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Autore: hummelssmythe    07/06/2013    8 recensioni
Quando perdi la persona per la quale batteva il tuo cuore, il mondo sembra fermarsi. (Su prompt di Rose92)
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Comunicazione: Questo messaggio sarà incollato in tutto ciò che posterò in questo fine settimana.
Siccome sono arrivata al punto in cui non ho scadenze e voglio soltanto scrivere quello che mi va quel giorno e in quel momento, ho pensato che non avesse più senso tenere cose inesplorate sul computer. Per questo posterò tutte le long fic e aggiornerò in base all’ispirazione. Spero che capiate il mio punto di vista, giacché io parto dall’idea base che, in ogni caso, nessuna delle mie long resterà incompleta. Non posso garantirvi più quando aggiornerò, ma le terminerò tutte per il semplice fatto che io stessa devo sapere che sono complete (ho un po’ di manie). Le storie saranno postate in italiano su EFP e LiveJournal e in inglese su LiveJournal e FF.net, così potrete scegliere voi come muovervi.
Ringrazio in anticipo chi sarà gentile a sufficienza da seguirmi nonostante questa premessa. Mi preoccuperò di linkarvi i PDF aggiornati sulla pagina di Facebook così che possiate rileggere quando vi va e non perdere troppo il filo.
 
Ship:Blaine/Kurt.
Rating:arancione.
Summary:Quando perdi la persona per la quale batteva il tuo cuore, il mondo sembra fermarsi.
Author’s Note:Questa long deriva da un prompt di Rose92 – alcuni di voi la conosceranno sicuramente per le fan fiction di Queer as Folk. So che la premessa non è delle migliori, ma ci tenevo a precisare che, come vi ho sempre detto, io sono per l’happy ending, e Rose sembrare essere d’accordo con me. Quindi non perdete la speranza. – xoxo RenoLover <3
Beta:Rose92.
Avvertimenti:menzioni di suicidio e credo che sia anche una fan fiction difficile da leggere se siete troppo sensibili all’angst. Stay far. Morte di personaggi principali sorry.
 
////
 
Prologo
 
Se c’era una cosa della quale Blaine era sempre stato certo, era che il destino gli aveva fatto incontrare Kurt.
 
Il suo ricordo di quelle scale della Dalton, il fatto che dovesse spiarli, che stesse male per la storia del bullismo, che avesse fermato proprio lui, tra tanti studenti, erano prove sufficienti del fatto che il loro incontro era stato deciso da una forza superiore.
 
In quel momento però, non aveva idea di quanto corretto fosse quel pensiero. Soprattutto, non conosceva i piani del destino come credeva.
 
Erano al supermercato del quartiere in cui avevano preso un piccolo appartamento, New York City, il primo insieme. Era tutto così nuovo: l’esperienza di dover trovare un nuovo lavoro per pagare l’affitto, il college, il caffè servito in tazzine piuttosto che in bicchieri di cartone. Perfino il profumo della Grande Mela era diverso.
 
Poggiò il mento sul palmo della propria mano, con il braccio fisso sul carrello e lo sguardo puntato su Kurt che stava ispezionando attentamente le calorie e le scadenze di tutto quello che lanciava nel carrello.
 
Blaine poteva chiaramente vedere in un futuro prossimo: riusciva a immaginare quella scena in una variante migliore. Poteva quasi già vedere l’anello al dito di Kurt, sulla sua mano sinistra, come se gliene avesse già regalato uno. Era un po’ come l’inevitabile in senso positivo: nulla avrebbe potuto separarli.
 
Avevano soltanto mosso neanche la metà dei passi lungo un sentiero di ciottoli che conduceva all’eternità insieme.
 
“Credi che questi siano buoni?” Kurt gli porse delle strane verdurine in scatola che Blaine non riusciva a distinguere.
 
Era così innamorato che stava guardando anche delle verdure con uno stupido sorriso incantato in volto.
 
“Possiamo assaggiarli.” Rispose allora, e Kurt lo guardò esasperato, come se non capisse come Blaine potesse pensare una cosa del genere. Non era uno sguardo cattivo, mai. Kurt non lo guardava mai con qualcosa di negativo riflesso in quelle bellissime iridi azzurre.
 
“Blaine, era una prova.” Gli fece, arricciando le labbra. “Avevamo deciso che dovevi ostacolarmi quando cadevo in tentazione, altrimenti finiremo per comprare tutto il supermercato!”
 
Blaine stava ancora tentando di capire come fosse possibile per lui stare a un patto del genere: ogni volta che Kurt voleva qualcosa, lui si scioglieva e cedeva immediatamente. Come avrebbe mai potuto dirgli di no?
 
“Stiamo facendo la spesa però.” Tentò di difendersi comunque. “Non si tratta di comprare vestiti o accessori.” Fece un po’ spallucce, come per incoraggiarlo a prendere quello che voleva. “Anche se immagino che forse lo shopping stia più in alto della spesa nella scala delle priorità.”
 
“Esattamente.” Concordò subito Kurt, mostrandogli un sorriso e sollevando le due scatolette che aveva tra le dita. “Ma non abbiamo ancora uno stipendio sicuro e vorrei che imparassimo già da ora a sapere moderare le spese.”
 
“E’ una questione di risparmi?” Chiese Blaine.
 
“E’ una questione di risparmi.” Ripeté Kurt, annuendo.
 
Era sempre così. Avevano quell’equilibrio armonico, ripetevano l’uno le frasi dell’altro. Non litigavano spesso, ma quando accadeva, riuscivano a ritrovarsi presto.
 
Alla fine, la ‘questione dei risparmi’ aveva avuto scarsi esiti e aveva ceduto a praticamente ogni piccolo vizio di Kurt. Si erano ritirati nel loro piccolo appartamento con buste piene zeppe e avevano giocato all’allegra famigliola mettendo tutto al suo posto.
 
Il cuore di Blaine era ricolmo della gioia di averlo accanto, la meravigliosa sensazione generata da quel futuro nascente che cominciava a mostrare i primi segni di sé. Tutto sembrava bellissimo, come se non esistesse modo di distruggere la loro piccola perfezione.
 
Eppure ci sono volte in cui il destino è così crudele che ti dona una gioia tale e la distrugge quando meno te lo aspetti.
 
///
 
Batté le palpebre pesanti con forza, cercando disperatamente di dare un senso a quello stato. Non aveva idea di dove si trovasse, come fosse finito lì, cosa stesse accadendo. Tutto era confuso nella sua mente e si riduceva a una serie di grida stridule, aride, che esplodevano nel suo cervello  e che non riusciva a distinguere perfettamente.
 
Quando la sua mente fu lucida a sufficiente da fargli realizzare a chi apparteneva quella voce, sentì un brivido lungo la schiena. Non poteva accadere davvero.
 
Per quale motivo Kurt stava strillando all’interno della sua testa?
 
“Blaine!?”
 
Quel flash veloce inviò una scossa lungo il suo corpo e, nonostante i suoi occhi fossero chiusi, Blaine era certo di star piangendo. Il dolore e la paura che stavano attraversando il suo corpo erano la sensazione più orribile che avesse mai provato: il sogno che s’infrange.
 
Delle immagini cominciarono a riempire la sua testa.
 
“Non mi va di andarci.” Kurt arricciò le labbra, mostrandogli una smorfia. “E’ giovedì, è la nostra serata cinema.” Si lamentò un po’. “Non possiamo saltare la nostra serata cinema per andare a una festa di un tizio che abbiamo conosciuto da così poco.”
 
Blaine sospirò un po’ e abbassò lo sguardo, caricando l’attacco occhi-da-cucciolo.
 
Quando rivolse quello sguardo a Kurt lo vide subito emettere un gemito frustrato alla visione. Dovette trattenere le risate perché era evidente che non riuscisse mai a resistere. Gli occhi da cucciolo vincevano sempre con Kurt.
 
Avrebbero sempre vinto.
 
“Okay, okay.”
 
L’allontanò dalla propria mente quasi per istinto, senza capire perché. I suoi occhi si aprirono definitivamente e cominciò a guardarsi intorno con un senso di angoscia che lo invadeva.
 
Subito si accorse del fatto che si trovava in una stanza d’ospedale, pareti di un azzurro chiaro, quasi bianco, a tinta unita, pallide e sbiadite. Il sole entrava da vetrate chiuse oltre le quali poteva vedere fuori un cielo azzurro.
 
A un tratto gli sembrò di capire un po’ di più gli ospedali.
 
La sua mente era annebbiata da qualcosa che ancora non capiva eppure quel pensiero sbocciò dentro di lui: fuori da quelle sottili pareti c’era la vita; dentro l’assuefazione dell’esistenza, briciole di morte e malattia. Tra quelle mura si lottava per arrivare a sentire il calore dei raggi della salvezza all’esterno.
 
Allora, per quale motivo era lì proprio quando la sua vita stava fiorendo?
 
“E’ così buio stasera.” Kurt mormorò, mentre teneva con forza le dita intorno al volante. Blaine lo trovava strano perché le mani di Kurt erano sempre morbide sullo sterzo, era così elegante mentre guidava; così perfetto, qualsiasi cosa facesse. “Per quale motivo un tipo che va alla NYU dovrebbe dare un party in periferia?” Chiese, continuando a guardare la strada. “E’ davvero deludente. Insomma, vivi a New York, in centro e dai un party in una strada desolata?”
 
Blaine ridacchiò un po’, riempiendo l’abitacolo con la sua voce felice. Non gli importava molto di dove fosse la festa. Voleva soltanto essere lì con Kurt e il motivo per il quale aveva insistito anche se il suo ragazzo non sembrava felice dell’idea, era che voleva provare la sensazione di cominciare a vivere anche gli eventi sociali insieme a lui.
 
Li avrebbe fatti sentire più adulti, come una coppia matura.
 
Sapeva che potevano esserlo.
 
Kurt e Blaine potevano essere qualsiasi cosa.
 
“Probabilmente voleva fuggire un po’ dal caos della città, sai com’è Jer.”
 
Kurt voltò un po’ la testa verso di lui, ridacchiando allo stesso modo, e tornando subito alla strada. Rilassò un po’ la schiena contro il sedile: finalmente stava cominciando a calmare l’ansia dovuta a quella strade buie.
 
“Oh, è ‘Jer’ ora?” Chiese, arricciando le labbra, da finto offeso. “Potrei considerare l’idea di essere geloso, sai?”
 
Blaine sorrise un po’ più teneramente allora, allungando una mano per raggiungere il collo della sua camicia, e osservò il modo in cui Kurt sembrò immediatamente fare le fusa, senza mai distrarsi, comunque dalla strada.
 
Le sue dita scivolarono dolci tra i capelli sul retro del suo collo, accarezzandoli come soltanto lui sapeva fare.
 
Vide un sorriso felice sbocciare sul volto di Kurt e pensò che fosse così che ci si sentiva quando si era innamorati.
 
Non avrebbe mai potuto amare nessun altro che non fosse Kurt, ma non ne aveva bisogno in fondo, giusto? Lui e Kurt erano legati per sempre e nulla avrebbe potuto mettersi tra loro, giusto?
 
Prima che potesse accorgersene, stava già imitando quel sorriso. Piccoli brividi di tiepida perfezione si mossero dentro di lui, battendo sotto la superficie della pelle del suo petto, invadendolo dall’interno.
 
Batté le palpebre lentamente, mentre una terrificante e spaventosa consapevolezza si diffondeva dentro di lui. Dovette istintivamente lottare le lacrime mentre i ricordi cominciavano a prendere forma dentro di lui, dettaglio per dettaglio.
 
Non poteva essere accaduto davvero.
 
“Non hai nulla di cui essere geloso.” Blaine poggiò la testa contro il sedile, accarezzandolo ancora mentre il suo sguardo tornava alla strada. “Non potrei guardare mai nessun altro uomo, non quando ho già il più talentuoso, bello, straordinario ragazzo che si possa avere.”
 
Non era una frase fatta.
 
Pensava sul serio ogni singola parola che stava pronunciando.
 
“Magari ora.” Rispose Kurt, ma c’era sempre qualcosa di scherzoso nel suo tono, come se non intendesse davvero quelle parole. “Magari tra qualche anno non la penserai più così, non credi?”
 
“Non credo proprio.” Sussurrò immediatamente Blaine convinto, senza tentennare un istante. “Penso che non smetterò mai di pensarla così. Voglio stare con te per sempre.”
 
Sentì un po’ di tensione attraversare la sua spina dorsale, come se non sapesse se fosse il momento giusto di pronunciare quelle parole, e deglutì nervosamente in attesa di una reazione che gli confermasse che non aveva esagerato.
 
Quando vide Kurt sorridere di nuovo, fu come una boccata d’aria.
 
“Volevo soltanto sentirtelo dire.” Sussurrò, evidentemente soddisfatto per quel colpo basso. “Starò sempre con te.”
 
“Sì,” confermò Blaine, lasciando che il brivido che gli stava attraversando schiena e spalle lo trasportasse nella sensazione di essere amato da lui, “anch’io starò sempre con te.”
 
Il calore che gli stava riempiendo momentaneamente il petto era molto simile a quello del ricordo e, nella stanza di quell’ospedale, Blaine sorrise per qualche secondo, all’immagine di un ‘sempre con te’ con Kurt.
 
Il sorriso appena sbocciato appassì subito quando qualcuno entrò nella stanza.
 
Blaine sollevò lo sguardo dal punto nel vuoto che stava fissando e guardò Rachel che entrava, occhi gonfi e arrossati, viso bagnato, e Finn alle sue spalle, con delle spaventose borse sotto gli occhi.
 
La visione fu sufficiente a farlo sentire come se stesse morendo.
 
“Prometti.” Kurt stava ridendo allegro, come se, in fondo, sapesse che non c’era bisogno di essere troppo seri; come se sapesse che Blaine sarebbe stato con lui in eterno, senza che ci fosse bisogno di promettere.
 
“Pro-”
 
La risposta immediata di Blaine fu interrotta da una leggera sbandata in curva e riuscì appena a sentire uno schianto forte che fece scoppiare il panico nella sua testa  e lungo tutto il suo corpo.
 
L’ultima cosa che vide fu il braccio di Kurt, protesto verso di lui, che tentava vanamente di proteggerlo.
 
Non appena quel flash colpì la sua mente, facendolo barcollare, Blaine sentì anche i propri occhi riempirsi di lacrime.
 
Aprì la bocca – mentre Finn e Rachel si avvicinavano lenti e silenziosi al suo lettino – ma la sua gola era così secca che non riusciva a parlare.
 
Batté appena le palpebre e c’era già una lacrima che stava rigando il suo viso, il corpo invaso da un dolore che si forte che era certo di non averlo mai provato prima. Faceva più male di qualsiasi altra cosa, soprattutto mentre vedeva Rachel piangere e Finn trattenersi per non farlo davanti a lui.
 
Era tutto così evidente …
 
Si schiarì la gola, chiudendo gli occhi e lasciando che il suo volto fosse coperto dai piccoli ruscelli di morte che stavano inumidendo le sue guance, e poi li aprì di nuovo, guardando per qualche secondo l’uno, poi l’altra.
 
Rachel era sconvolto, Finn non di meno.
 
“Do-… Dove’è Kurt?”
 
Il silenzio.
 
Il silenzio era la cosa più vicina alla morte che Blaine conoscesse in quel momento.
 
Probabilmente era la cosa più vicina alla morte che Blaine avrebbe mai conosciuto.
 
La risposta che tardava ad arrivare poteva significare una sola cosa.
 
“D-Dov’è Kurt?” Chiese di nuovo.
 
Un’altra lacrima.
 
Non poteva star accadendo davvero, non a loro, non a loro che avevano tutto da vivere insieme, in eterno.
 
Sempre con te.
 
“Dove …” Mormorò, ma fu così debole che non riuscì neanche a terminare la frase. Abbassò lo sguardo, fissando le lenzuola bianche poggiate sul suo grembo.
 
Doveva essere un incubo.
 
Era sicuramente un incubo, anzi, e presto si sarebbe svegliato per poi scoprire che Kurt era accanto a lui.
 
Kurt era sempre stato accanto a lui, com’era possibile che cambiasse tutto?
 
Eranofatti per stare insieme per sempre, no? Quindi nessun destino sarebbe stato così crudele da separarli, giusto?
 
Sollevò una mano, portandosela davanti agli occhi, e fissando i suoi polpastrelli: si sentì morire quando gli sembrò di poter sentire ancora i capelli morbidi di Kurt che si muovevano sotto le sue dita.
 
Dovevaessere un incubo.
 
‘Andrà tutto bene.’ S’incoraggiò mentalmente. ‘Kurt sta bene. Non è successo nulla.’
 
Non era così.
 
Se ne sarebbe accorto molto presto, quando avrebbe passato le ore successive a piangere, gridare, stringersi al proprio corpo con gli occhi consumati, maledicendo la stupida emorragia che lo aveva ucciso mentre arrivavano i soccorsi.
 
La magia era stata spezzata.
 
Il mondo aveva avuto la crudeltà di distruggere un legame perfetto di solo amore, di distruggere tutto quello che avevano e che nessun altro avrebbe mai avuto.
 
Una metà del tutto non era lì, non più, quindi l’altra metà non aveva ragione per vivere.
 
Se soltanto avesse saputo prima che quella sarebbe stata la loro ultima sera insieme …
 
Se avesse saputo che quello che si erano scambiati prima di salire in macchina sarebbe stato l’ultimo bacio, avrebbe tenuto le dita strette tra i capelli di Kurt e avrebbe fatto sì che durasse di più.
 
Se avesse saputo che quella sarebbe stato l’ultima volta in cui avrebbe visto i suoi occhi luccicanti di quella gioia così innocente e spontanea che apparteneva soltanto a lui, li avrebbe fissati con più attenzione.
 
Se avesse saputo che sarebbe stata l’ultima volta in cui le loro pelli si sarebbero toccate, lo avrebbe abbracciato e stretto a sé, sentendo il suo bellissimo profumo, per impedirgli di muoversi, per trattenerlo lì e salvarlo.
 
Invece non lo sapeva.
 
Non avrebbe mai potuto saperlo, non avrebbe mai potuto prevederlo.
 
Loro erano perfetti.
 
Perfetti.
 
///
 
Il cibo aveva perso ogni sapore.
 
L’acqua non lo dissetava.
 
Perfino l’aria sembrava più irrespirabile.
 
Era passata una settimana stentata dall’incidente e due giorni da quando Blaine Anderson era tornato nell’appartamento di New York che era diventato vuoto senza una metà del loro tutto. Nulla si era smosso dentro di lui perché non c’era più nulla da smuovere.
 
Morto, era così che si sentiva, proprio come Kurt; come se volando via, avesse portato anche lui con sé.
 
Ma non era così.
 
Blaine avrebbe preferito che lo fosse comunque.
 
Sapeva perfettamente che giorno era oggi, ma fingeva di non pensarci. Il solo pensiero lo avrebbe riportato alla realtà che Kurt non era più vivo.
 
Kurt era morto.
 
Kurt non avrebbe più parlato, riso, pianto.
 
Kurt non lo avrebbe più baciato, né rimproverato.
 
Premette con forza le gambe al petto, guardando con lo sguardo sfumato dalle lacrime lo schermo della televisione: non aveva idea di cosa stesse guardando, seduto su quel divano. Del resto, tutto era diventato pura indifferenza per lui. Non importava più.
 
Il cellulare sul suo comodino stava suonando da una mezz’ora, diverse chiamate che lui non aveva neanche intenzione di verificare.
 
Chiunque lo stesse chiamato, non poteva essere comunque Kurt, quindi non doveva avere tutta questa importanza, forse, giusto?
 
Eppure il telefono continuava a squillare e girò la testa per guardare lo schermo illuminato. Forse si trattava di una telefonata collegata al fatto che fosse oggi, semplicemente.
 
Gattonò lento sul divano, fino a raggiungere il comodino e prese il cellulare tra le dita per guardare lo schermo, sperando che i suoi occhi riuscissero almeno a leggere il nome.
 
Santana Lopez.
 
Guardò il display privo di qualsiasi tipo di emozione, con l’indifferenza che cresceva dentro di lui fino a consumarlo, e premette il testo per rispondere. Magari poi lo avrebbero lasciato in pace e avrebbero smesso di telefonargli una volta per tutte.
 
“Pronto?” Rispose debolmente, portandosi il cellulare all’orecchio con lentezza e esitazione.
 
Anderson? Dove diavolo sei?” La voce della Lopez non fu comunque gentile. Non si lasciava proprio intimidire da nulla. “Manchi soltanto tu ed è tardi-
 
“Non vengo.” Rispose Blaine, interrompendola prima che potesse far partire la sua solita sfilza di parole crudeli.
 
Cosa?” Chiese Santana, apparentemente sconvolta.
 
“Non vengo.” Ripeté lui, con lo stesso tono piatto e freddo di poco prima.
 
La ragazza dall’altro capo del telefono rimase in silenzio, come se non sapesse neanche più cosa dire dopo aver sentito quelle parole. Blaine non capiva per quale motivo comunque, dal suo punto di vista era tutto così dannatamente chiaro ed evidente.
 
Dovresti.” Riprese a parlare la Lopez, ma il suo tono di voce testimoniava che non era sicura di quello che stava dicendo. “Sei andato avanti così velocemente, Blaine? E’ Kurt, pensavo che lo amassi, che vi amaste.
 
Blaine sorrise un po’ amaramente allora, perché, certo, non poteva capire.
 
Chi meglio di lui sapeva quanto sia amassero?
 
“E’ esattamente per questo che non ho intenzione di venire.” Sussurrò, debole e sofferente, senza mai togliersi quel sorriso dalle labbra. “Kurt non è andato via. Non voglio guardare mentre il suo corpo viene seppellito sotto terra.”
 
Ancora una volta, ottenne come risposta il silenzio.
 
Beh, almeno significava che Santana si rendeva un po’ conto di quello che stava dicendo. Nessuno soffriva come lui, nessuno aveva amato – amava – Kurt come lo amava lui. Avrebbe continuato ad amarlo, in eterno, fino all’ultimo giorno della sua esistenza, se mai fosse riuscito quantomeno a capacitarsi del fatto che non fosse più lì.
 
Il vuoto che aveva lasciato dentro di lui era un abisso pronto a risucchiarlo, ma lui non aveva intenzione di opporsi: come poteva volerlo fare quando il dolore era l’unica cosa reale che gli restava di Kurt? La prova del fatto che vivesse ancora dentro di lui.
 
Alla fine, sentì un sospiro lungo provenire dal cellulare.
 
Sei messo proprio male, eh?” Chiese Santana.
 
Blaine avrebbe voluto domandarle ‘tu che ne pensi?’. Il modo in cui si sentiva era totalmente naturale: non avrebbe mai accettato che il destino gli avesse portato via il più importante pezzo di sé. Sentiva una fitta dolorosa al petto ogni singola volta in cui Kurt veniva perfino nominato ed era un po’ come morire con lui.
 
Morire con lui.
 
“Starò bene.” Sussurrò debolmente Blaine, mentre quell’idea si faceva spazio dentro di lui e la sua gola era di nuovo secca a quel pensiero. “Starò bene presto, non dovete preoccuparvi per me.”
 
La sua voce dovette suonare piuttosto oscura alle orecchie della Lopez.
 
Ne sei sicuro?” Chiese, infatti, e questa volta Blaine poté sentire una nota di preoccupazione sincera nella sua voce. Non che importasse molto. Nessuno poteva capire cosa provava; nessuno. “Perché non mi sembra la voce di una persona che sta bene, starà bene o possa star bene in qualsiasi modo.
 
“Grazie, Santana.” Sussurrò Blaine. “Ma non credo di dovere delle spiegazioni a te in questo momento. Avete pensato anche soltanto per un secondo a come sarebbe per me?” Domandò, incapace di trattenere la voce dallo spezzarsi verso la fine della frase. “O avete pensato semplicemente che fosse una cerimonia, che … che sia maleducato non presentarsi come se fosse una festa di compleanno.”
 
Blaine …” La voce della Lopez suonò sincera e forse anche un po’ pentita, come Blaine non l’aveva mai sentita. “Mi dispiace tanto.
 
Blaine sorrise amaramente e fece spallucce a se stesso.
 
“Non importa.” Mormorò, poggiando la testa indietro sul divano. “Dispiacerà sempre di più a me.”
 
Quando il silenzio dall’altro lato del telefono gli fece capire che non ci sarebbe stata una risposta, quindi staccò la chiamata. Non aveva più senso continuare, non aveva più senso sprecare la sua voce se non c’era Kurt a sentirla.
 
Poggiò il cellulare sul divano e tornò a fissare lo schermo.
 
Lentamente si rilassò, tornando a quello stato di annichilimento. Era tutto quello che voleva fare, stare lì a pensare a loro, a lui. Inspirò ed espirò, sentendo nuovamente le lacrime fiorire ai bordi dei suoi occhi. Era naturale che fosse così, non poteva esistere senza di lui.
 
Quell’appartamento sapeva ancora di tutto quello che erano stati, di tutto ciò che erano, poteva ancora sentire il suo profumo, e qualche volta perfino il fantasma delle sue dita sulla pelle.
 
Alcuni giorni, era come se Kurt non fosse mai morto, come se fosse lì, accanto a lui, come se in quel momento stesse semplicemente guardando la tv, seduto con il fianco che sfiorava il suo su quel divano, vicini e innamorati.
 
Non era più così però.
 
Non era lì e non sarebbe stato lì mai più.
 
Il vuoto che provava dentro non sarebbe mai stato rimpiazzato da nulla o da nessuno.
 
La sapeva già, quindi che senso aveva provare a rendere tutto meglio?
 
Non sarebbe mai stato meglio, non senza di lui.
 
Il flash che illuminò la sua mente mentre si ripeteva quelle parole lo fece perfino sorridere un po’. Probabilmente, la sua unica soluzione era quella: se non poteva vivere una vita senza Kurt, che senso aveva continuare a respirare?
 
Non ci sarebbe comunque stato modo di colmare il vuoto che aveva dentro. Non era possibile, allora perché non semplificare tutto e porre fine a quelle sofferenze?
 
C’era una piccola disperata luce dentro di lui che brillava di una speranza assurda. Ormai abbattuto, privo di ogni possibilità di ritrovare il suo amore in terra, stava cominciando a pensare di poterlo trovare tra i cieli.
 
E se Kurt fosse stato lì, nascosto tra le nuvole, in attesa di lui?
 
Il suo petto si ritrovò a esplodere a quella possibilità ed era così perso in quel pensiero che non si rendeva neanche conto dell’assurdità della cosa, dei rischi che comportasse. In quel momento non gli importava neanche della propria vita quindi, probabilmente, non gli sarebbe neanche importato metterla a rischio.
 
Era per una giusta causa.
 
Era per Kurt, come ogni singola cosa che aveva sempre fatto dal momento in cui lo aveva conosciuto su quelle scale alla Dalton.
 
La Dalton.
 
Si spostò immediatamente dal divano allora, certo del fatto che quello fosse il movimento più rapido da quando si era risvegliato in ospedale dallo stato d’incoscienza. Raggiunse rapidamente la scrivania nella propria camera e sollevò lo schermo del portatile.
 
Aveva una meta ora e, soprattutto, sapeva cosa doveva fare: un aereo per Lima e una breve visita a suo padre. Aveva già in mente la stanza giusta ed era quasi certo che le lacrime che stavano fiorendo agli angoli dei suoi occhi fossero di gioia e non di paura.
 
O forse no.
 
Non era stabile mentalmente ed emotivamente in quel momento.
 
Doveva soltanto prenotare il suo ultimo volo.
 
Un volo per Lima, Ohio.
 
L’ultima volta che sarebbe stato lì.
 
///
 
I paesaggi fuori dal finestrino dell’aereo non erano più belli come una volta ai suoi occhi. Ricordava che tutte le volte che aveva viaggiato in aereo, aveva sempre pensato che fosse un modo tutto nuovo e bellissimo, di vedere il mondo da una prospettiva diversa. Quando volava si sentiva leggero e felice, probabilmente perché era sospeso a mezz’aria ed era la sensazione più liberatoria che si potesse provare.
 
O almeno, era stata tale, fino a un paio di settimane prima.
 
In quel momento, mentre volava verso Lima, tutto quello che Blaine provava era un’angosciante senso di tristezza, flebile e profondo allo stesso tempo. Si trattava dello stesso sentimento che lo aveva invaso fin dal primo momento in cui aveva capito che Kurt non sarebbe stato mai più al suo fianco, ma c’era qualcosa di nuovo che si aggiungeva a quella sensazione.
 
La sua meta sarebbe anche stata la fine di un viaggio che si stava protraendo oltre il possibile.
 
Ricordava ancora come si era sentito quel giorno, la prima volta che aveva visto Kurt su quelle scale, il suo viso bellissimo, la sua voce unica, la sua esitazione e il suo buffissimo tentativo di non farsi riconoscere in quanto spia (una fitta attraversò il suo petto perché quella era la parte che amava più di Kurt, il suo Kurt, il modo in cui lo aveva sempre fatto sorridere).
 
Ricordava che quello era stato l’inizio di tutto e la cosa migliore era che fosse anche la fine.
 
Lo avrebbe fatto alla Dalton, lo avrebbe fatto nella sala che custodiva il più bello dei ricordi.
 
Si sarebbe tolto la vita.
 
O, almeno, quello che ne restava.
 
La verità era che la sua vita era già volata via due settimane prima, insieme a Kurt.
 

   
 
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