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Autore: Wildheart    24/12/2007    5 recensioni
Anche questo Natale mi ha fritto i neuroni e ho deciso di cimentarmi in un particolare AU:Ed e Al sono i più giovani piloti della storia del Rally e son determinati a vincere il campionato, dopo una promessa fatta sulla tomba della loro madre. Tra lotte all'ultimo sangue sullo sterrato, scene comiche con i vari Team, amori, gelosie e tiri mancini, riusciranno i due fratelli a mantenere l'importante promessa? (Ed-Win, Roy-Riza e chi più ne ha più ne metta!)
Genere: Romantico, Commedia, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Un pò tutti, Winry Rockbell
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Premessa: I personaggi di FMA non mi appartengono di certo, perché se fossi stata l’Arakawa a quest’ora non stavo a scrivere ‘sta roba. Comunque questo è un Universo alternativo per cui, anche se spero di aver mantenuto il carattere di ogni personaggio, ho fatto anche qualche modifica:

  1. Il luogo in cui si svolge la storia è lo stesso del manga, ma non si parla affatto di alchimia e la nostra tecnologia troneggia indisturbata.
  2. Non ci sono auto-mail e Alphonse non è un’armatura: è il bel ragazzo con il biondi capelli corti che ho intravisto nel film (purtroppo non sono riuscita a vederlo, sob…)
  3. Le età dei personaggi sono un po’ adattate all’esigenza: quella di Mustang e Riza più o meno rimane invariata (in fondo a un volume mi pare di aver letto che lui ha circa trent’anni) Edward e Winry invece sono più grandi, hanno sui diciannove anni, e ovviamente Al ne ha uno in meno di loro.

Ah! Dimenticavo che il discorso del Rally me lo sono un po’ riadattato e Winry e Ed non sono amici d’infanzia.

Per chi fosse interessato soprattutto agli intrecci sentimentali posso anticipare che ci saranno coppie più scontate come WINRY-ED, ROY-RIZA, ma altre assolutamente (credo) inaspettate, come HAVOC-?, AL-? E soprattutto quello che m’inventerò sul momento.

Questo è il mio regalo di Natale per Faith e Diablo: vi devo un grosso “grazie”, ragazzi, perché siete riusciti a illuminare il mio “Periodo Buio”; questa storia è dedicata a voi, perché avete creduto in me fin dall’inizio e continuate a farlo tutt’ora.

E con questo, concludo dicendo: BUON NATALE A TUTTI!!!!

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Fullmetal Racing

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3,2,1… Via!

La linea di arrivo era vicina… Vicina come l’acqua di una sorgente per un assetato che ha appena attraversato il deserto a piedi.

Sarebbero bastate solo due curve per avere in mano la vittoria.

«Forza, Al! Dai, che stavolta lo battiamo quel pallone gonfiato!>>

«Attento, all’ultima curva è parecchio instabile, c’è molta ghiaia, la macchina ha poco grip!>>

Edward mostrò il suo tipico ghigno da sbruffone, e alzò gli occhi al cielo prima parlare, proprio come se quello che doveva dire fosse la cosa più ovvia del mondo: «Tranquillo fratellino! Non a caso mi chiamano il “Pilota D’Acciaio”!>>

Il maggiore dei fratelli Elric sterzò bruscamente a destra in una piena curva a sinistra, avvicinandosi pericolosamente ad un baratro. Il co-pilota seduto al suo fianco non fece neanche un fiato, si limitò a piegare la cartina con la mano sinistra e a sorreggersi alla maniglia laterale con la destra. La macchina perse aderenza sulle ruote posteriori e fece un mezzo testacoda, lasciando che la vettura prendesse esattamente la direzione della curva.

Ed sorrise, con l’aria di chi la sa lunga: «Questo è correre! Vai piccola, portaci fino alla vittoria!»

Fece pressione sul gas con violenza non appena la strada raggiunse il rettilineo finale, ma il giovane ragazzo che aveva accanto non sembrava così convinto come il pilota: «Attento fratellone! Non forzare così il motore!»

«Eddai Al! Mancano solo cinquecento metri, cosa vuoi che succeda?»

Edward guardò lo specchietto retrovisore e notò un’auto blu spuntare dall’ultima curva: «Deve mangiare la polvere, quello spaccone da strapazzo!» e detto questo, mostrò fuori dal finestrino il suo dito medio con un ghigno.

Al si limitò a scuotere la testa con aria rassegnata.

Mancava pochissimo, solo un paio di metri e la vittoria sarebbe stata loro.

«Dai, rallenta! Hanno già perso un bel po’ con l’ultima curva, nessuno sa impostarle come te!»

«Stà zitto Al! Deve andarsene con la coda tra le gambe quel dannato Mustang! Pilota di Fuoco? Tks! Ma fammi il piacere!»

Ed era sempre più esaltato mentre la linea del traguardo si mostrava davanti ai loro occhi: piena di adrenalina, sogni e compiacimento.

«Sììì!!>> gridò col fervore di uno appena uscito dal manicomio.

Ma all’improvviso tutto si bloccò: le grida della folla, il rombo del motore, il sobbalzare della vettura.

«... Eh??»

Prima che potessero capire quello che stava accadendo, Ed e Al videro un intenso fumo bianco fuoriuscire dal cofano dell’auto… e Roy Mustang, che li superava con un sorriso sensuale, andando a tagliare il traguardo per primo.

Edward non si accorse nemmeno del fratello sceso velocemente nel tentativo di arrestare l’arretramento della vettura in salita. Era rimasto lì, attonito, a fissare immobile il traguardo che avrebbero dovuto varcare per primi.

Poi esplose.

«MALEDIZIONE!!» prese a pugni il volante con una forza tale da farsi male alle mani.

«Dannazione! Dannazione! DANNAZIONE!»

«Fratellone, dai, muoviti! Sono già passati in otto sulla linea del traguardo, se non ci sbrighiamo non arriviamo neanche a punti! Metti in folle e spingiamo!!>>

Quell’amara constatazione sembrò risvegliare Ed dal suo stato di pazzo omicida. Mise la folle e scese di macchina sbattendo malamente la portiera.

Il nono classificato stava arrivando a tutta velocità: non ce l’avrebbero mai fatta a rientrare fra i primi dieci.

«MALEDIZIONE!>> sbraitò il ragazzo, assestando un calcio al paraurti già malmesso dell’auto con tutta la rabbia e la violenza che aveva in corpo.

«Fratellone! Dai, spingi!!>>

Digrignando i denti, il maggiore degli Elric iniziò a scaricare i nervi spingendo a più non posso: Al aveva ragione, se stava ancora a perdere tempo non ce l’avrebbero fatta. I futuri decimi classificati erano alle loro spalle, il motore rombava in maniera terrificante e fastidiosa, ma a loro mancava solo qualche centimetro… solo un’altra spinta…

Con un ringhio disperato, i due fratelli accompaganrono la vettura oltre la linea di arrivo, un secondo prima che piloti alle loro spalle sfrecciassero a rubargli l’unico punto che i decimi classificati potevano guadagnare.

Flash di fotografi li catturarono da ogni angolazione, mentre le grida della folla e dei motori tornavano a vorticare in maniera irritante nelle loro teste. Le ultime vetture in gara li sorpassarono e volarono verso le loro squadre o a godersi il giro d’onore e fu solo allora che i tre tecnici della squadra Elric accorsero a sostenere la macchina in discesa.

Ed e Al si lasciarono scivolare lungo il paraurti e caddero a terra, stremati per lo sforzo e l’improvvisa mancanza di adrenalina.

Rimasero lì, la delusione dipinta sui volti fin troppo giovani per quell’ambiente e con il sapore amaro di una vittoria quasi sfiorata. Fu Ed il primo a rialzarsi: si spolverò i pantaloni con la sua ritrovata aria spavalda e tese una mano al fratello per aiutarlo a mettersi in piedi.

«Muoviti. Ci hanno scattato fin troppe foto in queste condizioni, si sta radunando più gente del dovuto qua attorno».

Al annuì con aria seria e s’incamminò verso la postazione della loro squadra, lasciando i meccanici ad occuparsi del “ferrovecchio”, tanto per citare le parole di suo fratello.

Se la situazione non avesse influito così pesantemente sull’esito finale del campionato, la scena dei tre collaboratori poteva perfino risultare comica: il signor Garfiel stava in disparte, come una vera e propria Star e non si risparmiava nel dare ordini a quei due poveri disgraziati che lavoravano sotto le sue direttive.

«E che diavolo, Garfiel! Vieni almeno a darci una mano!>>

«State scherzando?>> replicò l’altro come se avesse appena udito una fesseria di dimensioni esagerate. «Ho appena fatto la manicure! Mi rovinerei le unghie! Non avrei dovuto rimettere un dito su quest’auto fino alla fine del Week-end e invece quel tap…»

«A-ehm».

I meccanici sbiancarono, non appena videro Edward fermarsi alle spalle del capo-meccanico con il pugno minacciosamente levato in aria, mentre il diretto interessato, intuito il pericolo, si astenne dal dire la fatale parola.

«Certo che Edward ha fatto proprio una bella corsa oggi… peccato che il motore non sia stato grintoso quanto lui!>>

«Proprio vero, capo!>> si affrettarono a replicare gli altri con un risolino forzato.

«Forza! C’è da soccorrere un’auto! Datevi da fare!» disse Garfiel, intuito lo scampato pericolo e riprendendo a gesticolare animatamente, «fatemi vedere tutti quei bei muscoli…» aggiunse con aria ammiccante.

Mentre si allontanava, Ed percepì i borbottii e i sommessi ruggiti degli altri, ma poi la sua attenzione fu attirata da ben altro: per la prima volta dalla sconfitta, il suo morale si risollevò scorgendo il fun-club degli Elric.

Rgazzine petulanti ed esaltate si sporgevano verso di lui come in adorazione, strillando parole che non riusciva a comprendere ma che ormai aveva imparato a conoscere bene. Il suo sorriso si allargò, mentre salutava verso di loro con la mano constatando che c’erano molte più ragazze per lui che per Al… e un istante dopo, il sorriso gli crollò dalle labbra notando l’enorme numero di donne, bambine, adolescenti, ragazze, vecchiette e top-model che strillavano come possedute, allungandosi verso il sorriso seducente di Roy Mustang e della sua bellissima e sempre composta co-pilota Riza Hawkeye.

Maledizione: due a zero per lui.

I giornalisti iniziarono a infiltrarsi fra le transenne e le guardie come uno sciame di api verso il miele:

«E così Roy Mustang taglia per primo il traguardo per l’ennesima volta in questa stagione, arrivata ormai ben oltre la sua metà.

L’appellativo col quale è conosciuto in tutto il mondo del Rally gli calza a pennello, visto che il suo nome regna incontrastato sulla vetta dei primi tre posti del campionato: “Pilota di Fuoco”, e si dice non solo per la sua bravura sulla pista, ma soprattutto per la grande abilità nel conquistare il regno femminile… sarà per questo che ha la fortuna di avere la corteggiatissima Riza Hawkeye al suo fianco. La rigida compostezza e serietà che sfodera nei momenti di preparazione e durante la gara sono state più di una volta la salvezza per il Pilota di Fuoco e non sembrano aver intaccato minimamente la sua bellezza, così impetuosa nella semplicità di quegli occhi scuri… Ma ecco che passano i fratelli Elric!» cambiò improvvisamente argomento il cronista, «Edward, il più basso, è altrimenti detto il Pilota d’Acciaio per la caparbietà con la quale insiste nel mantenere i rapporti con la squadra di Maes Huges e le ferraglie che l’uomo gli fornisce. Pilota d’Acciaio, perché nonostante tutto, porta sempre la sua auto tra i primi dieci: è il più giovane e abile pilota della storia del Rally, che non ha ancora ceduto alle proposte di Rose, la proprietaria di una delle scuderie più ricche e vincenti. Piccolo di età e di fatto, Edward ci ha sempre abituato ad un atteggiamento del tutto opposto a quello del fratello minore: la sua irruenza e il suo orgoglio non l’hanno aiutato a diventare il pilota della stagione… suo padre è rimasto nella storia, ma…»

Un brusco strattone alla telecamera, fece ondeggiare pericolosamente l’immagine trasmessa e troncò l’inarrestabile soliloquio del giornalista.

«Ehi! Falla finita di parlare come se non fossi qui davanti! E poi chi sarebbe il piccoletto? Razza di micro-nano col microfono? Eh? EH?!? Allora??»

«Fr-fratellone, per favore, da casa ci stanno guardando!»

Ed si voltò bruscamente verso il compagno di squadra, gli occhi ridotti a fessure per la rabbia: «Non me ne frega un accidente! La gente ha visto chi è stato davanti tutta la corsa, di certo quel Finocchio di Fuoco non ha vinto così facilmente!»

Al sgranò gli occhi per l’imbarazzo e diede una fugace occhiata verso la telecamera che li stava ancora riprendendo: «Ma cosa dici, Ed!»

«Mi hai sentito!» continuò a sputar fuoco l’altro, fregandosene altamente delle telecamere e dei curiosi, «che bisogno c’era di salutare con la mano mostrando quanto è bianca la sua dentatura? Quel cavolo di Musta--»

Ma la frase non fu terminata, perché Al arrivò alla conclusione che la cosa migliore da fare era sbarazzarsi di lui. Gli tirò un calcio e lo spedì lontano fino a farlo sparire, poi riprese la sua solita compostezza ed esibì alle telecamere il dolce sorriso imbarazzato che ammaliava ogni fan: «Scusate, sapete com’è fatto» disse, scompigliandosi i corti capelli color oro con un gesto impacciato, «aver rotto all’ultima curva stavolta l’ha fatto proprio imbestialire!»

Il giornalista rise divertito e scosse la testa nell’osservare il buffo quadretto familiare dei due fratelli: «Eheh! Ormai siamo tutti abituati all’impeto di Edward!»

«È per questo che la gente lo ama» asserì Al con semplicità.

L’altro rise, stavolta in maniera più maligna: Alphonse era così diverso da suo fratello, non ci voleva niente per metterlo in imbarazzo. La timidezza che lo contraddistingueva era nota a tutti, ma allo stesso tempo, lo era anche la ferocia distruttiva che tirava fuori se qualcuno minacciava le persone a lui care.

«Ma anche tu hai un bello stuolo di fan e ragazzine che ti seguono ovunque, vero Al? La tua dolcezza completa in pieno il carattere di tuo fratello» insinuò maliziosamente il giornalista.

Il ragazzo diventò completamente rosso, ma riuscì a deviare abilmente il discorso: «Beh, non so… comunque non prendete troppo sul serio mio fratello, in realtà è molto più onesto e buono di quello che lascia vedere. Lui non lo ammetterebbe mai, ma Ed e Roy Mustang sono davvero ottimi amici» e detto questo, allungò una mano ad indicare il fratello.

La telecamera riprese l’immagine di un ragazzo con la tuta da pilota nera e rossa, con i capelli biondo oro legati in una breve treccia intento a stringere la mano dell’acerrimo avversario. I corti capelli neri di Roy spiccavano, in contrasto con la tuta blu scuro che indossava e i suoi leggendari occhi d’ebano andarono a posarsi sul ragazzo, sorridendo complici ma allo stesso tempo canzonatori.

«Te la sei cavata bene oggi, Acciaio» disse Mustang, ricambiando la stretta di mano.

«Ma fammi il piacere» replicò spiccio l’altro, «non ho certo intenzione di farmi prendere ancora in giro da te. Goditi la vittoria, perché sarà l’ultima» aggiunse con la stessa complicità del “nemico” e mostrando un ghigno di sfida.

L’altro annuì, divertito dal solito scambio di battute e lasciò la mano di Ed facendogli capire che non gli avrebbe permesso di vincere così facilmente.

«Edward».

Il giovane pilota si volse in direzione della voce femminile al fianco di Roy: «Oh, Riza! Sono venuto per stringervi la mano… a dire il vero non era che ci tenessi poi tanto a stringere quella di Mustang».

«Bada a come parli, piccoletto» minacciò il preso in causa.

Riza si mise in mezzo tra i due prima che Ed iniziasse a sbraitare in ogni lingua per l’allusione alla sua altezza: «i complimenti te li dobbiamo noi… sei stato davvero bravo nell’ultima curva».

«Beh… in effetti è vero» decretò alla fine il biondo, non riuscendo a mantenere la sua finta aria modesta, poi si rivolse all’altro pilota, indicando la donna: «tienitela stretta, senza di lei non faresti neanche un metro».

«È quello che le ripeto ogni giorno…» rispose Roy, sorridendo con malizia al suo co-pilota.

La donna però non si lasciò abbindolare e lo prese per un braccio spingendolo verso i giornalisti: «Sì, certo, come se non lo avessi sentito ripetere fino alla nausea a tutte le tue donne… muoviti, devi rilasciare le tue dichiarazioni».

Edward rise nel vedere quella scena: Riza ara proprio quello che ci voleva per rimettere in carreggiata il Pilota di Fuoco, solo lei era in grado di farlo ragionare quando metteva la testa avanti.

Perso nei suoi pensieri, il ragazzo non si accorse di essere stato afferrato sinuosamente per un braccio, ma il profumo che gli inondò le narici e la percezione di “lei” che gli si strusciava addosso lo riportarono velocemente al Presente.

«E così ce l’hai fatta per un soffio anche oggi, eh?»

Ed chiuse gli occhi, in piena esasperazione: per l’ennesima volta contò fino a tre per ritrovare la diplomazia necessaria a non liquidare malamente una delle donne più ricche del suo paese. Si voltò in direzione della voce e si trovò ad osservare i familiari capelli castano scuro che lottavano con i ciuffi della frangia colorati di rosa.

«Eh, sì, anche per stavolta mi è andata bene» rispose, guardando il viso abbronzato di Rose e abbozzandole un sorriso.

La ragazza levò una mano a sfiorargli la guancia con un gesto che poteva sembrare materno, ma che invece nascondeva ben altro: «con tutto il tuo talento potresti arrivare molto più lontano…»

«Per favore, non ricominciare» la fermò Ed, liberandosi dalla sua presa e scostandosi da lei. Prese a camminare, indirizzandosi verso il camper e il tir che trasportava la propria auto. Per fortuna quella volta erano riusciti ad affittare un garage non lontano dalla pista.

«Dai, Ed, non fare lo scontroso! Dico solo che se decidessi di firmare il contratto per noi non avresti più nessun rivale… noi due saremmo una squadra perfetta» ammiccò Rose con fare sensuale.

«Me lo ripeti dallo scorso anno, ma ormai dovresti già sapere qual è la mia risposta» replicò l’altro con durezza. «Maes Huges ci ha dato fiducia quando nessun altro avrebbe mai scommesso un soldo su di noi. Non possiamo abbandonarlo».

«Quanto mi piace il tuo spirito di lealtà…» cinguettò la ragazza con aria sognante, poi però gli si parò davanti e lo fissò dritto negli occhi: «ma in questo mondo non si sopravvive con tali ideali. Devi crescere, Ed».

Il pilota ricambiò lo sguardo, fissandola coi suoi scintillanti e furbi occhi dorati: «allora quando sarò cresciuto continueremo questa conversazione».

Rose rimase ferma in mezzo al trambusto di fine gara, fissando le spalle di Ed che si allontanavano sicure. Un sorriso maligno le si aprì sul volto: quel ragazzo doveva essere suo.

*** *** ***

Dopo un breve tragitto in auto, Ed e Al arrivarono al grande garage che Huges aveva affittato per loro: c’era radunata la squadra al completo. Il signor Garfiel era chinato ad accarezzare il paraurti ammaccato che Edward aveva preso a calci, gli altri due meccanici fissavano il motore con aria rassegnata, mentre Maes Huges era a telefono con sua moglie e diffondeva cuoricini nell’aria, sorridendo come un beota.

«No, cara, non abbiamo vinto, ma la mia piccola Elicia si è tanto divertita a vedere Edward e Alphonse che spingevano la macchina!»

Una bambina di circa tre anni, aggrappata ai pantaloni del padre iniziò a saltellare battendo le mani.

«Adesso te la passo, biscottino mio!» continuò Huges rivolgendosi alla moglie e passando il telefono alla piccina.

Ed non attese un secondo nel far esplodere la rabbia che gli era salita nell’udire la conversazione del loro capo: «No, cara, non abbiamo vinto, ma la mia piccola Elicia si è tanto divertita a vedere Edward e Alphonse che spingevano la macchina!»

Il maggiore degli Elric avanzò a grandi falcate verso Huges e Al gli corse dietro velocemente, intuendo aria di tempesta.

«Ma che razza di uomo sei!>> iniziò a sbraitare il piccoletto, posizionandosi sotto lo sguardo perplesso del padrone della squadra. «Non ti rendi conto che potevamo vincere? Ma tu preferisci spendere i tuoi soldi in inutili regali per tua moglie e tua figlia e non te ne frega un accidente se i tuoi meccanici sono degli incompetenti e la macchina un completo disastro! Sai una cosa? Avrei dovuto mollarvi molto tempo fa!»

I due meccanici fissarono Ed con aria estremamente infuriata e disgustata: «Ah, sì? Allora se sei tanto bravo, riparalo tu questo ferrovecchio!» disse uno dei due.

«Di sicuro farei un lavoro migliore del vostro!» replicò con furia il pilota.

«Stavolta ne abbiamo abbastanza!» dissero entrambi, sbattendo a terra lo straccio unto che usavano per pulirsi le mani e avviandosi pieni di collera verso l’uscita. «Questa è una squadra piena solo di pazzi e squilibrati, e il primo sei tu, piccoletto!»

«No, ragazzi! Ed non aveva intenzione di offendervi, per favore tornate qui!» cercò di salvare la situazione Al, volgendo lo sguardo tra loro e il Signor Garfiel, che era rimasto immobile al suo posto guardando Ed con aria dispiaciuta.

«Piccoletto a chi?! Razza di pulce bisunta!!» sbraitò Edward verso i due uomini che ormai erano usciti.

«Ed! Datti una calmata!» lo rimproverò Al, «loro non c’entrano niente! Chiedi subito scusa al signor Garfiel!» lo ammonì il fratello minore.

Edward si voltò verso l’ex-capo meccanico e rimase colpito nel vedere la sua espressione triste, rendendosi conto che stava attaccando gli altri perché si sentiva in colpa all’dea di poter accettare la proposta di Rose.

«Mi dispiace, Garfiel… è vero, non ce l’avevo con voi» disse, calmandosi d’un tratto. Ma la cosa durò ben poco, perché l’impeto gli tornò nuovamente in corpo, non appena si volse verso Huges, che stava salutando la moglie al telefono e si stava infilando velocemente il cellulare in tasca tentando di non essere visto. «Ma ciò non toglie che non possiamo continuare così! Siamo una squadra di perdenti e tu devi muoverti per fare qualcosa!»

Maes non riuscì nemmeno ad aprir bocca, perché due secondi dopo Ed non era in grado di comprenderlo: un pugno arrivato da dietro l’aveva spedito spiaccicato a faccia in giù sul pavimento, proprio davanti all’espressione impaurita e sottomessa di Al.

Una donna troneggiava ai piedi del più giovane pilota di Rally, steso sul pavimento. Una donna dall’aspetto fiero e indomabile il cui sguardo era quello di una combattente letale e sensuale come quello di un’amazzone, stava tenendo sotto il piede la schiena del povero Ed e nel contempo, i lunghi e neri capelli rasta che le avvolgevano il corpo come una carezza, lasciarono intravedere uno sguardo letale indirizzato direttamente ad Al.

Il ragazzo indietreggiò con l’aria di chi è pronto a darsela a gambe: «Maestra…»

«Maestra un corno! Voi due siete proprio dei cretini!» li sgridò, mettendo le mani sui fianchi.

«Suvvia, Izumi, non c’è bisogno di essere così severi!>>

«Stà zitto, Huges!»

«Sissignora!» scattò l’altro sull’attenti, mentre Elicia si nascondeva dietro di lui.

Izumi Curtis. La bella e letale Izumi Curtis.

La donna che aveva passato tutta la sua esperienza di pilota ai piccolissimi fratelli Elric e che dopo era diventata anche il loro manager. C’era lei adesso in quella stanza, e come ogni volta che questo accadeva, nessuno si sognava di aprir bocca o di contrastarla.

Edward si rialzò a fatica e si premette sul naso sanguinante il fazzoletto rosa che gli porgeva Garfiel.

«Tu!» disse la donna, puntando minacciosamente il dito contro di lui, «sei un completo imbecille!».

Nessuno dei due fratelli osò replicare.

«E tu!» continuò l’altra assestando un pugno in testa ad Al, «sei ancora più stupido di quel moccioso di tuo fratello se continui a dargli retta e ad assecondare ogni sua idiozia!»

«Mi dispiace maestra…» sussurrò Alphonse.

«È il minimo che tu possa fare» rispose lei, dura. «Edward! Ma che ti è saltato in testa di sforzare così il motore? Sei forse un poppante alla sua prima gara?»

«No, maestra» rispose il ragazzo, con lo sguardo basso e un tono di voce che conteneva a malapena la rabbia che provava verso sé stesso.

«Beh, io non ne sarei tanto sicura! Sei stato un avventato! Un moccioso che crede di poter afferrare l’oro solo perché lo vede luccicare! Ti sei giocato quasi un’intera stagione, per cui, se ti azzardi nuovamente a sfoderare un comportamento come oggi, il massimo che ti ritroverai a guidare sarà il triciclo di Elicia! E questo vale anche per te, Al! Sono stata chiara?»

«Sì, Maestra…» mormorarono entrambi.

«Papà, io non voglio dare il mio triciclo a Ed!» protestò una vocetta candida, mentre due biondissime codine uscivano allo scoperto da dietro i pantaloni del padre.

Maes si chinò per guardare la figlia negli occhi: «Stà tranquilla, pulcino mio, nessuno guiderà il tuo triciclo!» poi si alzò nuovamente in piedi, sfoderando la sua tipica e inusuale espressione seria, che non portava mai niente di buono. Guardò quel che rimaneva della propria squadra e disse: «ma se non troviamo al più presto dei nuovi meccanici, qui nessuno guiderà più niente… la prossima gara è solo fra due settimane, il signor Garfiel non potrà mai farcela da solo».

Quella constatazione calò in mezzo al buio garage come un coltello affondato nel petto. Ci fu un intenso silenzio in cui ognuno si trovò ad affrontare a proprio modo la paura di quello che sarebbe potuto succedere.

Poi, come un lampo nella nera tempesta notturna, dei passi leggeri e veloci varcarono la soglia d’ingresso del garage e una voce fresca e delicatamente determinata spaccò quei secondi di opprimente silenzio: «Beh, allora iniziate a ringraziare tutti i santi che conoscete, perché è appena arrivata la cavalleria!»

Ed si concentrò sulla persona che avanzava in mezzo al garage così spigliata e sicura di sé. Man mano che la figura si faceva avanti, il buio della stanza le si allontanava, come una coperta di seta nera che scivola a terra. Sinuosi tratti femminili andarono a scolpire il profilo di una ragazza: lunghi capelli biondi come il sole e uno sguardo azzurro come il cielo, la illuminarono nella stessa maniera della quiete dopo la tempesta. Ed pensò che fosse un peccato che tenesse i capelli legati in una coda alta facendo scappare solo qualche lungo ciuffo ribelle, ma dovette ricredersi: il suo sguardo cadde sul collo lungo e delicato come quello di una ballerina e poi si abbassò ulteriormente per finire di osservare l’inaspettato - ma non sgradito – ospite.

La ragazza indossava scarpe da ginnastica e jeans larghi che le nascondevano le gambe, ma non per questo non le calzavano a pennello; la corta maglietta nera le lasciava scoperti i fianchi e la pelle chiara della pancia.

Ed si voltò verso Al e notò che il fratello, non aveva staccato lo sguardo azzurro da quello di lei, contemplandola come una rosa in mezzo a tante erbacce. Per qualche strano motivo, provò un senso di fastidio: «E tu? Chi cavolo sei?» le chiese con il suo solito pratico modo di fare. Intanto, notò che Izumi non le aveva staccato gli occhi di dosso: la stava studiando con aria insospettita e interessata.

«Mi chiamo Winry Rockbell…» si guardò intorno. Per un attimo i suoi occhi incatenarono quelli di Ed, poi andarono a posarsi sul telaio rosso dell’auto alle sue spalle: «a quanto pare sono arrivata giusto in tempo».

«Rockbell?>> chiese Izumi «non sarai per caso parente di…»

«Pinako Rockbell? È mia nonna» rispose velocemente lei, senza spostare lo sguardo dall’auto sporca e malmessa.

«Quella Pinako Rockbell??» chiese esaltato Huges.

Winry si voltò verso di lui e per la prima volta sorrise dolcemente, rivolta alla bambina che Maes teneva in braccio: «Sì, quella Pinako Rockbell. Beh, per caso ho sentito che siete a corto di meccanici e così… vincere partendo da condizioni estreme come questa mi ha sempre esaltato!»

Per la prima volta, il signor Garfiel si fece avanti, contemplandola come un pezzo rarissimo da museo: «sarà un piacere lavorare con te!!>>

«Ehi! Ehi! Fermate i motori!» disse Ed entrando nel mezzo al cerchio di gente agitando le mani. Ma nessuno parve considerarlo: Izumi confabulava con Huges, Garfiel tempestava la ragazza di domande su Pinako Rockbell e Al… beh, Al era ancora imbambolato ad osservarla.

«Sarò io quella che farà la differenza!» gridò Winry con fervore.

Ed la guardò di sottecchi: «Ma chi è quest’invasata?»

La ragazza fece un passo avanti e fissò Ed, dritto negli occhi: «Tu».

Il giovane pilota ebbe come l’impulso di indietreggiare, ma si costrinse a rimanere dov’era: «…Io, cosa?» chiese, tra l’ironico e l’intimorito.

«Sei tu il pilota, no? Beh, con me in squadra avrai la vittoria assicurata» sentenziò lei.

Edward la guardò di traverso, per niente rassicurato dalle sue parole: «ma tu, sei una… femmina!!»

Una chiave inglese andò a segno nel pieno centro della fronte di Ed: «anche tu sei un nano, ma non l’ho certo rimarcato con tanta delicatezza!!» s’infervorò Winry guardandolo con gli occhi ridotti a fessure.

Ed le si parò davanti con la sua stessa espressione e un bernoccolo in più: «Brutta strega! Sono solo due centimetri più basso di Al! Ma sentila questa invasata! Hai già perso in partenza, carina: SEI LICENZIATA!!» le sbraitò.

La meccanica lo guardò storto: «ma se non mi hai nemmeno assunta!» lo rimbeccò con tono di superiorità.

Il pilota ruggì di rabbia, senza smettere di fissare quegli occhi incantatori: «Beh, allora ti assumo e poi ti licenzio!»

Per la seconda volta nel giro di mezz’ora, Edward Elric di trovò sbattuto a faccia in giù sul pavimento da un pugno sferrato da Izumi: «E chiudi quella ciabatta per una buona volta, non hai idea della fortuna che abbiamo avuto! Spero che tu sia in gamba come tua nonna, ragazzina».

Winry osservò la manager per la prima volta e sorrise, intuendo che quella donna era decisamente un asso nella manica per la squadra: «Per chi mi hai preso… sono anche meglio di lei».

«Maestra non vorrai sul serio permetterle…» iniziò Ed, mettendosi faticosamente a sedere.

«Ed, lascia fare a lei» gli disse il fratello con aria seria. Il maggiore lo fissò con un punto interrogativo al posto della faccia, ma l’espressione di Al non ammetteva repliche: «adesso ho capito chi è, il nome mi suonava decisamente familiare, ma non riuscivo ad associare il suo aspetto… lei è la nipote di Pinako Rockbell, la grande meccanica che non ha mai fatto perdere una corsa a nostro padre».

«Hoheneim?» chiese l’altro, stupito.

«Esatto» confermò Winry. «Mia nonna e vostro padre erano grandi amici, insieme non avevano rivali sulla pista».

Edward si rabbuiò: non voleva avere in squadra gente che aveva avuto a che fare con suo padre. Lui lo odiava. Se n’era andato quando erano ancora piccoli solo per inseguire il suo egoistico sogno di vittoria. La loro madre però non faceva altro che seguirlo in tv e gioire e soffrire con lui per ogni gara. Hoheneim però non si era mai più fatto vivo e così Al e Ed avevano iniziato ad appassionarsi al Rally, anche perché ciò rendeva felice la loro madre, cullata da un dolce ricordo. Trisha diceva che quando fosse tornato a casa, il padre sarebbe stato orgoglioso di loro, ma i campionati iniziarono a susseguirsi, uno dopo l’altro, e lui non si fece più vivo, nemmeno quando lei morì.

Era una soleggiata giornata di novembre quando Ed, con Alphonse sempre al suo fianco, fece un solenne giuramento: loro sarebbero diventati i migliori piloti di Rally del mondo. Per farla contenta e onorare la sua memoria, anche se Edward lo faceva anche per vendetta nei confronti di suo padre… un giorno ci sarebbe stato il suo nome scritto negli annali e Hoheneim sarebbe stato solo un ricordo.

«Non abbiamo bisogno di lei» rispose Ed con eccessiva crudezza.

Maes gli poggiò una mano sulla spalla: «Edward, non farne una questione personale».

«Sono io che ne faccio una questione personale» replicò Winry con arroganza. «Il nome delle Rockbell è sempre stato legato a quello di tuo padre e ora al tuo. Non posso vedere affondare così i figli di Hoheneim, ne va di mezzo anche il nostro buon nome. È per questo che sono venuta qui».

Gli occhi dorati di Edward si scontrarono con quelli della ragazza per un lungo secondo.

«Fratellone, per favore, cerca di ragionare, il nome di Pinako Rockbell è rimasto nella storia della meccanica, non possiamo perdere quest’occasione. Ricordati la nostra promessa…» disse Al, aiutando Ed a rialzarsi.

«Ma avevamo anche promesso che non saremmo scesi a compromessi con nessuno. Dobbiamo farcela solo con le nostre forze» rispose l’altro con tono serio.

Alphonse sorrise dolcemente, i suoi occhi si velarono di nostalgia mentre guardava il fratello: «io non credo che a mamma sarebbe dispiaciuto averla in squadra…»

Winry fissò confusa i due fratelli, liberandosi per la prima volta della sua sicurezza. Vide Ed alzare lo sguardo su di lei:

«Va bene. Facciamo un tentativo. Ma ti avverto: farai meglio ad essere così brava come pensi, altrimenti la nostra collaborazione durerà molto poco».

«Fantastico!» saltò in mezzo Huges. «Allora sei assunta! Chiedi pure tutto quello che ti serve; può anche non sembrare, ma qui dentro siamo più che una squadra: siamo una famiglia».

Winry mostrò un sorriso divertito: «Beh, a dire il vero ho notato che manca un collaudatore… ma per fortuna ho le giuste conoscenze» e così dicendo si portò le dita alle labbra e fischiò prepotentemente.

Le facce perplesse di tutto il Team Huges lo diventarono ancora di più, non appena udirono il rombo di un motore e poi un faro accecante che entrava impennando dalle porte del garage, spezzando l’immagine del crepuscolo all’esterno.

Una Kawasaki ninja verde come la più selvaggia delle foreste entrò in mezzo alla stanza, fermandosi a pochi centimetri da loro con una sgommata. Il pilota, nascosto da un casco con visiera nera spense il motore e rimase a cavallo di quel gioiello.

Le labbra di Winry si allargarono in un sorriso furbo: «Ecco il nostro collaudatore».

Il centauro si sfilò il casco, rivelando due fieri occhi scuri e dei capelli mori chiusi in una piccola coda bassa. Tutti rimasero confusi nel vedere la pelle abbronzata ricalcare dei dolci lineamenti femminili.

«Ragazzi» sentenziò Winry, «vi presento Paninya».

CONTINUA…

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Ci sono riuscita! Ho scritto il primo capitolo! Vi avevo avvertito che la storia sarebbe stata schizzata come la mente di chi l’ha ideata, ma spero che vi sia piaciuta.

Fatemi un bel regalo di Natale: lasciate una recensione, anche breve, giusto per capire se è il caso di continuare questa follia!! XD

E visto che ci sono ringrazio anche chi ha commentato la mia ultima storia di FMA “Le mani della Vita, il tocco della speranza”.

Un enorme GRAZIE a Irene Adler, Hila 92, fullmetalQueen, elyxyz, aki13, Siyah, Melly Vegeta e ovviamente Faith e Diablo.

Un grazie anche a tutti e gli 11 che hanno messo la storia tra i preferiti, spero che vi piaccia anche questa.

Beh, spero di poter aggiornare presto, BUON NATALEE!! Wild ;)

   
 
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