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Autore: SunliteGirl    09/06/2013    4 recensioni
Buonasera popolo Hetaliano (?). Si tratta della prima OS che pubblico e scrivo sul fandom di Hetalia, spero potrà piacere a qualcuno :D *e magari mi lascerete una recensioncina, piccina picciò? :3*
Stay
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Da quando Sacro Romano Impero se ne è andato, Feliciano ha perso ogni speranza di vederlo tornare da lui. Questa volta non manterrà la sua promessa. E poi c'è Ludwig, il suo alleato, che dal giorno di San Valentino non fa che comportarsi in modo strano e sembra odiarlo per qualche motivo. L'occasione di un chiarimento si prospetterà nel momento in cui i due saranno costretti a passare la notte in un bosco delle Alpi, bloccati a causa di un improvviso temporale. E se per tutto questo tempo Feliciano avesse vissuto in un'illusione?
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"What if...?" sul capitolo "Buon San Valentino", puramente GerIta
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sacro Romano Impero
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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stay

Stay

 

«Resta».
Feliciano non ricorda se lo disse o lo pensò soltanto, mentre le morbide labbra di Sacro Romano Impero si staccavano lentamente dalle sue. Forse quella richiesta era uscita sotto forma di un sussurro, o era intuibile semplicemente dal modo in cui le sue piccole mani si erano aggrappate agli abiti di lui, quasi a volergli impedire di allontanarsi. Qualunque di queste supposizioni sia vera, Feliciano è sicuro solo di ciò che era accaduto dopo.
Gli occhi azzurri di Sacro Romano Impero, che bagnati dalle lacrime sembravano ancora di più dei piccoli squarci di cielo,  si erano fissati nei suoi e sembravano quasi volergli sondare l’anima , vederne ogni singola sfumatura. Certo, Feliciano è sempre appartenuto a quella tipologia di persone i cui pensieri si leggono come un libro aperto, semplicemente con un’occhiata. Eppure, Sacro Romano Impero non si limitava ad osservarlo, come ad esempio faceva Roderich, captando solamente l’aura di ingenua immaturità che lo circondava.

Lui lo capiva.

Lui lo accettava.

Lui lo proteggeva.

Lui lo amava.

Tutto questo in qualche modo lo rendeva insicuro di fronte a lui, forse consapevole solo in parte di tutto ciò che Sacro Romano Impero avrebbe potuto significare nella sua vita. E mai lo avrebbe saputo, non se lui se ne sarebbe andato davvero.
«Resta». Questa volta è sicuro di averlo detto, fra le lacrime. Non un sussurro, non una muta richiesta. Parole forti, che sapevano di tristezza, malinconia e affetto. Amore.
Sacro Romano Impero gli aveva donato uno dei suoi rari sorrisi, mentre le guance si coloravano di un rosso ancora più acceso, e aveva fatto una promessa, matrice di tutte le illusioni di Feliciano.
«Ti prometto che tornerò, a qualunque costo».
Sacro Romano Impero manteneva sempre le sue promesse. Questo avrebbe dovuto confortarlo, ma qualcosa nell’insicurezza dell’altro gli fece capire che non era certo sarebbe mai tornato da quella guerra. Che, forse, questa volta non sarebbe stato in grado di mantenere la sua promessa.
Ma fu solo un istante infinitamente piccolo, perché poi Sacro Romano Impero lo aveva guardato di nuovo con aria sicura e lui gli aveva creduto. Non avrebbe potuto fare altro.
Feliciano gli aveva davvero creduto.  Aveva creduto che lui sarebbe tornato presto o tardi. E allora avrebbe scoperto come poteva sconvolgere la sua vita più di quanto avesse fatto fino a quel momento.
Feliciano aveva aspettato. Aveva vissuto nell’illusione che prima o poi avrebbe scorto Sacro Romano Impero, avvolto dal suo mantello nero e con gli occhi color del cielo, tornare scortato dai suoi soldati, pronto ad accoglierlo fra le sue braccia.
Aveva aspettato per anni. Anche quando gli era stato riferito che ormai era tutto inutile, che ogni cosa era andata perduta, lui non aveva smesso. Continuava ad essere certo che Sacro Romano Impero avrebbe mantenuto la sua promessa.
A volte, quando il dubbio in qualche modo cercava di spezzare le pareti di quell’illusione in cui si ostinava a vivere, si ripeteva «Tornerà, a qualunque costo!». In questo modo ogni cosa sembrava tornare al suo posto, il suo cuore tornava leggero e subito Feliciano ricominciava a sorridere, come mai aveva smesso di fare.
Feliciano ha aspettato. E forse non ha mai smesso.
Poi, una mattina di Aprile si è svegliato e all’improvviso si è reso conto di averlo dimenticato. All’improvviso, l’illusione è crollata.

Nessuno si sarebbe più preoccupato per lui.

Nessuno lo avrebbe più osservato di nascosto.

Nessuno sarebbe più arrossito nel vederlo avvicinarsi.

Nessuno gli avrebbe più chiesto di insegnarli a dipingere.

Nessuno lo avrebbe più abbracciato, proteggendolo da chi voleva fargli del male.

Sacro Romano Impero non sarebbe più tornato.

 

***

 

«Feliciano, sbrigati! Possibile che tu sia sempre così lento?». La voce burbera e autoritaria di Ludwig distoglie l’italiano dai suoi pensieri, obbligandolo a ritornare alla realtà. Il ragazzo solleva lo sguardo e scorge il suo alleato tedesco a qualche metro di distanza, che, voltato appena per lanciargli uno sguardo di rimprovero, non perde mai il suo passo di marcia.
Pigramente accelera la sua camminata, le spalle piegate in avanti e la testa abbassata, con i capelli castani che cercano di nascondere, invano, il sorriso felice in cui sono piegate le sue labbra sottili. Finalmente gli ha parlato.
Una volta raggiunto Ludwig ed essersi posizionato al suo fianco, cercando di imitare il suo passo, comincia a guardarsi attorno con aria entusiasta.
Si trovano su un sentiero di terra battuta che si snoda fra la boscaglia, aprendo loro la strada verso il confine italiano, dove Kiku li sta attendendo per una riunione “segreta” delle Potenze dell’Asse. In realtà, anche se Ludwig ha deciso di non dirgli nulla per evitare fughe improvvisate, sicuramente gli Alleati ne sono già a conoscenza e Alfred sarà appostato fra qualche cespuglio a cercare di mettere in atto uno dei suoi assurdi piani di spionaggio.
Si tratta di un viaggio alquanto lungo e sicuramente Feliciano si starebbe già annoiando a morte, se non fosse per Ludwig. Quest’ultimo ha certamente i suoi difetti, fra cui l’irritabilità, il rigore verso le leggi e l’eccessivo bisogno di tenere sempre tutto costantemente sotto controllo. Ma ha il grande potere di far sentire Feliciano al sicuro e lui sente il bisogno di avere la sua rassicurante presenza accanto, che gli appare ogni giorno di più un sostegno a cui aggrapparsi.
Dal giorno di San Valentino, però, le cose sono cambiate fra loro. Feliciano comincia a pensare di aver sbagliato a regalargli quelle rose rosse come segno di amicizia, che in qualche modo possa aver offeso Ludwig. Infatti, il tedesco si era comportato in modo molto strano per tutta la giornata, prima evitandolo, per rispondere poi alla sua confusione con un glaciale silenzio. Silenzio che ancora rimane a dividerli come un muro, eccezion fatta per i rimproveri, a cui Ludwig sembra non poter proprio resistere.
Dopo alcuni minuti di cammino, Feliciano, speranzoso, si volta a guardarlo con un sorriso che starebbe a significare “Dai, Lud, parlami!”. Il fatto è che proprio non resiste più a tutta quella freddezza e non riesce a credere che lui sia davvero tanto arrabbiato da non volergli più rivolgere la parola. Ludwig si arrabbia spesso, è vero, ma l’ira sembra sempre scivolargli via in un attimo, solamente con un sorriso od un “scusa, prometto che non lo farò più”. Eppure questa volta, nonostante tutti i tentativi di Feliciano di aprire una qualche discussione, tutte le sue affermazioni allegre si sono schiantate contro il muro di freddezza piazzato dal tedesco fra loro.
Ad un tratto gli occhi azzurri di Ludwig, una volta accortosi del suo sguardo insistente, si posano su di lui e per un piccolo istante sembrano farsi tristi, prima che vengano del tutto celati dal volto del ragazzo, che si volta dalla parte opposta. Oltre allo sbuffo infastidito che esce dalle labbra di Ludwig, però, non sfugge a Feliciano il rossore improvviso sulle sue guance pallide. Un’altra stranezza di Ludwig è proprio quella di arrossire spesso, soprattutto quando gli si avvicina troppo all’improvviso, o quando gli dice delle cose che per un motivo o per l’altro sembrano imbarazzarlo. Sì, a volte Lud è propriostrano.
Feliciano mette il broncio e incrocia le braccia al petto, sentendo infine delle lacrime capricciose bagnargli gli occhi. Comincia a stancarsi di camminare e, come se non bastasse, ha fame. Molta fame. Vorrebbe chiedere a Ludwig di fermarsi per cuocere della pasta, e magari riposarsi un po’, ma non osa aprire bocca per lamentarsi. Se lo facesse, lui si arrabbierebbe ancora di più, e non vuole che ciò accada.
Così continuano il viaggio in silenzio, Feliciano cercando di soffocare i borbottii del suo stomaco, e Ludwig continuando a guardare alla sua destra, stando ben attendo a non incrociare neanche per sbaglio la figura dell’italiano.

 

Poco prima del tramonto, comincia a piovere. Feliciano accoglie quelle gocce d’acqua con aria felice, come suo solito, allargando le braccia e lasciandosi bagnare il viso da esse. Ludwig, invece, non sembra prendere la cosa in modo positivo. Lo sente dire qualcosa di simile a “stupida pioggia”, prima di fermarsi ed afferrare di scatto Feliciano per un braccio. «Smettila di fare lo stupido e seguimi, dobbiamo cercare un posto dove piantare le tende» gli dice, una volta attirata la sua attenzione. Feliciano fa solo in tempo ad annuire, prima che Ludwig allontani velocemente la mano dal suo braccio e gli dia le spalle, addentrandosi nella boscaglia con aria nervosa. L’italiano rimane per un attimo immobile a fissarlo, sentendo ancora il calore che la mano di lui ha lasciato sul suo avambraccio, prima di sistemarsi le bretelle dello zaino sulle spalle e decidersi a seguirlo. Gli si avvicina velocemente, con la paura di perderlo di vista e ritrovarsi da solo fra quegli alberi, in preda a chissà quali animali feroci o, peggio,  Alleati.
Ludwig lo guida all’interno della boscaglia, dove i fitti rami sopra di loro li proteggono in parte dalla pioggia, fino a raggiungere una piccola radura, nascosta da sguardi indiscreti grazie agli antichi alberi che la circondano. Feliciano appoggia lo zaino sul prato umido e osserva distratto Ludwig perlustrare l’area, mentre un forte odore di terriccio umido gli penetra nelle narici. Alla fine, l’amico sembra trovare il luogo adatto, perché appoggia lo zaino a terra e comincia ad estrarne i materiali per la sua tenda. Feliciano, che mai ha montato una tenda in vita sua, e nemmeno ha voglia di farlo, con nonchalance si avvicina a Ludwig trascinandosi dietro il grosso zaino. Il ragazzo, prima piegato ed intento a piantare dei paletti nel terreno, non appena lo sente avvicinarsi solleva lo sguardo interrogativo. «Lud, per favore, monteresti anche la mia tenda?», chiede Feliciano, sorridendo e nascondendo le mani dietro la schiena, per poi aggiungere «Io non riesco a farlo». Abbassa leggermente lo sguardo nel percepire di nuovo quegli occhi azzurri scrutarlo con aria di rimprovero, ma poi, tutto d’un tratto, questi si addolciscono e Ludwig mostra il primo accenno di sorriso dopo giorni. Feliciano trattiene il respiro dallo stupore, mentre sente uno strano calore espandersi sulle sue guance. Non aveva notato, prima, quanto apparissebello Ludwig con i capelli biondi resi umidi dalla pioggia. I suoi occhi azzurri, poi, sembrano quasi più luminosi fra tutta quell’oscurità.
«Non avevo dubbi, perciò sto montando la tua, per prima». Feliciano ritorna a sorridere come un bambino, nel sentire queste parole. «Ve, grazie, Ludwig!» esclama, prima di avvicinarsi a lui per abbracciarlo. Ma prima che riesca anche solo a sfiorarlo, lo vede irrigidirsi e spingersi all’indietro, forse per allontanarsi il più possibile. Certo, questo è tipico di Ludwig, ma non lo sguardo allarmato e triste in cui si spalancano grandi i suoi occhi azzurri. È quell’espressione che lo frena, all’improvviso, e che gli fa dare solamente una debole pacca sulla spalla di lui. Ludwig sembra rilassarsi nel momento in cui Feliciano, sempre sorridendo, allontana la mano da lui e si siede per terra, per osservarlo finire di montare la tenda. Ed ecco ancora quel rossore sulle sue guance. «Invece di stare qui sotto la pioggia, vai a coprirti o ti prenderai un raffreddore» gli dice Ludwig senza guardarlo, ma mostrando tutta la sua preoccupazione con il suo tono di voce e le sopracciglia leggermente aggrottate. Feliciano sorride, prima di rispondergli «Non preoccuparti, preferisco stare qui a tenerti compagnia… E poi, non piove così tanto». Ludwig solleva lo sguardo di scatto e spalanca gli occhi, prima di arrossire di nuovo e tornare alla sua occupazione. Si sarebbe aspettato che insistesse, invece non dice altro e il silenzio torna sovrano.
Feliciano comincia ad essere sempre più confuso e… turbato. Non è da lui, inoltre quella situazione comincia a renderlo triste. Decide che, una volta che Ludwig avrà finito il suo lavoro, gli chiederà direttamente per quale motivo lui sia così arrabbiato. Se davvero ora lo odia così tanto. Una volta essersi assicurato che Lud non possa vederlo, si strofina gli occhi con i palmi delle mani, cercando di eliminare ogni traccia delle piccole lacrime che avevano cominciato a scendere dai suoi occhi.
A quanto pare la sua vita è destinata ad essere accompagnata dalle illusioni.
Prima si era illuso che avrebbe sempre vissuto con Nonno Roma, che era così forte e bello, per poi vederlo sparire piano piano a causa della sua stessa forza.
Poi, quando aveva conosciuto l’amore con Sacro Romano Impero, si era illuso che avrebbe mantenuto la sua promessa e sarebbe tornato di nuovo da lui.
E ora, da quando aveva incontrato Ludwig, si era illuso di aver trovato qualcuno in cui confidare, che davvero gli volesse bene e desiderasse proteggerlo. Ma ancora una volta è riuscito a farsi odiare.
Ancora una volta, qualcuno lo lascerà solo.

 
Ludwig ha da poco terminato il suo lavoro, quando smette di piovigginare. Feliciano ne approfitta per chiedergli di accendere il fuoco e, magari, scaldare un po’ d’acqua per cuocere della pasta, ma la legna che trovano fra la boscaglia è troppo umida per accendere anche un solo misero fuocherello. Feliciano, abbandonati ormai i suoi sogni su un bel piatto di pasta, si accascia per terra e sente di nuovo dei lacrimoni riempire i suoi occhi, mentre cerca di tenere a bada il brontolio del suo stomaco sempre più affamato. Si è quasi rassegnato all’idea di una sera di digiuno, quando una pagnotta entra nella sua visuale, alquanto appannata. Solleva lo sguardo, seguendo prima le rotondità di quel pane scuro, poi le forti mani che lo stringono. Scorre lungo tutto il braccio che naturalmente termina con la spalla, il busto, il collo e il viso di Ludwig. Gli occhi azzurri sono puntati verso qualche oggetto non definito alle spalle di Feliciano, mentre le sue labbra serrate esprimono un evidente segno di scocciatura. Feliciano cerca di decifrare quell’espressione, di coglierne ogni sfumatura sottintesa, ma non ci riesce.
«Avanti, prendilo» gli dice Ludwig con un tono che esprime più un ordine che una proposta e Feliciano si sbriga a prendere il pane fra le mani, concentrando tutta la sua attenzione su di esso e sul modo più veloce di placare il suo stomaco: mangiarlo. Sorride felice e arrossisce, prima di aprire la bocca e appoggiare con forza i denti sulla sua superficie un po’ molle, per poi strapparne un boccone. Ne ha già ingoiati altri due, quando si accorge dello sguardo di Ludwig, che sembra non averlo lasciato nemmeno un secondo. Sta ancora in piedi di fronte a lui e lo fissa con sguardo intenso, un’espressione terribilmente seria in volto. Probabilmente ha fame. Per un attimo Feliciano si sente in colpa, perché si è talmente concentrato su se stesso da dimenticare Ludwig, comportandosi in modo egoista. Forse è proprio questo il motivo per cui lo odia.
Guarda una volta Ludwig e un’altra volta il pane che tiene stretto fra le mani, poi sorride e ne spezza metà, per porgerlo al biondo. «Tieni, questo è per te!» esclama. Ludwig sembra risvegliarsi da un sonno profondo nel momento in cui gli parla, perché all’improvviso sbatte le palpebre, distoglie lo sguardo ed eccolo, di nuovo, quel rossore sulle guance. «N-no… Mangialo pure tu, non ho fame» dice solo, passandosi una mano fra i capelli biondi, riportandoli ordinatamente indietro, via dalla fronte. Poi si avvia verso la sua tenda, scosta il tessuto dell’entrata e guarda Feliciano un’ultima volta, dicendo «Vado a dormire. Buona notte».
Feliciano lo guarda sparire dalla sua vista e, solo dopo un paio di secondi, si accorge di avere ancora il braccio teso verso il punto in cui poco prima si trovava Ludwig. È in questo momento che si rende davvero conto di essere rimasto solo con il suo pezzo di pane.

 

Non sa da quanto tempo esattamente sia chiuso lì dentro, con solo una coperta leggera a riscaldarlo. Si rende conto soltanto del fatto che fuori ha ricominciato a piovere e, oltre allo scrosciare della pioggia sulla tenda, i tuoni di un ormai vicino temporale gli impediscono di dormire.
Lui ha sempre avuto paura dei temporali.  
Sussulta, non appena sente l’ennesimo boato. In questi casi, quando ancora viveva a casa di Sacro Romano Impero, spesso si rifugiava fra le braccia della dolce Elizabeta, che gli faceva compagnia finché non si addormentava. Ma ora è solo. Anzi, Ludwig è con lui. Dorme nella tenda affianco ormai da ore, o almeno pensa, dato che non ha più sentito un minimo rumore uscire da quel piccolo riparo.
Un altro boato, un tuono questa volta più vicino. Feliciano chiude gli occhi e conta fino a dieci, prima di riaprirli e alzare il busto, mettendosi a sedere.
Velocemente, afferra la giacca verde posata affianco a lui e si infila le scarpe, poi si sporge in avanti, scostando il tessuto che lo divide dal mondo esterno. Per un attimo rimane immobile, il volto affacciato fuori dal suo riparo, ma comunque coperto dalla pioggia fredda, a pensare sul da farsi. In realtà è indeciso e insicuro della sua decisione. Ha sempre dormito con Ludwig da quando l’ha conosciuto, e non ha mai provato il più minimo imbarazzo nel condividere un letto con il suo amico. Si sente sempre così solo in una camera buia, fra quelle lenzuola fredde, che proprio non sa resistere alla sicurezza e al calore che Ludwig può trasmettergli semplicemente standogli accanto, anche se sempre in una camera buia e fra le lenzuola un po’ meno fredde, se condivise.  Ma ora non è sicuro che sia la cosa giusta da fare.
L’ennesimo tuono che lo fa, di nuovo, sobbalzare è decisivo. Con un piccolo urlo, Feliciano balza fuori dalla tenda e, coprendosi la testa con la giacca, corre fino alla tenda di Ludwig, non molto lontana. Non appena scosta l’entrata e si affaccia all’interno, facendo attenzione a non fare troppo rumore, si stupisce nel vedere che quella del tedesco è decisamente più spaziosa della sua. Ludwig giace addormentato al centro su di un piccolo materasso, coperto da una spessa coperta blu. Nonostante la sua presenza, rimane comunque spazio per minimo altre due persone e anche per il grosso zaino, una lampada ad olio che emette una luce fioca e gli abiti, accuratamente piegati e riposti affianco ad essa. Lud è sempre stato quello più organizzato fra i due.
Feliciano, cercando di non fare troppo rumore, si toglie le scarpe, lasciandole affianco a quelle di Ludwig, poi si inginocchia per terra e con lentezza si avvicina al biondo, avanzando a carponi. Nel momento in cui alza la coperta per infilarcisi sotto, sente Ludwig mormorare qualcosa e subito si blocca terrorizzato, volgendo a rallentatore lo sguardo all’amico. Sospira, nel momento in cui si rende conto che i suoi occhi sono ancora chiusi.
Prova un brivido piacevole lungo la schiena nel percepire il tepore della coperta, una volta essersi disteso e coperto. Ora più tranquillo, si gira su un fianco con il volto rivolto verso quello di Ludwig, che ancora sembra non essersi accorto di nulla.Fortunatamente.
C’è qualcosa di particolarmente dolce nella scena che si presenta sotto ai suoi occhi. Ludwig sembra così tranquillo mentre dorme, con i capelli biondi spettinati che gli cadono in ciocche ribelli sulla fronte e la bocca leggermente dischiusa. Le sue guance sono arrossite di nuovo quando lui si è disteso al suo fianco, quasi il suo subconscio avesse percepito la sua presenza, e gli donano un’espressione ingenua e… dolce. Sì, dolce è la parola giusta.
Feliciano lo guarda per alcuni minuti rapito, regolarizzando il respiro e il battito del suo cuore, che ora sembrano contemporanei a quelli di lui. Vorrebbe vederlo più spesso così, senza quella rigorosa aura di austerità che sembra sempre circondarlo. Vorrebbe vedere più spesso il Ludwig che gli sorride gentile, che si preoccupa per lui, che risponde ai suoi abbracci e che si prende cura di lui quando ne ha più bisogno. Vorrebbe sentire ancora quella mano sulla fronte e quella presenza rassicurante seduta sulla sedia accanto al letto, che gli era rimasta vicino tutta la notte quel giorno in cui aveva avuto la febbre alta.
All’improvviso, si rende conto che gli manca Ludwig. Quel ragazzo che lo sgrida, lo obbliga a fare allenamenti faticosi e che si affida troppo a quei manuali di psicologia, che becca sempre a leggere di nascosto… Beh, insieme a quelle riviste… Ma che poi sa diventare dolce, gentile e protettivo. Si rende conto di aver bisogno di lui e di odiare l’idea che non gli parlerà più, che non si comporterà più con lui come faceva prima.
«F-feliciano? C-che ci fai qui?!». Feliciano trattiene il respiro nel sentire la voce assonnata e imbarazzata di Ludwig così vicina a lui, all’improvviso. Non si era accorto che Ludwig si è svegliato e, quindi, accorto della sua presenza. Forse è per colpa delle ennesime lacrime che gli stanno bagnando gli occhi, offuscandogli la vista. «S-scusami, Ludwig, non lo farò più» sussurra fra i singhiozzi, chiudendo gli occhi e tirando la coperta sopra la testa, in un vano tentativo di nascondersi. Sente Ludwig sospirare e già si prepara alla sfuriata che sicuramente arriverà. Oppure no?
Improvvisamente, la mano più forte di Ludwig tira la coperta verso il basso, sfilandogliela dalle dita e rendendolo di nuovo ben visibile. Feliciano apre gli occhi e volta lo sguardo verso il biondo al suo fianco, che lo guarda in silenzio con insistenza. Lo vede sinceramente preoccupato, nel momento in cui con i palmi delle mani allontana le lacrime dalle sue guance e gli chiede «Che succede?». Feliciano, invece di rispondere, semplicemente fa un cenno di dissenso, prima di stringere di nuovo la coperta e cercare di tirarla sopra il suo viso. Azione prontamente bloccata da Ludwig, che gli impedisce di nascondersi di nuovo, di fuggire ancora una volta, appoggiando la mano sulla sua. «Che succede? E di cosa devi chiedere scusa?» chiede di nuovo, e questa volta il suo tono non ammette repliche. È un ordine, e si aspetta che lui obbedisca. Feliciano lo guarda per alcuni secondi che sembrano infiniti. Fissa i suoi occhi in quelli chiari di lui, ancora assonnati ma vigili, cercando in qualche modo di percepire il suo odio, il suo essere indispettito dalla sua presenza. Eppure non ne trova alcuna traccia.
«Non avrei dovuto regalarti quei fiori» confessa, infine. Gli occhi azzurri di Ludwig si spalancano, forse dalla sorpresa, e le guance diventano ancora più rosse. Poi, improvvisamente, l’espressione sul suo viso si fa più triste. Le labbra si piegano lievemente verso il basso e lo sguardo si abbassa, allontanandosi da lui. Feliciano per un attimo pensa di aver detto qualcosa di sbagliato, ma poi attribuisce la sua reazione al fatto che non gli ha spiegato la motivazione di quella sua uscita. «Insomma, q-quello che cerco di dirti è che non volevo offenderti o farti arrabbiare» dice, alzando un po’ la voce per attirare la sua attenzione e cercando di mostrare un timido sorriso. Riesce sicuramente nel suo intento, dato che Ludwig alza di nuovo lo sguardo su di lui e inarca le sopracciglia, confuso. «Offendermi?» chiede, alzandosi a sedere di scatto. Feliciano rimane invece immobile, ancora più confuso di prima. «Beh, ho pensato di averti offeso, dato che non mi hai rivolto la parola per giorni…» dice, prima di bloccarsi nel bel mezzo del suo discorso, un po’ spaventato dal cambiamento nell’espressione di Ludwig. Infatti, se prima il tedesco si era potuto definire “triste”, ora è semplicemente furioso. Feliciano conosce bene quello sguardo nervoso e irato, l’ha visto migliaia di volte, ma questa volta gli sembra peggiore. Forse non basterà davvero uno “scusami”, per farsi perdonare. «E come avrei dovuto reagire?! Prima mi fai una dichiarazione d’amoree dopo cinque minuti ti trovo a provarci con delle ragazze!» urla, quasi, alzando di netto la voce e senza smettere di fissarlo un solo attimo. Feliciano, dal canto suo, diventa paonazzo e apre la bocca, spiazzato. Una dichiarazione d’amore?
«Ma, Ludwi-»
«Scheisse, Feliciano, ich liebe dich!». Ludwig rimane per un attimo immobile a guardarlo ansante, come per riprendersi dopo una lunga corsa, per poi abbassare lo sguardo e rilassare le spalle. Feliciano, ora che l’amico sembra essersi calmato, si mette a sedere un po’ più sicuro di sé e comincia a guardarlo. È la seconda volta che gli sente dire quelle parole. Non gli ha mai chiesto cosa volessero dire, semplicemente perché quella volta gliele aveva sussurrate in un modo così imbarazzato che non aveva pensato potessero significare qualcosa di grave. Ma in questo momento, nel vederlo così abbattuto e arrabbiato, sente che deve sapere. Che Ludwig vuole che lui sappia. E allora, «Che cosa significa, Lud?», chiede. Lo vede farsi ancora più serio e impacciato di prima, mentre si gira dalla parte opposta alla sua, cercando di nascondersi timidamente da lui. Feliciano aspetta pazientemente, resistendo all’impulso di abbracciarlo da dietro e appoggiare la fronte sulla sua schiena. E poi, perché proprio in un momento del genere comincia a pensare a certe cose?
«Significa…» sussurra Ludwig, mentre allunga una mano a toccarsi i capelli, forse per spingerli via dalla fronte. «Significa “io ti amo”».
Feliciano percepisce i suoi occhi spalancarsi e il respiro mancargli, tanto il cuore ha cominciato a battergli forte. Si porta una mano all’altezza del cuore e affonda le dita nella canottiera bianca che gli copre la pelle, cercando così di fermarlo, di tornare a respirare.
E così, in un attimo, vengono spiegati tutti gli strani comportamenti di Ludwig.
«Avrei dovuto dirtelo prima, ma ogni volta che ci provavo...». Un sospiro. «S-sapevo di essere solo un amico per te e non ho mai messo in dubbio questo, lo diceva anche il manuale “Come capire il tuo partner”» dice Ludwig senza voltarsi, annuendo come se fosse una cosa ovvia. «Poi il giorno di San Valentino mi hai regalato quelle rose rosse e ho cominciato a mettere in dubbio ogni cosa, a… Chiedermi cosa provassi io, davvero, per te» continua, ignorando forse il fatto che Feliciano ancora cerca di controllare il suo dannato cuore. «Ma a quanto pare il manuale non sbagliava. Così ho cercato di evitarti e ti chiedo scusa, se così facendo ti ho reso triste… Nel mio Paese regalare delle rose rosse equivale a fare una dichiarazione d’amore, ma ciò non vale anche per te, a quanto pare».
Ludwig si volta leggermente e sembra sorridergli rassicurante, prima di girarsi di nuovo e sussurrare, lentamente «A quanto pare avevo frainteso tutto, avrei dovuto ascoltare Roderich sin dall’inizio».
Feliciano sente la sua voce incrinarsi, pronunciando le ultime parole, e si volta a guardare di nuovo la sua schiena. Si accorge della tristezza di Ludwig e davvero non sa come comportarsi. È vero, l’ha sempre visto come un amico. Ma davvero è questo quello che prova? Amicizia? Ripensa alla reazione che ha avuto sentendo le sue parole e appoggia una mano sulla guancia, sentendola bollente. Che gli sia tornata la febbre? Non prova emozioni così forti da… più di cento anni. Da quando lui se ne è andato.
Comincia a chiedersi davvero se non si sia sbagliato per tutto questo tempo. Ripensa al primo incontro con Ludwig, quando subito ha cominciato a prendersi cura di lui, sebbene fosse un nemico. Al sorriso, il primo, che gli ha mostrato nel momento in cui gli ha chiesto di essere amici. Pensa anche a quella sensazione di calore e di protezione, che prova quando lo abbraccia. “Germania è davvero una brava persona, gli voglio bene ed è il mio migliore amico”. Il suo migliore amico.
Ludwig lo capisce, anche quando sembra impossibile ai più.
Ludwig lo accetta, proprio così com’è, anche se lo rimprovera di continuo.
Ludwig lo protegge, specialmente quando viene catturato dagli Alleati e gli chiede aiuto.
Ludwig lo ama.

E lui ama Ludwig.
Lo ama perché lo capisce, quando nessun altro sembra farlo. Beh, tranne Roderich.
Lo ama perché lo accetta proprio così com’è, anche quando è burbero, silenzioso o nervoso.
Lo ama perché lo protegge, anche se preferisce che sia Ludwig a farlo e spesso non ne ha nemmeno bisogno.

Lui lo ama e basta, e ci sono voluti anni per arrivare a questa semplice conclusione. Solo ora capisce quanto Ludwig sia stato coraggioso a dirgli quelle parole, superando persino la sua timidezza e la confusione, che probabilmente deve averlo logorato per giorni. Feliciano sa che deve essere stato difficile per lui accettare quei sentimenti, specialmente per il fatto che, sì, sono entrambi uomini. Ludwig, il suo Ludwig.
Forse, per una volta, proverà anche lui ad essere forte.
In un attimo, appoggia le sue mani sulla schiena di Ludwig e le fa passare sui suoi fianchi, avvolgendolo con le braccia. Lo sente irrigidirsi sotto al suo tocco, ma non ci fa caso. Appoggia la fronte sulla sua schiena, sentendo sulla sua pelle un brivido simile a quello provato prima, al calore della coperta. Non può fare a meno di sorridere e chiudere gli occhi, mentre sente il cuore regolarizzare i battiti e un nuovo senso di pace farsi spazio dentro di lui, come se finalmente avesse trovato il suo posto nel mondo. Forse è davvero questo quello che si prova quando si è innamorati.
«F-feliciano?» gli chiede Ludwig, dopo qualche secondo di silenzio. «Ludwig, ich liebe dich anch’io*». Rimane immobile ad ascoltare il cuore di Ludwig, sotto tutti quei fasci di muscoli e nervi, cominciare a battere ancora più forte di prima e la schiena diventare ancora più calda.
«S-sei sicuro? Il manuale diceva…»
«Sì, ne sono sicuro. E tu, ne sei sicuro? M-mi ami, davvero
«Sì.»
Feliciano sorride e lo stringe ancora più forte a sé, quasi a volergli impedire di allontanarsi ancora una volta da lui. «Sono così felice» dice, infine, prima di far combaciare la sua guancia alla schiena di lui. Sente Ludwig appoggiare le mani su quelle di lui e stringerle forte.

Ludwig si preoccupa per lui.
Ludwig lo osserva sempre di nascosto.
Ludwig arrossisce nel vederlo avvicinarsi.
Ludwig gli chiede di insegnarli a dipingere, perché lui proprio non ci riesce.
Ludwig lo abbraccia, proteggendolo da chi vuole fargli del male, e si prende cura di lui.
Ludwig, che ora delicatamente scosta le sue braccia dal proprio corpo e si gira, per guardarlo in viso. Feliciano spalanca gli occhi e rimane immobile, le braccia ancora strette fra le mani di Lud. Lo vede sorridere dolcemente, mentre appoggia una mano fra i suoi capelli e fa scorrere le dita fra di essi, fino a posarsi sulla sua guancia. È, però, Feliciano che posa le mani sulle spalle di lui e, prima di rendersene conto, chiede «Cosa si da, nel mio Paese, alla persona che si ama?». Gli occhi azzurri di Ludwig lo scrutano interrogativo, prima di rispondere «Un bacio?». Non fa quasi in tempo a terminare la frase, che Feliciano si è già allungato in avanti in modo da avvicinare il viso al suo. Non fa in tempo a prendere una boccata d’aria o a chiudere gli occhi, che le labbra di Feliciano sono già premute sulle sue. Dal canto suo, l’italiano si stupisce nel sentire la labbra di Ludwig così morbide e calde. Le aveva sempre immaginate ruvide e fredde, un po’ come le sue mani.
Si stacca dopo pochi secondi, troppo emozionato e inesperto per osare troppo. Gli sfugge una risata, nel momento in cui vede il volto paonazzo di Ludwig, che è rimasto rigido nella posizione di prima e ancora non sembra riprendersi dall’azione “ardita” di Feliciano. Nel sentire il suono della sua risata, però, sembra riprendersi, perché sbatte le palpebre e abbassa lo sguardo verso l’italiano, che ancora non ha allontanato le mani dalle sue spalle. Mostra un sorriso sadico, prima di dire «Ti stai prendendo gioco di me?». Feliciano cerca di negare, ma viene bellamente ignorato dal tedesco, che lo spinge sul materasso e comincia a fargli il solletico. Feliciano comincia a ridere convulsamente, mentre lo prega si smettere.
«Ve, basta Lud, ti prego». Finalmente, dopo l’ennesima richiesta, la tortura sembra cessare. Feliciano ne approfitta per asciugarsi gli occhi dalle lacrime, provocate dalle troppe risate, ma ad un tratto Ludwig lo blocca con le sue mani. Feliciano fa in tempo ad osservare i suoi occhi celesti, ormai vicini, troppo vicini, ai suoi. Le labbra di Ludwig intrappolano le sue e la sente indistintamente quella sensazione allo stomaco, che gli fa desiderare di andare oltre. Le loro bocche combaciano, si assaggiano, si mordono. Non c’è più traccia del casto bacio di prima in quella lenta danza di labbra, lingue, che si cercano e si intrecciano, in un gioco senza fine. Feliciano sente improvvisamente la testa più leggera, quasi ad ogni bacio Ludwig gli rubasse un po’ di lucidità. Apre gli occhi per un istante soltanto e arrossisce nel vedere l’espressione rapita di lui, gli occhi chiusi e le guance calde, i capelli biondi scompigliati, probabilmente dalle sue mani. Quando Ludwig si stacca per riprendere fiato, apre gli occhi e subito i loro sguardi si incrociano. Feliciano rimane per qualche momento in silenzio completamente assorto nel guardare il volto di Ludwig e forse cercare di memorizzarlo, imprimerlo bene nella sua mente. Poi, all’improvviso, viene colto da una paura irrazionale. Il timore di perderlo, di tornare a vivere in un’illusione, come era accaduto in passato.
«Resta con me». Stringe le dita fra il tessuto della canotta nera di Ludwig, mentre gli fa questa richiesta. E questa volta è sicuro di averlo detto, e non solo pensato.
Lui sorride dolcemente, a pochi centimetri dal suo viso. «Sempre. Te lo prometto».

 

Feliciano sorride nell’udire quelle parole.
Guarda di nuovo gli occhi azzurri di Ludwig, così simili a dei piccoli
squarci di cielo, così straordinariamente simili a quelli del suo amore passato.
In questo momento realizza che in realtà una piccola parte di lui l’aveva sempre saputo.

Sacro Romano Impero ha mantenuto la sua promessa.
Infondo, non era poi stata un’illusione.

 

 

 

 

 
 

 

Note dell’autrice: Bene, i miei complimenti se siete riusciti ad arrivare fino alla fine senza dover ricorrere ad una scorta di flebo, o peggio. Bell’inizio per delle note, non trovate? xD Beh, il fatto è che non penso di essere brava nello descrivere storie d’amore, oh no, è per questo che mi sto impegnando con tutta me stessa nello scriverne qualcuna di decente, con la speranza di migliorare. E poi, tra l’altro, non ho fatto morire nessuno D: cioè, ho scritto una cosa a lieto fine??? Mi stupisco di me stessa… Che questo sia l’effetto del GerIta? *^* Questa storia partecipa al contest 242 indetto da Audrey24th sul forum di Efp *speriamo bene >.>*
Dopo questa digressione, cercherò di fornire alcune spiegazioni sulla trama, etc…

Inizio sclero

La storia delle rose e di San Valentino è tratta dall’omonimo capitolo extra del manga e ora episodio in due o tre parti di Hetalia-The beautiful world (per ora è uscito solo il primo). Puoi trovare quihttps://www.youtube.com/watch?v=RCxlRoBElmA  e qui https://www.youtube.com/watch?v=4O8tBCc0FpM  il capitolo del manga, e qui https://www.youtube.com/watch?v=8IxIsMnW_2Ml’episodio, anche se è in giapponese, con i sub in inglese, e c’è solo la prima parte (la seconda uscirà in Agosto).
Consiglio a chi non l'avesse ancora fatto (se qualcuno non l'avesse ancora fatto) di guardare quei video, perché io sono praticamente morta dal ridere xD Povero Doitsu, troppe emozioni xD Sto fangirlando (?) dietro a quel capitolo da settimane, e poi una mattina scopro che è stato animato *^* Sì, giorno gioiglorioso per noi fan GerIta u.u E poi, le scenette Austria/Ungheria e US/UK?? *urla come una pazza*
Ehm, ehm… dicevo? :D
La storia del “ich liebe dich” la troverete qui 
https://www.youtube.com/watch?v=0NthImHQjKs  , scena di una puntata dell’anime doppiato in inglese… Inutile dire che la mia faccia era tipo così: *_* (oddio, sto impazzendo xD)
Comunque, l’avvertimento “What if?” è spiegato dal fatto che io ho rigirato la scena descritta nel capitolo che ti ho linkato in questo modo: Feliciano ha regalato a Ludwig i fiori e lui si è chiuso a riccio, troppo confuso e sconvolto per le improvvise emozioni. Dunque non ci sono stati ne la risposta (sì), ne l’invito a cena con seguente casino (?), ma semplicemente un Feliciano che si ritrova all’improvviso con un Ludwig sclerato e muto.
Altra precisazione: Ludwig e Sacro Romano Impero sono la stessa persona, o per lo meno in questa fic (anche se resto fermamente convinta sia così anche nel manga/anime/ecc)

Fine sclero
*: ovviamente la frase “ich liebe dich anch’io” è completamente sbagliata dal punto di vista grammaticale, ma la cosa è voluta. Infatti, Feliciano non conosce il tedesco e ho voluto far capire questa cosa inserendo quel “anch’io”, in modo da far risultare il tutto più leggero (invano).
Spero di aver usato correttamente il prompt (illusione), anche se questo è un altro dei dubbi che mi assillano riguardo questa storia. Il fatto è che per me è sempre stato difficile scrivere rispettando un prompt, vedendolo quasi come una limitazione al mio volere (perché la mia mente è così dannatamente complicata?? ;_;). In ogni caso mi sembra di averlo inserito a sufficienza, dato che su di un’illusione si basa tutta la storia. Tutto nasce dall’illusione che Feliciano crea attorno alla promessa di Sacro Romano Impero e continua anche dopo, nel momento in cui si convince di essere odiato all’improvviso da Ludwig, a causa del suo silenzio. Alla fine l’illusione crolla da una parte, in quanto Ludwig si scopre provare tutto nei suoi confronti tranne che odio, mentre si mostra “veritiera” dall’altra. Infondo, Sacro Romano Impero ha mantenuto la sua promessa, anche se nessuno dei due sembra esserne davvero consapevole.
Spero di non essere sfociata in un OOC, davvero, ma è così difficile caratterizzare questi due personaggi D: Specialmente, il mio terrore è Ludwig. Dato che lo adoro, ho il timore di non saperlo descrivere bene… Poi tra l’altro sono andata a complicarmi la vita scrivendo in terza persona ma concentrandomi solo sul punto di vista di Feliciano, del tipo “roviniamoci l’esistenza”.
Questa è la prima volta che scrivo una storia "seria" su questo fandom, avendolo scoperto da poco (circa un anno), perciò siate clementi con me :D
Mai scritte delle note così lunghe in vita mia, vedrò di rimediare.
Grazie mille per l’attenzione, spero non faccia tanto schifo XD (ma io ne vado orgogliosa lo stesso, qualunque sia l’esito u.u è pur sempre la mia piccina, e a lieto fine, tra l’altro – più impossibile che raro-). Spero qualcuno vorrà lasciarmi un commento, semplicemente per farmi sapere che ne pensa di questa storia e cosa potrei migliorare :)
Baci ;D

  
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