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Autore: Thefoolfan    07/06/2013    8 recensioni
AU. Sequel della fanfiction "La loro storia" in cui si ripercorrerà quanto accaduto a i nostri protagonisti e ai loro compari in un arco temporale che si aggira attorno all'anno successivo dalla conclusione del prequel
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Le storie di una vita'
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Castle aprì gli occhi lentamente, quasi si fosse appena risvegliato da un lungo sonno, da un sogno magnifico che a fatica riusciva a credere reale. Rimase con la testa appoggiata al cuscino, facendo scorrere le iridi sulle quattro pareti della stanza. Il colore bianco di quelle facevano risaltare con forza i mobili in mogano che abbellivano l'ambiente mentre quei quadri appesi, fotocopie sbiadite di opere più famose, lo facevano sorridere a causa di quel tentativo pacchiano di dare un certo tono alla camera. Cominciando a provare un leggero capogiro alla testa si sollevò sui gomiti muovendo il collo prima a destra e poi a sinistra, sentendo le ossa scricchiolarli dolorosamente, il lungo viaggio in aereo aveva messo a dura prova sia la sua spina dorsale che la sua pazienza. Sentì al suo fianco un leggero fruscio, lo sfregare delicato di un corpo contro le soffici lenzuola, e con occhi adoranti si voltò verso la donna che gli dormiva beatamente accanto. Sua moglie pensò con un sorriso spontaneo che gli si creò sulle labbra. Beckett era girata su un lato, con una mano sotto la testa e con l'altra allungata verso Castle, cercando anche nel sonno un contatto fisico con l'uomo. Il detective le scostò una ciocca di capelli da davanti al viso cosi da poterlo osservare meglio, cosi rilassato come difficilmente riusciva a vederlo durante le lunghe giornate passate al distretto. Le accarezzò la fronte liscia e morbida, facendo scorrere poi un dito lungo lo zigomo e la mascella sospirando compiaciuto. Scostò lentamente le lenzuola dal suo corpo, senza staccare le iridi dalla donna per esser certo di non disturbarla, e sceso dal letto strizzò gli occhi quando lo sentì cigolare sotto il suo peso. Beckett si mosse ma non si svegliò dando modo a Castle di finire ciò che aveva iniziato. Si ritrovò in piedi, a torso nudo con indosso solo un paio di boxer, con su disegnati manette e distintivo, che Jenny e Lanie scherzosamente gli avevano dato come regalo di nozze. Certo l'aveva apprezzato, a lui quelle cose strane erano sempre piaciute, ma di certo aveva preferito il regalo che le due donne avevano fatto a Beckett. Quella biancheria sexy che ora giaceva contro lo stipite della porta dove lui l'aveva gettata durante il corso della notte. Alzò le braccia al cielo ed emise un lungo lamento prima di uscire dalla stanza ritrovandosi in un ampio salone. Camminò sul freddo parquet, lasciando su di esso le proprie impronte, che veloci come si erano formate svanirono ad ogni suo passo successivo, toccando distrattamente con i polpastrelli il ruvido copridivano azzurro sulla quale ancora giacevano gli asciugamani umidi usati in spiaggia quel pomeriggio. Arrivò davanti ad una vetrata e si fermò ad osservare il suo riflesso che si andava a confondere con il paesaggio all'esterno. Alitò contro l'immacolato vetro, formando un piccolo rettangolo dentro il quale disegnò istintivamente un cuore. Andò poi ad aprire la porta scorrevole per ritrovarsi sul balcone rialzato di pochi centimetri da terra. La brezza notturna e il rumore del mare a pochi passi dalla casa rendevano quella notte perfetta. L'uomo si voltò versò la stanza dove Beckett ancora dormiva e socchiuse la porta prima di scendere quei pochi scalini in legno che lo dividevano dalla spiaggia. La sabbia fredda sotto i piedi gli fece solletico ma lui prosegui incurante, nonostante fosse settembre le temperature in quella zona erano ancora alte perciò poteva permettersi di avventurarsi all'esterno solo con i boxer. Si fermò a pochi metri dall'acqua blu come la notte, sedendosi sul bagnasciuga ad osservare il profilo scuro delle onde infrangersi contro alcuni scogli lontani, di cui avvertiva la presenza solo grazie al suono del mare stesso. Con le dita della mano destra andò a toccare la fede che per più di un istante gli dette il dubbio di esser mutato, di aver subito una metamorfosi che l'aveva trasformato in un altro essere che conosceva solo in superficie. Si distese sulla fine sabbia, portando le braccia dietro la testa cosi da tenerla leggermente sollevata mentre, rapito, osservava la volta celeste sopra di se, contemplando la facilità con cui poteva distinguere le varie costellazioni, cosa impensabile da fare a New York a causa delle luci della città che coprivano quelle più flebili delle stelle. Studiando quel cielo immobile solo agli occhi si ritrovò a pensare alle promesse che aveva fatto nella sua vita, molte si stupì sogghignando, quasi tutte per questioni di lavoro, notò con un certo disappunto. Aveva promesso a famiglie di liberare le persone a loro care, ai suoi capi di catturare pericolosi assassini, ai colleghi di proteggere sempre loro le spalle, ma solo una piccola parte di quelle erano state dedicate però alla famiglia, constatò abbassando lo sguardo. L'unica cosa che gli diede un qualche sollievo fu il fatto che tali promesse le aveva sempre fatte con il cuore, nulla gli risultava più importante che il non deludere i propri famigliari. Una promessa in particolare si fece strada tra le altre, affiorandogli alla mente come il più dolce dei ricordi. Quel “lo voglio” detto cosi a cuor leggero ma con l'anima pesante gli riecheggiava ancora nella testa quasi come se lo stesse rivivendo quel momento, se fossero soltanto quei secondi della sua vita a continuare a ripetersi davanti ai suoi occhi. La promessa più semplice e più sofferta che avesse mai fatto e quell'anello gliel'avrebbe ricordato prepotentemente ogni giorno.

 “Ah cara luna quanto ti invidio”. Disse ad alta voce sapendo di non poter esser sentito da nessuno, cominciando cosi quel discorso con la sua improbabile interlocutrice, scrutando quella sfera luminosa che gli sembrò avvicinarsi a lui, quasi attratta, incuriosita, dalle sue parole.

 “Tu te ne stai li senza preoccupazioni mentre noi comuni mortali ci struggiamo ogni giorno”. Enunciò sistemandosi meglio sulla sabbia, piegando un ginocchio e chiudendo gli occhi non disdegnando la possibilità di addormentarsi cullato dal rumore del mare.

 “Trascinando i nostri corpi alla ricerca di quella perfezione utopistica che, ad ogni passo che facciamo, si allontana sempre di più, sgretolandosi tra le nostre dita”. Calò ancora il silenzio intorno a Castle, alle cui orecchie giungeva solo il proprio respiro ritmato, mischiato al fruscio soffice delle sue dita che affondava nella sabbia umida.

 “Eppure..”. Parlò ad un tratto sollevando le palpebre, osservando per alcuni secondi la luna, prima di abbassare di nuovo lo sguardo, con un espressione triste e pensierosa sul volto. Si massaggiò la nuca scavando un buco con il tallone del piede, premendo sempre con più forza, scrutando con la coda dell'occhio la casa che si ergeva a diversi metri da lui, ancora buia, ancora addormentata.

 “Eppure nemmeno tu sei perfetta non è cosi?”. Domandò verso il cielo osservandolo con la stessa intensità che metteva quando interrogava un indiziato, attendendo quella risposta che sapeva bene non sarebbe mai giunta.

 “Non sei altro che una mera illusione”. Sussurrò seccato questa volta Castle avendo paura che le sue parole potessero esser sentite da qualcuno, che potesse essere considerato pazzo per ciò che stava facendo, per ciò che stava dicendo.

 “Una sfera nel cielo che forse non noteremmo nemmeno se non fosse per il sole.”. Il detective si sollevò da terra sentendo la sabbia staccarsi dalla propria pelle, togliendo i rimasugli con le mani mentre i piccoli granelli gli graffiavano la schiena.

 “Se il sole non ti donasse la sua luce tu nemmeno esisteresti”. Affermò con decisione alzando anche l'altra gamba, posando entrambe le braccia sulle ginocchia, incrociandole una sull'altra cosi da creare un sostegno per il mento, guardando le onde d'innanzi a lui che pigramente andavano a porre fine alla loro esistenza, riprendendo subito dopo il loro ciclo infinito. Quelle parole gli facevano male perchè sapeva essere rivolte a se stesso, quel pensiero che non voleva esternare, che lo faceva sentire più piccolo di quella sabbia che lo circondava. 

“Se non ci fosse tu saresti il nulla”. Deglutì quel peso che si sentì in gola, rigettando quelle paure intorno al suo cuore mentre rimaneva incantato nell'osservare la fede brillare sotto i raggi della luna.

 “Ma per fortuna il sole non ti abbandona mai, ti segue passo dopo passo”. Sorrise Castle coprendosi la bocca con la mano, scrollando il capo sentendo il proprio battito accelerare.

 “Sempre li, a donarti la sua luce. Sempre”. Posò entrambe le mani a terra dandosi cosi la spinta per sollevarsi, le sbattè una contro l'altra per togliersi la sabbia e poi scrollò le gambe per fare lo stesso. In quel momento Castle aveva solo voglia di strapparsi via quella parte di lui che ancora dubitava, voleva metterla a tacere e allora corse, corse più veloce che potè verso il mare. Saltò le prime onde mentre il corpo protestava all'idea di un bagno in quell'acqua fredda, a quell'ora della notte, ma il detective non gli diede ascolto e proseguì fino a tuffarsi.

 

Uscì dall'acqua diversi minuti dopo, certo di trovare Beckett sul bagnasciuga ad aspettarlo, a rimproverarlo per quella sua sparizione improvvisa, ma rimase deluso quando non la vide. La cercò, ipotizzando che si fosse incamminata verso il pontile alla sua ricerca, ma le uniche impronte sulla sabbia erano le sue. Stava ancora dormendo pensò tra se e se riprendendo la strada che conduceva alla casa. Scrollò vigorosamente il capo cosi da far andare in tutte le direzioni le goccioline d'acqua, piegando poi il collo da un lato e poi da un altro, battendo il palmo della mano contro un orecchio per far uscire l'acqua che intasava l'altro. Quando fu soddisfatto salì i diversi scalini, sbattendo i piedi per liberarli dalla sabbia appiccicatasi alla pelle, pronto ad allungare una mano verso la porta scorrevole quando vide il suo profilo. Beckett era seduta su di uno sdraio, con le gambe allungate e appoggiate sulla ringhiera del balcone, protetta dalla brezza notturna solo da una leggera camicia da notte che a mala pena le copriva le cosce mentre nelle mani posate sul grembo teneva stretta una tazza.

 “Sei qui da tanto?”. Domandò colpevole Castle andandosi a mettere di fronte a lei, accanto ai suoi piedi, portando le mani dietro alla schiena cosi da appoggiare i palmi sulla ringhiera, sollevando le spalle e infossando la testa tra quelle.

 La detective solo allora andò a guardarlo, distogliendo lo sguardo dalla tazza colma di thè che si era preparata appena svegliatasi. “Da un pò”. Rispose inclinando leggermente il capo facendo spallucce. “Da ancora prima che ti sdraiassi la al freddo invece di startene disteso al caldo nel nostro letto”. Disse la donna cercando con gli occhi quel punto occupato poco prima dal marito, non trattenendosi troppo dal far trasparire nelle sue parole il proprio disappunto.

 Quella frecciatina non passò inosservata a Castle che sapeva ben di meritarsela, di certo non era quello il modo in cui i due avevano pensato di passare quelle notti di assoluta solitudine.

 “Avevo bisogno di prendere un po' d'aria”. Asserì afferrando un altra sedia cosi da potersi sedere anche lui, prendendo poi delicatamente i piedi della donna e posarseli sulle proprie gambe, massaggiandoglieli per farsi perdonare.

 “Potevi raggiungermi”. Constatò lui sogghignando, facendo scorrere il pollice sulla pianta del piede della moglie applicandovi una leggera pressione, intenzionato a farle il solletico. Quando alle sue orecchie non giunse nessun suono alzò gli occhi in direzione della detective non riuscendo a vedere la sua reazione a causa della tazza che le copriva la bocca. Beckett bevve lentamente il thè, dandosi tempo per pensare a una risposta adeguata 

“Avevi bisogno di star da solo”. Ribatte lei sapendo ormai per esperienza che quei comportamenti del marito erano dovuti a suoi tormenti personali alle quali poteva partecipare solo quando Castle stesso glielo permetteva. “Ti sarei stata solo d''intralcio”. Aggiunse ferita Beckett guardandolo e serrando le labbra nel contempo.

 “Questo mai”. Fu la risposta immediata e decisa di Castle, che aumentò senza accorgersene la presa sui piedi della donna che si lamentò, sollevandosi di qualche centimetro dalla sedia mosso da un impeto improvviso che placò all'istante.

 “Scusa”. Disse riprendendo il massaggio. “é che non posso sempre assillarti con le mie paranoie facendo passare in secondo piano i tuoi desideri”. Confessò prendendo a far scorrere le mani sul collo del piede e sulla caviglia di Beckett. 

“L'unica cosa che desidero è renderti felice”. Castle pensò che se Beckett voleva far sorgere in lui ulteriori sensi di colpa era riuscita in pieno nella sua missione. Si guardò attorno alla ricerca di un appiglio, di una qualunque cosa che potesse salvarlo ma era completamente solo, o meglio sarebbe stato solo se non avesse avuto quella donna li con lui.

 “Lo fai, ogni giorno, ogni ora”. Puntualizzò bagnandosi le labbra. Castle indietreggiò col capo inspirando a pieni polmoni, lasciando che l'aria fredda gli bruciasse il petto. Sentiva sulla pelle gli occhi verdi di Beckett, instancabili, sempre in movimento per capire dall'espressione del suo interlocutore ciò che la voce non voleva confessare. “Ieri pomeriggio, quando sono andato a far la doccia prima di uscire a cena, mi sono tolto la fede perchè ero terrorizzato dall'idea che mi potesse cadere, che potessi perderla in qualche modo”. Raccontò riportando su di se l'attenzione della donna, sentendosi in dovere di esternare i propri pensieri. 

“Cosi l'ho appoggiata sul davanzale della finestra guardandola ogni tre secondi per esser certo che non si fosse mossa”. Scrollò il capo sfregandosi un occhio che cominciava a risentire del fastidio provocato dall'acqua salata. “Quando ho finito mi sono guardato allo specchio e non mi sono riconosciuto”. Il detective fece ricadere il capo in avanti, massaggiandosi con vigore il collo nella speranza che la donna lo capisse.

 “Senza quest'anello”. Disse mostrando la mano sinistra a Beckett voltandola poi verso di lui cosi da guardare la fede. “Sono nessuno Kate e mi fa paura”. Castle si passò una mano nei capelli bagnati, inarcando la schiena quando sentì le gocce fredde scendergli lungo la spina dorsale provocandogli un inaspettato tremore.

 “Non la paura di non esser ricordato, di essere uno dei tanti, ma il terrore di essere nessuno per te”. Rivelò sentendosi uno sciocco mentre per l'ennesima volta donava cosi il suo cuore alla donna. Beckett gli dava continue certezze del loro legame indissolubile ma lui aveva ancora e ancora bisogno di prove.

 “Ci siamo appena sposati eppure immagino ora più che mai un futuro in cui tu non fai più parte della mia vita, in cui questo anello non avrà più nessun significato e l'unica cosa che vedo è il nulla”. Beckett dischiuse leggermente le labbra, appoggiando la tazza a terra cosi da esser più libera nei movimenti. Lasciò scivolare i piedi giù dalle gambe di Castle e si mise seduta sul bordo dello sdraio cosi da stargli vicino.

 “Smettila Rick con queste idee assurde.”. Lo riprese lei afferrandogli con convinzione le mani. “Non me ne vado da nessuna parte, ormai sono tua per sempre”. Affermò indicando con il capo il fianco sinistro del detective dove vi era il suo nome tatuato. “E tu sei tutto per me”.Aggiunse guardandolo dritto negli occhi, quelle iridi chiare che sembravano brillare in contrasto con l'oscurità della notte.

 Castle non disse nulla, sembrò che tutto il suo corpo si fosse congelato nel momento in cui quelle parole avevano lasciato le labbra di Beckett. La donna attese una sua reazione, un suo gesto che le suggerisse cosa fare, poi l'uomo chiuse gli occhi inspirando profondamente.

 “Sono un illusione che prende vita solamente quando mi stai vicino.”. Rivelò Castle quella constatazione a cui era giunto dopo quel suo ponderare solitario sulla spiaggia, aprendo gli occhi e andando a guardarla con l'innocenza di un bambino.

 “Sei molto di più”. Obiettò Beckett tornando a prendere le sue mani, tenendone una premuta contro il proprio petto e l'altra contro quello dell'uomo. “Sei la parte mancante del mio cuore. I nostri cuori battono all'unisono Rick, coprono l'uno i silenzi dell'altro. Non c'è melodia più preziosa di questa”. La voce delicata della donna echeggiò soave nel vento, avvolgendo Castle con lo stesso calore di una carezza. 

Castle strinse la mano della donna che era premuta contro la sua pelle, sentendo il proprio battito contro il palmo morbido di lei, il suo cuore era nelle mani di Beckett, cosi come sapeva esser giusto essere.

 “Vorrei rimanere qui per sempre”. Dichiarò ad un tratto l'uomo cogliendo la detective di sorpresa. Beckett corrugò la fronte allontanandosi leggermente da lui, dandogli il tempo per spiegare.

 “Tu ed io, qui, senza pressioni, senza responsabilità”. Continuò serio Castle, con un tono della voce basso quasi quello fosse un segreto tra loro due che non voleva condividere nemmeno con la natura che li circondava.

 Beckett dal canto suo invece sorrideva, felice del repentino cambio d'umore del marito, divertita da quelle sue uscite improvvise e impulsive dettate dal momento e rimangiate solo pochi attimi dopo.

 “Io potrei far il pescatore”. Ipotizzò trovandosi a sorridere lui stesso di quella professione impossibile. “Mangeremo aragosta ogni sera”. Alzò le sopracciglia con fare invitante e malizioso, protendendosi verso di lei, facendo scorrere le dita sulla pelle liscia della gamba della donna.

 “E io che farei?”. Domandò Beckett accavallando le gambe e portando le braccia dietro la schiena cosi da sorreggersi, decidendo di dargli corda almeno in quei pochi minuti che li dividevano dal tornare a letto.

 “Sarebbe divertente vederti nei panni della casalinga”. Scherzò Castle abbassandosi verso di lei, dandole un giocoso e sensuale morso all'altezza del ginocchio prima di andare ad appoggiare le mani sui braccioli dello sdraio, costringendola ad indietreggiare con il corpo.

“A badare alla casa”. Ancora il detective si avvicinò e ancora la donna si spostò all'indietro, scivolando verso lo schienale cosi da lasciargli spazio. “Ai bambini”. Continuò maliziosamente lui posando un ginocchio tra le gambe di Beckett cosi da salire anch'egli sullo sdraio. La donna impallidì di colpo, bloccando il respiro in gola, Castle correva troppo veloce rispetto ai suoi ritmi.

 “Sarebbe il nostro paradiso”. Concluse l'uomo abbassandosi completamente su di lei, il cui calore venne accolto come manna contro la sua pelle ancora umida, le sue braccia avvolte intorno ai suoi fianchi a scaldargli il corpo e l'anima.

 “Per noi che siamo abituati all'inferno dopo un po' ci verrebbe a noia”. Notò a malincuore Beckett asciugandosi quelle gocce d'acqua che dai capelli di Castle erano cadute sul suo volto. “Abbiamo bisogno del caos della città, dei casi e del distretto”. Il detective annuì tristemente sapendo che quanto diceva la donna corrispondeva alla verità, la loro vita non poteva essere la stessa senza quel movimento creato dal lavoro, dagli amici e dalla famiglia. 

“Però ogni tanto possiamo sempre fuggire e goderci qualche giorno senza pressioni e responsabilità. Sarebbe divertente vederti nei panni del pescatore”. Aggiunse la donna per non rovinare quel clima, quella spensieratezza che il viaggio di nozze aveva creato. Con le dita delineò la cicatrice che Castle aveva sul petto mentre lui si abbassava per ricevere un bacio e un altro ancora, sollevato sopra la moglie mentre le mani di lei esploravano il suo corpo con lentezza.

 “Che ne dici se torniamo a letto?”. Mormorò Castle cominciando a farsi strada con la mano sotto la camicia da notte mentre con le labbra lasciava dei piccoli baci sul viso della donna.

 “Che ne dici se prima ti vai a fare una doccia”. Suggerì Beckett spingendolo alle spalle, cogliendolo di sorpresa tanto da farlo cadere dallo sdraio, dandole cosi modo di alzarsi e mettersi in piedi davanti a lui.

 “Puzzi di pesce”. Lo prese in giro la detective facendogli la linguaccia, indietreggiando di alcuni passi quando lo vide alzarsi e prendere a muoversi verso di lei minaccioso.

 “Di pesce”. Ripetè Castle inarcando un sopracciglio, alzando un braccio cosi da annusarsi, stando al gioco della donna. “Ti farò rimangiare quello che hai detto mia cara”. La minacciò enigmatico, con un sorriso che Beckett sapeva non promettere nulla di buono.

 La detective fece per muoversi e scappare in casa ma l'uomo fu più veloce di lei e con un gesto repentino la prese tra le braccia sotto le sue proteste poco convinte.

 “Rick qualunque cosa tu abbia intenzione di fare ti consiglio di lasciarmi”. Lo riprese mentre notò che si stavano allontanando dalla casa, scendendo quegli scalini in legno e avvicinandosi pericolosamente all'acqua.

 “No, Rick non farlo”. Lo supplicò lei agitando le gambe e aggrappandosi con forza al suo collo mentre lui rideva di gusto sentendo l'acqua arrivargli oltre le sue caviglie.

“Stavo scherzando, riportami a casa”. Continuò la donna guardando l'acqua minacciosa pochi centimetri sotto di lei. 

“Chiedimi scusa”. La invitò lui allentando momentaneamente la presa, facendo credere alla detective di finire nel mare ma all'ultimo la riprese, facendole bagnare solo un bordo della camicia da notte.

 “Dai Rick non fare lo scemo”. Gli tirò un buffetto sulle spalle lei mentre ancora non staccava gli occhi dall'acqua. “Mi scuso per averti preso in giro ma ora torniamo indietro”. Tornò a guadarlo supplicandolo di portarla via da li, non volendo in alcun modo fare un bagno a quell'ora.

 “Lo sai che ti amo e ti amerò per sempre”. Dichiarò Castle estremamente serio, facendo dimenticare alla donna dove si trovava e il motivo per cui fino a due secondi prima lo stava rimproverando. Quella constatazione bastò a farle perdere la concentrazione per qualche istante, giusto il tempo per una carezza, il tempo necessario a Castle per lasciarla andare di colpo e farla cadere in acqua.

 “Castle”. Strillò Beckett rimettendosi in piedi, scrollando le braccia per levarsi di dosso l'acqua, passandosi una mano nei capelli bagnati per toglierseli da davanti al volto, cosi che lui potesse vedere la sua espressione furente per quel gesto folle.

 “Scappa Castle”. Gli consigliò mentre l'uomo ancora ridacchiava divertito. “Ora”. Gli ordinò sospirando lentamente, cercando di trattenere la rabbia che ora provava nei confronti del marito. Castle non se lo fece ripetere due volte e cominciò a compiere diversi passi indietro, seguito come un ombra dalla donna.

 “Sai mi ricordi la bambina di “The ring””. Affermò sperando di farla ridere, di farla cedere dal suo proposito ma ciò servi solo ad aumentare la sua irritazione e mentre correva verso la casa cercando un rifugio e un modo per farsi perdonare ebbe come la sensazione che il resto della luna di miele l'avrebbe passato sul divano.

 
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Occupo questo primo capitolo per fare un breve riepilogo di quello accaduto nel prequel di questa storia. Accennerò alle cose più importanti che sono avvenute in "La loro storia" cosi che alcuni elementi citati in questo sequel risultino chiari a chi non ha letto la fan fiction che lo precede o che comunque non ha voglia di tornare a rileggersi tutti i capitoli, e lo capisco dato che son cinquanta e passa capitoli abbastanza pesantucci.

I cambiamenti più importanti riguardano i due protagonisti, mentre gli altri saranno gli stessi che ben conosciamo.

Castle è un ex agente dell'fbi arrivato a New York dopo aver rischiato la vita durante una delle sue missioni. Dopo un inzio burrascoso in cui si troverà a scegliere tra la sua nuova vita e la vecchia si avvicinerà a Beckett fino allo sbocciare del loro amore. Castle ha una famiglia alle sue spalle, sempre pronta a sostenerlo, la ben nota Martha, la sorella giudiziosa Alexis e il padre consigliere fidato Alexander.

Beckett possiamo dire che è sempre la solita ma a differenza del telefilm in quella e questa storia sua madre Johanna è ancora viva e i motivi che l'hanno spinta a entrare nella polizia sono altri. Si innamorerà di Castle, anche se nella sua vita entreranno sia Demming che Josh, ma per un breve periodo.

La storia si conclude poi con il loro matrimonio e con un regalo speciale da parte di Castle. La dove il suo mancato assassino gli aveva lasciato in regalo un paio di cicatrici in nostro detective vi ha tatuato sopra il nome della sua amata. Direi che è tutto...grazie per l'attenzione e la lettura fino a questo punto.


 

  
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