Ad eagle,
gliel’avevo promesso.
Una volta
all’anno
A Roma era una piacevole giornata, una di quelle che,
indipendentemente dalla stagione, era calda al punto giusto e non era necessario
coprirsi con mantelle o pellicce. Le strade perfettamente pulite dal giorno
prima, i palazzi silenziosi e l’unico suono era lo scalpitare dei cavalli
che trainavano le carrozze, probabilmente dirette verso la messa del mattino.
Girolamo Riario non riusciva mai a spiegarsi che cosa lo
spingeva ad alzarsi presto anche quando non aveva nessun lavoro dal Vaticano da
svolgere, semplicemente si svegliava. Nel giro di un paio d'ore era pronto per
uscire - e lo faceva.
Eppure quel giorno, sembrava titubante: quando si era
svegliato non si era alzato subito, come suo solito, era rimasto qualche
secondo steso sul letto a fissare il soffitto, con gli occhi che parevano non
aver mai incontrato il dolce sognare. Qualcosa, dentro di lui, lo scuoteva -
non era una brutta sensazione, perché lui sapeva precisamente che cosa
c’era a renderlo così.. diverso.
Tuttavia, nonostante le piccole inconvenienze del primo mattino, nel momento in
cui il grande orologio stava battendo le ore dieci e trenta minuti, lui stava
attraversando la via per recarsi in uno dei negozi aperti della strada.
Alla sua entrata, il gioielliere fece un piccolo inchino,
«Conte», la voce cercava di essere il più sveglia possibile,
ma era evidente che avesse aperto da poco.
«Avete ciò che ho ordinato?»
«C-Certo Signore!» frettolosamente, il
negoziante fece segno a sua figlia di avvicinarsi, «da brava, vai a
prendere il pacchetto del Conte, Beatrice».
In pochi minuti la spesa fu completata, Riario stringeva
delicatamente quella scatoletta più lunga che larga di legno nero con un
fiocco arancione a legarlo, sul bancone del gioielliere riposava pigramente una
busta contenente delle monete d’oro – il giusto prezzo per quello
che aveva dato al Conte.
La casa di Alessia distava qualche minuto dal luogo in cui
si trovava ora Riario, conoscendosi da molto, il Conte sapeva esattamente a che
ora trovarla a casa - escluso gli eventi eccezionali di cui non veniva messo al
corrente (vedasi, per esempio, le fughe improvvise da Roma); ma anche quel
giorno non si diresse subito alla sua meta, fece una piccola deviazione in modo
da arrivare alla residenza della ragazza un po' più tardi del previsto,
aggiungendo un paio di minuti a quelli prestabiliti.
Anche quando giunse davanti alla sua porta,
l’esitazione che lo accompagnava da quella mattina lo venne a trovare di
nuovo, lasciando che la mano chiusa
a pugno per battere sulla porta rimanesse un momento sospesa in aria; il
Conte scosse la testa, infastidito da quell'atteggiamento decisamente fuori
carattere - che gli prendeva?
Bussò alla porta, pochi secondi dopo ad
accoglierlo fu proprio Alessia.
«Riario!» il suo volto di per sé
già felicemente esaltato (probabilmente aveva ricevuto buone notizie,
considerando il giorno) sembrò illuminarsi un po’ di più.
«Buongiorno anche a te, Alessia»
ricambiò il suo sguardo, alzando appena l’angolo destro delle
labbra – il massimo che riuscisse a fare in una situazione che implicava
un’Alessia felice, solitamente non si scomponeva per nulla, «come
mai questo viso così allegro?».
«Stamattina mi è giunta questa» e gli
mostrò due fogli accartocciati, li prese in mano con cura, sapendo che
Alessia avrebbe preferito che non si rovinassero le lettere dell'artista,
perché si vedeva lontano metri che mentre un foglio era stato scritto
dal pugno di Leonardo da Vinci (lettere al contrario, storte, tuttavia scritte
con un tratto leggero ed elegante), l'altro poteva definirsi la sua
"traduzione", qualcuno che probabilmente ha trascritto in parole
comprensibili quello che Leonardo voleva dirle.
Girolamo si lasciò scappare un piccolo verso dalle
labbra, come un «umph», le rese indietro i fogli e poi le porse la
mano, in modo che la afferrasse per accompagnarlo nella passeggiata che Alessia
gli aveva già silenziosamente concesso nel momento in cui aprì la
porta.
Si erano recati sulle rive del Tevere, in quel punto dove
avevano posto una serie di panchine e ve ne era una proprio sotto un albero, in
modo da potersi godere il tiepido tepore di quella giornata un
po’particolare ma comunque non scottarsi sotto al sole che brillava quasi
allo zenit.
«Il tuo artista se n'è ricordato,
allora» la voce pacata come al solito ricordava un mare tranquillo,
piatto – quelli che vengono prima di una tempesta.
«Leonardo non si dimenticherebbe mai certe
cose» ci fu un momento di silenzio, Alessia guardava il fiume come se
dentro ci fossero dei segreti da scoprire, i capelli ramati ricadevano dolci
sulle spalle, brillavano sotto i raggi del sole filtrati dalle foglie di quella
pianta che regnava sopra di loro. La ragazza girò lentamente il volto a
guardare quello di Girolamo: spigoloso ma apparentemente innocuo – non
riusciva a capire come mai tutti lo temevano, lei, dal canto suo, lo trovava
quasi adorabile. «Neanche tu te lo sei dimenticato», aggiunse
infine.
Riario, che fino a quel momento non aveva fatto nulla
più che alzare l'angolo delle labbra, stavolta lasciò che il suo
viso si colorasse con qualcosa di vagamente simile ad un sorriso,
«ovviamente no, mia cara», e così sfilo dalla tasca
dell’abito ciò che aveva comprato poco prima dal negoziante, la
scatolina nera era ancora intatta, il fiocco arancione non si era disfatto:
Riario era molto fiero del suo lavoro.
Porse il regalo all’amica, lasciando che lo
rigirasse tra le mani e sfilasse con delicatezza il fiocco, quando aprì
la scatola, tra il velluto rosso soffice spuntavano due occhiali del tutto
uguali a quelli del Conte, Girolamo avrebbe voluto ridere nel vedere
l'espressione stupita e vagamente eccitata di Alessia.
«Riario!» aveva esclamato lei mentre
afferrava delicatamente l'oggetto, si mise le lenti al naso: ora aveva un paio
di occhiali da palombaro tutti per lei, «come mi stanno?»
Alessia, la quale aspettava una risposta detta con la
solita apatia si stupì quando sentì le dita avvezze alla spada di
Riario scostarle i capelli da un lato, le labbra sfiorarle casualmente le
guance; e quel brivido che le percorse la schiena del tutto inaspettato mentre
la voce che ora pareva calda e sicura del Conte soffiarle nell'orecchio,
«vi donano molto».
Il conte lasciò un piccolo bacio sulla guancia
dell’altra, «buon compleanno, Alessia», disse poi,
allontanandosi lentamente; nel frattempo un gruppo di pescatori chiassosi
stavano attraversando il Tevere con la loro basca malandata.
Cose come queste, succedono solo una volta
all’anno.