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Autore: AyrinL    06/06/2013    1 recensioni
Seblaine Week Day | Day 4 | Free day (AU!Seblaine)
"Il problema degli amori contrastati è che prima o poi, qualcuno, finisce col farsi del male. È una legge dell’Universo che si ripete all’infinito, che ingloba a sé quanti cercano di sfuggire invano ai dolori dell’amore, ma che poi si consumano nel focolare creato con le loro stesse mani. "
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il problema degli amori contrastati è che prima o poi, qualcuno, finisce col farsi del male. È una legge dell’Universo che si ripete all’infinito, che ingloba a sé quanti cercano di sfuggire invano ai dolori dell’amore, ma che poi si consumano nel focolare creato con le loro stesse mani.
Sebastian Smythe era uno al quale piaceva giocare col fuoco.
E per gioco cominciò il suo corteggiamento sfrenato per Blaine Anderson, il figlio di un ricco impresario di origini Europee, che sbarcò  in un’America latina invasa dalle epidemie e dalle guerre civili, dove le strade dei villaggi straripavano di sporcizia e di acqua malata delle fogne e la povertà dilagava in ogni angolo di quel sfortunato Paese.
Erano innumerevoli i francesi, inglesi, spagnoli, italiani, olandesi, che si avventuravano nel Mondo ormai non più tanto Nuovo, in cerca di fortuna, di successo, di denaro. Il padre di Blaine era solo uno dei tanti.
Anche Sebastian arrivava dall’Europa, ma lui era il frutto di una relazione occasionale tra sua madre, una prostituta di basso borgo che si prendeva cura di lui amorevolmente, e un uomo d’affari che a suo figlio non lasciò nemmeno il cognome.
Sebastian apparteneva a quella classe disorientata e senza patria che era il popolo americano, che viveva con il  caldo afoso e l’aria malsana. Sebastian viveva con sua madre in una casa stretta, dormiva in una stanza dove al posto del letto vi era un’amaca, e sulle pareti vi era il segno del fumo delle lampade ad olio, che illuminavano la stanza nelle notti in cui Sebastian divorava i libri di lettura di sua madre.
Leggeva, leggeva sempre, fino a quando il gallo annunciava l’inizio del nuovo giorno, per lui leggere era più naturale di dormire o mangiare. E proprio quelle letture gli diedero il talento della scrittura. Sebastian assaporava le parole dei grandi poeti, nutriva la sua anima con le stesse sensazioni di artisti grandi o mediocri. E la sua creatività cresceva, cresceva, e questo gli permise di lavorare come telegrafo.
Il suo lavoro gli permetteva di racimolare quanto più possibile per vivere, e ogni giorno accontentava le richieste di commercianti, politici, nobili. Ma quando si trattava di innamorati lontani, il suo cuore traboccava di felicità. Spesso e volentieri arricchiva quei biglietti con frasi poetiche, cercando di dare una mano a chi per amore soffriva.
E gli capitò la stessa sorte, quando una mattina, passeggiando per le ville dei grandi europei,  il suo sguardo vagò tra le pareti di una grande dimora in via di restauro.
Alzando gli occhi, vide affacciato a una finestra un ragazzo. Si fermò un momento: qualcosa di lui catturò la sua attenzione.
Era appoggiato con la testa alla parete, aveva dei capelli ricci neri che cadevano sulla sua fronte, indossava una camicia bianca sbottonata a metà che nascondeva un corpo abbastanza scolpito.
I suoi occhi erano persi chissà dove, una stilla di luce li inondava, e Sebastian non si accorse che era fermo già da alcuni minuti, fisso ad osservare quel ragazzo come fosse una creatura rara. Gli sembrava così bello, così fuori dal mondo, così… diverso. Non riusciva a capacitarsi del fatto che nessuno, come lui, si fosse fermato ad ammirare quello strano amuleto affacciato ad una finestra.
Riconobbe in quegli occhi i suoi stessi occhi, persi a viaggiare per chissà dove, a sognare chissà quali luoghi sperduti dove poter vivere lontano dal caos di quella città. Forse stava sognando di girare il mondo in mongolfiera, di volare più in alto delle nuvole.
Sebastian era così rapito che non morì travolto da una carrozza per una frazione di secondo. Indietreggiò, cadendo all’indietro sulla ghiaia, e dopo essersi scusato col cocchiere, alzò nuovamente la testa verso la finestra. Ma il ragazzo misterioso non c’era più.
Sebastian non lo sapeva, ma quello era l’inizio di un cataclisma d’amore che non sarebbe terminato facilmente. Ogni giorno passeggiava per quelle vie, ed ogni giorno lo trovava,lì immerso nei suoi pensieri affacciato alla finestra, o giù, nel suo giardino, dove Sebastian lo spiava attraverso le fessure del grande cancello verde. Leggeva sotto un albero in compagnia di una donna adulta, e lì, insieme a lei, passava interi pomeriggi. Pensò dovesse trattarsi di sua madre, ma quando finalmente riuscì a ricavare qualche informazione sul misterioso ragazzo, non solo seppe il suo nome, ma scoprì che quella donna era sua zia, una donna che viveva a carico di suo fratello, padre di Blaine, non essendo ella ancora sposata.
Sebastian era uno di quelli che credeva solo all’amore nelle poesie, ma tutto stava cambiando, provava cose nuove, con una nuova intensità. Gli piaceva pensare che quel Blaine fosse come una Musa, perché quando si fermava ad osservarlo aveva sempre l’ispirazione per dei bellissimi versi. Ma forse era qualcosa di più di pura bellezza estetica. Sentiva una connessione profonda con quegli occhi, e sarebbe rimasto ore ad osservarlo lì seduto all’ombra di quel grande albero.
Si nascondeva, si mimetizzava tra i cespugli di rose che circondavano l’abitazione di Blaine credendo di non essere visto. Ma sua zia, invece, aveva intravisto già troppe volte quel ragazzo che restava le ore a guardarli, o che si trovava nelle stesse vie e nei stessi luoghi in cui si trovavano anche lei e suo nipote. Sorrideva, ma allo stesso tempo sapeva di permettere qualcosa che andava subito interrotto. Non conosceva Sebastian, eppure sentiva che non era niente di pericoloso, vedeva nei suoi occhi un’ammirazione sincera nei confronti di Blaine.
E se Blaine si fosse accorto di lui? Avrebbe permesso qualcosa tra i due? E se suo padre avesse scoperto tutto?
Lei non poteva sapere che le sue paure si sarebbero avverate.  Non poteva saperlo quando, un pomeriggio come tanti, fece voltare suo nipote Blaine, avvisandolo di una presenza misteriosa al di là dei cespugli di rose. Non poteva sapere le conseguenze che ci sarebbero state, quando Blaine finalmente incrociò i suoi occhi con quelli di Sebastian, e restarono incatenati per lunghi secondi in cui il mondo pareva essersi fermato.
Blaine tornò sul suo libro immediatamente, perché quello sguardo gli aveva fatto paura. Ma da allora fu impossibile non accorgersi della presenza di quel misterioso ragazzo, che lo spiava per ore intere. Sentiva i suoi occhi attraversare la sua schiena, provocandogli brividi intensi per tutto il corpo. Ma non si sentiva mai a disagio con la sua presenza invisibile. Sapeva che c’era, ma avrebbe potuto vestirsi di quello sguardo. Era diventata quasi una seconda pelle, e lui si diceva che forse era per l’abitudine. In realtà, sapere che finalmente, qualcuno, si era accorto di lui, lo faceva stare bene. Ma sapeva che non poteva andare oltre. Non poteva neanche concepire una relazione clandestina di qualsiasi tipo.
Come poteva immaginarsi che sua zia, proprio la sua austera zia, presa forse dalla nostalgia degli amori giovanali, si informò su quel ragazzo misterioso e, saputo dove lavorava, si recò sul suo posto di lavoro.
Era una calda mattina di luglio quando la donna lo raggiunse all’ufficio del telegrafo. Quando Sebastian la vide, per poco gli mancò l’aria.
La zia chiese personalmente di lui, voleva essere servita da quello che era, a detta delle voci, il miglior telegrafo della città. Sebastian la raggiunse, nervoso, compose in fretta il messaggio ad un certo parente francese della donna, e tutto ciò senza mai guardarla negli occhi. Teneva il viso basso, nonostante lui fosse stato sempre un ragazzo abbastanza sicuro di sé, forte, fiero. Ma adesso era tutto diverso, perché Blaine annullava ogni sorta di maschera in lui. Sebastian si sentiva vulnerabile sotto lo sguardo severo di quella donna, così come sentiva le difese abbassarsi sempre di più ogni volta che guardava Blaine, senza che potesse trovare una ragione logica a tutto ciò.
Sebastian capì allora che è  l’illogicità dell’amore, a non avere limiti. E lo comprese ancora di più quando quella zia, di fronte a così tanta inaspettata timidezza, disse:
- È un vero peccato che gente con il vostro mestiere passi tutto il giorno a scrivere, e scrivere, e ancora scrivere, ma poi non trovano mai il tempo per mandare una lettera ad una persona cara. Non trovi? Se conoscessi un telegrafo abbastanza bravo ed innamorato, farei di tutto per aiutarlo. Ma solo a giorni alterni, come ad esempio il giovedì mattina alle dieci.
Gli fece un occhiolino e si allontanò. Sebastian notò che aveva lasciato i guanti sul bancone.
- Mi scusi, ha lasciato i suoi guanti!
La donna si voltò, sorridendo per l’ingenuità del ragazzo.
- Li passerò a prendere un’altra volta. Mi pare di essere stata chiara.
 
 
Sebastian passò due notti tentando di scrivere una lettera degna di tale nome per Blaine.  Il fatidico giovedì mattina, aveva composto un biglietto in cui, con rispetto e riverenza, chiedeva solo cinque minuti per poter parlare.
Di cosa poi?
Non lo sapeva, ma aveva bisogno di sentire la sua voce e di ammirare da più vicino i suoi occhi.
Il giovedì mattina, alle dieci, sua zia si presentò. Le passò furtivamente il biglietto che aveva profumato di acqua di rose, e si sentì terribilmente una ragazzina. Ma non riusciva a sentirsi sporco per un amore illcito, per amare qualcuno del suo stesso sesso, no: perché mai, in una donna, aveva visto degli occhi tanto vivi da scombussolargli il cervello quando lo incontrava.
Quel pomeriggio si nascose nuovamente tra le fronde del lungo roseto. Vide sua zia passare un biglietto al nipote. Blaine lo osservò, prima di rompere la ceralacca del biglietto si girò in cerca di Sebastian. Ma Sebastian ebbe troppa paura di farsi scoprire e si nascose per bene.
Vide Blaine togliere il sigillo e cominciare a leggere le poche righe. Non riuscì a trapelare nessuna emozione dal suo volto, e l’ansia cominciò a percuoterlo.
Blaine richiuse il biglietto e entrò in casa.
Sebastian non chiuse occhio per tutta la notte, cercando di capire cosa potesse mai passare per la testa di Blaine.
Per alcuni giorni non seppe nulla. Ma continuava ad andare ogni giorno lì, ai piedi del suo palazzo. E Blaine lo vedeva, perdersi nei libri che ogni tanto portava con sé, leggere e immergersi in quelle pagine che tanto lo rapivano, e poi alzare gli occhi verso la finestra in cerca di Blaine. Ed ogni volta Blaine si nascondeva dietro la tenda.
Quel biglietto inaspettato lo aveva turbato. La presenza di quel ragazzo lo faceva sorridere, ma allo stesso tempo lo spaventava.
Poi finalmente decise di rispondergli. Un biglietto breve e conciso che sua zia gli consegnò poco tempo dopo.

“Potrai parlare con me solo quando mi vedrai cambiare di posto nel giardino di casa.”.

Sebastian non capiva il senso di quella cosa, ma continuò a star seduto fuori il suo giardino per settimane, ma Blaine restava immobile al suo posto per ore. Era una tortura continua.
Ma da quel momento cominciò un’assidua corrispondenza. Ogni mattina la zia di Blaine consegnava a Sebastian un biglietto sul posto di lavoro, e il giorno dopo tornava per ritirare la sua risposta.
Divenne la custode di una relazione che era impossibile etichettare con un nome. Sebastian raccontava tutto di sé, delle sue passioni, dei suoi sentimenti. Blaine invece inizialmente non andava oltre racconti o aneddoti del suo quotidiano, ma piano a piano si espose dinanzi quel ragazzo che sapeva incantare con le parole. Attraverso quelle lettere si conobbero profondamente, forse più di quanto fosse necessario.
Ma Blaine non accennava mai a cambiar di posto. La possibilità di incontrarlo si faceva sempre più remota per Sebastian,e  nelle lettera risultava sempre evasivo sull’argomento.
Passavano i giorni, le settimane, poi i mesi. Ed ogni giorno la zia di Blaine alimentava quella flebile fiaccola d’amore, compiacendosi nell’aiutare suo nipote a vivere una vita oltre le apparenza della vita mondana con le sue rigide regole. Se mai si fosse saputo che Blaine intratteneva una corrispondenza con un ragazzo, per giunta di un rango inferiore, suo fratello si sarebbe infuriato e le conseguenze sarebbero state terribili. Soprattutto per lei, che aveva contribuito ad accendere l’amore tra i due.
Adesso entrambi avevano una nuova vita, fatta di sguardi e sorrisi nascosti ogni volta che essi si incontravano, fintamente, per coincidenza. E le loro notti passate a scriversi erano linfa vitale, e attendevano l’alba per affrontare un giorno nuovo in attesa della risposta dell’altro.
Il tempo passava, passava, ma Blaine non accennava ancora ad un possibile incontro. Aveva troppa paura di essere scoperto, e custodiva gelosamente le sue lettere in un posto dove potessero risultare troppo all’occhio: se mai suo padre le avesse lette, probabilmente avrebbe smesso di vivere.
Sebastian moriva dalla voglia di parlarci da vicino, ma attendeva con pazienza.
Passarono ben due anni, e i due potevano dirsi completamente e indissolubilmente legati. Neanche il tempo e le convenzioni sociali erano riusciti a separarli.
Ma una mattina, avvenne: Sebastian era fermo da due ore dietro il maestoso cancello di ferro che divideva la strada dalla villa di famiglia di Blaine.
Blaine poggiò a terra il suo libro. Sebastian lo vide parlare con sua zia, la quale si allontanò in casa.
Blaine si guardò intorno, poi fissò i suoi occhi in quelli di Sebastian.
Sebastian trasalì, stava per succedere qualcosa.
Capì che era giunto il momento, ed era pronto a scavalcare il cancello per raggiungerlo. Ma fece qualcosa che non si aspettò: Blaine gli fece cenno con la mano di aspettarlo. Cominciò a correre verso il cancello. Sebastian si alzò e si avvicinò ancora di più, col viso oltre le grate. Quando Blaine lo raggiunse, riuscì a malapena ad appoggiarsi al ferro della cancellata e a sfiorare per un attimo la pelle di Sebastian.
Quel contatto provocò una scintilla intensa quasi quanto una stella. Sebastian sentì il tocco freddo sulla sua pelle e il suo profumo era forte e vivido: l’acqua di colonia sparsa sul corpo di Blaine lo inebriò, e penso che era proprio come se le era immaginato.
Sebastian gli sorrise, non credendo di averlo così vicino, di poter ammirare finalmente i suoi occhi e di constatare che sì, le sue iridi erano davvero dorate e incandescenti.
E Blaine avrebbe ricordato quel sorriso per tutta la vita. Ma l’atsmofera magica che si era creata fu spezzata all’improvviso dalla voce grave di suo padre che richiamava suo figlio.
- Blaine!
Il ragazzo si girò immediatamente, e subito corse indietro, terrificato.
Non degnò di uno sguardo suo padre, ma fuggì nella sua camera e ci rimase fino al mattino dopo, col cuore in gola. Aveva terrore a scendere giù e di incontrarlo per una sua reazione. Ma al mattino dopo, a colazione, suo padre era taciturno come sempre.
Forse non c’era da avere paura. Forse suo padre non aveva capito nulla.
Per un paio di giorno non fece nulla, e pensò che il pericolo era scampato.
In realtà, quei giorni servirono a suo padre per indagare, perché aveva capito tutto. Aveva già notato tante volte quel ragazzo fermo per ore fuori il loro giardino, ma mai avrebbe pensato che suo figlio avesse osato tanto.
Bastò interrogare sua sorella e, dopo varie minacce, riuscì a farsi raccontare tutto.
Bastò entrare nella stanza di Blaine e trovare le lettere nascoste sotto il cuscino. Bruciò immediatamente due anni di corrispondenza, e tutto l’amore  bruciò con loro, trasformandosi in cenere.
Una sera ordinò la servitù di fare i bagagli.
- Un po’ di tempo lontano da questa città maledetta ti farà bene.
E non servirono le suppliche di suo figlio a fargli cambiare idea.
La zia di Blaine riuscì ad avvisare Sebastian dell’accaduto, il quale, saputo della partenza del suo amato, cadde nello sconforto più totale. Non poteva concepire una vita senza le sue lettere.
Ma cos’altro c’era da fare?
Non mangiò per giorni, rinchiuso nella sua stanza, senza leggere i libri che solitamente divorava, scrivendo lettere che non sarebbero mai arrivate a destinazione.
Sua madre si accorse del cambiamento di suo figlio. Capì immediatamente che quelli erano i segnali dell’amore. Lo struggimento, il senso di mancamento, la voglia di non fare più nulla. La malattia dell’amore aveva gli stessi sintomi del colera.
- Figlio mio, sai come si curano tutti i malanni dell’amore?
Sebastian non capì come sua madre era riuscita a percepire la causa della sua tristezza. Restò ancora più confuso quando lei le consegnò il violino che Sebastian aveva imparato a suonare fin da piccolo.
- Una serenata d’amore è il rimedio ad ogni cosa.
E lei gli sorrise, accarezzandolo e vendendo in suo figlio la stessa ragazza che tanti anni prima si struggeva allo stesso modo.
Sebastian sapeva che con una serenata avrebbe rischiato la prigione.
Ma a lui non importava nulla: aveva bisogno di dire a Blaine quello che provava, e se non poteva farlo a parola o con le sue lettere, l’avrebbe fatto con la musica.
La notte prima della partenza di Blaine, mentre  la città era assorta nel silenzio, col suo violino suonò una melodia struggente, che esprimeva tutto il suo dolore per ciò che era successo. Aveva potuto godere solo una volta del tocco delle mani di Blaine, della vicinanza dei suoi occhi, in ben due anni. E adesso era finito tutto.
Suonò, aspettando che Blaine aprisse la sua finestra, ma Blaine non lo fece. Restò a piangere nel suo letto, perché sapeva che se lo avesse guardato un’ultima volta negli occhi sarebbe sceso giù e sarebbe scappato con lui, e sapeva che non avevano futuro insieme.
Sebastian terminò di suonare, capendo che quello era un addio. Era terminato il suo periodo di idillio, e sapeva che un amore così non lo avrebbe mai più rivissuto.
   
 
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