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Autore: applestark    10/06/2013    1 recensioni
Jack e Alex sono due adolescenti, è l'ultimo giorno di scuola e decidono di passare il pomeriggio insieme.
"Let me come home, home is everywhere I'm with you"
(Fanfic ispirata alla canzone Home di Edward Sharpe&The magnetic Zero)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Moats & boats & waterfalls, alley ways & pay phone calls
I’ve been everywhere with you
We laugh until we think we’ll die, barefoot on a summer night
Nothin’ new is sweeter than with you
And in the sticks we’re running free like it’s only you and me
Geez, you’re something to see.
Let me come home, home is whenever I’m with you.
                            

 
Lo squillo della campanella, quella mattina, significava solo una cosa: La scuola era finita, gli studenti avevano tre mesi da vivere tra pacchie pomeridiane, serate in discoteca e tuffi in piscina.
Sin dal primo “drin” una folla di giovani prese a spingersi con forza lungo i corridoi stretta della scuola, per giungere il prima possibile nel cortile del liceo, dove una lotta fatta a bottiglie d’acqua e pompe per l’irrigazione del giardino sarebbe cominciata.
Alex indugiò qualche secondo ad osservare per l’ultima volta quell’aula che l’aveva visto incazzato, nervoso, a volte anche fiero dei suoi risultati. Si alzò con calma, a differenza dei suoi compagni di classe che si accalcavano, e prese la tracolla in pelle nera nella quale aveva solo qualche penna e un libro a casa. Si avvicinò alla lavagna e vi passo un dito sopra, che presto si trasformò in un dito medio, ovviamente riferito ai professori.
Sorrise come soddisfatto e prima che qualcuno potesse vederlo iniziò a camminare a passo svelto, fino ad arrivare alle scale che attraversò correndo per arrivare nel cortile.
Ovviamente anche lui possedeva una bottiglia di plastica piena fino all’orlo di acqua freddissima, e si sarebbe vendicato di qualche scortesia ricevuta.
-Questa è per te, Gaskarth!- esclamò un ragazzo al centro del giardino, che Alex riconobbe molto presto, visto il tono da buffone che caratterizzava solo Josh Walker, il rappresentante d’istituto.
Un attimo dopo dell’acqua gli finì addosso, bagnandogli la t-shirt bianca e i capelli sempre scompigliati.
-Idiota- commentò, ma un attimo dopo sorrise, corse incontro a Josh e gli gettò addosso tutto il litro d’acqua che aveva nascosto nella sua tracolla.
-Buone vacanze, amico- aggiunse agitando la mano e prendendo a correre velocemente verso il parcheggio, approfittando del momento in cui quel buffone se ne stava inchiodato con i piedi all’asfalto bollente, zuppo come una spugna di mare.
Arrivato nel parcheggio si posizionò dietro a un albero per sistemarsi i capelli completamente bagnati ma che gli davano una piacevole sensazione di fresco sulla testa. Una sagoma a lui familiare lo colpì, un ragazzo alto e con i capelli scompigliati come i suoi stava accovacciato all’automobile del professore di diritto, Mr. Valley.
-Jack!- esclamò Alex, correndo subito incontro al suo migliore, migliore… -forse troppo- amico.
-Gaskarth, che hai combinato? Non urlare, comunque-
Il moro fece cenno ad Alex di zittirsi, e lui così fece.
-Battaglia con l’acqua… ma tu dov’eri oggi?- mormorò, accovacciandosi anche lui al suo fianco.
-Ennesima litigata con quel coglione del Valley, non vuole passarmi la materia, questo significa che a causa sua mi rovino l’estate-
Il ragazzo si morse il labbro inferiore nervosamente, ricordava benissimo tutto ciò che quel professore aveva fatto passare a Jack nel corso dell’anno.
-E… che stai facendo qui, scusa?- lo guardò perplesso.
-Gli buco le ruote, non vedi?!-
Jack sorrise, uno sguardo furbo e vendicatore gli faceva brillare le iridi, due pozzi scuri che Alex adorava ammirare.
-Okay, però vedi di darti una mossa-
Il moro annuì e  con uno spillo buco entrambe le ruote di quel lato della macchina, poi, seguito da un Alex che se la rideva come un matto, corse verso il cancello d’uscita, per dire addio ufficialmente a quella dannata scuola.
 
Più tardi, al chiosco, Jack e Alex si guardavano insistentemente negli occhi senza dire una parola.
-Cosa ti turba?- disse Alex, per rompere quel silenzio ferreo che si era venuto a creare tra i due.
-Devo dire ai miei del professore Valley, mio padre si incazzerà come una bestia- sospirò.
-Dai, non preoccuparti, vedrai che capirà- disse Gaskarth sorridendo, cercando di trasmettere un po’ di buonumore anche al suo migliore amico. Avrebbe tanto voluto dirgli che quando sorrideva aveva una luce negli occhi meravigliosa, ma stette zitto, pensando che forse era meglio così.
-Lo spero guarda, altrimenti mi trasferisco da te-
Quel sorriso non tardò ad arrivare, così Alex gli fece una linguaccia di rimando, prendendo un sorso della sua granita ai mirtilli.
-Sei contento?- chiese Jack, incalzante.
-Ovvio- rispose Alex, allungando una mano per dare una scherzosa pacca sulla spalla al suo amico.
Rimasero un altro po’ in silenzio, tanto che il rumore prodotto da Gaskarth quando finì di bere la sua bevanda sembrò più fastidioso del ronzio di una mosca.
-Io mi rompo le scatole di tornare a casa ora- intervenne il moro, incrociando le braccia al petto in un espressione tanto tenera.
-Anche io sinceramente, dove potremmo andare?-
Alex si drizzò immediatamente sulla sedia, adorava passare del tempo in compagnia di Jack, lo adorava e basta… si era chiesto migliaia di notti come mai in sua compagnia sorridere era la cosa più giusta da fare, eppure trovava risposta solo nel battito accelerato del suo cuore ogni volta che la sua mente vagava e fantasticava di Jack.
Proprio lui, Jack Barakat, il suo migliore amico, il suo confidente, la sua sicurezza.
-Ti va di andare al mare?- propose Barakat, balzando subito in piedi e porgendo la mano ad Alex, il quale non si sarebbe fatto scappare quell’occasione per nessun motivo al mondo.
 
La spiaggia a quell’ora era quasi deserta, nonostante il sole fosse insistente.
Jack ed Alex erano giunti fino a lì in motorino, ed entrambi avevano avuto una scusa in più per tenersi stretti.
Anche Barakat, infatti, ultimamente, iniziava a pensare ad Alex in modo così assiduo, quasi come se si aspettasse qualcosa in più di una semplice amicizia. Gli occhi del suo amico gli piacevano un sacco, color gelato alla nocciola, il suo gusto preferito.
Scesero dal motorino ed entrambi presero a correre verso la riva, il caldo asfissiante non gli permetteva nemmeno di respirare regolarmente.
-Direi di fare subito il bagno- esclamò Jack, tirandosi per il braccio anche il suo amico, il quale aveva preso a togliersi la t-shirt e i bermuda per gettarsi nell’acqua fresca e salata del mare.
-L’ultimo che arriva paga le birre dopo- rise Alex, iniziando a correre come un pazzo verso il mare, piatto come una tavola, dove poi vi si immerse con un tuffo sgraziato.
-Oddio!- si lamentò Jack, rimasto a riva a causa della gamba incastrata nei pantaloni, era sempre così sbadato e pasticcione.
Finalmente riuscì a liberarsi dai vestiti, che lanciò in aria, e corse anche lui in mare, raggiungendo a nuoto Alex , il quale guizzava come un delfino ad alto mare.
-Devo pagare io?- si lamentò il moro scuotendo la testa per far sgocciolare i capelli.
-Esatto- rispose Alex nuotando sott’acqua fino a giungere tra le gambe di Jack, che tenne strette tra le sue mani per farlo inciampare.
-Idiota, la smetti?- Ridacchiò, portando una mano in acqua e posandola sulla nuca di Alex, tirandolo scherzosamente per il collo per farlo riemergere.
-Al mare si scherza, Jackie, non te l’hanno detto?-
Risero entrambi, rimanendo a galla solo per rilassarsi nel mare, con il sole che picchiava sulle loro teste, colorando di tante pagliuzze dorate gli occhi di Alex.
Entrambi si guardavano sorridendo, come complici di un delitto…un delitto che si chiama amore, il loro silenzioso amore.
Alex  rise nel guardare Jack, le sue guance già lievemente arrossate per il sole e le ciglia bagnate che davano al suo occhia una forma più tondeggiante.
Se gli occhi avessero avuto voce per parlare, da quella conversazione fatta di sguardi sarebbero sorti numerosi “ti amo”.
 
Usciti dall’acqua del mare si erano seduti a riva, non avevano nemmeno un telo per asciugarsi, così si erano posizionati vicinissimi, in modo da scaldarsi.
L’atmosfera era davvero calma, dolce, tiepida…temperata, come il clima in primavera, quando delicati fiori sbocciano nelle aiuole.
Ed entrambi i ragazzi si sentivano in quel modo, come fiori che stanno pe sbocciare.
Avevano 17 anni e un  grande sogno da inseguire, la musica li aveva sempre accomunati, e forse anche qualcos’altro.
Improvvisamente, Alex prese parola, appoggiando la testa alla spalla del suo amico e guardando fisso il mare che ondeggiava davanti a loro.
 
“Jack?”
e il moro rispose, posando il mento sulla testa del suo Gaskarth.
“Alexander?”
“Ricordi quel giorno che sei caduto dalla mia finestra?"
"Sicuro, sei saltato giù subito dopo."
"Beh, sei caduto sull'asfalto e ti sei quasi rotta l'osso del collo e stavi sanguinando dappertutto e ti ho portato di corsa all'ospedale. Questo te lo ricordi?"
"Sì, certo."
"Beh, c'è qualcosa che non ti ho mai detto di quella notte."
"Cosa non mi hai detto?"
"Mentre te ne stavi seduto sul sedile posteriore fumando una sigaretta che pensavi sarebbe stata l'ultima, io mi stavo profondamente innamorando di te e non te l'ho mai detto fino a questo momento."
"Ora lo so."
 
Quella conversazione, sussurrata a riva, con il rumore delle onde che si infrangono contro gli scogli, fu forse la più sincera che i due avessero mai fatto.
Nessuna pretesa, nessuna mano che trema, ginocchia di gelatina…sono la verità, la verità che si mostra chiara e limpida.
Entrambi ricordavano quel giorno, era successo l’estate scorsa. Ed entrambi sapevano che si erano amati da sempre, a partire da quel momento in cui Alex aveva avuto paura di perdere per sempre Jack, il suo modo di suonare la chitarra e i suoi occhioni color cioccolato fondente.
-Ora lo so e…non posso più negare a me stesso questi sentimenti- aggiunse Jack, avvicinando il suo nasone a quello piccolo di Alex e poi annientando le distanze che li dividevano con un dolce bacio appena accennato.
In quel momento si sentirono entrambi in un posto fantastico, morbido, ovattato, dolce… quella era casa.
Per Alex, per Jack, per il loro amore.
 

 
 
  
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