Una
piccola premessa qui è d'obbligo ù_ù Io ODIO fare
shopping =.= Ma AMO fare i regali di Natale (colpa del fatto che il mio Doumeki
personale è in possesso di una Mode dal carattere tragicamente identico a
quello di Fay. Ora, vedendo la sua espressione pucchosa davanti ad un regalo
quale il peluche di Mokona Nero, come cavolo si fa a
non fargliene altri? Non si fa, fidatevi =w=). Ero nel
centro commerciale, con 3/4 peluche accatastati addosso (perché ovviamente
tutti di almeno una 60 di cm di altezza), quando la
folgorazione mi piglia in pieno.
Non so
cosa ne uscirà, ma vista la premessa del "come" è uscita...
regolatevi di conseguenza XD
Ps: a chi
scova un accorgimento della mia mente malata nella ff, faccio per regalo natalizio
(o befanesco... o per la festa in cui rientro con i miei tempi quasi biblici
XD) qualcosa ù_ù
Shopping Day
Perché il mondo crudele aveva dovuto inventare i negozi?
Perché esistevano i centri commerciali? Per quale arcano motivo
che l'Hitsuzen gli teneva nascosto LUI, che viveva felicemente da SOLO, nel SUO
appartamento, senza l'obbligo di regali verso nessuno, e quindi la possibilità
annuale di evitare le tre repellenti catastrofi dell'umanità era entrato nel
suddetto centro commerciale?
Colpa del
moccioso.
Quello
della sua classe, precisamente.
Shaoran.
Lui e la sua mania di abbassare lo sguardo quando doveva chiedere un favore, e
lui, Kurogane, ancora più cretino a credere che dietro
alla richiesta "Kurogane-sensei, lei... lei...
potrebbeperfavoreaccompagnarmialcentrocommercialecosìcchéiopossaevitarediperdermi?!"
non ci fossero... i gemelli?
Dannate
palle di pelo...
Per colpa
loro ora lui doveva starsene a richiare la vita e i
propri nervi contro le Tre Repellenti Catastrofi!
La prima:
folla. Si attribuisce tale sostantivo ad un insieme decisamente
spropositato (non per il periodo natalazio, che avrebbe spiegato il tutto, ma
per i suoi nervi) di persone le quali, aspiranti suicidi di una morte per
soffocamento dovuto alla concentrazione di dieci persone nello spazio di mezza,
se ne stanno davanti allo stesso identico modello, quando ce ne sono almeno
altri dieci altrettanto identici, solo perché nella loro mente malata, solo quello
è il migliore e adatto al regalo che loro avevano in mente di fare.
Ora,
tralasciando che la maggior parte delle volte il regalo
è ovviamente stato deciso lì per lì, altro che da sempre, come diranno poi a
colui o colei che vogliono prendere quello che avevano puntato.
Tralasciando
anche che lui non capiva in alcun modo come potessero esistere persone così
stupide da ammassarsi davanti allo stesso asciugamano a pois - oltretutto di
dubbio gusto - quando a sinistra ve ne erano almeno
altre cinque paia disponibilissime.
Ecco, pur
tralasciando ciò, la folla lui non la sopportava: era sempre stato alto -
agevolazione non indifferente in alcuni casi, ma non in mezzo a shopping fans
scatenati - oltre che robusto vista la sua carriera da
insegnante di Educazione Fisica, il che aveva un significato ben preciso nel
contesto di "Centro Commerciale pieno zeppo di pazzi assatanati".
Fatica a
muoversi.
Molta
fatica.
O almeno, se intendeva evitare di pestare più qualcuno che non superasse
il metro e sessanta.
Seconda
catastrofe: senso dell'orientamento.
No, non
era di quelle persone che si perdono ovunque e con una
facilità sconvolgente. Il suo problema era che in quei dannati centri, dove i
corridoi sono tutti uguali, dove i negozi non forniscono
un punto di riferimento nemmeno se segnassi con le bombolette spray quelli che
hai effettivamente passato, dove ovunque vai, anche se è a pianta quadrata a te
sembra di girare in senso circolare e per di più una volta orario e una volta
no - tanto per darti l'illusione che no, non è che stai girando in tondo, è
solo la stanchezza che te lo fa pensare - lui si perdeva.
In cinque
minuti al massimo.
E l'aver perso di vista il suddetto ragazzino non aiutava per nulla.
Terza catastrofe: Yuuko Ichihara, alias la donna più
insopportabilmente maliziosa e ficcanaso del mondo, alias la preside.
Che lo sarebbe venuto a sapere - oh se l'avrebbe saputo - che era stato lì.
Yuuko
Ichihara che lo derideva, che faceva battute.
Che lo guardava con quel suo ghigno insopportabile a pochi metri da lui.
...
...
A pochi
metri da lui?!
Kurogane,
resosi conto che non era una visione antieducativa
della sua mente, ma la cruda realtà delle cose, decise istantaneamente che il
ragazzino NON era lì, pertanto la sua presenza non era richiesta.
In altre parole,
decise che doveva darsela a gambe e subito, se non voleva farsi vedere.
O peggio, scovare.
Perché era sicuro al cento per cento che quella donna sapeva che
era lì dalle due pallette di pelo, e che lo cercava.
Dopo aver
svoltato in almeno quattro corridoi che presentavano generi alimentari
surgelati o comunque freddi, decise che si era
allontanato abbastanza. Si fermò, riprendendo fiato visto il passo svelto con
cui si era allontanato e prestando attenzione al luogo in cui si era ritrovato
e a quello verso cui doveva puntare per sperare di
incrociare il moccioso.
Ma si sa, che Kurogane non ha fortuna, non l'ha mai avuta e da quando è in
quella scuola ha la certezza quasi matematica che non l'avrà mai.
«Kuro-senseiiiiiiiiiiiiiiii!»
sentì urlare, prima che qualcuno gli si fiondasse addosso. Il
peso non eccessivo, tutt'altro, le braccia al suo collo, mentre una zazzera
bionda lo solleticava appena all'altezza del collo.
«Se non
ti stacchi alla velocità della luce, io ti giuro che ti faccio avere un incontro
ravvicinato con il pavimento.» ringhiò,
intuendo facilmente di chi si trattasse.
«Oh,
Kuro-sama! Quanto sei passionale!»
«Piantala, imbecille!» replicò subito, muovendosi in modo
tale da poterselo scrollare di dosso. Lo odiava. Profondamente e senza alcuna esitazione, quel suo collega a dir poco fuori di
testa, con la mania dei nomignoli, l'espressione costantemente serafica ed
insopportabile sul quella sua faccia da idiota e quel tono lamentoso che gli
penetrava nel cervello quando, al limite della sopportazione, gli rispondeva in
maniera dura.
«Kuro-sama,
sei crudeleeee.» si lamentò quello, quasi gli avesse
letto nel pensiero le sue considerazione.
«Ma quale crudele e crudele!» disse, di rimando, voltandosi a
fissarlo senza nemmeno sincerarsi che si fosse effettivamente staccato. «Che ci fai qui? Perché, ovunque
vado con la chiara intenzione di non essere trovato, tu ci sei sempre?»
domandò, accigliato.
Il
docente biondo sorrise allegro, espressione pressocché
onnipresente sul volto giovane e dalla pelle chiara: «Non è ovvio,
Kuro-tan?»
«Non
chiamarmi Kuro-tan e comunque, no, non è ovvio.»
O non lo avrebbe certo chiesto, in caso contrario.
«Per i
regali di Nataleeeee!» esclamo quello tutto allegro. E Kurogane si chiese perché non avesse abbandonato il
moccioso al suo destino, anziché infilarsi in quel dannato centro.
Già, il
ragazzino... «Ehi, professore fasullo.» lo chiamò, senza nemmeno aspettare che quello rispondesse,
per continuare: «Hai per caso incrociato il ragazzino che sta sempre con le due
polpettine, specie la bianca?»
Vide Fay
osservarlo, pensoso: «Intendi Shaoran-kun? No, non l'ho visto. Perché, sei qui con lui?»
«Ovvio, o
mi sarei risparmiato questo maledettissimo posto!»
«Kuro-wan
è asociale!»
«Non sono asociale, sono NORMALE! Al contrario dei folli che
girano qui senza alcuno scopo se non procurarsi nervosismo e, inizio a temerlo
seriamente visto la calca all'altro reparto, anche qualche ferita!»
«Ma fare i regali è divertente.» rispose
il biondo «Non ti piace vedere le espressioni allegre delle persone che
aspettano il Natale, dei bambini che non vedono l'ora di scartare i pacchi
sotto l'albero e, soprattutto, delle persone a cui Babbo Natale ha portato dei
regali?»
Kurogane
lo squadrò; e dire che aveva sperato fosse un intero discorso serio, il suo.
«Babbo
Natale non esiste.» disse, laconico.
La
reazione, fu quanto di più assurdo ed inquietante avesse mai
visto.
Il biondo
lo fissò, sgranando gli occhi e abbassando il capo, in modo tale che la frangia
bionda coprisse il suo sguardo: sembrava tremare di
rabbia, e Kurogane pensò che magari era uno la cui famiglia era estremamente
attaccata al Natale. O forse, la sua infanzia infelice
- che avrebbe spiegato per quale motivo era venuto su così - lo aveva condizionato
ed ora credeva fermamente in valori quali il Santo Natale.
Poi però,
mentre ponderava se non fosse il caso di scusarsi, la
reazione di Fay mandò ogni suo ragionamento nel cesso, quello in fondo al
corridoio, svoltando a destra, possibilmente senza farsi investire da carrelli,
commesse sui pattini e quant'altro.
Ecco,
proprio lì.
«BUAAAAAAAAH!
KURO-TAN DICE CHE BABBO NATALE NON ESISTEEEEEEEE!» piagnucolò e Kurogane lo
giurò sul suo onore.
L'avrebbe
ammazzato.
«COSA DIAMINE URLI, IDIOTA DI UN PROFESSORE?!» gli gridò
dietro, di rimando. Non notando la piccola folla che si era
radunata all'inizio del loro battibeccol.
Folla che
era aumentata esponenzialmente.
Che
commentava, che rideva, che si chiedeva cosa stesse
succedendo.
Folla
che, ora, si chiedeva come si potesse avere il cuore di dire una verità così
crudele in quel modo rozzo, per di più ad un ragazzo dall'aspetto così carino e
gentile come Fay.
E, dulcis in fundo, il classico avvenimento che ti fa venire voglia di
sole due cose: o sprofondare, o morire.
Kurogane,
stava seriamente optando per la seconda, nel momento
in cui le fatide parole: «Sarà una lite fra coniugi?» risuonò chiara abbastanza
da permettergli di lanciare all'interessato un'occhiataccia che, seppure
nascosto - e nemmeno tanto - aveva un significato preciso.
Ripetilo,
e non arriverai alla Vigilia di questo stramaledetto Natale.
«Che avete da guardare?!» ringhiò, facendo in modo che
quello, insieme all'occhiata di prima, invitasse gentilmente i curiosi a
girare al largo.
Molto al largo. Accertatosi quindi di non avere più il
pubblico, si voltò verso il biondo che, come se niente fosse, era piegato verso
uno scaffale, ad osservare la merce esposta sullo stesso. Optò quindi per restare in silenzio, riprendendo a guardarsi
intorno: ok che il centro commerciale era grande, ma quel moccioso doveva
pur passare in quel punto... o no?
«Ne, ne,
Kuro-bau, che stai cercando?» domandò il biondo, fissandolo con quel suo solito
sorrisetto divertito.
«Sempre
il moccioso.» replicò l'altro, spazientito.
«Mh... o
stai fermo qui sperando che Shaoran-kun passi da queste parti, oppure ti muovi
Kuro-bau. Ma rischi che vi incrociate senza vedervi,
il centro è così grande!» propose dunque il biondo.
Perché? Perché lo diceva con quella voce esaltata, come se non ci
fosse nulla di meglio al mondo che perdersi in un edificio pieno di invasati per lo shopping natalizio?
Stava
seriamente tentando di darsi una risposta, quando un annuncio all'altoparlante
destò la sua attenzione.
«Il
signorino Subaru, ripeto, il signorino Subaru è atteso alla cassa cinque dal
fratello...» stava dicendo la
commessa, quando fu interrotta. Si sentì il tipico rumore di qualcosa che batte sul microfono, interrompendo la comunicazione, prima
che la voce risuonasse, diversa da quella di prima.
Maschile.
E piuttosto agitata.
«Niichaaaaan!
Sbrigati a venire a questa dannata cassa o io questo lo ammazzo!!» esclamò la
voce, che cambiò nuovamente dopo il ripetersi di un rumore pressocché identico
a quello di poco prima.
«Seishiro,
se tu e Subaru-chan vi siete imboscati in qualche
reparto, restateci pure, Kamui-chan lo tengo d'occhio io. Ah occhio però, il
reparto surgelati puzza.»
«Bastardo
non chiamarmi Kamui-chan, non chiamarlo Subaru-chan e soprattutto non insinuare
quelle cose!»
«Ma quanto sei pudico, Kamui-chan...» si
sentì dire, prima che la comunicazione venisse interrotta - saggiamente - e, al
suo posto, riprendessero le canzoni natalizie di prima, insieme alle varie
pubblicità.
Kurogane
squadrò shockato uno degli altoparlanti più vicini e giunse alla prima delle
sue conclusioni per quella giornata: la gente è matta.
E, se non lo è, il Natale la rende tale.
«Waaaah!
Ecco la soluzione!» esclamò il biondo, per fortuna sua lontano dall'orecchio del
docente di Educazione Fisica, che a quel punto della
giornata temeva seriamente che non sarebbe riuscito ad evitare reazioni da
psicolabile, se non fosse uscito in tempi più che brevi da quel posto. Si volse
verso Fay, il quale sorrideva come se avesse scoperto l'unica àncora di
salvezza mentre erano sul Titanic, con le scialuppe finite, colando
a picco e chiedendosi se avrebbero mai avuto dei nipoti a cui raccontare
quanto era idiota il comandante che aveva preso in pieno un iceberg che, come
minimo, era grande quanto il transatlantico su cui viaggiavano.
«Sarebbe?»
domandò infine, perplesso.
«Oh,
Kuro-miao, non ti facevo così tonto!» scherzò quello.
«Senti,
se hai un'idea dilla, altrimenti taci!» lo rimbeccò il moro, spazientito.
«Chiamiamo
Shaoran-kun dall'altoparlante.» disse,
riprendendo quasi subito a spiegarsi «Andiamo verso le casse, Kuro-wan. Se lo
incrociamo, tanto meglio, se invece non lo troviamo, lo chiamiamo con
l'altoparlante.» concluse.
E
Kurogane dovette ammettere che, malgrado quella serie di nomignoli per i quali,
prima o poi, gliel'avrebbe fatta pagare, ogni tanto
quel professore fasullo aveva delle buone idee. Indugiò qualche istante, prima
di dire: «Mh. Non alla cassa cinque.» senza specificare il motivo che, visto l'ultimo annuncio, gli
sembrava abbastanza palese di per sé.
Vide il
biondo ridacchiare, ma si volse direttamente dall'altra parte, iniziando ad
avanzare in direzione - o almeno, quella che gli sembrava esserlo - delle
casse.
«Ne,
Kuro-ponpon» si sentì chiamare e, appellandosi al suo fermo autocontrollo -
che, se lo chiedeva seriamente, chissà quando sarebbe crollato - evitò di
rispondere all'ennesima provocazione che quel nomignolo rappresentava per lui,
limitandosi a voltarsi, grugnendo quello che doveva essere un semplice
"Eh?". Fay, come se non si fosse accorto della vena che iniziava a
pulsare pericolosamente sulla tempia del moro, continuò con tono tranquillo: «A
chi hai fatto i regali?»
Ancora?! Ma era stupido o che cosa?!
«Io non
faccio regali.» disse Kurogane, guardandosi intorno
cercando, al tempo stesso, sia Shaoran che la cassa da cui richiedere
l'annuncio e prevedendo, osservandole, che ci avrebbe messo un po'. Un bel po'.
Certo,
che lui cercasse una cassa completamente vuota il giorno
prima della Vigilia, quando trovarne era impossibile, perché tutti si
erano sadicamente ridotti a fare i regali l'ultimo giorno, era un dettaglio
irrilevante.
«Ma come no?» chiese il biondo, stavolta seriamente sorpreso,
espressione che solitamente nascondeva sempre alla velocità della luce. Non
attese alcuna risposta da Kurogane, ma continuò: «Andiamo,
Kuro-sensei, fare i regali è una bella cosa!» insisté.
Il moro,
che si stava lentamente arrendendo all'evidenza che la cassa vuota era
introvabile quasi quanto il moccioso, non si volse verso di lui, rispondendo
dandogli le spalle: «Sì, sì. Quindi tu, per il gusto di fare i regali, vieni a
rinchiuderti in posti come questi tutti gli anni?!» domandò, in
parte incredulo.
Non lo
concepiva nemmeno nei propri peggiori incubi.
«Sì!»
esclamò l'altro «Per Yuuko-san, per Ashura-san, poi anche per
mio fratello, e per Sakura-chan, che mi ha fatto dei biscotti buonissimi!»
prese ad elencare, lasciandolo via via sempre più di sasso. La cosa
critica, è che non sembrava aver finito.
«E i due
Modoki, a loro se non lo faccio sono capaci di farmela pagare davvero in
qualche lezione.» costatò,
ridacchiando «E mi dispiacerebbe non farlo a
Shaoran-kun. D'altra parte, Watanuki-kun, Doumeki-kun e Himawari-chan mi
aiutano spesso, quindi sarebbe quanto meno scortese non farglieli, non credi,
Kuro-pan?» chiese, venendo interrotto dal vociare di
due bambine, probabilmente sorelle che, in quel momento, stavano passando
accanto a loro con i propri genitori. Capelli rosa, abbastanza lunghi e legati
in una coda alta una, e capelli lunghi, scuri, legati
in due codini alti l'altra, li osservavano. La prima tirava la manica della
sorellina, indicando Kurogane con l'altra mano: «Kotoko-chan! Kotoko-chan! Hai
sentito il signore biondo? Hai sentito come l'ha chiamato?» chiedeva,
entusiasta. Fay spostò lo sguardo sull'altra, che con aria neutra malgrado l'età rispose: «Lo ha chiamato Kuro-pan, e allora?
E comunque, Sumomo, non si indica con il dito.» la riprese.
La
bambina chiamata Sumomo osservò un'ultima volta Kurogane come se fosse la cosa
più rara del mondo, per poi esclamare: «Si chiama come il bambino dell'Isola
che non c'èèèèè!» disse, facendo strabuzzare gli occhi al moro, mentre si
rivolgeva al biondo: «Signore, signore! Quello grosso è amico del bambino
dell'Isola che non c'è, vero? Vero?» chiese.
E Kurogane, tirò un sospiro di sollievo.
Il biondo
era la persona più adatta a rispondere: amava stare dietro ai mocciosi, ma non
era nemmeno così idiota da illuderli a quel modo. Quindi,
si trattenne dal prendere in braccio la bambina e farla volare tre scaffali più
avanti.
Non c'era
di bisogno di sottoporla ad una sorte simile...
«Waaaaah!
Kuro-pan è amico del signor Peter Paaaan!» esclamò Fay.
...Bene.
Per il
biondo avrebbe fatto un'eccezione. Ma solo perché era
Natale, eh?
«PEZZO D'IDIOTA MI HAI STANCATO!» gli urlò contro, dimentico di
bambine, folla, invasati, scaffali, commesse sui pattini e quant'altro,
prendendo semplicemente a seguire il biondo che, nel frattempo, se la stava
dando a gambe.
«Ma Kuro-pin, non arrabbiartiii! Usa le energie per fare i
regali!»
«Tu pensa
a correre, perché se ti prendo a Natale non ci arrivi!» gli sbraitò dietro
Kurogane, che brandiva una mazza da baseball raccattata nel reparto accessori
sportivi, in mancanza della proprio amata, inseparabile, spada di legno.
Non seppe
esattamente quanto corse dietro al biondo, né se
incrociò la tanto agognata cassa vuota pronta per far chiamare il moccioso, né
se incrociò il moccioso stesso. Seppe solo che, dal nulla, era spuntato un
carrello, ed era stato un susseguirsi di incidenti a
catena: il biondo era passato prima che spuntasse il carrello, girando in uno
dei vari settori del centro commerciale. Kurogane, visto il carrello ma impossibilitato
a passargli di fianco senza schiantarsi contro lo stesso, aveva optato per un balzo. Non molto composto, era vero, ma sempre
meglio che creare un incidente nel mezzo del corridoio dei detersivi.
Fatto ciò
si era diretto nella stessa direzione presa dal biondo, ritrovandosi nel settore vestiti.
Vestiti
intimi.
Vestiti
intimi da donna.
«Lo
ammazzo... giuro che non esce vivo da qui...» ringhiò sommessamente Kurogane, notando il biondo ridersela
più avanti «Vieni qui!» tuonò, mentre Fay si voltava,
divertito.
«Kuro-rin,
smetti di seguirmi e andiamo a comprare i regali per tutti!» esclamò allegro.
«Io NON
faccio regali!» replicò quello per l'ennesima volta, quasi raggiuggendo il
docente di Chimica; se lui, Kurogane, insegnava Educazione Fisica, un motivo
doveva pur esserci. E non era per raccomandazione, non
certo con Yuuko Ichihara come preside.
«E perché mai, scusa?» disse, fermandosi di botto.
Kurogane
aveva sempre avuto ottimi riflessi: aveva sempre fatto moltissimi sport, amato
le discipline di squadra e quelle individuali, arrivando a decidere di fare
della sua vita qualcosa che lo portasse all'insegnamento delle stesse. Era
veloce nella corsa, preciso nei lanci con i palloni, razionale abbastanza per
sport come il kendo. Ma la "frenata in corsa",
in quello era sempre andato uno schifo.
E fu
esattamente per questo, che finì praticamente addosso
all'altro docente, rischiando di far finire prima entrambi contro uno dei tanti
scaffali, poi a terra. Fortuna sua, che l'equilibrio lo aveva.
Lo fissò, seccato da tutte quelle domande, da quella situazione, frustrato dal
non trovare il ragazzino, dalla corsa, da quel maledettissimo posto e, infine,
da lui.
Dalla sua
capacità di chiedere sempre le cose meno opportune, di metterlo in imbarazzo o comunque in situazioni non consone secondo la sua personale
filosofia del "vivi e lascia vivere".
E da quello sguardo che odiava avere addosso, o
peggio ancora, puntato nel proprio, in quell'espressione che sembrava voler davvero
cercare di capire i motivi dietro alle sue azioni. Rimase a
fissarlo, in silenzio, per diversi istanti, o forse minuti, non avrebbe
sapuro dirlo: «Perché senza destinatari, mi spieghi a chi mai dovrei farli?» chiese, di rimando, con il tono tipico di chi
vuole chiudere lì la conversazione.
Fay, che
aveva inizialmente sgranato gli occhi a quelle parole, lo osservò, quasi
cercando di carpire qualche significato dietro quelle parole.
E, se possibile, dopo poco li sgranò maggiormente, e Kurogane seppe che
aveva capito cosa intendeva dire.
«Kuro-riiiiiiiiiiin!
Dei peluche gigantiiiii!» esclamò il biondo,
sgusciando verso lo scaffale di fronte.
Rettifico.
E Kurogane seppe che quel docente era veramente un idiota, e di quello
che aveva detto, non aveva capito un accidente.
Sospirò,
sentendo Fay chiamarlo più volte dalla propria postazione e raggiungendolo, più
per mettere fine a quell'angoscia, dando tregua alle proprie orecchie, che per
altri arcani motivi. Giunto alle sue spalle inspirò profondamente, cercando di
calmarsi: era giunto alla conclusione che o
abbandonava Shaoran, o non sarebbe uscito vivo da lì.
E sì sa, l'istinto di sopravvivenza ha le sue priorità e le sue
influenze.
«Ti piace
questa roba?»
«Perché no?» disse, adocchiando un pinguino formato gigante e
voltandosi verso Kurogane, solo con la testa, in maniera tale da poterlo
guardare in faccia «Kawaiii! Kuro-chan, me lo regali?» domandò.
«Perché
mai dovrei fare una cosa simile?» grugnì quello, ricevendo in
risposta una risata.
«Ti
lamenti che non hai persone a cui fare i regali, fanne a me!» rispose, con
semplicità, e il moro dovette ammettere che, da quel punto di vista, il suo
ragionamento non faceva una piega. Sbuffò, prendendo il pinguino in questione
sottobraccio.
«Prima
che io cambi idea, muoviti e andiamocene da qui.»
«Waaaah,
Kuro-pin mi ha fatto un regalo!» esclamò, l'espressione allegra ed esaltata di
sempre, con un sorriso dolce sulle labbra. Saltellò fino alla cassa, voltandosi
d'improvviso verso il moro: «Ne, Kuro-chu, ma come si fa con
Shaoran-kun?» domandò, gli occhi azzurri fissi in quelli carminio del moro.
Kurogane si guardò attorno: nessuna traccia del ragazzino.
Pose una
banconota equivalente al prezzo di quello stupido peluche
sul ripiano per i soldi della cassa e, mentre la cassiera si occupava di
procurargli lo scontrino, e mentre Fay blaterava qualcosa di terribilmente
simile ad un: «Un regalo di Kuro-riiiin!» con un'espressione
che...che... meglio non specificare. Con la solita espressione da
idiota, ecco.
Espressione
insopportabile. Che tanto gli piaceva.
Prese il microfono,
facendo partire l'annuncio all'altoparlante: «Moccioso, esci da qui in qualche
modo e se l'hai già fatto costringendomi a cercarti finora, fai in modo che io
non venga mai a saperlo.» disse,
lasciando il microfono in favore dello scontrino, prendendo il pinguino
sottobraccio e afferrando Fay per un polso, con la mano rimasta libera, uscendo
finalmente da quel luogo maledetto.
Kurogane
odiava i centri commerciali con tutto sé stesso.
E c'era una quarta catastrofe che poteva incontrare in questi posti: il
docente biondo.
Però alla
fin fine, ripensandoci ad un Natale di distanza, mentre il biondino lo
osservava con espressione dolce, posandogli un bacio sulla guancia e
accoccolandosi a lui, tenendolo per mano e trasmettendogli calore malgrado la presenza dei guanti, Kurogane dovette ammettere
che, se anche i centri commerciali erano una dannazione, potevano rivelarsi
utili.
Perché c'erano regali che, se anche non puoi comprarli, o non sono
esposti in paia e paia, diventando qualcosa per la quale devi sbrigarti, o
qualcuno l'acquisterà prima di te...
Sì. A
volte, i centri commerciali sotto Natale non era poi così male.