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Autore: hanaemi_    08/06/2013    2 recensioni
« [...] "...Eliza, voglio chiarire con te. Voglio dirti tutto ciò che penso."
"E devi farlo proprio stasera?"
"Sì, perché domani....Oh, lascia perdere perché e ascoltami, per favore."
"Cosa, domani?"
"Domani....domani sarà troppo tardi." »
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Főnix



{Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Prussia x Hungary
Pairing: Prungary
Parole: 1994 (grazie a:
http://www.freetiamo.altervista.org/index.php/conta-parole.html)}



24 febbraio 1947.

Era una sera fredda, quella. Eliza era sul divano, rannicchiata contro lo schienale. Il fuoco nel camino scoppiettava allegramente, mentre alla radio una canzone suonava. La ragazza sbadigliò, per poi guardare l'orologio: erano le dieci di sera. Si alzò dal sofà, si stiracchiò, e decise che era arrivato il momento di andare a dormire. Ma proprio mentre stava salendo il primo gradino della scala che portava al piano superiore, dove si trovava la sua stanza, sentì un sonoro trillo provenire dalla porta. Aggrottò le sopracciglia: chi diamine poteva essere, a quell'ora? Si passò stancamente una mano tra i capelli e si diresse alla porta, per poi aprirla.

"Gilbert? Che ci fai qui?" biascicò, abbastanza assonnata.
"...Eliza, voglio chiarire con te. Voglio dirti tutto ciò che penso."
"E devi farlo proprio stasera?"
"Sì, perché domani....Oh, lascia perdere perché e ascoltami, per favore."
"Cosa, domani?"
"Domani....domani sarà troppo tardi."

"Io penso che ora sia troppo tardi, stavo giusto andando a dormire..." fece la ragazza, cominciando a chiudere l'uscio. Ma Gilbert fu più lesto di lei e la bloccò, infilando un piede in mezzo alla porta.

"NO! Cioè, no, Eliza, ascoltami, ti prego...Chiedo solo dieci minuti della tua esistenza, poi non ti darò più fastidio. Me ne andrò, promesso."
Eliza sospirò, riaprendo la porta e spostandosi di lato.

"Forza, entra."

Gilbert si fece avanti, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e il capo chino. Era strano, notò Eliza, fin troppo strano. Trasmetteva una sorta di tristezza, malinconia, con quella sua andatura curva, diversa dalla solita fiera e orgogliosa che aveva sempre. Lo seguì a ruota nel salotto, squadrandolo, per poi accomodarsi al suo fianco sul divano.

"Gil, ti vedo diverso. Cosa c'è che non va? Mi preoccupa questa tua aria....angosciata, ecco."

"Nulla, Eliza, nulla. Non preoccuparti per me. Piuttosto, arriviamo al dunque: voglio che tu sappia che ciò che ti dirò non dovrà condizionarti, il mio è solo una specie di sfogo con te, dato che sei una persona fidata, d'accordo?"


La ragazza annuì, attenta. Gilbert si alzò in piedi e prese a camminare per la stanza, passandosi le mani tra i capelli.
"Allora...da dove cominciare..." mormorò, più a se stesso che a lei. Ad un tratto smise di percorrere avanti e indietro la camera e si fermò giusto davanti a Eliza. Prese un bel respiro e iniziò il suo discorso.

"Eliza, sono venuto qui per rivelarti tutta la verità che ho celato in questi anni. Io ti amo, Eliza. Ti ho sempre amata, sempre. Sin da quando...sin da quando eravamo bambini, e tu ti ostinavi a dire che eri un maschietto. E ne eri così convinta che quasi quasi stavo per crederci anch'io, cominciando a dubitare di ciò che provavo nei tuoi confronti. Poi, però, le mie ipotesi si sono rivelate: la tua femminilità è sbocciata e sei diventata una ragazza splendida, proprio come pensavo. Ho cercato più volte di farti capire i miei veri sentimenti per te, ma non ci sono riuscito: tu mi vedevi solo come un amico, avevi una cotta per Roderich, e le mie possibilità di conquistarti erano nulle. Perciò sono sparito dopo il vostro matrimonio, senza darti alcuna notizia di quale fosse la mia condizione: volevo che vivessi felice con Austria, senza che io ti fossi d'intralcio. Ma ora...ora finalmente, dopo tutto questo tempo, ho deciso che era arrivato il momento di essere sincero con te. Ed eccomi qui. Non chiedo la tua compassione, non chiedo la tua comprensione: già l'attenzione che mi hai rivolto è stata una grandissima cosa, per me. Mi rende felice che tu abbia avuto la bontà di ascoltare questo povero disgraziato, innamorato da troppo tempo di una donna che non merita." Le si avvicinò, stringendole le mani, e le posò un bacio sulla fronte.

"Danke schön, Liz."

Poi si distaccò da lei e fece per andarsene, dirigendosi all'ingresso.

Eliza era immobile, lì sul bordo del divano. Non se lo aspettava, davvero. Era tutto così irreale, Gilbert che le piombava in casa così, all'improvviso, per cosa poi? Per rivelarle che da sempre provava nei suoi confronti qualcosa che andava al di là dell'affetto. Si passò una mano tra i capelli. E lei, invece? Lei cosa provava? Provava, come aveva detto lui, solo compassione e comprensione? No. Era qualcosa di diverso. E anche lei, come lui, aveva tenuto nascosto i suoi veri sentimenti: quando Gilbert era sparito, Eliza non aveva fatto altro che pensare a dove fosse finito. E poi, da quando era entrata in crisi con Roderich, aveva capito che quello non era l'uomo adatto a lei. Sbattè le palpebre, ritornando con i piedi per terra, e si guardò attorno. Gilbert non c'era più. Si allarmò, alzandosi in piedi: no, non poteva essere stata un'allucinazione provocata dalla sua fantasia! Corse all'ingresso e lo vide lì, intento ad armeggiare con la serratura. Socchiuse gli occhi, prendendo un bel respiro, e gli corse incontro, abbracciandolo da dietro. Sentì il corpo del ragazzo sussultare, prima che la allontanasse un attimo per potersi voltare verso di lei e stringerla a sè.

"Liz...." sussurrò solo accarezzandole la testa, stupito dal gesto della fanciulla. Non avrebbe mai, mai, mai, mai immaginato ciò. Prospettava una reazione diversa, magari l'avrebbe cacciato di casa, sprezzante di tutto. O magari l'avrebbe preso a pugni e urlato contro. In fondo come si permetteva, adesso, di andare tranquillamente a casa sua e dirle che era innamorato di lei? Non poteva pensarci prima? E invece...

La ragazza sollevò il capo, per poi spostarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Gil...davvero pensavi tutto quello che mi hai detto?"
"Eliza, non sarei potuto essere più serio. È vera ogni singola parola di ciò che ti ho rivelato poco prima."
rispose lui tenendole il viso tra le mani, delicatamente, come se fosse fatto di porcellana.

"Gil..." fece lei, stringendogli i polsi con le mani.
"Cosa, Liz?"
"Io....non credevo che tu mi ritenessi più di una semplice amica, affatto. Dio, che stupida che sono stata, come ho fatto a non accorgermene..."

Il ragazzo sorrise amaramente. "Semplice, eri innamorata. Quindi non vedevi altra persona oltre a lui."

Eliza si passò una mano sugli occhi, stropicciandoseli. "Gil. È vero, sì, sono stata innamorata di Roderich. Ma poi, vedendo quanto il nostro matrimonio fosse fragile, basato solo, almeno da parte sua, sull'interesse, io...ho capito di aver sbagliato tutto, sin dall'inizio. E in particolar modo con te. Con te, che mi sei sempre stato accanto, mi hai sempre sostenuto, mi hai dato la spinta per andare avanti...tu, che ho avuto il coraggio di mettere da parte perché troppo presa da una cotta per l'uomo sbagliato..."

Ma non ebbe il tempo di continuare, perché Gilbert posò le sue labbra su quelle di lei, azzittendola con un bacio fulmineo.

"Gilbert..." riuscì solo a sussurrare lei, guardandolo attonita.

Il giovane le prese le mani e le strinse tra le sue.
"Perdonami, Liz, ma avevo un bisogno impellente di baciarti. Le tue labbra mi chiamano, quasi come fossero una droga." ribattè lui, tenendo i loro volti a pochi centimetri di distanza. Elizaveta arrossì, mentre il cuore le martellava nel petto, quasi stesse per uscirne. Avvolse le braccia intorno al collo del ragazzo, mettendosi in punta di piedi, e lo baciò a sua volta, affondando le mani tra i capelli nivei di lui. Gilbert non si ritrasse, anzi, la strinse maggiormente a sè, tenendola per i fianchi, mentre le loro labbra si univano e si disgiungevano in baci sempre più roventi. L'atmosfera si stava surriscaldando, senza che loro se ne accorgessero. A un tratto Gilbert allontanò i loro visi per riprendere fiato, mentre le spostava una ciocca da davanti agli occhi.

"Liz...Sei sicura di ciò che stiamo facendo? Non è che..."
Ma la ragazza scosse solo il capo, per poi accennare un sorriso timido e riprendere a baciarlo, cingendogli la vita con le braccia. L'albino allora, impulsivo com'era, non se lo fece ripetere due volte: prese in braccio l'ungherese e le fece avvolgere le gambe intorno al suo bacino, senza distaccare le loro labbra. La liberò della camicetta e a sua volta lei gli sfilò la giacca della divisa. Gilbert prese a salire i gradini che li separavano dalla camera da letto a due a due, mentre sulle scale venivano abbandonati gli altri capi di vestiario, rimanendo entrambi solo in intimo. Spalancò la porta della stanza e la richiuse alle sue spalle, sussurrando alla ragazza: "Non avrei potuto desiderare di meglio."



Nel bel mezzo della notte, Gilbert si svegliò. Si voltò verso la ragazza e sorrise: era così bella, coperta solo dal lenzuolo, con i capelli scompostamente sparsi per il cuscino e l'espressione beata sul viso. Sarebbe stato ore a contemplarla. Ma, ormai, il momento era giunto. Le baciò la fronte e si rivestì, per poi recuperare dalla tasca interna della giacca carta e penna. Si sedette alla toiletta della ragazza e cominciò a scriverle una dolce lettera d'addio. Una volta terminata, piegò il foglio, lo baciò, e lo posò sul cuscino accanto a quello dell'ungherese. Le diede un'ultima, fugace carezza e scese di sotto, per poi andare via da quella casa.


La mattina dopo, Eliza si svegliò, sbadigliando rumorosamente, per poi stropicciarsi gli occhi.
"Mhm..." mugolò, assonnata. Si voltò verso il cuscino accanto a lei, ma di Gilbert neanche l'ombra. Al suo posto un foglio, con su scritto "Per Eliza". Con aria interrogativa, la ragazza lo spiegò, per poi poggiarselo sulle ginocchia.

"Cara Eliza,
probabilmente, quando leggerai questa lettera, io non ci sarò più.
Mentre scrivo tu dormi beatamente, emettendo qualche piccolo gemito di tanto in tanto e rigirandoti tra le lenzuola. Avrei voluto dirti tante cose, mia cara Eliza. Avrei voluto poterti corteggiare come si deve. Avrei voluto portarti al ristorante, al mare, anche a fare una semplice passeggiata nel bosco; e magari avremmo giocato a nascondino come quando eravamo bambini, che tu vincevi sempre mentre io non riuscivo mai a scovarti. Ci pensi? Avrei anche voluto, magari più in là, chiederti di rendermi felice, diventando mia moglie. Ma il tempo, questo tempo che toglie e mai rende indietro, purtroppo, me l'ha impedito. Spero solo che, con la notte d'amore che abbiamo passato insieme, tu abbia capito tutti i sentimenti che ho provato, provo e proverò sempre per te, Liz, perché io, stanotte, non sarei potuto essere più lieto di averti reso mia.
Mi dispiace davvero molto doverti dire addio, Elizaveta Héderváry.
Mi mancherai, non puoi immaginare neanche quanto.
Sii forte, non abbatterti, mantieni quel sorriso sul volto che mi ha fatto innamorare.
Non intristirti per me, perché ti proteggerò sempre, croce sul cuore.

Tuo,

Gilbert Beilschmidt"


Eliza sentì un nodo formarsi in gola, mentre rileggeva più e più volte quelle poche righe scritte su quel foglio. Se n'era andato? No, non era possibile. E poi, dove? E perché? Si strinse la lettera al petto, piangendo in silenzio, senza emettere alcun singhiozzo. Poi, dopo essersi asciugata le lacrime, si lavò, si vestì e scese di sotto a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. La radio era rimasta accesa sin dalla sera prima, stavamo trasmettendo un radiogiornale. Alcune parole in particolare, però, giunsero all'orecchio della fanciulla: consiglio di controllo alleato...Prussia...sparizione dalla cartina....NO! Non poteva essere! No, tutto ma non quello. Gilbert non era partito...era sparito. Come una macchia quando viene lavata via, così il glorioso passato del regno di Prussia era stato cancellato in un batter di ciglia. Eliza scoppiò in lacrime, seduta al tavolo della cucina, nascondendo la testa tra le mani. Ora si spiegava tutto! Ora comprendeva la sua frase "Domani sarà troppo tardi."! Lui già sapeva. E non aveva voluto farla preoccupare in anticipo...Sollevò la testa, continuando a singhiozzare, senza però piangere, ora. Si alzò, si sistemò la gonna e spense la
radio. Doveva essere forte, per lui. Gliel'aveva chiesto espressamente nella lettera, no? E poi doveva sorridere, non doveva tenere il broncio, perché non ne valeva la pena. Lui le sarebbe stata accanto, e questo già le bastava.

Pochi mesi dopo, però, un'altra notizia rendeva Eliza ancora più felice: il 15 dicembre 1947 nacque la sua bambina, figlia di quella notte di passione di fine febbraio.

Il nome? Annika F, dove F stava per  "főnix", che in ungherese significa "fenice", animale simbolo della rinascita. La rinascita di una speranza che, tempo addietro, sembrava ormai andata perduta.
   
 
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