un messaggio su Spotted, ma del resto Ercole avrebbe anche potuto imbattersi in Maddalena completamente per caso.

A meno che...

Senza pensarci un secondo di più, con un presentimento che le premeva sul petto, privo di senso, Rossana fece il giro del resto dei suoi account. Arrivata al terzo, "Sergio Villa", trovò effettivamente la notifica di un messaggio proveniente da una tale Lucia Sansiro, tale e quale al primo che aveva ricevuto se si eccettuava che la supposta ragazza in quel momento non risultava in linea.

 

Ciao.

 

Sorrise tra sé e sé, suo malgrado, cogliendo il riferimento alla canzone di Vecchioni.

In ogni caso, adesso era una certezza: l'unico collegamento che si poteva trovare tra i suoi account era Spotted, e l'unico che poteva saperlo era proprio il gestore della pagina; ergo, la persona dietro Spotted – maschio o femmina poco importava – era anche il proprietario di quei due profili falsi che l'avevano contattata, e inoltre era in qualche modo riuscita a fiutare l'inganno.

Ma perché preoccuparsi del fatto che un paio di identità di fantasia scrivessero su Spotted?

Lamentandosi fra sé e sé della pignoleria del gestore di Spotted, Rossana aprì la schermata delle sessioni del computer.

Era il momento di usare qualche trucchetto.

Era noto ai più il fatto che fosse impossibile accedere da uno stesso computer a due account Facebook contemporaneamente, quello che molti ignoravano era che questo impedimento svaniva se si utilizzavano due sistemi operativi diversi.

Il computer non esattamente regolare di Rossana le permetteva di fare questo e altro.

Aprì una sessione con Ubuntu senza chiudere quella di Windows, così che sia Maddalena Robin sia Sergio Villa risultassero disponibili a chattare.

Adesso era il momento di rispondere. Fosse mai che Rossana non rispondesse, e comunque doveva pur accertarsi che Ercole/Lucia si rendesse conto della presenza contemporanea dei suoi due account in linea. Scrisse un paio di frasi assolutamente casuali sulla pagina di entrambi gli account, per testimoniare il loro accesso in rete in maniera evidente, e poi si diede a rispondere ad Ercole.

 

Maddalena Robin: Ciao anche a te. Scusa, ci conosciamo?

 

Mentre aspettava la risposta – che in effetti ci stava mettendo un po' ad arrivare, tutto considerato – mandò per buona misura un messaggio a Lucia da parte di Sergio, in un tono che la sofisticata e gentile Maddalena non avrebbe mai usato.

 

Sergio Villa: Ma che vuoi?

 

Tornò sull'altro account giusto in tempo per vedersi arrivare un messaggio di replica.

 

Ercole Savignano: No, per questo ti ho mandato un messaggio prima di chiederti il contatto. Mi sei sembrata una persona interessante, ma non mi va di cliccare a caso sul bottone "invia richiesta d'amicizia."

Oh, impressionante. Sapeva mettere due parole in fila, e addirittura parole con cui Rossana concordava.

 

Maddalena Robin: Non posso darti torto. E scusa, posso chiederti che cosa ti abbia interessato di me, visto che il mio profilo è praticamente vuoto? Mi sono appena iscritta...

 

Ercole Savignano: Più di un dettaglio, se lo vuoi sapere. Possiamo rimandare questa conversazione ad un altro momento?

 

Rossana attese che aggiungesse qualcosa: una spiegazione, una scusa, qualsiasi cosa, e invece non disse nient'altro. Che persona bizzarra.

 

Maddalena Robin: Come vuoi tu. Del resto, sei tu che mi hai scritto.

 

Il suo interlocutore si limitò ad uscire dalla chat.

Rossana rimase per qualche attimo a squadrare lo schermo del computer con un sopracciglio alzato, il mento in avanti e un'espressione contemplativa sul volto.

Chi diavolo era, quello che le aveva scritto? Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che fosse appena accaduto qualcosa di epocale, anche se – come tutte le intuizioni che le attraversavano i sensi quel periodo – sembrava avere il brutto vizio di essere incompiuta e impossibile da chiarire a sé stessa.

Innanzitutto, che persona era quella con cui aveva chattato? Cosa faceva nella vita, e quanti anni aveva? Quali erano le sue idee, e cosa voleva da lei? Era difficile esserne sicuri, per forza, ma qualcosa le diceva che aveva appena avuto a che fare con una ragazza.

Soprattutto, però, la domanda che più ritornava in lei, come un'onda, e che le dava una leggera inquietudine, era per quale motivo Rossana avrebbe dovuto interessarsi della sconosciuta, e perché la sconosciuta avrebbe dovuto interessarsi a lei.

Spense tutto, si alzò.

Fuori il mondo diventava scuro, rimaneva solo un sottile filo dorato rimasto intrappolato tra cielo e tetti, all'orizzonte. Il sole se n'era già andato.

Il suo cuore ebbe una capriola di panico lontano, come le succedeva qualche anno prima, quando ancora da qualche parte in lei c'era un po' di senso del dovere verso l'autorità costituita, se si rendeva conto di non aver fatto qualcosa di importante – i compiti, ad esempio – e tuttavia si trovava a non preoccuparsene più di tanto. Era stranamente piacevole.

Nella sala erano rimasti solo lei e il ragazzo con le cuffie.

Mentre Rossana si avviava verso la porta, lui si rese conto della sua presenza, o forse della sua imminente assenza, e le fece un cenno di saluto con il capo che Rossana ricambiò, con la lentezza di riflessi di una persona che ha appena ricevuto un forte colpo.

Fu solo dopo, quando Rossana si ritrovò, non del tutto conscia di esserci, nell'altrio della biblioteca, che si rese conto di aver tirato il fiato per un bel po' di tempo. Era per via del ragazzo, di come l'aveva guardata il ragazzo? Ed ecco, la cosa strana era che non riusciva a ricordare niente di lui, ogni tratto di lui le sfuggiva, e se n'era resa conto così, all'improvviso.

Lo aveva visto, e che diamine! Ci aveva anche tirato un paio di occhiate mentre parlava con il mirabolante quartetto, ma evocare le linee del suo viso, o il colore dei capelli, o come era vestito non le riusciva; non ricordava neanche i suoi occhi, quanto piuttosto lo spostamento di attenzione che veicolavano, quella specie di dichiarazione di intenti verso di lei.

Era come se anziché una persona avesse incrociato uno sguardo.

 

1Altro riferimento al "Cirano" nonché a "I tre moschettieri". I Guasconi sono, con poco dubbio al riguardo, gli abitanti della Guascogna. Nello specifico, però, io mi riferisco ai soldati e ai cavalieri guasconi, nel cui novero si può contare l'illustre D'Artagnan. I cadetti di Guascogna, soldati sbruffoni, irridenti e definibili con più esattezza imprudenti piuttosto che coraggiosi, erano una compagnia dell'esercito di Francia di cui Cirano faceva parte (ne era anzi l'esponente per eccellenza) e avevano la tendenza a cacciarsi in risse e guai.










NOTE di FINE CAPITOLO: Ecco fatto! Come promesso, questa volta è successo qualcosa. E dunque, chi sarà la nostra misteriosa Gossip girl? E chi è il ragazzo col computer? Il diverbio con le quattro ragazze avrà qualche conseguenza fisica o psicologica? Ma soprattutto, com'è possibile che Lord Giacobbo sia ancora vice-direttore di rai due?
Scusate, dovevo dirlo. E' la mia mentalità da Ligure bastarda e amante di Crozza che ogni tanto si fa sentire. Ad maiora, e grazie a tutti!
   
 
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