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Autore: lyssa    09/06/2013    3 recensioni
« Sandor, aspetta. »
Era la prima volta che lo chiamava per nome.
[ SanSan ]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ovunque regnava il caos.

In città, sotto le mura, all’interno del castello, nel suo corpo, nella sua testa.

Frammetti e immagini sconnessi prendevano forma nella sua mente; ora vedeva il brutto volto del boia di corte, ora quello delicato di Cersei. Sapeva di essere al sicuro lì – o almeno, questo era ciò che continuava a ripetersi – eppure la sua testa era piena delle urla degli uomini che lottavano, combattevano e, infine, morivano.

Appoggiò la schiena alla pesante porta di legno e inspirò a fondo, socchiudendo gli occhi.

Era il vino, si ripeté, non avrebbe dovuto berne così tanto.

Quando sollevò le palpebre lo sguardo si posò sulla bambola che suo padre le aveva regalato tempo prima. Le sembrava fossero passati secoli. Quel giorno apparteneva a un'altra epoca, un epoca in cui Sansa Stark era soltanto un ingenua ragazzina, impaziente di sposare il suo bel leone biondo e donargli tanti eredi.

Adesso quello stesso pensiero le dava solamente la nausea.

Suo padre era morto e lei aveva scoperto l’indole sadica del suo futuro sposo; la sua felicità era stata spazzata via con la stessa velocità con la quale era comparsa.

Carezzò delicatamente il giocattolo, soffermandosi con i polpastrelli sul volto di porcellana. Il gesto ritmico e la vista familiare di quel viso inanimato le trasmisero una tranquillità tale che si ritrovò persino a sollevare le labbra in un debole sorriso.

Era solo una stupida bambola, ne era perfettamente consapevole, niente di più di un fantoccio nelle sue mani; eppure, più la teneva in mano e più il panico che l’aveva pervasa fino a pochi secondi prima sembrava allontanarsi.

Era una stupida bambola, ma era anche l’unica cosa su cui poteva dire di avere ancora il controllo. I Lannister gli avevano portato via la sua famiglia, i suoi sogni, la sua vita. Se fosse riuscita a tenerla stretta a se forse un giorno sarebbe stata in grado di riprendere in mano tutto il resto, pensò.

« Stai iniziando a farti prendere dal panico? »

Sobbalzò nel sentire una voce roca provenire dall’angolo della stanza. Sansa lo riconobbe ancora prima di sollevare lo sguardo su di lui; avrebbe riconosciuto quel tono raschiante tra mille.

« Cosa ci fai qui? »

« Non starò qui per molto. Sto andando via. »

« Dove?»

« In un luogo che non sia in fiamme. A nord, può essere. Potrebbe essere. »

Il Mastino afferrò la caraffa che aveva appoggiato sul tavolino e bevve un lungo sorso di quello che, a giudicare dall’odore, sembrava essere vino.

Ad una seconda occhiata Sansa si rese conto che appariva più piccolo del solito.

Sandor Clegane era sempre stato un uomo grande e spaventoso, eppure in quell’istante le sembrava incredibilmente fragile. E ubriaco.

Nel momento stesso in cui lui si alzò un lampo di luce verdastra rischiarò la stanza, illuminando il suo volto di una luce grottesca.

“L’altofuoco!”

Si diceva che l’altofuoco fosse ricavato dal soffio dei draghi. Si diceva che potesse bruciare persino l’acqua e che nulla fosse in grado di spegnerlo.

Posò lo sguardo sulla cicatrice che deturpava metà del volto del Mastino. Tanto tempo prima, al torneo per il Primo Cavaliere del Re, Gregor Clegane aveva ucciso il cavaliere contro cui stava gareggiando. Erano passati mesi, ma ricordava perfettamente il volto senza vita di Ser Hugh della Valle, l’olezzo del sangue e la lancia che gli aveva trafitto la gola, causandone la morte. Era stata in quell’occasione che Ditocorto le aveva raccontato della cruenta storia che si celava dietro le cicatrici di Sandor.

“Il Mastino ha paura del fuoco!” realizzò, mentre quello si avvicinava a lei.

“Tutto è in fiamme, per lui deve essere un incubo… Non c’è da sorprendersi che voglia scappare via.”

« Posso portarti con me. Ti terrò al sicuro. Vuoi tornare a casa? »

Sansa sbattè le palpebre un paio di volte, sorpresa dalla domanda.

Avrebbe voluto rispondergli che sì, voleva tornare a casa più di ogni altra cosa al mondo.

Avrebbe voluto rivedere il volto di sua madre, dei suoi fratelli e persino quello di sua sorella Arya. Ma all’esterno del castello c’erano soltanto morte, fiamme e disperazione; Sandor poi era pur sempre un uomo dei Lannister.

« Io… » Tentennò, lanciando un ulteriore occhiata terrorizzata al suo volto sfregiato  e coperto di sangue rappreso. Non poté fare a meno di chiedersi se fosse sgorgato fuori dalle sue ferite o se invece appartenesse agli uomini che aveva ucciso « Non riusciremo mai a scappare. Ci uccideranno... » Disse con voce flebile, abbassando lo sguardo e stringendo maggiormente la bambola al proprio petto.

« Uccidere? Uccellino, io ho questa. » Sandor appoggiò la mano sull’elsa della spada « Massacrerò ogni fottutissimo uomo sulla nostra strada. Leone, cervo, non importa; tutte le bestie muoiono allo stesso dannatissimo modo. Li ucciderò… A meno che non siano già in fiamme. » Aggiunse, emettendo quella che avrebbe dovuto essere una risata, ma che invece assomigliava più al gemito di un animale in agonia.

Nonostante fosse in preda al panico, Sansa non poté non sentire una stretta al cuore di fronte a quel suono.

“Sembra spaventato quasi quanto me.”

« Mi porterai davvero a Grande Inverno…? » Deglutì, cercando di acquistare una parvenza di compostezza. A quella domanda il Mastino aggrottò l’unico sopracciglio rimastogli e fece un ulteriore passo verso di lei, ringhiando. L’odore di sangue e vino che emanava le fece quasi torcere le labbra in un espressione di disgusto.

« Non c’è tempo per le tue fottute domande. Vuoi rimanere qui e sposare quell’idiota del Re? Non vedi l’ora di farti scopare da lui e portare il suo fottuto figlio nella pancia? O forse preferisci essere prigioniera di Stannis? Fai quel che cazzo di pare uccelletto, io non intendo rimanere qui un secondo di più. » La fissò negli occhi un ultima volta, prima di voltarsi e dirigersi verso la porta, mentre Sansa rimase immobile, ancora con il giocattolo stretto a se.

Voleva tornare a casa. Voleva che quell’incubo finisse. Voleva tornare a vivere.

Ma non poteva farlo se continuava a rimanere chiusa nella sua piccola gabbia.

« Sandor, aspetta. »

Era la prima volta che lo chiamava per nome.
 
 
 
 
 
 
 
 
« Uccelletto, chiudi gli occhi. Credimi, non vuoi che i tuoi incubi siano pieni di uomini bruciati vivi.»

Sansa aveva ubbidito. Aveva chiuso gli occhi e stretto forte le palpebre. Eppure l’odore di carne bruciata le riempiva comunque le narici e le urla agonizzanti dei soldati si erano fissate nella sua testa.

Non poteva vedere, ma poteva sentire.

Sentiva il passo strascicato di Sandor, sentiva il suo respiro affannato e il rumore dell’acciaio su altro acciaio. Il Mastino se la era caricata sulle spalle – come aveva fatto non molto tempo prima, quando la aveva salvata dalla folla inferocita – e ad ogni suo affondo, il corpo di Sansa sballottolava un po’. Pregò tutti gli Dei affinché lui non la lasciasse andare, ma la presa del suo braccio era forte e salda e non rischiò di scivolare neanche per un istante.

Da quanto si trovassero lì, non avrebbe saputo dirlo. Potevano essere una manciata di minuti così come poteva essere un ora, il tempo era scandito semplicemente dai passi di Sandor e dalle sue imprecazioni.

Sansa aveva iniziato a contarle, era un modo come un altro per concentrarsi su qualcosa che non fosse l’inferno nel quale si trovavano, ma ben presto erano diventate talmente numerose che perse il conto.

Quando lui la fece scendere, aveva smesso di contare da tempo.

« Puoi aprire gli occhi adesso. »

Sollevò le palpebre e lo guardò. Se possibile aveva ancora più sangue addosso e la sua armatura aveva qualche ammaccatura in più. Fece vagare velocemente lo sguardo su di essa, cercando uno squarcio nella maglia di ferro – fortunatamente non ne trovò.

« Sei ferito…? »

Quando Sandor grugnì qualcosa, Sansa si lasciò andare a un sospiro di sollievo.

Fu solo in quel momento che dedicò la propria attenzione al grande cavallo nero che sbuffava impaziente, sbattendo gli zoccoli sul terreno.

Senza dire una parola, il Mastino le si avvicinò e le appoggiò le mani sui fianchi. Le sue dita avevano lasciato impronte scarlatte sul prezioso tessuto del vestito, ma la sua presa era stranamente delicata.

“È violento,  i suoi modi e le sue parole sono dure, ma mi ha sempre trattata con cura.”

La fissò per qualche decimo di secondo, prima di sollevarla senza alcuna apparente fatica e issarla sul dorso dello stallone, salendo poi dietro di lei.

Sansa non sapeva dove si trovassero – ogni bosco era uguale all’altro, una distesa pressoché infinita di alberi e terra – eppure si sentiva decisamente più rilassata rispetto a quando si trovava nella sua stanza; il peggio era passato.

Avevano appena iniziato a cavalcare quando lei si voltò appena, in modo da osservare il volto di Sandor.

Non poteva vederlo con chiarezza a causa dell’oscurità, ma aveva come l’impressione che anche lui si sentisse decisamente più confortato – dopotutto si stavano lasciando le fiamme alle spalle.

Lo fissò a lungo, facendo vagare lo sguardo sul volto, rischiarato solamente dalla debole luce della luna che filtrava a fatica tra le fronde degli alberi. Osservò i suoi occhi scuri, la linea del naso e quella dura della mascella; osservò le sue labbra e, ovviamente, osservò anche la cicatrice.

Lo aveva trovato terrificante dalla prima volta in cui lo aveva visto. Con il passare del tempo si era però resa conto che ciò che la spaventava veramente non erano le ferite sul suo volto o il modo in cui il lato sinistro della sua bocca si torceva ogni qual volta che apriva bocca, ma la rabbia e la violenza che dettavano ogni suo gesto e parola.

L’aveva messa a disagio in più di un occasione, ma era anche vero che l’aveva salvata in più di una volta, pensò. Fu in quel momento che il Mastino si rese conto di essere fissato e, non appena si voltò verso di lei, Sansa sentì un puerile imbarazzo colorarle le guance.

« Grazie. »

“Per tutto.”

Prima di voltarsi nuovamente gli sorrise e allungò un braccio per toccargli la guancia ustionata.

 
 
 
 
 
 
 
Quando si risvegliò, era nel suo letto.

Si tirò su a sedere e si passò una mano tra i lunghi capelli scarlatti, lasciando vagare lo sguardo sulla stanza. Era una notte senza luna e Sansa distingueva a fatica i contorni dei mobili, tuttavia sapeva perfettamente quale posizione occupassero. Dopotutto era ormai da tempo che quella camera era diventata la sua gabbia.

La prima volta che aveva fatto quel sogno si era svegliata con il battito del cuore leggermente accelerato e dopodiché non era più riuscita a ritrovare il sonno, ma con il passare del tempo aveva iniziato a farci l’abitudine e talvolta riusciva persino a riaddormentarsi.

Ma che senso aveva riaddormentarsi se poi rifaceva lo stesso identico sogno?

Erano trascorsi diversi giorni dalla battaglia delle Acque Nere, eppure non c’era notte in cui lei non si chiedesse se rimanere lì era stata la scelta giusta.  

A quell’ora avrebbe potuto essere in viaggio verso casa.

Sospirò e scostò le coperte dal proprio corpo, appoggiò poi la pianta nuda del piede sul pavimento, facendo attenzione a non fare nessun rumore e si diresse verso la finestra.
Non avrebbe mai pensato di poterlo pensare, ma sentiva la mancanza di Sandor Clegane.

A volte si voltava, sperando di vedere il suo volto ustionato tra quello degli altri cavalieri. Ogni volta rimaneva delusa nel constatare che oramai il Mastino se ne era andato.

L’aveva sempre seguita come un cane fedele e, sebbene all’inizio considerasse la sua presenza decisamente inquietante, con il tempo vi si era abituata e aveva trovato in essa un certo conforto.

Sandor era diverso da persone come Ser Meryn o Ser Boros.

Nonostante questi ultimi fossero cavalieri di nome, erano ciò che più lontano esisteva dalla nobiltà; il Mastino non si era mai definito un cavaliere – anzi, non perdeva occasione affermare il contrario e sputare sulle loro armature scintillanti – ma possedeva un animo sicuramente più nobile.

Si voltò verso il piccolo comodino, sul quale si trovava un fazzoletto di stoffa.

Era con quello che il Mastino le aveva tamponato il sangue che le era uscito dal labbro quando Ser Meryn la aveva schiaffeggiata.

“Non ho mai avuto modo di restituirglielo.”

Lo afferrò e lo strinse tra le dita, lasciandosi andare a un piccolo sospiro.

Nelle canzoni i cavalieri regalavano sempre qualcosa alle loro dame, pensò, avvicinandosi alla finestra.

Sapeva che le canzoni non rispecchiavano la vita reale, ne aveva avuto la riprova più e più volte, eppure una piccola parte di lei – ed era sicura che il Mastino l’avrebbe derisa per questo – continuava a sperare che un giorno qualcuno sarebbe venuta a salvarla.

Aveva sempre immaginato il suo salvatore con un viso delicato, gentili labbra rosee da cui uscivano soltanto complimenti e morbidi capelli che si muovevano nel vento ogni qual volta che cavalcava.

Eppure, per un istante soltanto, sostituì al volto di quell’uomo – che tanto assomigliava a Loras Tyrell – quello duro e feroce di Sandor Clegane.

 
 
 
 
 
















Note:
 
NHHHHH. Loro sono la mia OTP della serie.
Ho sempre desiderato scrivere su una loro ipotetica fuga, ma sono consapevole che Sansa non avrebbe mai accettato la proposta del Mastino. Sono contenta di come vadano le cose nel canon, perché una loro lontananza può permettere al loro rapporto di evolversi – spero solamente che si rincontrino prima o poi!
Inoltre credo che sarebbe stato OOC far andar via Sansa e Sandor insieme, proprio per questo ho pensato di descriverlo come un sogno u v u
Una parte nascosta di Sansa avrebbe voluto scappare con lui, ma ricordiamoci che quella notte il Mastino era ubriaco fradicio, spaventato e completamente perso. Scappare con lui non le dava nessuna certezza, non le prometteva una vita migliore rispetto a quella ad Approdo del Re. La scelta che ha fatto Sansa è quella più ragionevole e sensata.
Eppure sono sicura che lei continui a pensare a cosa sarebbe successo se fosse fuggita con lui e 3 e
E nulla, volevo soltanto farvi sapere come la penso in merito, per giustificare il non aver messo l’avvertimento “OOC” , dato che penso – spero! – di non essermi distaccata troppo dai caratteri originali
Ho letto anche i libri, quindi ecco non credo di essere uscita fuori dal carattere originale di Sansa! Nei libri è chiaro che lei inizi a idealizzare un po’ la figura del Mastino e dato che nel telefilm non possiamo sapere i suoi pensieri beh, l’ho trovata una cosa credibile!
Spero soltanto che vi piaccia, tengo molto a questa fic dato che è la prima che scrivo su di loro > w <
   
 
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