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Autore: _Ella_    09/06/2013    2 recensioni
Pensò che alle volte la pelle di Zexion poteva essere davvero molto dolce oltre che bianca, come il latte più zuccheroso, e lui era soltanto lo stupido gattino che aspettava impaziente che la sua ciotolina si riempisse, leccandosi i baffi al ricordo dell’ultimo assaggio che aveva avuto.
[Perché in realtà del finto Zemyx day non m'interessa, ma di Syr sì.]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Demyx, Zexyon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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Bianco di lacrime e sorrisi

 
A the World that Never Was non aveva mai piovuto, né c’era mai neppure stato il sole. Era stata sempre e solo calma, eterno buio, come la parodia di una perfezione che in realtà non esisteva: era perfetto quel Castello bianco, le stanze ed i corridoi così uguali tra di loro che Demyx ci aveva messo settimane per riuscire a trovare la propria camera senza perdersi, ed era perfetto il cielo limpido dipinto fuori dalle finestre, perché i palazzi alti con le insegne luminose non erano mai riuscite a coprirlo. Probabilmente se lo avessero fatto non sarebbe cambiato nulla, perché in quella volta monocolore lui non ci aveva mai trovato niente, se non profondo sconforto: era vuoto come loro, come loro e come le stanze del Castello, come lo sguardo di chi ha capito che una speranza in realtà non c’è mai stata.
Demyx odiava quel cielo come odiava essere un Nessuno, e allora invece che guardare il niente fuori dalla finestra preferiva sedersi sul pavimento della sua camera, al buio, e carezzare le corde del suo Sitar, per fingere di avere ancora qualcosa da dire e da raccontare che non fosse soltanto sconforto.
A the Word that Never Was non aveva mai piovuto e non c’era mai stato il sole, eppure un tempo Demyx aveva sorriso lo stesso.

 

«Credi che lo riavremo, un cuore?».
Sapeva benissimo che Zexion odiava palesemente chiunque osasse anche solo pensare di distruggere il silenzio con quel genere di domande quando stava quasi per addormentarsi, ma non gli importava poi molto. Non ora, almeno.
Accennò infatti un sorriso quando il Burattinaio girò il viso dall’altra parte, senza neanche cercare di rispondergli: “Sto cercando di dormire – sembrava dire col suo atteggiamento scontroso – non rendermi ancora più difficile ignorarti”. Ma Demyx non riusciva a non adorare quel suo modo di fare, e allora strisciando sul materasso gli si avvicinò, cingendogli il busto col braccio, ed appurato che non lo avrebbe ucciso per quel gesto sconsiderevole gli baciò la spalla, mordendola piano.
La pelle di Zexion era sempre estremamente chiara, quasi pallida, tanto che tendeva confondersi nel candore delle lenzuola profumate. Era elegante, delicata, e tutte le volte che si trovava a suggerla e morderla aveva sempre un po’ paura di rovinarla per sempre, e sapeva benissimo che non se lo sarebbe mai perdonato se fosse successo: la trovava perfetta, semplicemente, e tendeva sempre a paragonarla con la soffice spuma del mare, con i sottili petali dei bellissimi fiori nei giardini di Wonderland – solo Kingdom Hearts sapeva quante volte era stato sul punto di coglierli tutti per tenerseli in camera, ma il pensiero di vederli appassire lo aveva fermato subito, e allora li aveva lasciati tutti lì dov’erano.
Gli morse di nuovo la spalla nuda, vezzeggiandola poi con la punta del proprio naso; Zexion non si mosse né parlò, mugugnò soltanto, e Demyx decise saggiamente che era arrivata l’ora di stare un po’ fermo, se non voleva che lo cacciasse nel giro di pochi minuti – l’ultimo bacio, gli lasciò solo l’ultimissimo bacio e poi smise, continuando tuttavia a stringerlo con un sorriso rilassato.
 
«Lo riavremo indietro un cuore, Zexion?».
Fargli una domanda del genere mentre leggeva non era certo la cosa più arguta da fare, e quando lo sguardo tagliente del Sesto Numero gli perforò il petto, Demyx se ne rese perfettamente conto. Sbuffò un po’, e seduto con lui al grosso tavolo di legno della biblioteca cominciò a tamburellare le dita sulla superficie lucida e liscia, tenendo su la guancia col pugno chiuso della mano: se aveva deciso di ignorarlo con le buone, probabilmente con le cattive sarebbe riuscito ad attirare un minimo della sua attenzione, magari. Anche un insulto sarebbe andato bene.
«Hai intenzione di sparire prima del previsto, Numero Nove?» parlò da dietro un grosso libro, continuando a girare le pagine.
Demyx fece una lieve smorfia, sbuffando ancora più rumoroso di prima. «Sì» disse. «Se mi aiuta ad attirare un po’ la tua attenzione».
Altra pagina girata. «Perché la vorresti?».
«Per… parlare, credo».
Ma Zexion affondò ancora di più il viso nel libro: “Abbiamo parlato, discorso chiuso”, sembrò volergli dire, e lui non poté fare altro che rassegnarsi, abbandonandosi stancamente contro lo schienale duro della sedia in legno, le braccia raccolte al petto.
La sua pelle era bianca come l’amara zona incolore degli agrumi appena sotto la buccia colorata – ma era lui ad essere amaro, non la sua pelle.
«Finisco il capitolo» aggiunse però Zexion dopo qualche minuto, e sciogliendosi in un sorriso dolce Demyx scivolò con le braccia sul tavolo, osservandolo in silenzio mentre lasciava scorrere gli occhi da parte a parte del foglio, forse più velocemente del dovuto.
 
Uno schiocco morbido, poi un altro più lungo, bagnato su bagnato. Demyx sospirò sulle labbra rosse e schiuse di Zexion, che guardandolo tra il divertito ed il malizioso gli leccò ancora una volta la bocca, prima di morderla languidamente e ritornare a baciarlo.
Il Notturno Melodico lo tenne stretto tra le sue braccia, spaventato al solo pensiero che volesse smettere ed andare via – resta ancora un po’ qui, ancora un po’, fino all’infinito.
Pensò che alle volte la pelle di Zexion poteva essere davvero molto dolce oltre che bianca, come il latte più zuccheroso, e lui era soltanto lo stupido gattino che aspettava impaziente che la sua ciotolina si riempisse, leccandosi i baffi al ricordo dell’ultimo assaggio che aveva avuto.
Demyx gli passò le mani tra i capelli, sulle guance, il collo, le spalle e la schiena, fino ai fianchi, prima di percorrere a ritroso il percorso, impaziente – un altro sospiro, e Zexion iniziava a divorarlo letteralmente, senza lasciargli neppure più il tempo per respirare, neppure più il tempo di pensare, ma del resto Demyx sapeva di non essersi perso davvero niente: in tutti i suoi sogni c’era lui, e adesso che lo aveva erano tutti diventati particolarmente superflui.
«Riavremo il nostro cuore?» chiese con il fiatone, direttamente sulla sua bocca, ma il Burattinaio preferì continuare a baciarlo, e per una volta lui non ebbe neppure il tempo di essere infastidito dall’assenza di una risposta – ancora una volta era lì a prendersi tutto quello che gli avrebbe dato, e non aveva intenzione di lamentarsi.
 
«Quanto tempo sarai a… ad…. Ehm…».
«Oblivion Castle, Demyx».
«Sì, esatto! – quanto tempo ci stai, Zexion?».
Continuava imperterrito a carezzargli i capelli, seduto al suo fianco sul divano dell’Area Grigia, ignorando bellamente i presenti – non era del tutto sicuro che Zexion fosse contento di tutte quelle effusioni in pubblico, ma finché non gli avrebbe chiesto di smetterla, lui non l’avrebbe fatto.
«Non so quanto tempo ci vorrà» disse, stringendosi nelle spalle – lui invece s’imbronciò, arrestando per un momento la lenta e ritmica carezza della mano. «Non credo molto, comunque».
«Beh, tu… tu stai sempre attento, sì?» - non potrò neppure avere il tuo corpo per piangerti, avrebbe voluto dirgli, ma non lo disse per non sembrare troppo pessimista o stupido, o forse per non dar corda ad uno strano presentimento. «Tanto viene anche Axel, no?» domandò, e quando ebbe conferma accennò un sorriso un po’ più rilassato. «Oh, bene!».
Lui era forte, e tutte le volte che erano andati in missione assieme non ci aveva mai pensato due volte prima d’aiutarlo in battaglia – considerando anche quanto lui effettivamente facesse schifo a combattere – quindi avrebbe sicuramente aiutato anche Zexion, se ce ne fosse stato il bisogno.
«Non ho bisogno della balia» («Non… non dicevo in quel senso, però-»). «Soprattutto sarebbe meglio che il Numero Otto non ci fosse affatto» e detto questo si liberò malamente della presa del braccio che gli cingeva le spalle, senza aggiungere nient’altro.
Demyx sospirò stancamente, mordendosi la bocca. «Sono solo preoccupato» disse, ma non osò toccarlo per non innervosirlo ulteriormente, massaggiandosi il collo. «Lo sono sempre quando vai in missione».
Zexion si decise finalmente a guardarlo: “Quanto sei stupido”, sembrò dirgli con quegli occhi meravigliosi, però poi gli prese il viso tra le mani e lo baciò, piano, come una leggera ed intima carezza sulle labbra.
“Potremmo mai averlo un cuore?” Demyx quella volta ebbe paura di chiederglielo, chissà perché. Forse aveva davvero timore che quel giorno Zexion gli avrebbe risposto.

 


A the Word that Never Was non aveva mai piovuto, non c’era mai neppure stato il sole, eppure adesso Demyx non smetteva di piangere.
 

 
 

 




Che tipo avrei dovuto mettere "ATTENZIONE NON HA SENSO" all'inizio ma sono ancora in tempo per dirlo ade- ATTENZIONE NON HA SENSO.
Il ché è inutile ma io almeno non mi sento in colpa.
Forse.
Non vogliatemi male. GLI ABORTI ESCONO OGNI TANTO :C
E comunque boh. Dai, Zexion, non sei contento che sia venuto anche Axel a farti compagnia? - chiedo perdono per la cattiveria ma DEMYX DOVEVA DIRLA UNA COSA COSI'.
O magari no.
Che tipo, se non si fosse capito, questa è per Syr. Perché tra un cliente e l'altro deve pur occupare il tempo, insomma - battona mia luv u <3, il Georgia è per te <3.
Cioè tipo boh dovevo dire un sacco di cose MI SO SCORDATA, quidi ciao.
Sembro più spastica del solito, quindi sparisco.
Ciao <3

See ya!

   
 
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