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Autore: Moonlight Waltz    07/06/2013    2 recensioni
Goku si ritrovò presto a chiedersi come cavolo ci fosse finito in quell'arena, dove fosse e- soprattutto- in quale stramba epoca storica fosse stato catapultato. Il nome del suo anfitrione, Cesare, non smuoveva affatto le sue parecchio discutibili conoscenze.
In alto le platee scendevano fino all'altezza del circuito, che era molto lungo, in cui dovevano gareggiare i partecipanti.
L'imperatore gli aveva spiegato che normalmente lì vi si tenevano le corse sportive, ma in mancanza di altri posti vi si potevano anche ospitare spettacoli teatrali e intrattenimenti vari.
Ecco, per qualche motivo lui si era ritrovato ad essere uno dei partecipanti...
[Fanfiction che partecipa al contest "E se fossi catapultato nel passato?" di Kirame27]
Genere: Comico, Demenziale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chichi, Goku, Goten
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Goku avrebbe tanto voluto dire che quella sarebbe stata una giornata favolosa come tutte le altre, in cui non faceva altro che allenarsi, rovinare occasionalmente il paesaggio con la sua aura e mangiare a sbafo come sempre. Purtroppo per lui però le cose si erano messe male fin dalle prime luci del mattino: la sua adorata Chichi infatti non aveva il suo stesso concetto di svago e, appena sveglio, gli aveva comunicato che dovevano presentarsi ad una riunione per ammettere Goten a un prestigioso doposcuola.
Come se non ne avesse già subito abbastanza di quelle torture durante l’infanzia di Gohan. Il sayan aveva erroneamente pensato che la moglie avrebbe dato meno importanza al loro secondogenito rispetto al primo, cosa che già faceva un po’ lui del resto, ma si era evidentemente sbagliato. Ad ogni modo la reazione di Goku non poté che essere delle più comiche e esilaranti.


-CHE COSA?!- strillò infatti in disperazione totale quando gli fu comunicata la notizia.
Chichi lo guardò furiosa per un attimo –Non osare rovinare tutto come al tuo solito. Ah, assicurati di vestirti bene, con tanto di cravatta e uniforme e ricorda: i tuoi interessi sono leggere e fare sport! - aggiunse prima di andarsi a preparare a sua volta, sbattendo la porta con un po’ troppo vigore.

Al povero Goku non restò altra scelta che obbedire agli ordini della malefica moglie. Salì mogio le scale che portavano alla sua stanza e, sconsolato, aprì l’armadio per cercare gli abiti giusti, non capendo perché dovesse dare retta a tanto fanatismo scolastico. Una scuola valeva l’altra, in fin dei conti i suoi figli si caratterizzavano per ben altro.
D’altronde però non poteva ribellarsi: se non avesse fatto ciò che gli era stato detto avrebbe rischiato una batosta così forte che Freezer levati proprio e in più Chichi gli avrebbe pure negato il cibo per il resto della giornata. E quella era una prospettiva ancora più grigia del dover trascorrere ore e ore di fila in un edificio che spegneva ogni- sua- qualsiasi voglia di vivere.

Goku scelse dal guardaroba disordinato ciò che secondo lui si scostava di più dalla forma di una tuta, e che quindi era più vicino al concetto di uno smoking a detta sua, ed iniziò a fare a botte con gli indumenti per infilarseli. Tuttavia allo stesso tempo non poteva fare a meno di chiedersi: pure lui che se ne fregava ben poco di tecnologia sapeva che ormai erano passati anni dall’invenzione di certe macchine diaboliche che fornivano un’ottima assistenza didattica anche da casa, eppure perché Chichi si rifiutava tanto di usarle e lo costringeva a vivere queste situazioni spiacevoli?
Pure il suo bambino ne sarebbe rimasto contento e avrebbe avuto anche più tempo per allenarsi e imparare ciò che era davvero necessario in questa vita.

Il giovine finì di aggiustarsi i capelli di malavoglia e si guardò allo specchio: non era esattamente un bello spettacolo, con gli abiti spiegazzati e il cravattino tutto aggrovigliato. Ma tutto sommato era presentabile, ci avrebbe pensato la sua amata mogliettina a sistemarlo per bene prima di andare.
Saccheggiò il frigo, divorando ciò che poteva subito, e quando ebbe finito lo richiuse con un movimento di anca. Le sue braccia straripavano di ogni genere di cibo che lui aveva deciso di ingurgitare seduta stante -o, in alternativa, di portarsi via come provvista se Chichi avesse finito di prepararsi prima di aver terminato la sua abbuffata- a causa della giornata grigia che gli si prospettava davanti.

Si sedette un attimo sul bordo del letto e, mentre assaltava la sesta coscia di pollo, con la coda dell’occhio notò un rapido movimento al di fuori della finestra. Siccome ci voleva ancora un po’ di tempo prima che Chichi terminasse di acconciarsi, decise di seguirlo. Sgattaiolò fuori, le braccia ancora traboccanti di una discreta montagnola di stuzzichini, e inseguì l’ombra misteriosa che, a un certo punto, scomparve dentro una grotta. Era incredibilmente veloce: era riuscito a seminare il sayan, nonostante stesse volando e non avesse un peso granché significativo appresso.

Goku atterrò davanti all’ingresso della grotta con le proprie scorte che gli intralciavano un po’ la vista, pronto a finirle tutte in un solo boccone nel caso in cui avesse dovuto combattere, e dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni entrò e si guardò un po’ in giro. La caverna proseguiva in un tunnel molto largo che attraversò molto velocemente. Era quasi arrivato alla fine e ancora non riusciva a scorgere anima viva. Ad un certo punto notò che, appoggiato su un muretto di pietra che segnava la fine della grotta, c’era appoggiata una enorme bistecca saporita e ancora fumante, segno inequivoco di una trappola, che però lui non colse.
Estasiato, lasciò cadere le cibarie varie che trasportava e corse verso l’altro piatto, molto più invitante.


-Pancia mia fatti capanna! - gridò entusiasta prima di lanciarsi ad addentare il cibo. Purtroppo però il tranello si manifestò e quello che sembrava un fascio di luce inondò il viso del ragazzo. Poco prima di perdere il senso della realtà Goku giurò di aver sentito la voce di Re Kaio dargli dello scemo con veemenza.

-

Si svegliò in un bosco. Stringendosi la testa che gli pulsava per il dolore, si mise a sedere e si guardò attorno. Non aveva idea né di dove si trovasse né di quanto avesse dormito. Sapeva solo che si trovava in una fitta boscaglia che non conosceva e, a giudicare dalla posizione del sole, molto probabilmente era mezzogiorno. Goku si sorprese e si schifò di se stesso: da quando in qua era diventato capace di fare certi ragionamenti complicati?

Notò con felicità che almeno i bocconcini che si era portato dietro erano ancora tutti sparsi disordinatamente dietro di lui. Conscio che prima di dedicarsi a un’altra abbuffata doveva prima scoprire dove fosse finito e come tornare indietro si tolse la giacca del completo -sì, quella che casualmente gli causava più fastidio e prurito- e accomodò tutto alla bell’e meglio in un fagotto che poi si issò in spalla.
Dopodiché si gratto un attimo la testa incerto su quale direzione prendere, dilemma che alla fine risolse con una scrollata di spalle decidendo che l’una valeva l’altra.

Si alzò quindi e iniziò a vagare per i boschi. Ma si stancò quasi subito e allora gli si accese una lampadina in testa. Lui era in grado di volare, no? E allora perché non ne approfittava? Vedere un territorio sconosciuto dall’alto era sicuramente molto più utile che camminarci dentro come un vagabondo, senza una meta precisa.
Aumentò leggermente la sua aura e si alzò in volo. Però, a dispetto di quanto volasse, tutto quello che riusciva a vedere erano solo folte chiome verdi e, saltuariamente, anche qualche breve tratto di pianura attraversato da carovane da cui non avrebbe ottenuto niente.

Dopo un po’ era talmente stanco, e soprattutto l’odore del cibo si era fatto così invitante, che quando finalmente riuscì a scorgere all’orizzonte la sagoma di un villaggio a malapena riusciva a stare a dieci metri da terra senza collassare e cadere nella tentazione (insomma, gli abiti che indossava non aiutavano di certo!). Quando poté costatare dai contorni che prendevano forma che quello era una città per davvero, e non il frutto della sua immaginazione come aveva temuto, cercò di aumentare il ritmo. Atterrò poco prima di arrivare, sapendo che in questo modo non avrebbe spaventato i possibili umani conservatori che vi risiedevano dentro. e si riposò un po’. Poi cercò di rendersi il più presentabile possibile e infine fece il suo ingresso glorioso nella “città”.

Era un posto quantomeno singolare e, se poteva dirlo, antico: la maggior parte delle case erano costruite in legno e, a mano a mano che si saliva, gli appartamenti sembravano diventare sempre più poveri e stretti. Le strade erano maleodoranti e sporche, cosa che poi confermò di nuovo quando gli arrivò un getto di liquidi strani dall’alto.
All’inizio il sayan rimase interdetto ma quando, annusando bene i suoi vestiti ora fradici, si rese conto di quello che gli avevano lanciato corroborò che non era un luogo in cui voleva soffermarsi molto e cercò di trovare presto qualcuno che gli potesse dare qualche indicazione utile.
Gli abitanti però, se possibile, erano ancora più strani: le donne indossavano delle tuniche lunghe e buffe e gli uomini pure. Solo alcuni bambini correvano seminudi o svestiti per strada. Osservando bene si poteva notare che le persone che sembravano più agiate avevano tuniche più lunghe mentre i poverelli ce le avevano molto più corte; alcuni ragazzi addirittura si erano legati solo un panno attorno alla vita e correvano anche loro praticamente nudi per le vie sudicie e sporche di rifiuti corporali.


A Goku non importavano molto le festività e le celebrazioni, ma cercò comunque i ricordare se per caso quello fosse il giorno di Carnevale o qualche evento simile. Non gli sembrava proprio. Ma allora perché tutta quella gente era vestita, e si comportava, in modo così bislacco? Goku era molto confuso e, spinto dalla curiosità, afferrò con un po’ troppa forza la spalla di uno che si era trovato a passargli accanto.
Egli cacciò un grido e si allontanò subito da lui, visibilmente terrorizzato alla vista dei suoi abiti inconsueti. Il suo urlo richiamò l’attenzione del resto delle persone ed immediatamente tutti, bambini compresi, indietreggiarono e lui rimase scoperto e al centro di un cerchio con almeno venti metri di distanza dalla persona più vicina. Ognuno smise di fare quello che stava facendo e gli furono lanciate varie occhiatacce strane: quasi tutte erano intimorite o spaventate, ma c’era anche chi osava fulminarlo o chi gli urlava qualcosa in una lingua rude, che lui immaginava sulla lunghezza di un insulto.
Si chiese se non avrebbe fatto meglio a passare inosservato e togliere il disturbo il più in fretta possibile.


Dall’inquietudine che serpeggiava vivace si passò presto a uno stupore generale ed in seguito a un vociare concitato della folla indignata. Goku cercò di farsi piccolo piccolo mentre il cerchio si chiudeva minacciosamente attorno a lui e gli piovevano addosso parole strane di ogni tipo, di cui lui non riusciva a intuire neanche lontanamente il significato.
Pensò che con tutta probabilità non sarebbe mai riuscito a comunicare nella loro lingua- che tra l’altro suonava anche parecchio complicata- e che quindi era inutile rimanere lì a farsi linciare dal pubblico irritato. Ma allo stesso tempo non voleva alzarsi in volo perché c’era il rischio di alterarli ancora di più e il ragazzo non era molto sicuro di se e quando avrebbe trovato un’altra città. E comunque niente gli assicurava che gli abitanti del prossimo luogo non sarebbero stati altrettanto svitati.


Con gli occhi ormai a girandola e la testa in preda alla confusione più totale, all’improvviso sentì un meccanismo scattare dentro il suo cervello. Le parole iniziarono a diventare pian piano più chiare nella sua testa, fino ad acquisire un senso. Goku si sentì ancora più spaesato e in balia degli eventi, non capendo assolutamente che cosa stesse succedendo né perché, ma ormai aveva dato corda a tutta la sua riserva giornaliera di materia grigia e decise che certi eventi ormai non li poteva più controllare. Seppur con la testa pesante aguzzò le orecchie e cercò di afferrare qualcosa in mezzo a quella valanga di parole confuse, con la speranza di poter capire come calmare il pubblico irrequieto.

-Disonore del paese! -
-Sto per svenire alla sola vista di com’è conciato! -
-Se gli dei ci puniscono a causa sua la pagherà cara! -
-Viva Bacco, le belle donne ed il vino! -
-…e questa è un’offesa per il grande Marte, dio vincitore di ogni guerra e ogni soldato, e pertanto di ogni romano abitante nella nostra gloriosa Roma!  -

Eh? Che cosa stavano dicendo? Doma? E quel condimento con cosa si mangiava?

Goku era anche lui sempre più perplesso e, dato che il brusio della folla continuava ad aumentare d’intensità ad ogni secondo, iniziava a temere pure per la sua incolumità.
Cercò di trovare un modo per dileguarsi in fretta, ma era circondato su tutti i fronti e le uniche opportunità di uscire da quella situazione erano alzarsi in volo o correre e travolgere buona parte dei presenti con la sua forza, occasionando così un gran male a tutti e guadagnandosi ancora più odio. Non sapeva quale delle due opzioni li avrebbe intimoriti meno.


Comunque ad ogni modo si sentiva pure in imbarazzo per tutta la vicenda, ma poi fece caso ad un particolare a cui prima non aveva badato tanto: avevano nominato dei nomi strani, gli sembrava che fossero Marse e Doma, ma forse erano solo delle celebrità o divinità a cui stavano rendendo onore e lui era piombato proprio in mezzo delle celebrazioni sacre. Anche se all’inizio sembrava che tutti stessero vivendo una normale giornata quotidiana, ma anche quello poteva essere parte del rituale. Forse tutti quei tipi lì non erano pazzi, ma era semplicemente lui un po’ fuori luogo. Sicuramente in contemporanea si stava pure svolgendo un festival in onore al passato, con tanto di travestimento e tutto, e la sua presenza li stava disturbando.

Goku ridacchiò nervosamente e iniziò a grattarsi la testa –Mi dispiace, mi dispiace. Non volevo interrompervi durante i festeggiamenti-
Le persone lo guardarono ancora più sbigottite e furiose.
-A proposito… dove mi trovo? - chiese poi ingenuamente il nostro eroe.
Silenzio di tomba per qualche attimo.


A quell’ultima domanda la folla parve risentirsi ancor più di prima e iniziò a marciare in massa contro Goku, che si ritrovò ben presto schiacciato contro la parete di un tempio. Non sapendo cosa fare il giovine si girò per arrampicarsi sul muro che era fatto di mattoni e quindi salvarsi la vita senza dover nuocere a nessuno. Fu solo quando si trovò abbastanza in alto e relativamente al sicuro che una voce sovrastò tutte le altre.
-È una fortuna che oggi venga l’imperatore a farci visita, così ti potrà giudicare direttamente lui!- urlò infatti qualcuno dalla calca di gente e presto un nuovo vocio soddisfatto gli fece eco, insultandolo e lanciandogli piccole pietre sudice.

Imperatore...?

-Ma che..?- purtroppo il sayan non ebbe il tempo di formulare la sua domanda ed uscire così dal suo stato di confusione -e crisi- più totale. Un uomo a cavallo arrivò a grande velocità annunciando una terribile notizia, almeno per Goku.
-Onorate il grande Cesare, nostro Imperatore, che oggi ci onora con la sua presenza!

Oh Re Kaio... fu l’unica cosa che poté pensare Goku, deglutendo in panico, prima che Cesare facesse il suo ingresso trionfale nella città.
Era scortato da schiere eleganti di cavalli, nobili e soldati. Lui li precedeva e li guidava, mostrando in questo modo al mondo il suo grande potere militare.
Salutava il popolo fiero, anche non riusciva a non storcere il naso di fronte alla puzza micidiale di quell’isolato.


Per qualche strana ragione quel giorno aveva deciso di non prendere la strada principale e passava quindi da quella stradina puzzolente, dove di solito viveva la plebe, e che non era di certo adatta a un sovrano così famoso e amato.

Cesare era nobile e bellissimo: sedeva regale sul suo cavallo bianco, elegantemente pettinato. Indossava l’armatura di un Gran Caporale, non grigia come quella di tutti i soldati, ma piuttosto di un colore tendente al rosso o comunque a qualcosa che richiamasse vagamente al sangue, e che quindi intimoriva solo al pensiero di quanto potesse averne versato durante le sue innumerevoli vittorie.
Ma c’era un piccolo particolare: abiti e cavallo a parte, era pressoché identico a Goku. Avevano la stessa pettinatura, la stessa fisionomia del viso e anche la stessa altezza e corporatura, per quanto Goku ovviamente era senza nessun’ombra di dubbio il più forte dei due. Tutte queste cose furono chiare non appena l’imperatore discese da cavallo per mettersi proprio davanti al nostro eroe, il quale era anche lui saltato di nuovo a terra spinto dalla curiosità.


Le persone guardavano i due stupiti e spostavano ininterrottamente lo sguardo dall’uno all’altro, bisbigliando tra di loro e osservando prima con reverenza il loro generale e poi con timore lo straniero. Intorno ai due “gemelli” si formò un inquietante brusio, che fu messo subito a tacere quando il Grande Cesare tuonò un arrogante -Silenzio!-

Tutti ammutolirono all’istante ed egli squadrò da capo a piedi il suo sosia, con occhio critico, mentre il povero Goku si arrovellava le meningi per sfuggire a quella situazione che stava diventando ad ogni secondo più paradossale e spaventosa- più per gli altri che per lui.
Forse il teletrasporto poteva andare bene? No, avrebbe creato troppo scompiglio e siccome non aveva la più pallida idea di come andarsene da quello strano mondo e nemmeno dove l’ultima cosa che voleva era farsi nemico tutto quello strano paese e forse anche i dintorni che lo circondavano, sempre ammesso che non si stesse sognando tutto.

Dopo che il suo alter ego più influente lo ebbe scrutato a sufficienza, e intanto che il nostro eroe continuava a elaborare improbabili teorie per filarsela, Cesare diede l’ordine che Goku fosse portato al suo castello. Si assicurò che fosse trattato con il massimo del rispetto e poi si dileguò, galoppando e scomparendo dalla vista di tutti. Molto probabilmente stava tornando al suo castello per organizzare una buona cerimonia di benvenuto a quell’uomo che tanto gli somigliava.
I suoi servi, intanto, caricarono con cura Goku su una portantina. Fecero molta attenzione a non fargli male, anche perché non ce n’era bisogno, e durante il viaggio si assicurarono che non gli mancasse niente. Ad ogni modo Goku non chiese un granché e si assicurò di tenersi stretto il fagotto con le provviste nel caso in cui le cose si fossero dovute mettere male e fosse dovuto scappare a gambe levate. Ma i servi non avevano idea delle pieghe che avevano preso i suoi pensieri e temevano i castighi che quel ragazzo identico al loro imperatore avrebbe potuto propinargli quasi quanto temevano l’imperatore stesso.
Forse credevano che sarebbe stato un tiranno, come il loro sovrano.

Il viaggio si prospettava lungo e Goku era al limite dell’esasperazione: che cosa cavolo doveva fare per tornare a casa? A quel punto avrebbe preferito trovarsi in un palazzo di cristallo in una riunione con Chichi per decidere in che doposcuola iscrivere suo figlio!
Al pensiero di sua moglie sbiancò e inizio a tremare in preda al terrore. Forse la prospettiva di non riuscire mai a tornare indietro non si prospettava tanto tragica quanto la terribile morte che lei gli avrebbe dato per essere sparito in un momento della massima importanza. Deglutì sonoramente e pensò che, ad ogni modo, se riusciva a tornare doveva far perdere le tracce di sé per sempre. Chichi era una eccellente madre e casalinga, era sicuro che se la sarebbe cavata egregiamente anche senza il suo aiuto e lui non avrebbe rischiato la vita inutilmente.


E mentre si perdeva in questi pensieri concepì un’idea geniale.
-Ma certo! C’è solo un essere nel mio mondo che è a conoscenza di ogni cosa- si disse Goku, battendosi una mano sulla fronte e maledicendosi per non averci pensato prima.
Lo aveva pure invocato poco fa!


Provò a stabilire una comunicazione, posizionandosi due dita sulla fronte, e dopo appena qualche istante una voce irritata si fece sentire dal nulla.

-Chi parla? -

-Oh, Re Kaio! Come sarebbe a dire chi parla, sono io, Goku! - disse Goku, scoppiando a ridere. Poi però si rese conto che aveva parlato a voce un po’ troppo alta e forse i servi che lo stavano trasportando lo avevano sentito e gli stavano già dando del matto inconsciamente.

Si ricompose e abbassò la voce fino a farla diventare un sussurro –Allora Re Kaio, cosa ci faccio qui?-
-Spiacente, io non conosco nessun Goku- rispose la voce scocciata di Re Kaio –E sinceramente non riesco a capire come hai fatto a metterti in contatto con me-
Goku restò sorpreso un attimo, ma si riprese quasi subito.

-Suvvia Re Kaio, non c’è bisogno di scherzare! Sono Goku, il ragazzo che Lei ha addestrato per sconfiggere Vegeta e che poi è riuscito anche a battere Freezer. Il suo pupillo preferito. Il terrore del suo frigo e della sua scimmia. Davvero non riesce a ricordarsi? -

-Senti, dev’essere un caso se tu sei riuscito a comunicare con me e, lo dico e lo ripeto, io non conosco nessun Goku, nessun Vegeta e nessun Frezo o come cavolo si dice, chiaro? E soprattutto non ho tempo da perdere! -

-Ma, Re Kaio…-

-Ti ho detto che non ho tempo da perdere! - e con quello Re Kaio tagliò la telecomunicazione, lasciando il povero ragazzo con le parole in bocca. All’inizio Goku rimase un po’ rabbuiato in viso, ma poi si rese conto di quello che era successo. L’aveva detto lui stesso: il Re Kaio che aveva incontrato era a conoscenza di tutto ciò che riguardava il suo mondo. Sicuramente questo era un altro Re Kaio, quello di questa dimensione, che non aveva nulla a che fare con lui e che non aveva ancora avuto il piacere di conoscerlo.
Andava bene, ma se le cose stavano così… allora a che santo doveva andare a votarsi?

Purtroppo non ebbe più molto tempo per pensare ai suoi dubbi e problemi esistenziali perché la portantina si era fermata e i servi lo stavano già aiutando a scendere, prodigandosi ad aiutarlo anche nelle azioni più inutili purché non avesse niente da ridire in seguito.

Scese e, scortato da guardie di ogni tipo, fu accompagnato prima a cambiarsi d’abito e poi a una cena privata con l’Imperatore Gaio Giulio Cesare in persona, mentre dentro di sé ancora si domandava perché era costretto a subire tutto questo.

Ad ogni modo la scena a cui assistì prima che fosse congedato nelle sue stanze fu parecchio comica.

-Benvenuto, o straniero che mi somiglia. Posso sapere il tuo nome? -
L’imperatore era seduto su ciò che lui immaginava dovesse simulare un trono o un grande posto militare, non ne era sicuro, ed era circondato da una moltitudine di servi e guerrieri.
-Il mio nome è Goku- il sayan non si sentì per nulla intimorito dalla folla presente in sala, non più di quella presente in città almeno, ma strinse lo stesso a sé il suo prezioso tesoro.
-Straniero Goku, posso sapere che cosa stringi a te con tanta disperazione? Si tratta per caso di un’arma e tu sei venuto a dichiarare guerra? -
I soldati di fronte a lui si misero subito sull’attenti e il ragazzo sfoggiò un sorriso a trentadue denti.
-Ma che guerra! Queste sono le mie scorte di cibo per quando le cose si mettono male! – ed entusiasta tirò fuori dal fagotto un enorme prosciutto -Questo per esempio è il mio prosciutto! -
All’improvviso tutti quelli presenti in sala lo iniziarono a fissare ad occhi sgranati e Goku non capì dove fosse il problema. Non avevano mai visto un prosciutto nella loro vita? Glielo chiese.
-Noi non conosciamo quel piatto. Appartiene al tuo paese? -
-Ah, capisco…- il corvino si ricordò che molto probabilmente era finito in qualche epoca del passato e che certe cose non le potevano ancora aver inventate -Allora che ne dite di questa? È una bistecca? E questa è una ciambella! -
Di nuovo nessuno sembrò riconoscere minimamente ciò che avesse in mano, anzi c’era pure chi aveva iniziato ad arretrare temendo che trasportasse chissà quali calamità.
Goku sbuffò -Va bene… che ne dite di un pollo arrosto o di una pizza? Forse una lasagna o del cioccolato li riconoscete- e via a tirare fuori ogni singola cibaria dal suo rifugio.
Dopo poco c’era stato qualche coraggioso che si era offerto volontario per assaggiare qualcuna delle strane cose che stava estraendo da ciò che per loro doveva sembrare una scatola del mistero. Il soldato rimase estasiato da ciò che aveva appena gustato e volle subito assaporare qualcosa di nuovo. Altri temerari, vedendo il suo esempio, si avvicinarono anch’essi e misero sotto i denti qualcosa.
E fu lì che il massacro cominciò.

-

Delle sue scorte non era rimasta traccia alcuna.
La cena si svolse relativamente in silenzio. Goku si sentiva tremendamente scomodo immerso in quella tunica con pieghe svolazzanti e pesanti, di una tela che gli faceva prudere il corpo e che doveva sostenere con una delle sue braccia per permettere che gli lasciasse libero almeno l’altro. Pensò che in vita sua non aveva mai indossato niente di così fastidioso e si chiese come avrebbe potuto godersi il buon cibo ridotto in quello stato.

Dopo un po’ Cesare aveva iniziato a parlare. Il sayan fungeva da semplice ascoltatore e cercava di abbuffarsi come poteva di quei piatti antichi e prelibati. Le poche volte in cui provava ad aprir bocca doveva richiuderla immediatamente perché l’imperatore si soffermava scocciato sul cibo masticato che faceva bella presenza tra i suoi denti e lui non se ne sentiva fiero.

Quando furono sazi a sufficienza il Grande Cesare lo accompagnò in una sala riservata agli uomini, in cui c’erano vari musicisti e ballerini che si stavano esibendo. Sulle lunghe fila di mense erano disposti infinità di altri piatti e prelibatezze e Goku non indugiò molto prima di buttarsi a capofitto in un altro banchetto, mentre la musica e i racconti delle prodezze dell’altro lo accompagnava.
Ma il tempo scorreva, era sicuro che fossero già passate almeno alcune ore, e nuovi alimenti continuavano a comparire dalla cucina per quanto lui assalisse ogni volta le tavola del suo anfitrione.


Ora, per quanto lo stomaco di Goku potesse sembrare un pozzo senza fine, un fondo ce l’aveva eccome. E tutto quel cibo era riuscito a colmarlo fin nel più remoto angolo di quel fondo fino alla superficie.
Ma non poteva rifiutare, la sua gola aveva la meglio sul suo -per la prima volta nella vita- stomaco pieno, e così non furono poche le volte in cui Goku dovette correre al bagno a rimettere. A volte gli venivano anche forniti secchielli e bevande che facilitavano proprio quel processo e che permettevano alle persone di continuare a mangiare.

Nei brevi intervalli in cui si sentiva bene Cesare gli chiedeva di raccontare la sua storia, rammentandogli che non era educato non sostenere una conversazione con il padrone di casa. Goku fu seriamente tentato di sputare tutto il cibo che aveva in bocca più volte per ribattere che aveva tentato di parlare in varie occasioni, ma che le sue occhiate fulminanti lo avevano dissuaso ognuna di esse.
Invece si limitava, tra un boccone e l’altro, tra un’escursione al bagno e un’altra, a raccontare della strana ombra che aveva visto e di come si era ritrovato a viaggiare nel passato. Poi gli raccontò anche del suo mondo, della sua famiglia, delle sue avventure più normali e di parte del suo passato. In sostanza quando sembrò che finalmente le scorte di alimenti si decimarono l’imperatore credeva di essere già a conoscenza di gran parte della sua vita e lo osservava pensieroso.


Dopo che ebbe ascoltato attentamente tutto il racconto, Cesare esordì –Sai, è da un po’ di tempo che cerco qualcuno che mi somigli. Così potrei fargli prendere il mio posto e io finalmente potrei andarmene in vacanza per qualche tempo. È così stressante essere l’imperatore! -

Goku all’inizio non riuscì a elaborare bene ciò che gli era appena stato detto. La prima indigestione di tutta la sua vita si stava affacciando alla sua pancia ed era troppo impegnato a cercare di capire come avesse fatto quell’uomo davanti a lui a non andare in bagno o a sentirsi male dopo tanti bocconi. Forse, somiglianza fisica a parte, anche i loro stomaci avevano la stessa consistenza e quindi la stessa apparente forma di pozzo senza fondo.
Solo dopo un bel po’ si rese conto delle parole dell’altro.

-E questo cosa avrebbe a che fare con me?- chiese, non riuscendo a capire il suo ruolo in tutto questo.

Il Grande Cesare sogghignò.
–Avrei un patto da proporti- annunciò.


  
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