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Autore: TheSandPrincess    06/06/2013    5 recensioni
Le cedettero le gambe, e si ritrovò in ginocchio davanti alla lapide, col cuore pronto a scoppiare, e la testa che le girava.
Sfiorò le lettere che vi erano incise sopra, in una carezza leggera, tracciandone i contorni. Ricordava ancora la sensazione della mano di Luke accanto alla sua, durante uno dei tanti giorni passati a nascondersi. Giorni che non sarebbero mai tornati.
- Perchè? - riuscì solo a sussurrare, con voce rotta.
Una lacrima le scese lungo la guancia, sembrava bruciare sulla pelle. Bruciava, come avevano bruciato le lacrime sul Monte Tam, offuscandole la vista mentre si scagliava contro colui che aveva considerato un fratello.
- Avevi promesso. - mormorò, scossa dai singhiozzi - Avevi promesso che saremmo stati una famiglia.-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luke Castellan, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era nei suoi piani.
A dire la verità, il pensiero non l'aveva neanche mai sfiorata. 
Nelle settimane che erano passate, tutto quello che Thalia aveva cercato di fare era stato dimenticare. 
Dimenticare la guerra, dimenticare tutte le perdite subite, dimenticare quelle ferite sul suo cuore che neanche l'ambrosia avrebbe mai potuto curare. 
Dimenticare tutto e tutti, sfuggire al mondo intero, come quando, da bambina, si rifugiava nell'armadio per non sentire i discorsi privi di senso di sua madre, e i suoi pianti. E correre per prati e boschi, lontano dagli umani e dai Mezzosangue, senza dover rispondere a nessuno, se non alla Divina Artemide, si era rivelato un buon rimedio. Non una cura, perchè quel dolore che aveva annidato nel cuore non sarebbe mai andato via del tutto, ma un rimedio, sì.
Come un amputato che porti una protesi, dando agli altri e a se stesso una parvenza di normalità, pronta a svanire non appena, una volta solo nella sua stanza, si spogli e trovi al posto della carne rosea e soda una brutta copia in metallo e plastica dell'arto perduto, Thalia riusciva a convincere le sue compagne e persino se stessa di star bene, durante le loro battute di caccia, ma non appena tornava nella sua tenda e si spogliava inconsciamente della maschera che aveva indossato per tutto il giorno, si rendeva conto di non stare bene per nulla, perchè ci sono cose che non possono essere sostituite. E cercava di dimenticare anche quello.
Ogni giorno era uguale al precedente, e si succedevano in una catena infinita, senza particolari distinzioni. Non avrebbe saputo dire se li avesse davvero vissuti, tanto erano volati via in fretta, o se fosse stata troppo concentrata sul fuggire dai propri ricordi per poter apprezzare qualsiasi cosa le stesse accadendo intorno.
Perchè ogni passo che faceva per allontanarsi da New York, era un passo per liberarsi dalle catene che la avvolgevano. Catene fatte di amarezza e di ricordi bui, che sembravano attanagliarle il collo, come a volerla soffocare. Tentacoli scuri che le toglievano la luce dagli occhi, e la facevano vacillare, sola contro qualcosa di apparentemente molto più grande di lei.
All'inizio era quasi riuscita a credere che potesse tornare tutto come prima. Era quasi riuscita a illudersi che, con ogni miglio di distanza che riusciva a mettere tra sè e New York, anche un parte dei frammenti di memoria che la ferivano come schegge di vetro sarebbe rimasta indietro. La speranza, accesa dalla scintilla della disperazione, le era stata compagna, per un breve periodo.
Poi però era successo. E i ricordi che aveva tentato di seminare lungo la strada erano tornati ad assalirla, affilati come coltelli.
Non aveva capito, all'inizio, perché quel luogo le sembrasse tanto familiare. Non aveva capito cosa fosse quella nostalgia, quell'amarezza che l'aveva assalita non appena aveva messo piede in città. Non aveva capito, o forse non aveva voluto capire, preferendo rinchiudere le memorie che ancora non era riuscita a seminare lungo la strada in un angolo buio della propria mente, per evitare di rivivere tutto daccapo.
Solo quando vi erano passate davanti, e non era più stato possibile negare, quei ricordi erano stati lasciati liberi, rispondendo alle domande di Thalia come pezzi di un puzzle andati persi e ritrovati solo in seguito.
Una casetta bianca, apparentemente insignificante, con un giardino recintato, pieno di gnomi. Una casa che aveva già visto, e che era rimasta impressa nella sua memoria. 
Solo allora si era resa conto di quale fosse il motivo del sapore amaro che aveva avuto in bocca sin da quella mattina. Solo allora aveva capito perché quel luogo le sembrasse tanto familiare. E anche la funzione della lastra scura che si stagliava in un angolo del giardino, lasciato completamente spoglio, le fu improvvisamente chiara. 
Accade tutto in un attimo, e si sentì sprofondare. Perché quella era la casa in cui aveva vissuto Luke per i primi nove anni della sua vita. Era la casa di May Castellan.
 
Fu come ricevere una secchiata di acqua gelida. 
Riusciva a sentire il battere ritmico del suo cuore, e il sangue che le rombava nelle orecchie. Sembrava che esistessero solo lei e la casa in cima alla collina. Lei, e quello che aveva cercato di lasciarsi alle spalle per tanti, troppi giorni. Lei, e quello che aveva rivisto ogni notte. E forse, si rese conto, era arrivato il momento di fare i conti con il passato, se non voleva continuare ad essere inseguita dai fantasmi per il resto dei suoi giorni.
Come in un sogno, in cui non si ha alcun potere sugli eventi che accadranno, Thalia sapeva già di non avere nessuna scelta. Ma, in fondo, quando mai le era stato concesso il lusso di poter scegliere? Quando mai un qualsiasi semidio ne aveva avuto la possibilità? Gli dei si divertivano a giocare con le vite dei mortali, a tirnarne i fili come fossero burattini.
Esitò un attimo, cercando di resistere alla forza che sembrava volerla guidare su per la collina. Non voleva salire. Non voleva riaprire le ferite che avevano appena cominciato a rimarginarsi. Non voleva aiutare quelle catene nere a soffocarla, come anaconde spietate.
I suoi sforzi, però, non servirono a molto. Quando il fato è già stato deciso, non puoi fare nulla per cambiarlo.
Avrebbe voluto dare un qualche tipo di spiegazione alle sue Cacciatrici, che non davano segno di volerla seguire, ma Thalia era abbastanza sicura che se avesse provato ad aprire la bocca, non ne sarebbe uscito che un suono spezzato e confuso.
Salì su per la collina, con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte che si avvicina alla sedia elettrica. Il cuore sembrava volerle uscire dal petto, per quanto le batteva forte.
Non c'era nulla attorno a lei, nulla se non la casa bianca, con la lastra scura che torreggiava nel giardino, quasi fosse spuntata dal terreno come nuovo e stranissimo albero.
Aveva paura.
Aveva paura che se si fosse avvicinata troppo, un vortice di ricordi l'avrebbe risucchiata, per non lasciarla andare mai più. Come un buco nero, dai tentacoli scuri e terribili, che sembravano chiamarla con una voce dolce quanto quella delle sirene, e altrettanto pericolosa.
Eppure Thalia continuava a salire, in quella che le sembrava quasi una scalata.
Ogni passo era sempre più difficile, le pesava sempre di più. E quando si ritrovò in cima alla collina, le sembrò di aver compiuto un'impresa disumana.
Adesso anche la casa sembrava essere scomparsa. L'unica cosa che pareva essere rimasta in piedi era la lastra scura, che si stagliava contro il cielo soleggiato di metà Settembre. Thalia vi si avvicinò con passo incerto, quasi si trovasse davanti ad una belva feroce, pronta ad attaccarla.
E poi vi si trovò davanti, nel silenzio surreale che la circondava.
Le cedettero le gambe, e si ritrovò in ginocchio davanti alla lapide, col cuore pronto a scoppiare, e la testa che le girava.
Sfiorò le lettere che vi erano incise sopra, in una carezza leggera, tracciandone i contorni. Ricordava ancora la sensazione della mano di Luke accanto alla sua, durante uno dei tanti giorni passati a nascondersi. Giorni che non sarebbero mai tornati.
- Perchè? - riuscì solo a sussurrare, con voce rotta.
Una lacrima le scese lungo la guancia, sembrava bruciare sulla pelle. Bruciava, come avevano bruciato le lacrime sul Monte Tam, offuscandole la vista mentre si scagliava contro colui che aveva considerato un fratello.
- Avevi promesso. - mormorò, scossa dai singhiozzi - Avevi promesso che saremmo stati una famiglia.-
Un vento freddo cominciò a soffiare, facendola tremare per il freddo. Sembrava un vecchio amico che tornasse a visitare, dopo averle fatto compagnia per innumerevoli notti, nel tempo in cui erano lei e Luke contro il mondo.
Si sentiva sola, in mezzo ad un deserto. E in quel deserto i ricordi che aveva cercato di tenere lontani, segregati in un angolo della sua mente, la investirono come uno tsunami, travolgendola.
Tutto quello che avevano passato insieme, tutte le memorie che le erano rimaste. Momenti in cui si era fidata ciecamente di lui, e quando invece l'aveva visto quasi come un pericolo. I giorni passati a scappare, a vivere insieme le avventure più terrificanti. 
C'era stato un tempo in cui, pensando al futuro, si era vista con Luke accanto, per sempre. C'era stato un tempo in cui aveva sentito il cuore battere più velocemente quando si trovava vicino a lui. C'era stato un tempo in cui avrebbe dato qualsiasi cosa pur di salvarlo. E l'aveva fatto. Si era sacrificata pur di lasciare che lui e Annabeth arrivassero sani e salvi al Campo. 
E poi solo il buio.
Anni vuoti, che avevano lasciato un grande spazio nero nella sua memoria, e che non si era neanche accorta fossero passati.
E quando si era risvegliata, il suo Luke non c'era più. Era andato via, per sempre. Era tornata troppo tardi per poterlo salvare. Troppo tardi, anche solo per dirgli addio.
- Non ti ho mai odiato - mormorò, sfiorando la superficie levigata della lapide, tentando di ritrovare in essa il conforto che le aveva sempre trasmesso la presenza di Luke - Avrei voluto dirtelo -
E rimase in silenzio, col vento a sferzarle il volto.
 
Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse trascorso, quando trovò la forza di alzarsi di nuovo da terra. Forse minuti, forse un'ora, forse molto di più. Non importava.
- Addio - sussurrò, appoggiando una mano sulla lapide, per quella che sapeva sarebbe stata l'ultima volta. Una singola parola, che fino a quel momento non aveva avuto neanche il coraggio di pensare.
E improvvisamente le catene scure si dissolsero, lasciandola libera. Col cuore pieno di dolore e le lacrime che aveva tenuto per sè per troppo tempo che le solcavano il volto, ma libera.
Forse, un giorno, sarebbe stata capace di sorridere ai propri ricordi. Forse, un giorno, il dolore non l'avrebbe più consumata, e le ferite si sarebbero trasformate in cicatrici. Forse, un giorno, pensò, allontanandosi.
Lanciò un'ultima occhiata alla lapide, e il sorriso sghembo tipico di Luke le tornò alla mente, quel sorriso di quando cercava di chiudere una litigata facendola ridere. Perchè andare avanti non significava dimenticare, significava convivere coi ricordi. E, poco ma sicuro, Luke avrebbe continuato a vivere nelle sue memorie per sempre. 
Fece per voltarsi e andare via, lasciandosi tutto quello alle spalle, ma lo sguardo le cadde sulla porta della piccola casa bianca. Il solo pensiero di quella porta, fino a qualche giorno prima, le avrebbe fatto paura, ma adesso le sembrava solo incredibilmente triste e sola.
Esitò un attimo, indecisa sul da farsi. Il silenzio che l'aveva accompagnata sin da quando aveva capito di chi fosse la casa sulla collina continuava a regnare sovrano, interrotto solo dal vento freddo che soffiava. Passò un attimo. E un altro.
E Thalia ritornò sui suoi passi, dirigendosi verso la porticina di legno.
Suonò il campanello, sicura, e aspettò.
Non passò molto prima che una vecchina dallo sguardo vacuo e il volto sorridente venisse ad aprire la porta.
- Luke!- esclamò - Sapevo che saresti tornato!-
Thalia sorrise timidamente, senza sapere bene come rispondere.
- Vieni dentro, caro, che il tuo pranzo è pronto!-


 






















Yaw.

Diciamo che in questo periodo penso un sacco a Luke. Sarà che sono abbastanza depressa, e quindi scrivere cose depresse mi riesce meglio.. Boh.
In ogni caso, il titolo viene dal primo episodio della prima stagione di quella fantastica serie TV che è Castle. Se non la conoscete già, andate a crecare gli episodi in streaming. Ora. v.v
Per quanto riguarda la OS in sè per sè, sono convinta che sarebbe potuta venire meglio. Ma, del resto, non sono mai soddisfatta di come viene una mia fanfiction xD
Quindi recensite, recensite, recensite! Almeno avrò qualche parere obiettivo su quanto ho scritto ;)


-TheSandPrincess-



 

  
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