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Autore: Ronnie02    07/06/2013    1 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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E' FINITA LA SCUOLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! 
Missione "no debito in matematica, quindi media del 7" COMPIUTA, e quindi.... scriverò tutta l'estate! 
Lol, non so cosa possa interessarvi a voi, ma non fa niente :D
Allora
noi eravamo rimasti alla battaglia e, più che altro, all'arrivo dell'Esis dopo "Dennis Adam Leto".
Il titolo di questo capitolo ha i "..." perchè è legato al prossimo :)

Buona lettura!





Capitolo 18. Set in my DNA…

 





 
Nessuno fece in tempo a rispondere a ciò che aveva detto Ash che una tempesta di ghiaccio colpì in pieno la parete dietro di loro, formando un grosso buco, che dava su un altro corridoio. Ash si voltò di scatto, come gli altri presenti che riuscivano a muoversi.
“Zoe! Zoe qui!”, urlò in fretta, mentre Namel dava un pugno in pancia a Jared che, troppo preso dall’accaduto per rendersene conto, non stava più attento al nemico e cadde a terra, sputando sangue.
Ash si girò verso il cantante e lanciò un incantesimo a Namel, che lo evitò in fretta. Quello colpì la parete, fondendo parte di essa, che si liquefece.  La ragazza ringhiò e lui rispose all’attacco, direzionando verso di lei una nuvola grigiastra.
Lei rotolò di lato, evitandola, e così colpì uno dei soldati dell’Esis, appena uscito dal varco che Zoe aveva fatto.
L’uomo cadde a terra, preso da convulsioni tremende. Dopo qualche secondo vomitò e pianse sangue denso, rallentando i movimenti e morendo con urla di dolore.
Ash lo guardò per pochi attimi, presa dallo sconforto, e senza volerlo lasciò l’occasione a Namel di colpirla.
Cadde in avanti, attaccata di spalle, e si sentì mancar l’aria, mentre le sue gambe cominciarono a perdere il controllo, e più passavano i secondi meno se le sentiva.
Si voltò a pancia in su e provò a sedersi, cercando di curarle, mentre altri soldati le si pararono davanti.
Attaccarono Namel e l’unica cosa che riuscì a dire fu: “Devon! Prendete prima Devon!”.
Vide Zoe sorriderle, forse nel vederla viva o forse per farle capire che lo avrebbe fatto, ma Ash cominciò a lacrimare. Se anche Zoe fosse morta in quell’attacco non se lo sarebbe mai perdonato, come per Sorrow.
“Ash!”, sentì la voce di Joel prendere il sopravvento e lo guardò avvicinarsi a lei, per vedere come stava. Ma la testa le girava, vedeva tutto confuso e offuscato, mentre il suono le arrivava ovattato nelle orecchie.
Sentì a malapena uno scoppiò provenire da dove si sarebbero dovuti trovare Tomo, Vicki, Shannon e il cadavere di Sorrow e vedeva Joel muovere le labbra. Non capiva che le stava dicendo, perché tutto era coperto da un ronzio incessante che le frastornava il cervello.
Sbatté le palpebre alcune volte, provando a portare le braccia verso le gambe per tentare di guarirle di nuovo, ma la testa cominciò a girarle  e cadde all’indietro.
Una mano l’afferrò in tempo, prima che colpisse il terreno e si provocasse un trauma cranico, e vide un soldato, vestito con la tenuta di battaglia, sorriderle e poi correre verso Namel.
L’aveva già visto, quel volto.
Dmitri.
 
“E così Ash Connor vuole tornare a fare scherzi?”, sorrise lui, cingendo con un braccio la vita di Clelia, la ragazza che le aveva parlato il giorno prima. Il ragazzo rise e le offrì l’altra mano, come per presentarsi. “Sto scherzando, sono contento che ti sia aggiunta”.
“Vendetta”, commentò Ash, guardando tutto attorno a lei con serietà e attenzione. “Faccio questo per vendetta”.
“Bè, ma senza divertimento lo scherzo non riesce, dovresti saperlo”, le sorrise Clelia, provando a farla sentire a suo agio. Sì, a suo agio con una ragazza che le leggeva tutti i suoi pensieri e un ragazzo che poteva vedere tutte le sue future mosse.
“Sì, lo so”, cercò di sorridere. In fondo, come diceva Dean, più il gruppo è strano più gli scherzi migliorano.
“Credo che Dean diventerà famoso per le sue teorie”, rise Clelia, come a rispondere al pensiero di Ash. “Scusa, non volevo”.
“Non fa niente, penso che dovrò solo abituarmici”, cominciò a sentirsi meglio Ash, guardando i due ragazzi. Erano gli unici che le parlavano dopo anni e sentiva di poter contare su di loro.
Non fidarsi, ma solo per avere qualcuno con cui passare il tempo, per tenere occupata la mente.
“Domani mangeremo insieme a pranzo”, commentò ridendo Dmitri, con gli occhi vitrei, sul futuro. “Oh, Ash ti metterai la divisa al contrario!”.
“Grazie dell’avvertimento”, commentò Ash, ridacchiando.
“Oh no, adesso sei normale… mannaggia, non avrei dovuto dirti nulla”, continuò con il suo sguardo verso il futuro. Poi si riprese e guardò la sua ragazza, sbattendo le palpebre. “Bè, comunque dovrebbero arrivare nel giro di qualche secondo”.
“Bene. Ash, sei pronta?”, chiese Clelia, con un sorriso malefico sul volto.
“Oh sì!”, rispose lei, mentre Dmitri rideva e l’avvicinò, quasi a fare un abbraccio di gruppo.
“Benvenuta nel club, allora”.
 
“Dmitri…”, sbiascicò Ash, provando a sentire o vedere qualcosa, mentre ancora Joel le stava a fianco, difendendola da tutti gli attacchi che riceveva.
Sentì la voce di Joel che, da lontano, la calmava dicendo che sarebbe andato tutto bene, per poi deviare un colpo. Vide un incantesimo finirgli nel fianco, tagliandolo un pezzo di pelle e il sangue cominciò ad uscire.
Lei si sporse per vedere il danno ma lui le fermò le mani e provò a rimetterla nella posizione di prima, senza guardare la ferita che aveva appena ricevuto.
La situazione non sembrò cambiare per i successivi minuti, o almeno così sembrò ad Ash che, da  praticamente sdraiata, si perdeva tutta la battaglia e vedeva solo incantesimi evitati scontrarsi contro le pareti o sangue schizzare via.
Dopo un po’ riuscì a sentire le gambe, almeno per piegarle lentamente con la propria forza di volontà. Joel la stava ancora proteggendo e si alzò e attaccò qualcuno, mandandogli addosso il vento che gli circondava il braccio.
Ash sentì il corpo cadere a terra e sbatté di scatto le palpebre.
Si voltò verso il suo amico e provò a capire che le stesse dicendo. Ora sentiva dei brusii, ma sempre più pronunciati.
“…à… sh… no… lo…”, sentiva, senza trovare alcun senso a ciò che diceva. Poi la voce di Joel si fece più regolare, provocandole un grosso mal di testa. “Andrà tutto bene, Ash. Ce l’hanno quasi fatta, lo finiremo”.
Si portò le mani sulle orecchie e chiuse gli occhi, stringendoli tanto forte da farle male. Riusciva a sentire tutto ora, come sempre, ma il cambiamento le stava distruggendo il cervello.
Lui l’abbassò di scatto, stringendole la testa contro il suo petto. “Sta’ calma, sta’ calma”, le cantilenò leggero Joel, dondolandola per quel che poteva, mentre lei, con la coda dell’occhio notava davanti a loro una muraglia di soldati dell’Esis che la difendevano.
Ma sentiva comunque tutti i rumori della battaglia, anche se la voce di Namel si era completamente persa. Forse stava cedendo prima di quanto chiunque avesse immaginato.
Certo, com’era possibile che potesse resistere ad un esercito quando lei era riuscita a tenerlo occupato per così tanto tempo? La risposta era semplice: lei le serviva viva, a quanto pare, quindi per lui era solo stato un gioco divertente, in attesa del momento buono per prendere il suo sangue.
L’esercito invece era sotto completo attacco di un pazzo maniaco a cui non importava nulla di quante persone potesse far fuori.
“Non varresti un minuto contro di me se usassi la tua stessa raffica”, le aveva detto, quando lei aveva cercato di colpirlo disperatamente. E ora lui le stava dimostrando che aveva ragione.
“Ash, va tutto bene…”, la dondolò ancora un po’ Joel, mentre il suo cervello stava cominciando a sopportare meglio i rumori. “Sul serio, Ash, magari riusciamo a finire questa guerra”.
Ma lei sapeva che non era vero.
E bastò un secondo per capire che Ash aveva ragione.
Un soldato del muro che li copriva cadde a terra, come se fosse una statua di pietra, e  si scontrò contro al suolo, immobile e con gli occhi fissi sopra di lui, aperti e senza vita. Dietro di lui, con la mano ancora in avanti, c’era Namel che ringhiava contro di lei.
“Tornerò a prenderti, piccola stupida”, urlò, prima che nessuno potesse fare nulla. “E il tuo sangue mi renderà immortale”.
Detto questo, come era arrivato, se ne andò, lasciando tutti senza fiato.
 
Vicki si “risvegliò” quasi tramortita, senza ricordarsi dove diavolo fosse, cosa ci facesse lì e , soprattutto, che era successo.
Era in mezzo ad una sala mezza distrutta e, quando fece per voltarsi le venne un giramento di testa.
“Dovrebbe stare ferma. Per voi Incompleti certi incantesimi sono fin troppo difficili da sopportare”, le disse una voce, con un suono gentile. In un certo senso odiava essere così… inutile e indifesa. Così… Incompleta.
La voce si mostrò e Vicki riuscì a vedere un uomo sorridente, vestito con pantaloni scuri, un po’ larghi e con molte tasche, e con felpa sportiva. Sul torace aveva una cintura messa a tracolla con ogni tipo di pugnale e anche una pistola.
“Lei deve essere Vicki, la madre del piccolo Completo”, le sorrise di nuovo, come se fosse davvero contento di conoscerla. “Io sono Randy, Randy Miller. Dovrebbe essere davvero fiera di suo figlio”.
Lei sbatté le palpebre più volte. Piccolo Completo?
Che era successo a Devon? E da quando era un Completo?! Sia lei che Tomo erano semplici umani come tutti gli altri…
“Dov’è Devon?”, chiese con voce flebile mentre il soldato, Randy, l’aiutava a mettersi seduta senza troppi giramenti.
La sala era quella dell’asilo dove lavorava Ash, ma era completamente distrutta e con anche parecchio sangue in giro. Alcune pareti erano state sventrate e la segreteria era inesistente.
Come avrebbero riparato una cosa del genere senza chiamare la polizia?
“Le porto un viso amico, magari così si tranquillizza un po’”, disse Randy, mentre Vicki lo guardava confusa. L’uomo si allontanò e la lasciò lì da sola, a guardarsi in giro, circondata da tutti gli altri soldati. Ma perché era lì da sola?
“Secondo te ho combinato un bel casino?”.
Vicki sorrise e si voltò verso la voce, che riconobbe come quella di Ash, ma fu stupita da ciò che vide. Era vestita come al solito, ma i suoi abiti erano logori e insanguinati, bruciati sulle braccia e sporchi di terra.
Sotto i tagli dei vestiti, Vicki vedeva le ferite, e il volto della bionda era decorato da qualche livido, tra alcuni tagli. I capelli erano sempre biondi e blu, ma scompigliati e annodati.
“Bel look”, commentò solamente Vicki, quando Ash arrivò a sedersi di fianco a lei. “Ti fanno male?”.
Ash seguì lo sguardo della donna e capì che si riferiva il sangue che aveva addosso. “Non più del solito”.
Vicki fece una smorfia, guardandosi ancora in giro. “Che è successo, Ash? Non mi ricordo nulla e mi gira la testa in una maniera allucinante”.
La bionda sorrise, senza però un vero segno di allegria nel volto, e cominciò a raccontare. “Siamo stati attaccati dal pazzo che mi vuole morta… bè, non esattamente morta ma una cosa molto simile. Vi ha incantati per farvi stare fermi, per questo non ricordi nulla e stai così male: gli Incompleti non sono abbastanza resistenti per subire incantesimi. Se somministrati più volte possono anche causare la morte”.
“E le persone che sono arrivate per farci nascondere?”, ricordò Vicki, con un po’ di sofferenza nel riattivare i pochi ricordi che aveva.
“Edmund e Sorrow sono arrivati in tempo per portarvi via, anche se forse era meglio trascinarvi a casa”, commentò Ash, diventando improvvisamente triste. Si voltò e le mostrò la sala, dove dei soldati erano disposti a cerchio in due zone diverse. “Edmund è stato attaccato in modo grave, ma è solo svenuto. Una settimana al Lightness e si rimetterà, ne sono certa”.
Immaginando cosa Ash intendesse per il Lightness, Vicki le chiese qualcos’altro. “E Sorrow?”.
“Mi ha difesa… fino alla fine”, ammise Ash, abbassando la testa. “Lei è… Sammy è morta”.
“Mi dispiace”, cercò di consolarla Vicki, provando ad avvicinarsi. Ma appena si mosse, la biondina alzò il voltò e tirò su col naso, provando a fare un sorriso. Falso, ma almeno ci aveva provato.
“Ci siamo sempre odiate… o almeno così credevo. Però mi ha difesa… mi ha difesa a costo di venire uccisa con una maledizione che non avrei augurato a nessuno. Mai”, concluse Ash, sbattendo le ciglia più volte, provando a fermare le lacrime. “Ma non dispiacerti, non sei tu la causa”.
“E dopo che loro due non sono più riusciti ad aiutarti?”, chiese allora Vicki. “Come hai fatto a fare tutto da sola?”.
“Non ero da sola”, ammise Ash, stavolta sorridendo davvero. “Vieni con me”.
Le tese la mano, alzandosi in piedi e aiutando Vicki a fare lo stesso, facendola camminare in mezzo alla sala.
C’erano gruppetti di persone ovunque, e molte di loro aiutavano i più gravi a rimettersi in sesto. Alcune abbracciavano i compari e, pian piano, sembravano scomparire. I feriti erano molti, le perdite di sangue erano parecchie. I morti, Vicki, non li vedeva però.
Quando arrivò, con Ash, in una delle aule, dove la porta era stata abbattuta, vide i ragazzi e lasciò andare un sospiro di sollievo. Poi, in braccio a Joel, c’era Devon, che le sorrideva.
Tomo si alzò e  andò subito ad abbracciare la moglie, vedendo che stava bene; successivamente si aggiunsero anche Shannon e Jared, che la fecero dondolare, ridendo.
Dopo qualche dondolio, però, Vicki si staccò dal gruppo, che cominciò a parlare con Ash di come avrebbero potuto sistemare quel posto, e andò verso Joel, che provava ad intrattenere Devon.
“Guarda! Guarda chi c’è, Devon: la mamma!”, fece tante moine, cosicché il bambino si agitò ancora di più tra le sue braccia.
Vicki corse a prenderlo e se lo strinse al petto, sentendo le manine di Devon pizzicarle i capelli corti e poggiare la testa sul suo collo, sentendosi al sicuro.
“E’ stato bravissimo: un vero ometto”, continuò Joel, accarezzandogli la piccola schiena.
“Che è successo?”, chiese Vicki, cullando Devon tra le braccia, che intanto si era voltato e guardava il mago tutto allegro.
“Bè… è diventato a pieno quello che è”, le rispose Joel, ridendo dopo aver visto lo sguardo confuso di Vicki. “Suo figlio è un Completo, signora Milicevic. Può succedere che in alcuni dna Incompleti si formi il nostro filamento magico.
“La parte scioccante, ed è per questo che molti dei nostri soldati si sono schierati in sua difesa appena arrivati, è che lui sia il primo bambino a riuscire ad usare i propri poteri a soli quasi due anni di vita”.
“Come fate a saperlo? Che è capitato?”, ripeté la donna, felice e preoccupata nello stesso tempo di quella notizia. Per quanto speciale fosse, Devon non sarebbe mai stato un bambino ed un uomo normale. Non sarebbe mai stato come lei.
“Si è svegliato prima dall’incantesimo che affliggeva voi altri e non ne ha subito le conseguenza. Ma cosa più importante”, disse con un leggero orgoglio nella voce. “Ha difeso Ash. Per poco, ma ovviamente per le sue capacità è stato bravissimo”.
“Ha difeso Ash?”, si stupì Vicki, guardando poi suo figlio alzare il bracco e infiammarlo di luce dorata, come se fosse un piccolo sole. Si spaventò a morte, ma Joel sorrise.
“Ha il potere del Sole. Bello, luminoso… ma scottante”, le spiegò mentre Devon muoveva il braccio, facendo un po’ di luce ovunque. “E’ riuscito ad accecare Namel per il tempo necessario, almeno fin quando non siamo arrivati noi”.
“Lui… lui…”, balbettò Vicki, senza sapere più che dire.
“E’ un Completo. Uno di noi”, intervenne Ash, seguita dai ragazzi, che guardavano scioccati il piccolo tra le braccia di Vicki.
“Lo ucciderà? Lo cercherà ovunque come fa con te?!”, gridò la donna, facendo girare tutti verso di lei.
“Vicki, sta’ calma”, cercò di dirle Ash, senza risultati.
“Chi sei tu, Ash Connor?! Perché ti vuole così tanto?”, le domandò Vicki, fuori di sé, stringendosi contro Devon, che però provava ad avvicinarsi alla sua maestra.
“E’ una lunga storia… e per niente allegra”.
 
Erano ancora seduti in quella stanza, tra i piccoli banchi degli alunni dell’asilo. Joel, invece, era contro lo stipite di quella che una volta era stata la porta e controllava che non li sentisse nessuno o che non ci fossero emergenze.
Ash si stava torturando le mani, ma capiva che doveva parlare. Aveva tutti gli sguardi su di sé e Devon era al centro, come per darle coraggio. Vicki si era calmata, ma voleva comunque sapere.
“Mia madre e mio padre erano semplici Completi, come chiunque nella cittadina dove sono nata. Nacqui in casa, durante una giornata di neve e sole”, sorrise muovendo il braccio, per mostrare la sua magia. “Si dice che sia collegato alla tua nascita, questo potere, ma non ne sono totalmente certa”.
Tomo e Vicki cercarono di ricordare che tempo facesse alla nascita di Devon, ma in quel momento niente tornava alla loro mente.
“Per i miei primi cinque anni di vita tutto andò alla grande: ero una delle piccole pesti del villaggio, andavo al lago a giocare con il mio cagnolino, avevo un rapporto strano di amicizia barra antipatia con Edmund, mio padre mi insegnava alcuni trucchi e a volte andavo a trovare mia cugina”, spiegò Ash, sorridendo al ricordo di quel periodo nel quale ancora credeva di essere normale. “Ma poi le cose cambiarono: i miei genitori se ne andarono dal paese e mi lasciarono da mia zia, dove Jade, mia cugina, mi crebbe come una sorella minore.
“Ma lei aveva il mio stesso dannato amore per una cosa che le avrebbe ridotto la vita un inferno: gli scherzi. Con il suo gruppo di amici – Kate, Logan e William – organizzarono lo scherzo del secolo, sempre con la solita vittima. Dennis. Il mostro che ha appena ucciso Sorrow”.
“Perché lui?”, chiese Shannon.
“Perché prima era lo sfigato di turno, un facile obiettivo per scherzi più o meno innocenti. Peccato che quella volta il piano non aveva niente di innocente: rischiarono di ucciderlo… e molti credevano di averlo davvero visto morto”, continuò Ash, sistemandosi i capelli, nervosa. “Ma poi Kate morì, Logan fu trovato torturato e ucciso, e William sparì dalla circolazione come se non fosse mai nato.
“Sapevano tutti che era opera sua. E che l’avrebbe anche terminata: gli mancava solo Jade. Ma da Jade trovò me e decise che la vita di mia cugina non era abbastanza, voleva anche un premio.
“Così quando riuscii a salvarmi non ci vide più. La prese come faccenda oltre il personale e la sua voglia di vendetta crebbe. Con quella però nacque anche la sete di potere, e quindi venne ritenuto nemico di stato, da annientare”.
“Ma nessuno ci è ancora riuscito”, concluse Tomo, guardando suo figlio, che ciondolava allegro, come niente fosse.
“Vuole vostro figlio perché desidera tutto il potere di questo mondo, e per la maggior parte delle volte vuol dire anche voler eliminare gli Incompleti.
“Vostro figlio, anche se nato da Incompleti, porta con sé un potere così grande da poter essere ritenuto perfino il suo… secondo in comando, un’ icona da cui attingere. Il bambino perfetto della nostra civiltà”, Ash indicò Devon, che le sorrise. “Dovreste essere davvero fieri di lui”.
“Sono fiera di lui”, disse Vicki, prima che Tomo riuscisse a parlare e concordare con lei. “Ma ho solo paura che questo possa portarlo alla morte certa”.
“Lo difenderemo”, concluse Ash, seria. “Lui mi ha salvato la vita, anche se ha rischiato la sua. Ed ha solo un anno. Io ne ho venti… e devo ripagarlo come si deve”.
“Quindi ora che si fa?”, le chiese Joel, guardandola mentre Vicki prendeva in braccio Devon, stringendoselo ancora.
“Dov’è Edmund? Voglio portarlo al Lightness”, disse Ash e Joel le borbottò qualcosa, senza che la band e Vicki non capissero di cosa  stessero parlando.
Ash si alzò e uscì veloce dalla stanza, mentre i ragazzi si guardarono, stanchi. “Lo possiamo chiedere a te?”, chiese Shannon al mago, che era rimasto lì, zitto.
“Cosa?”, domandò Joel, capendo che il batterista stava parlando con lui.
“Ora che si fa?”, ripeté la sua domanda.
“Penso vi convenga tornare a casa e farvi una bella dormita”, disse l’agente. “Le vostre case sono state controllate poco fa e non c’è segno di pericolo. Non vi conosce, quindi non vi attaccherà”.
“Siete sicuri?”, chiese Tomo, preoccupato per la sua famiglia.
“Sì, certamente”, sorrise. “Andate a dormire, suonate, componete… fate quello che facevate di solito. Andrà tutto bene”.
“E Ash dove andrà?”, domandò Jared, cercando di capire dove fosse finita quella ragazza.
“Al nostro quartier generale”, rispose semplicemente Joel. “Lì sarà al sicuro: è controllato minuziosamente ventiquattro ore su ventiquattro e ormai lei è abituata a stare lì con noi. Non preoccupatevi”.
“Non le succederà nulla?”, chiese Shannon.
“No, a meno che un’orda di vampiri accaniti, accompagnati da licantropi e ippogrifi impazziti riescano a sfondare le porte e oltrepassare le guardie”, ridacchiò Joel, anche se fu l’unico. “Scusate, umorismo Completo. No, non le succederà nulla, ve lo posso garantire”.
“Ora dov’è andata?”, concluse Tomo con le domande, lasciando perdere la battuta di Joel.
“Wow, aveva ragione a dire che gli Incompleti si legano facilmente agli sconosciuti”, commentò Joel.
“Noi conosciamo Ash. Non magari nei particolari, ma la sua vita è in pericolo e a noi basta per volerla proteggere”, ribatté Vicki, provocando un sorriso da parte di Joel.
“Siete migliori di quanto noi Completi vi avremmo mai immaginati”, sussurrò, per poi andare avanti. “E comunque è andata all’ospedale. Lì hanno portato praticamente tre quarti di questo piccolo esercito… bè, anche Edmund è stato spostato al Lightness, quindi credo sia andata a trovare lui e Dean”.
“Chi è Dean?”, s’incuriosì Jared.
“Geloso?”, scoppiò a ridere Joel. “Dovresti chiederlo a lei, non sono affari che mi riguardano.
“Comunque, seguite il mio consiglio. Uscite da qui e filatevela immediatamente a casa… starete meglio dopo una bella dormita”
E detto questo se ne andò.
“Bene… e adesso chi cazzo è questo Dean?”, si intestardì Jared.
 
“Edmund Wayce”, comunicò Ash alla ragazza in sala.
“Oh, certo: secondo girone, stanza 40. Lei è…?”, la informò la donna, per poi annunciarla alla camera di Edmund.
“Ash Connor”, rispose Ash.
“La sta aspettando, signorina Connor”, le sorrise la ragazza, facendola innervosire.
Calmati, Ash, fa solo il suo lavoro, si disse la bionda, oltrepassando la sala e andando al secondo girone. Non male come posizione, pensava che fosse messo molto peggio.
Guardò i numeri delle camere e aspettò di arrivare alla numero 40, camminando tranquilla e guardandosi in giro, curiosa. Quando arrivò, aprì la porta ed entrò nella stanza, dove un dottore se ne stava andando.
Dopo uno scambio di battute di cortesia come “Buongiorno” o “Arrivederci” con l’uomo, Ash si ritrovò da sola con Edmund, sdraiato nel letto, con una fasciatura enorme sul petto.
Era limpida, segno che avevano già sistemato la ferita.
“Qualche giorno e ti faranno uscire di qui a calci”, commentò la maga, guardandolo con un sorriso. Quando qualcuno stava male non riusciva ad essere cattiva, anche se non era grave. In più, vederlo in quel modo, le ricordava i tempi in cui la sua strana mente le aveva fatto accettare di essere la sua ragazza.
“Così dicono”, rispose lui con lo stesso sorriso sulle labbra. “Oggi sei di buon umore mi dicono”.
“Solo perché sei qui dentro”. Ed ecco che Ash-la-stronza torna all’attacco!
“Grazie”, cominciò Edmund, senza alcun risentimento nella voce per colpa della battuta. “Insomma… non so nemmeno perché, ma grazie. Per tutto quello che fai: per aver deciso di combattere, di aiutarci, per avermi difeso…”.
“Edmund io ti ho cacciato mentre cercavi tu di difendere me”, sottolineò Ash, sorpresa. “Di cosa dovresti ringraziarmi? Per averti provocato quella stupida ferita?”.
“Andrà via presto, lo sai”, commentò lui. “Bè, comunque sappi che non è finita. Almeno non sono morto”.
“No, tu non sei morto”, s’intristì Ash, abbassando la testa e sbattendo le palpebre un paio di volte.
“Sorrow sarebbe stata fiera del tuo lavoro. Ti sei battuta alla grande”, cercò di consolarla il ragazzo.
“Lo spero… non avrei mai voluto che finisse così. Insomma… non la volevo morta”, provò a spiegarsi Ash, con poche parole.
“E nemmeno lei voleva davvero che tu morissi o sparissi. Alla fine ti conosceva da quando avevi… quanti? Cinque, forse sei anni! Ti voleva bene”, sorrise Edmund. “A modo suo, ma ti voleva bene”.
“E tu, Edmund?”, chiese Ash, alzando la testa. “Tu che cosa provi per me ora? Dopo tutto quello che ti ho fatto passare”.
“Lo sai”.
 


....
Note dell'autrice:
DA DAAAAAAAAAAAAAAAAN! Ehehe Edmund, lo sappiamo bene tutti. 
Bene, bo(?) in realtà non so che dirvi, credo che sia tutto chiaro e che vi sia piaciuto. Volevo solo dire che, visto che continuate a seguirmi sebbene in questo periodo sia stata una ritardataria allucinante, vi do un piccolo spoiler :D
...
...

“Ti hanno mai parlato prima di lei?”, domandò.
Ci pensò un attimo, quasi per ricordarsi di qualcosa, e mise l’indice sinistro contro le labbra. [...]
“No”, rispose Jo
.

 

...
...
Piaciuto?! Chi sarà mai Jo? 
Bah, lo scoprirete settimana prossima!
Bacioni a tutti, Ronnie
(E BUON INIZIO VACANZEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE)

   
 
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