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Autore: Rainie    11/06/2013    2 recensioni
Una raccolta di flashfiction sul rapporto di Gilbert Beilschmidt e Elizabeta Hedervary, una vita parallela, non raccontata, un essere e non essere continuo; il tutto sulle note di una Kesha particolare.
01. [ Die Young ] : Poi, quando tutto era finito e la notte fonda stava facendo scendere sui loro occhi il velo del sonno, Elizabeta parlò.
02. [ Last Goodbye ] : Così camminarono per le strade, corsero ridendo ed incuranti del resto, in un infantile anonimato, con le vie ed i negozi come unici testimoni.
03. [ Old flames can’t hold a candle to you ] : Gli mormorò che era un gran sciocco, e lui non fece altro che grugnire in protesta.
04. [ The Harold Song ] : Sentiva il resto del mondo – troppo futile – scivolargli via dalle mani, e nella sua mente rigiravano solo quelle parole: se ne ritornava in Germania a farsi uccidere.
05. [ Past Lives ] : "Per Eliza. Ti avevo promesso un’auto piena di fiori, così non ti scorderai sicuramente di me."
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ci fu quella volta, durante gli anni delle superiori, in cui Elizabeta era entrata come una furia in casa Beilschmidt ed aveva tirato un pugno in faccia a Gilbert.
«Quindi te ne ritorni in Germania a farti uccidere, eh?» lo aveva accusato, mentre il fratello dell’albino, Ludwig, tentava di tenere ferma la ragazza e di rilassarla. L’altro sentiva  la mascella pungergli di dolore, mentre lasciava che lei gli sputasse addosso tutto quello che voleva, i suoi insulti, le sue opinioni. Sentiva il resto del mondo – troppo futile – scivolargli via dalle mani, e nella sua mente rigiravano solo quelle parole: se ne ritornava in Germania a farsi uccidere.
Quando si fu calmata e si sedette per terra ad osservarlo in silenzio, Ludwig cercò il consenso nello sguardo del fratello e se ne andò, lasciando i due a fissarsi l’un l’altra. Non spiccarono parola per qualche momento, fino a quando Gilbert non si alzò, e, avvicinandolesi, le tese la mano – «Non mi toccare», gli sibilò – dicendole: «Ti va di fare una passeggiata?»
Alla fine accettò. Il sole, tramontato ormai da ore, aveva lasciato posto alla luna, che proiettava una flebile luce sull’asfalto, supportata dai vari lampioni della strada. Per la durata del tragitto i due non si scambiarono parola, e Gilbert trovò il parco dove erano soliti a giocare da bambini il luogo adatto per avere una conversazione. Le altalene cigolarono sotto il loro peso, e per la prima volta dopo tanti minuti di tensione, si guardarono.
«Per rispondere alla tua domanda,» cominciò l’albino, «non vado lì a farmi uccidere, per tua informazione.»
Lei roteò gli occhi. «Gilbert, hai ancora un sacco di tempo e speranza, decidere di andare lì e donare gli organi già adesso è un autentico suicidio», sospirò esasperata Elizabeta. «So che ti sembrerò egoista, ma perlomeno abbi la decenza di rimanere qua, a fare le operazioni.»
«Sai che lì ci sono tutti i miei parenti» disse lui, e l’altra non rispose, mentre si guardava le scarpe. La serata di inizio primavera mandava brividi di freddo lungo le spine dorsali di entrambi, e quel momento non aveva alcun bisogno di essere peggiorato di più.
Così Elizabeta parlò di nuovo: «Quando parti, quindi?»
«Dopo il diploma,» rispose lui, «forse rimarrò qui per ancora qualche anno.» Sentì i muscoli del cuore contrarsi in una triste stretta, quello stesso cuore che forse un giorno non gli sarebbe più appartenuto e che non avrebbe più sentito ciò che stava sentendo ora. Un desiderio irrealizzabile. Esitazione.
Poi, quando sentì la mano della ragazza sulla guancia ed incrociò il suo sguardo smeraldino, volle non aver mai fatto una simile decisione. «Scusa per prima,» gli disse, «ti ho fatto male?»
Lui rispose che non era niente, e alla luce della luna la guardò avvolgere le braccia attorno al proprio collo in un caldo abbraccio. Ricambiò il gesto.
«È solo che ci conosciamo da tanto tempo. Mi sembra davvero triste una situazione del genere», gli aveva mormorato nell’orecchio. Lui annuì, chiudendo gli occhi.
«Già. È davvero triste.»
 
 
 
 
 
 
[ 500 parole. ]
N/A: Forse ho esagerato un po’ con la storia della donazione degli organi, ma l’angst è sacro, quindi va bene così (?).
Francamente, non ho tanto da dire su questa flash. Ma mi piace un sacco la canzone. È stata la prima di Kesha che mi è piaciuta veramente, e quindi ho davvero voluto inserirla in questa raccolta. A proposito, l’ho proprio scoperta grazie ad un AMV sulla PruHun uwu Già che ci sono, me ne vado a vedere un paio.
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo.
Rainie.
   
 
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