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Autore: Stellina_chan    06/06/2013    7 recensioni
Bè, ci riprovo: dopo averla riguardata e corretta un milione di volte, finalmente la ripubblico. Come prima, spero di non far ballare l'hip hop a Manzoni nella tomba.
Ringrazio mistyemily per i commenti su cosa andava e cosa non andava la volta precedente. Spero di aver aggiustato tutto!
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo una giornata scolastica così massacrante Ranma doveva assolutamente dormire.
D'altronde aveva sopportato coraggiosamente un'ora di chimica in cui Akane aveva fatto saltare in aria il laboratorio (come in cucina, anche con i vari miscugli non se la cavava proprio) e due ore di matematica in cui aveva capito poco e niente seguite da altrettante di, come aveva definito il professore quella lezione assurda, "Giapponese con sorpresa"; e ora le palpebre cadevano inesorabilmente sui suoi occhioni blu.
La sorpresa in questione stava nel sorvolare per una giornata sui romanzi o comunque sugli scritti originari del Giappone, approfondendo un libro solo citato nei libri di testo; in questo caso "I Promessi Sposi", di un certo Manzoni.
Le ragazze avevano subito emesso un gridolino, contente, e lui  non aveva potuto fare a meno di notare che anche la fidanzata aveva un che di sognante nella propria espressione.
Ranma conosceva la trama solo per sentito dire e, quando il professore si lanciò nella propria spiegazione, ascoltò, non proprio attentamente, ma si può dire che ci mise dell'impegno: la storia non era male, ma aveva un che di soporifero per le sue orecchie e, a quanto pareva, per la maggior parte dei suoi compagni. 

Mai il suono della campanella fu più soave alle sue orecchie, alla fine di quella giornata scolastica.
Mentre ritornava a casa con Akane, pensò che senza dubbio aveva fatto bene a rimanere sveglio: il professore aveva infatti annunciato, alla fine della lezione, che l'indomani ci sarebbe stato un compito.
Però, convinto di aver già dato per quel giorno, una volta a casa lasciò il suo maschiaccio a studiare e  filò dritto nel futon, chiedendo a Kasumi di svegliarlo per la cena. 
Poveretto, non sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno.... 
                              

                                                                                                                                                                      ***

-Renzo! Renzo! Svegliatevi! Oggi è il gran giorno, mio caro giovine: sposerete la vostra Lucia!- disse una voce.
-Oh, ancora cinque minuti, di grazia!-
Ci mise tre secondi a capire che chi aveva parlato era stato proprio lui. Da quando in qua si esprimeva così bene?
-Su su, aprite gli occhi!- disse la voce, ora divenuta più familiare.

Ranma scrutò la stanza: la luce sembrava essere quella mattutina e, poco distante da lui, si trovava suo padre.

-Papà, che cosa è accaduto? Che fate.... fai??- cercò di correggersi nel modo di parlare.
-Ohibò, io non sono vostro padre, o almeno, non quello naturale. Io sono Alessandro Manzoni.-

Bè, la cosa era davvero strana. Genma Saotome, artista marziale noto nell'intero globo terrestre principalmente per aver promesso suo figlio praticamente a chiunque, si dichiarava scrittore di una del le più grandi opere letterarie.
Ranma pensò che un pugno in testa ben assestato a questo punto non avrebbe potuto fare altro che migliorare quell'uomo: ormai da danneggiare era rimasto ben poco nel cervello del proprio vecchio, se si credeva una così illustre personalità. 

-OOh! Perchè lo avete fatto? Non siete anche voi, come me, vostro creatore, contro la violenza? Siete un mio personaggio, per la miseria, io non vi farei mai comportare così!- disse Genma/Manzoni. 
-Io non sono un tuo personaggio! Sono tuo figlio, maledizione!-
-Figlio dite?- fece Genma, pensoso.-Potrebbe essere un messaggio inviato da Dio! Hai qualche affare in sospeso?-

Chissà per quale motivo a quella domanda al nostro amato ragazzo col codino venne in mente Akane.

-Ma quale messaggio divino! Tu sei solo pazzo!- e, detto questo, uscì dalla camera a grandi passi.

Niente nella casa era cambiato: la carpa saltava vispa nel laghetto, Nabiki contava spasmodicamente i propri soldi sul tavolo, Kasumi cucinava tranquilla....
Si avvicinò allo strozzino di famiglia. -Che ha mio padre?- domandò.
-Chi, l'uomo che è venuto da voi? Non so, io sono un oste, mica il nostro Signore.- proclamò, scocciata. -Non ancora perlomeno....- aggiunse, sghignazzando, mentre ancora maneggiava una grossa somma di denaro.
Improvviasamente fermò le mani attuanti quei gesti così abituali e si girò verso il proprio interlocutore -Comunque, quando pensate di pagarmi per il vostro alloggio?-
-Io non pagherò proprio nessuno! Perchè vi comportate tutti in modo così strano?- urlò, esasperato.
-Come, di grazia?-
-Ahhh, lascia perdere!-
Ranma si rimise in cammino e si diresse verso la camera di Akane, lasciando Nabiki abbastanza interdetta. 

Mentre saliva le scale con passi pesanti, creava un frastuono terribile, simile all'avanzata di un plotone, tanto che, fermandosi davanti alla paperella con inciso il nome del maschiaccio sentì, poco meno di un sussurrato: "Madre, che siano arrivati i Lanzichenecchi?". 

-Akane!- disse mentre spalancava la porta.
-Renzo!- 

La minore delle Tendo, in piedi tra il letto e la libreria, arrossì violentemente, visto che, come il ragazzo ebbe modo di vedere, non indossava praticamente altro che la biancheria e una corona di spilloni sulla testa.
Sorpreso da una tale immagine, non riuscì a fare altro che preparsi mentalmente e fisicamente a ricevere, come minimo, una bella botta in testa, che però non arrivò.
-Renzo, figliolo, dovreste aspettare almeno dopo il matrimonio..-
Guardando nella direzione della voce allo stesso tempo maliziosa e ridente, Ranma vide Obaba, come sempre col suo fedele bastone.
-Mamma...- fu il rimprovero della fidanzata, che poi si rivolse al codinato: -Uscite, ve ne prego.... e chi sarebbe questa Akane?- domandò, alzando leggermente un sopracciglio.
La sua intonazione, insieme a quel gesto involontario, la tradiva, nonostante volesse sembrare, per quanto concesso dalla situazione, calma:  era allo stesso tempo imbarazzata e... gelosa.
Il codinato ringraziò i Kami per avergli concesso finalmente qualcosa di normale.

-Scu.. scusa. Tu chi sei?- chiese, ormai intuendo quello che doveva essere accaduto.
-Chi..chi sono io? Renzo... sono Lucia! Non mi riconoscete più?-

Ma ormai stava discutendo con l'aria: Ranma non c'era più.  
                                                                                                                                                                      

                                                                                                                                                                       ***

Ranma corse, corse fino ad arrivare al tempio. Non sapendo nemmeno lui da che cosa stesse fuggendo, rallentò, dandosi del vigliacco. Insomma, non era mai scappato da un pericolo imminente, a meno che questo non si fosse presentato sotto forma di felino.
Ma si sa, quando si parla del diavolo spuntano le corna. Improvvisamnete si ritrovò davanti uno dei suoi incubi peggiori, con tanto di abito lungo e nero da prete e breviario fra le zampe: il Gatto che cerca moglie. 

-No! Lasciami!!- lo pregò, con le lacrime agli occhi, una volta nella morsa di quel "mostro".
-Mio caro ragazzo, non abbiatene rancore se io non vi marito oggi con la vostra Lucia.... è  che sapete, ci sono gli impedimenti.. ce n'è degl'imbrogli.-disse.
Collegando il nome Lucia ad Akane, non gli venne in mente di rispondere in altro modo se non con le seguenti parole.
-Mollamiiiiiii! Non raccontare frottole! Tu vorresti sposarla! Come tutte le altre!-
 -Ohibò, che discorsi son questi? Io sono un uomo di Dio, come potrei?- parlò sorpreso e allo stesso tempo offeso il "prete". 
-No! Tu sei un gatto!-urlò Ranma, riuscendo finalmente a scappare, letteralmente ad un pelo dalla gattizzazione.
-Non sono un cuor di leone ma... un gatto...- sussurrò il nostro don Abbondio, che evidentemente non si rendeva assolutamente conto del proprio aspetto.                                                                                                         

                                                                                                                                                                         ***

Ranma ormai trovava come unica risposta di quella faccenda lo stare sognando. Come si spiegava tutta quella storia altrimenti? 
Era certo di non aver ingerito niente che avrebbe potuto essere compromesso da Shampoo, e certamente nessun'altro aveva una tale conoscenza nel campo delle pozioni da provocare un simile effetto. Certo, Obaba ci sarebbe riuscita benissimo, ma non gli  sembrava davvero possibile che una donna anziana come lei potesse comportarsi come la propria nipote sedicenne.
Già una volta si era ritrovato in un pasticcio del genere: quando il vecchiaccio li aveva trascinati tutti nel proprio sogno. Se quella volta tutto si era risolto con uno svenimento, anche questa volta doveva sistemarsi in quella maniera. In fin dei conti il codinato aveva solo bisogno di qualcuno capace di colpirlo; qualcuno di fidato che, per via della richiesta di aiuto, non se ne sarebbe approfittato per sconfiggerlo. Aveva bisogno di Ryoga. E sapeva anche dove trovarlo. 
                                                                             

                                                                                                                                                                       ***
Eccolo lì l'accampamento dell'eterno disperso. Dove avrebbe potuto essere se non nel parco?
C'era la solita tenda eretta: ciò che lo stupì fu Ukyo che faceva la guardia.

-Fermatevi!- disse, sguainando la spatola.
La ignorò, non considerandola una minaccia. Conosceva bene le sue mosse e le sue tattiche: la ragazza non avrebbe attaccato senza che lui si fosse avvicinato troppo.
-Ryoga!- urlò, per attirare l'attenzione del ragazzo che probabilemente dormiva.
Pochi secondi dopo ecco sbucare il suo capo con tanto di bandana gialla all'entrata del suo riparo.
-Griso, spero tu abbia un buon motivo per... Renzo?!- disse il ragazzo, sbalordito. -Signore, ci ha già scoperti!- annunciò, girandosi, a chiunque ci fosse dentro alla tenda.
-Don Rodrigo, non fatemi ridere...- 
Un'altra voce conosciuta: roca e con alcune note acute, che Ranma riconobbe come quella del proprio depravato maestro.
Quando apparve, sulla soglia, non ci fu più nessun dubbio.
Ranma non si ricordava il nome dell'uomo che ora Happosai impersonava. Possibile che nel romanzo non si dicesse chi fosse?
Si scrutarono a lungo, cercando di escogitare il modo migliore di comportarsi .
Poi, improvvisamente, un urlo.
Ranma l'avrebbe riconosciuto ovunque.
Akane.
Kodachi apparve con la ragazza con il caschetto, tenuta sotto braccio come un sacco di patate, con le mani legate da un nastro. 

-Ottimo lavoro, Nibbio. Ne deduco che Gertrude abbia collaborato.- Si complimentò Ryoga.
-Se intendete la monaca con i capelli viola, allora sì.- rispose la rosa nera.
Il codinato non era per niente sorpreso: chi avrebbe potuto interpretare la monaca di Monza meglio di Shampoo? Non tanto per il loro lasciarsi sopraffare dalle decisioni altrui, in cui erano completamente differenti, ma più che altro per il loro modo d' essere: sebbene sotto natura differente, entrambe erano piuttosto subdole e maliziose.
-E per quale motivo codesto rapimento prese così tanto tempo?- domandò nuovamente don Rodrigo.
-Avremmo potuto far prima, se Egidio fosse riuscito a trovare immediatamente la Signora... è che non vede molto bene, signor mio.- si giustificò la ragazza.

Il codinato, nonostante la situazione, emise un risolino, riconoscendo nel bravo accecato il povero Mousse, ma si risprese subito, riportando l'attenzione sulla fidanzata.
Il vecchiaccio intanto stava in silenzio, osservando l'ormai Lucia, con occhi che tradivano pietà

-Aka... ehm...Lucia! State bene?- fece Ranma, andandole incontro. 
-Dove andate, giovane? Happodaikarin!- 

Happosai lanciò in aria uno dei suoi famosi fuochi di artificio, che esplose in mille scintille di colori differenti. 
Ranma, prima di svenire, si domandò cosa diavolo ci facessero le arti marziali in una storia come quella dei Promessi Sposi.                                                                                                                               

                                                                                                                                                                     ***

Riprese conoscenza, piano piano. La testa gli doleva e la sentiva pesante: evidentemente questa volta il vecchiaccio non gli aveva risparmiato niente.
Aprendo gli occhi riuscì, con non poca fatica a causa dello stordimento, a capire dove si trovasse: gli ci vollero parecchi secondi per constatare di essere di nuovo in casa Tendo, precisamente in sala da pranzo. Di fianco a lui, il dottor Tofu.

-Mmmm... dottor Tofu....- disse, ormai convinto di essersi svegliato. In fondo la tecnica del maniaco era riuscita a tramortirlo.
  -Renzo, figliuolo mio, non mi riconoscete? Dovete aver battuto forte la testa. Sono fra Cristoforo...-
Ranma s'incupì. Non aveva funzionato, quindi non poteva ritornare indietro svenendo.
L'unica cosa da fare al momento era stare al gioco.
-Oh... si. Sei... siete voi. Dov'è Lucia?-  

Era in pensiero per lei. Se era rimasta coinvolta nell'happodaikarin, probabilmente ora non stava meglio di lui. 
In quel momento si odiò per questo: anche se era tutto frutto della sua immaginazione, non avrebbe dovuto lasciare che Akane si facesse male. L'aveva protetta praticamente in ogni situazione potenzialmente pericolosa negli ultimi due anni, che erano culminati nella battaglia contro Safulan, e ora non si era nemmeno avvicinato alla ragazza che amava nel momento del bisogno.
Sua madre Nodoka avrebbe avuto tutto il diritto di condannarlo al seppuku. 

-La vostra fidanzata sta bene, quel signore l'ha lasciata andare.-
Quale, quello che non può essere nominato?- 
-Esatto.- 
Ranma annuì. Ecco come era chiamato da Manzoni: l'Innominato!
Il giorno dopo la verifica gli sarebbe andata bene!
Sempre se ci fosse tornato a casa.   
-Anzi, qualora lo vogliate, la incontrerete dopo che avrete mangiato qualcosa.- 
-Chi ha cucinato?- domandò, pensando alle
prelibatezze di Akane.
-La Provvidenza.- rispose Ono, mentre gli si appannavano leggermente gli occhiali rotondi.   

Il codinato, ad una simile reazione, si voltò verso la cucina, aspettandosi di vedere la maggiore delle sorelle Tendo: ed ecco infatti, come se l'avessero chiamata, Kasumi. Chi meglio di lei poteva impersonare la forza divina che provvede a ogni cosa?
Tirandosi su, Ranma mise una mano sul tavolo, nelle vicinanze di una bottiglia d'acqua e di un bicchiere appoggiati su di esso. "Fra Cristoforo", nel trovarsi davanti un simile angelo, perse come suo solito ogni contatto con la realtà: quando "Renzo" fece per versarsi un bicchiere, gli rubò la bottiglia dalle mani e gliela svuotò sulla testa, dicendo -Avete sete? Bevete, bevete!- 
Inutile dire che subito la trasformazione ebbe luogo.
 
-Ohibò, che prodigio è mai questo?- chiese il dottore in un momento di lucidità.

Kasumi prese la teiera che era venuta a portare con delle tazze da tè e ne rovesciò il contenuto sul giovane. Ranma pensò che fosse strano che lei sapesse cosa fare.

Ma d'altronde lei era la Provvidenza...                                                                                                                          

                                                                                                                                                                       ***

Dopo essersi rinfrancato, ritornò in camera sua e si mise nel futon. Akane era stanca, le emozioni della giornata le avevano consumato tutte le energie, ed era andata a dormire: purtroppo così non aveva potuto incontrarla. -Pazienza- sospirò Ranma: l'avrebbe comunque vista il mattino seguente.
Il codinato pensò a tutto quello che gli era accaduto. Altro che storia soporifera! A lui erano capitate solo alcune delle avventure del povero Renzo, e neanche di quelle più pericolose; ma queste gli avevano fatto perdere la voglia di dormire.
Tuttavia la stanchezza era troppa. Le palpebre infine si chiusero: come ultimo pensiero, Akane. 
                                                                                                                              

                                                                                                                                                                     ***

-Yawn! Che ore sono?- Ranma guardò la sveglia: erano poco meno delle sette. Kasumi avrebbe già dovuto essere venuta a chiamarlo, se fosse stato nella realtà. Perciò il ragazzo non si pose neanche il problema di porre una domana qualsiasi, una volta uscito dalla camera, ad un qualsiasi membro della famiglia per assicurarsi di questo fatto.
Arrivato a metà corridoio, si accorse che Akane stava per scendere al piano inferiore.

La gioia di vederla in piedi, sana e salva, ma soprattutto lontana da "don Rodrigo" e l'"Innominato" era davvero tanta; ma un pensiero andava a farsi strada tra gli altri mille: in questa realtà, perchè non provare ad essere sincero con sè stesso, ma soprattutto con lei?
Perchè non dimostrarle i suoi veri sentimenti? 
Così si avvicinò. La vide strabuzzare gli occhi e spalancare la bocca, come per parlare: cosa che non fece in tempo a fare, visto che le sue labbra si ritrovarono improvvisamente occupate in tutt'altra faccenda.

Certo, fu un bacio casto, a fior di labbra, ma era pur sempre un bacio dato alla sua Akane.
Non ci fu alcuna resistenza da parte della ragazza. Divenne semplicemente rossa.

Si staccò un attimo, sussurrandone il nome che le apparteneva in quella fantasia. -Lucia...-  
Poi le diede un altro bacio.
Ma stavolta lei reagì in modo inaspettato. -Come mi hai chiamata??? Chi sarebbe questa Lucia????- 
-Akane?-
Era ritornato nella realtà! Doveva essere successo quando si era addormentato!

Poi, pensando che l'aveva baciata PER DAVVERO, ma soprattutto che l'aveva chiamata LUCIA... capì che ormai non aveva via di scampo.

L'ira dei kami si stava per abbattere su di lui. 

-No, Akane, posso spiegare!- disse, facendosi scudo con le mani.
Lei non sentì ragioni. -Vai a spiegarti dai passeri, idiota!- detto questo, lo spedì nel cielo di Nerima.


                                                                                                                                                                   ***

Poco pù tardi, quando il codinato era ritornato tutto ammaccato e con un bastone come sostegno dal luogo in cui la fidanzata l'aveva spedito, tutti ascoltarono attentamente il sogno.  Bè, più o meno tutti: Soun e Genma stavano già festeggiando da un pezzo, non appena avevano appreso da un'Akane furiosa  la notizia del bacio rubato.  
-Ranma, quello che hai raccontato è davvero incredibile.- disse Nabiki.  -Ma lo è di più pensare che nonostante sapessi che fosse un sogno, tu ti sia convinto di esserne rimasto intrappolato!- lo derise lei.
-Ridi ridi.- rispose lui, con un occhio nero e la faccia gonfia.       
                                                                                                                                                                          

                                                                                                                                                                              ***

Dopo un lungo pensare, era riuscito a formulare un pensiero degno di questo nome: doveva scusarsi con Akane; non poteva lasciare così le cose tra di loro.
Bussò alla porta, deciso. -Akane? Posso entrare?-
-Secondo te? NO!- 
Bè se lo aspettava.
Entrò comunque. -Akane, ho spiegato a tutti prima quello che mi è capitato. Mi sono solo lasciato prendere dalla situazione... - 
-In poche parole te ne sei approfittato, vero?- lo interrupe lei, acida.
-NO! Chi ha mai detto questo???-  
-E allora perchè hai baciato Lucia ma non me?- chiese lei, urlandogli contro.

Appena si rese conto di quello che aveva detto, si portò le dita della mano sinistra alle labbra, sorpresa dalla schiettezza delle proprie parole.
Vedendo che lui non dava segni di voler articolare una frase, continuò.

-Insomma... ero sempre io. Perchè allora hai baciato lei e non me? Perchè Lucia non è un maschiaccio? Perchè è sempre carina e gentile con tutti? Perchè non è vendicativa? Perchè molto probabilmente sa cucinare?- 

Le lacrime cominciavano già a pungerle gli occhi, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di piangere per lui. E no, Akane Tendo non era una piagnucolona. Lei non scoppiava in lacrime come una certo personaggio manzoniano. 
-Ranma, se non hai niente da dire puoi anche andartene.- disse lei.
-Riesci a stare in silenzio per un minuto? Sto cercando di risponderti!-
-Caspita, uno sforzo enorme per Ranma Saotome: pensare! Addirittura!- 
-Mi dispiace!- le urlò lui, infine. 
Lei lo fissò stupita.-Ti dispiace?-
-Si.-

Cavolo, pensò Akane, perchè non c'è mai un registratore quando serve?

-Perchè?-
-Perchè avrei... avrei  dovuto ..... baciarti .... nella realtà, non nel mio sogno. L'ho fatto perchè .... perchè lì era più facile. Lì ero sicuro che non mi avresti rifiutato.-

Ranma ormai non poteva più mentirle. Così si sedette vicino a lei, sul letto.
Il silenzio era pesante.
-Non ti avrei rifiutato, idiota.-
-Non ti avrei rifiutato.-
-Quindi mi hai spedito nel cielo di Nerima solo perchè ti ho chiamato Lucia?- 
-Solo???-
Ranma sorrise. Uno dei suoi classici sorrisi sghembi che avevano quel non so che di superbo e che sapevano di vittoria.
Poi, pensando a quello che stava per dire, abbassò la testa, cercando di nasconderle il rossore che andava a espandersi su tutto il suo viso e torturandosi le mani appoggiate in grembo.

-Perciò.... si insomma... se riprovassi... a farlo?- chiese lui.
Questa volta toccò ad Akane sorridere: ma il suo sorriso fu pieno di felicità.
-Probabilmente ti darei del maniaco... Ma non ti resta che scoprirlo... - fece lei, avvicinandosi.

Quello che accadde dopo? Non ci è dato saperlo....                 
  
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