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Autore: Jackie_    10/06/2013    3 recensioni
Questa storia è ambientata nel 2029, Jack -diventato padre a 25 anni- ha deciso di tornare a Baltimora dopo sedici anni di assenza per sistemare i conti col passato. Che cosa ne è stato degli All Time Low? Come se la caverà April Barakat nella nuova città? E riuscirà Jack a far pace con i propri rimpianti?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Uno
 
April's p.o.v
 
"Vedrai, tesoro, Baltimora ti piacerà."
È almeno la ventesima volta che me lo ripete oggi, eppure mi risulta troppo difficile credergli. Sdraiata sul sedile posteriore dell'Audi, stringo ancora tra le mani quei fiori di campo che sono in grado di farmi piangere ad intervalli regolari di circa trenta secondi. E non è colpa dell'allergia.
"Perché non vieni a sederti qui davanti? Mi fermo, se vuoi."
Incrocio il suo sguardo nello specchietto retrovisore e per tutta risposta mi volto con la faccia verso i sedili. So di starmi comportando come una bambina, ma davvero odio questa situazione e odio lui che mi ci ha trascinata. Siamo in viaggio da almeno un paio d'ore e ancora non gli ho rivolto la parola. Non riesco a credere che stia succedendo davvero, è puro tradimento questo! Non voglio andare a Baltimora!
"Andiamo, non sei curiosa di vedere dove sono nato e cresciuto?"
"Ci saremmo potuti andare in vacanza, non dovevamo per forza trasferirci." la mia voce risulta triste e roca a causa del troppo silenzio.
Lo sento sospirare, sollevato forse che finalmente mi sono decisa a parlargli, o forse è sinceramente dispiaciuto. 
"Ti piacerà, vedrai."
Se lo ripete solo un'altra volta apro la portiera e mi getto dall'auto in corsa, lo giuro. Ancora una volta evito di rispondergli, sono stanca di litigare con lui. Lo facciamo talmente di rado che già mi manca scherzare con lui. La verità è che lo adoro. E sono convinta che anche lui adori me, per questo ci sto tanto male! Non credevo che sarebbe stato in grado di farmi un torto del genere. Strapparmi dalla mia città, dai miei amici, da tutti coloro che ormai consideravo la mia famiglia! E per cosa? Per un suo capriccio?
"Sei infantile." farfuglio quasi sperando che non mi senta.
"Ho le mie ragioni, April. Per una volta, potresti fare tu un sacrificio per me?"
Parla come se lui si fosse sacrificato tutta la vita per permettere a me di viverne una dignitosa, ma non era affatto così! Stavamo bene ad Olympia e lui non aveva mai rinunciato a nulla di così importante come ciò a cui aveva chiesto -o meglio, costretto- a me di rinunciare. Sono arrabbiata, furiosa, vorrei lasciarlo tornare in quella dannata Baltimora, girare i tacchi e abbandonarlo lì. Ma, ovviamente, non mi è concesso.
Poso gli occhi sui fiori che stanno già appassendo sul mio petto e una nuova ondata di lacrime si fa strada sul mio viso. Rivedo i miei amici che mi salutano in lacrime, mi consegnano il mazzetto e mi salutano dalla strada mentre mio papà mi porta via. Mi sento così impotente e triste! Possibile che lui non lo capisca? Eppure c'è sempre stato un legame speciale tra di noi. Mi è sempre sembrato che fossimo una cosa sola, provavamo un'empatia particolare, di quelle che hanno solo i gemelli omozigoti. Lui capiva al volo quando c'era qualcosa che non andava in me, anche se eravamo a miglia di distanza. Come quel giorno. Avevo solo sei anni, ed eravamo in gita con la scuola all'Hands on Children's Museum e mi ero persa. Non trovavo più la maestra nè nessuno dei miei amichetti. Girai per quelle enormi stanze affollate per diversi minuti, poi il panico. Avevo iniziato a piangere e strillare, ero terrorizzata, non avevo mai avuto tanta paura nella mia breve vita! Durò ancora per poco: in pochi istanti ero di nuovo tra le braccia della maestra che aveva sentito le mie urla disperate, ma la cosa sorprendente fu che in meno di dieci minuti lui era lì senza che nessuno lo avesse chiamato. Ricordo che non riuscivo a calmarmi, lo spavento era stato troppo grande, ma la vista di mio padre mi aveva subito tranquillizzata. Lui aveva sentito la mia paura. Ancora non so spiegarmi come, ma posso giurare che andò proprio così. Aveva detto che aveva avuto una bruttissima sensazione lì all'altezza del petto e l'istinto gli aveva detto di correre da me.
Cos'era cambiato adesso? Non sentiva la mia paura?
"Lo so che non sarà facile, April, ma sei una ragazza deliziosa, non avrai problemi."
Immagino il suo sorriso un po' forzato mentre cerca di convincermi per l'ennesima volta che lasciare Olympia per Baltimora sia la cosa giusta da fare.
Andrai in una nuova scuola, conoscerai persone nuove, ti farai nuovi amici e poi avremo una casa nuova, più grande. Queste erano le sue argomentazioni, tuttavia non capiva che era proprio la novità a spaventarmi tanto. Non avevo bisogno di cambiare scuola, né casa, né tantomeno amici. Io stavo bene, per Dio!
"Ho bisogno di te, April." -la sua voce è piegata ad una richiesta d'aiuto che mi costringe a voltarmi per guardarlo attraverso lo specchietto- "Ti prego."
Come posso odiare quegli occhi così simili ai miei? Mi limito ad annuire e subito un sorriso riconoscente illumina il viso di mio papà. 

Sono passate due settimane dal nostro trasloco, eppure la casa è ancora minata da centinaia di scatoloni. Devo ammettere che mi sono trovata subito bene qui, ci sono i nonni e sono davvero fantastici! Ancora non ho capito perché io e papà non siamo mai andati a trovarli e sinceramente non ho nemmeno capito perché loro non siano mai venuti a trovare noi. Quando ho provato ad accennarlo a papà si è rabbuiato e ha cambiato subito discorso. Tutto ciò mi spaventa, inizio a credere di non conoscerlo così bene e questo pensiero mi fa sentire persa. 
I nonni, invece, mi hanno accolta in casa loro con un grande e caloroso abbraccio e hanno ordinato a zia May di portarmi da bere. La zia è l'unica della famiglia di papà che è sempre venuta a trovarmi con costanza, ad ogni compleanno e persino a qualche Natale. Ne sono felice, mi piace davvero.
Ho notato però che tutti trattano in modo differente me e papà. È come se lui non fosse il benvenuto, ma so che questo pensiero è fin troppo assurdo, dev'essere solo una mia impressione.
La nostalgia di casa si fa sentire eccome, per questo papà ha pensato bene di tenermi occupata ogni istante di ogni singola giornata fino all'inizio della scuola, ovvero fino ad oggi. 
Sto camminando per le strade di Baltimora e ho la sensazione di essermi persa. Queste maledette strade sono tutte uguali! Gli edifici troppo simili e gli alberi sono dello stesso verde! Okay, probabilmente sto solo cercando di giustificare il mio pessimo orientamento, ma è colpa di papà che non sa dare indicazioni stradali decenti! Sento l'agitazione crescermi dentro come un ronzio che si fa sempre più forte e, maledizione! non posso arrivare tardi il primo giorno di scuola! Ripercorro mentalmente le indicazioni di papà: vai a destra, attraversa tutto il viale fino in fondo, poi a sinistra, infine a destra e la scuola è proprio lì davanti a te! Forse avevo girato due volte a sinistra! Completamente in preda al panico afferro il braccio di un ragazzo che mi passa accanto con lo skateboard e quasi lo faccio cadere.
"Scusami, davvero!" -esclamo guardano lo skate scivolare via lungo la strada- "Perdonami, ma ho davvero, davvero bisogno che mi indichi la strada per la Dulaney High School!"
Il ragazzo sorride beandosi della mia espressione disperata e promette di accompagnarmi, tanto va nella stessa scuola. Che fortuna, è persino carino!
 
Jack's p.o.v
 
Baltimora. Non tornavo in questa città da sedici anni. Da quando è nata April, insomma. Non mi sono mai pentito di essere andato via, sia chiaro, ma dopo tutto questo tempo avevo bisogno di tornare a casa. Avevo aspettato che April fosse abbastanza grande per affrontare qualsiasi cosa potesse giungere con il trasloco, ed il momento era giunto. La mia bambina era cresciuta in fretta, la reputavo abbastanza matura per sostenermi ed aiutarmi a combattere i fantasmi del passato. Sì, avevo lasciato indietro troppe faccende in sospeso, e anche se ero terrorizzato all'idea, dovevo riprendere in mano la mia vita. Ecco perché appena arrivati a Baltimora ho portato April dai miei genitori. Sono fantastici, come sempre. L'hanno abbracciata stretta come se avesse sempre fatto parte della loro vita, mentre io non sono stato abbastanza fortunato da ricevere lo stesso trattamento. Ma lo capisco.
"Perché sei tornato, Jack?"
May mi guarda scuotendo piano la testa in un cipiglio sconsolato. Sicuramente sta pensando che ho appena commesso l'ennesimo errore.
"Avevo voglia di stare un po' a casa. Mi mancava questo posto."
Mia sorella non risponde, si limita a guardarmi triste, come se volesse fare qualcosa per cambiare la situazione. Ma a meno che lei non sia in possesso di una macchina del tempo, non può fare proprio nulla.
"Senti," -comincio appoggiando i gomiti alle ginocchia- "vorrei solo che April conosca i suoi nonni, stia un po' di più con i suoi zii. Anche voi siete la sua famiglia, ha diritto di conoscervi."
"Per una volta, Jack, possiamo non parlare di April, ma di te?"
Questa volta sono io a scuotere la testa. Parlare con May mi fa sentire in trappola. Sposto lo sguardo sulla mensola e noto una foto che ricordo perfettamente. Senza nemmeno pensarci la raggiungo e la prendo fra le mani. Ho la stessa età di April e sembro la persona più felice sulla faccia della terra. Accanto a me ci sono loro. Ci sono Rian, Zack e... Alex.
Ho sempre adorato quella foto perché pensavo ci rappresentasse al meglio. Eravamo abbracciati e sorridenti, si vedeva che ci consideravamo come dei fratelli. Ma il ricordo di quello che mi avevano fatto, di come mi avevano trattato cancella in un istante la nostalgia e la malinconia che la vista di quella foto aveva provocato. 
"Sei sicuro, Jack?" -May è accanto a me, ha sicuramente notato i miei occhi lucidi- "Sei sicuro che non sei tornato per loro? Per lui?"
Quella domanda scatena in me un'assoluta rivoluzione di sentimenti ed emozioni contrastanti. Le mani iniziano a tremare mentre stringono la cornice sempre più forte. Il cuore ha preso a smantellarmi il petto in un'incontrollata tachicardia e accecato da un lampo di rabbia scaglio quella dannatissima foto per terra osservando il vetro frantumarsi in mille pezzi.
May trattiene il respiro, spaventata dal mio eccesso d'ira. Le punto un dito contro, accusandola di tutto il male che provo dentro.
"Non ti azzardare mai più. May, io li odio. E odio lui come non ho mai odiato nessuno. Non nominarli mai più." sentenzio con voce ferma e stranamente controllata.
"Ma io..."
La zittisco con un solo sguardo e me ne vado sbattendo la porta.




Author's corner
Salve a tutti! :D 
Questa è la prima FF che pubblico e spero che vi possa piacere! :) Spero di aver ideato una trama un po' particolare, dopotutto è una storia che ha come protagonista la figlia di Jack! Diciamo che stavo pensando ad una "seconda generazione"! Ahahah!
Fatemi sapere se vi piace, dai! :)
Buona lettura,
Jackie.

 
  
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