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Autore: Laylath    11/06/2013    4 recensioni
Perché gli incubi non sono solo mostri nascosti sotto il letto o dentro l’armadio, sono anche ricordi di vicende passate che ritornano, prepotenti, a reclamarti. E se sono stati orribili nella realtà, come incubi lo sono ancora di più.
Ma non sarai mai completamente solo ed i tuoi compagni verranno sempre a salvarti.
Perché gli incubi possono essere reali, ma loro lo sono ancora di più.
Strana ff che mi è uscita di getto ieri notte.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jean Havoc, Kain Fury
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Sai quando gli incubi ti sembrano più veri del solito?
Quando l’orrore ti attanaglia facendoti rigirare nel letto e vorresti svegliarti, ma non puoi?
E se anche ci riuscissi poi resteresti tremante nel tuo giaciglio, timoroso anche solo di cambiare posizione perché possono tornare reali ad un tuo minimo movimento?
Perché gli incubi non sono solo mostri nascosti sotto il letto o dentro l’armadio, sono anche ricordi di vicende passate che ritornano, prepotenti, a reclamarti. E se sono stati orribili nella realtà, come incubi lo sono ancora di più.
 
E per un soldato gli incubi sono le persone che ha ucciso, i nemici che ha affrontato, i compagni che ha visto morire.
Perché li hai visti davvero, li hai toccati con mano, li hai vissuti sulla tua pelle: quindi non te li stai immaginando, pallidi fantasmi dai contorni sfocati che svaniscono al sorgere del sole.
No, hanno i contorni vividi, i corpi feriti e martoriati: puoi vederli, sentire l’odore del loro sangue, della loro morte, puoi avvertire il loro tocco gelido, udire le loro voci, i loro lamenti.
Tornano per te, per vendicarsi della tua vita, della tua felicità durante le ore in cui sei sveglio.
Ti fanno pagare quegli spari, quella fortuna che ti ha risparmiato, quei respiri di cui godi.
Perché non c’è niente di più cattivo di un incubo provocato dal senso di colpa di un soldato.
 
Una trincea, una strada, un palazzo disabitato. Sei in tutti i posti e in nessuno.
Hai la divisa ma nessun’arma con te e nemmeno ti servirebbe, lo sai. Solo la divisa, perché è il simbolo della tua colpa: ne vai così fiero durante la vita, ma è per quella che hai visto tutta quella morte.
E li senti quei suoni? Sono i colpi della tua pistola, l’impatto sul nemico, il rumore strozzato di un corpo che cade a terra. E poi che altro? I rimbombi più forti delle granate della trincea, se una ti esplode vicino ti lascia sordo per ore. Tu sei stato bravo: hai imparato a seguire l’istinto e a buttarti a terra, ma senti le urla dei tuoi compagni morenti, quando tremende ferite li strappano ferocemente dalla vita? Le senti le loro suppliche? Le loro invocazioni? Lo senti il tuo cuore che batte più forte mentre il loro diminuisce fino a cessare? Li stai rubando tu quei battiti… sei vivo e loro no.
E quegli odori? Bruciato, cadaveri, sangue, polvere da sparo.
Non puoi più sentire l’odore del cibo, dell’aria pulita, dell’acqua, della vita.
L’incubo te lo impedisce, ti reclama… se devi vivere l’orrore non devi avere alcun conforto.
Sei un soldato ed il prezzo è anche questo.
Soffri… urla… disperati… ma non svegliarti.
Non svegliarti altrimenti finisce… e allora ti reclamerà di nuovo un’altra notte, ancora più terribile.
Non svegliarti.
 
“Svegliati! Dannazione, Fury!” esclamò Havoc scuotendolo con forza per la spalla.
“Non devo!” ansimò il sergente aprendo gli occhi all’improvviso e afferrando la mano del compagno
“Era solo un sogno; – gli spiegò il sottotenente – ti stavi lamentando così tanto che doveva essere davvero brutto, eh?”
Fury si accorse di essere nella sua stanzetta del dormitorio, dove si era assopito qualche ora prima, dove gli incubi non potevano raggiungerlo. Ma il ricordo e la consapevolezza che non sarebbero mai finiti lo fecero tremare e d’istinto si strinse le braccia intorno al corpo, mentre le lacrime iniziavano a scendere sulle guance.
“Ehi, piccoletto, ma che è successo? – gli chiese Havoc con una gentilezza così insolita – Stai tremando come una foglia”
Il sergente scosse la testa, troppo sconvolto da quegli incubi per poter spiegare il senso d’angoscia che lo stava tormentando. Serrò gli occhi e così facendo le lacrime presero a scorrere più veloci.
“Mandali via – supplicò con un gemito – per favore, mandali via”
Le braccia del sottotenente lo strinsero con forza e Fury si trovò il viso premuto contro la giacca della divisa del compagno, con la guancia fastidiosamente graffiata da una delle decorazioni di metallo. Si sarebbe dovuto vergognare a morte di essere ridotto così per un brutto sogno, ma non poteva fare a meno di trarre estremo conforto da quell’abbraccio così stretto e da quel familiare odore di tabacco che impregnava la persona di Havoc.
Sentì una mano che gli accarezzava goffamente i capelli, allontanando miracolosamente quelle voci, quelle visioni, quelle morti. Con inesorabile lentezza la vita tornava a prevalere, con gli incubi che non potevano nulla contro quel compagno così forte che era improvvisamente arrivato ad aiutarlo.
I morti lo videro, spalancarono gli occhi sconvolti ed iniziarono ad arretrare, allentando la presa sulla loro vittima. Troppo deboli di fronte al profondo legame che legava il soldato al suo compagno.
“Non ti possono fare del male – dichiarò Havoc con un sospiro – tu sei più forte di loro, Fury. I morti non tornano in vita”
“Ma tornano nei sogni” si lamentò lui, la voce soffocata dal fatto di essere ancora stretto al suo superiore
“Lo so, - ammise il sottotenente – e non c’è niente di peggio di quando tornano tutti insieme, vero?”
A quelle parole, rispecchianti perfettamente la realtà dei fatti, Fury strinse una mano sul braccio del suo compagno. Anche lui sapeva? Anche lui aveva provato una cosa simile?
Il grande Jean Havoc? Quello che, in una maniera completamente diversa dal colonnello, era il suo eroe?
“E… e come si fa ad affrontarli?” chiese disperatamente
“Come affrontiamo le cose nella vita. Ossia insieme – adesso c’era il tono canzonatorio del solito Havoc. La mano che gli accarezzava i capelli gli strinse scherzosamente alcune ciocche – La prossima volta che tornano a rovinarti i sogni, tu chiama me. Vedrai che compaio subito e li cacciamo via insieme… e se non basta vedrai che arriveranno anche Breda e Falman. L’unione fa la forza nella realtà, Fury, perché non dovrebbe funzionare anche nei sogni?”
Quelle parole sorpresero il sergente. Poteva davvero funzionare? I suoi compagni l’avrebbero soccorso anche in quel mondo onirico dove lui non aveva alcun potere?
Si arrischiò ad alzare lo sguardo sul viso di Havoc e vide che il biondo gli sorrideva furbescamente. Sentì le braccia di lui che scioglievano la presa dal suo corpo, ma le mani rimasero a stringere le sue esili spalle: un contatto così forte e così tangibile, magnificamente rassicurante.
“Verrai davvero?” chiese, asciugandosi le lacrime
“Te lo prometto, - annuì lui – perché tu non sei mai solo, ragazzino, ricordalo bene”
 
Perché potrai anche essere un soldato, avere ventuno anni, aver affrontato missioni, guerre, homunculus.
Ma sei un essere umano e la paura vivrà sempre dentro di te.
Ma non sarai mai completamente solo ed i tuoi compagni verranno sempre a salvarti.
Perché gli incubi possono essere reali, ma loro lo sono ancora di più.

 




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nda
Ok, forse sarà stata l'ora tarda o strani pensieri che avevo per la testa. Ma è stata una cosa che mi è venuta in mente di getto e ho sentito l'esigenza di metterla per iscritto. Per quanto l'abbia scritta in nemmeno dieci minuti, mi sento molto colpita da questa breve storia. Forse perché sto concedendo a questi due personaggi un momento profondamente intimo (eh, ma non fatevi strane idee, lo intendo come cosa fraterna) cosa che non ho mai fatto (ed infatti soprattutto Havoc potrebbe risultare un po' OOC). Ma l'idea di questo abbraccio così confortante, così forte, a voler proteggere il compagno più piccolo mi piaceva così tanto che non ho potuto fare a meno di metterlo.  
  
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