Capitolo 3
- Guardami, maledizione,
guardami ! ! ! - urlò Benji, ormai ospite del corpo di Jenny,
scuotendo Philip avanti e indietro - Spiegami come cazzo è potuta succedere una
cosa del genere ! -
- Adesso, basta, diamoci una
calmata, accidenti ! ! ! - rispose Philip liberandosi con uno
strattone.
Benji, ormai con il fiatone, si
portò le mani al volto e si sedette pesantemente sull’erba.
- Allora, cerchiamo di
ricapitolare - disse Philip cercando di mantenere la calma e sedendosi accanto
al ragazzo (ragazzo ? NdS) - Innanzi tutto, dammi solo una dimostrazione
del fatto che sei davvero Benji Price e non è uno scherzo di pessimo gusto. - Il che vale a dire che non sei matta da
legare, pensò Philip.
- Senti, amico...se vuoi ti
snocciolo tutta la formazione dell’Amburgo... -
- No, meglio ancora ! Dimmi
quanti gol da fuori area ti sei fatto segnare da Mark Landers durante l’ultimo
campionato ! -
- Stai cercando di
fottermi ? A parte il fatto che la Toho è stata sbattuta fuori alle
semifinali e le nostre squadre non si sono mai incontrate direttamente, vuoi
che quella mezza sega di Landers riesca a farmi gol da fuori area ?
Quello, con me in porta, non segnerebbe nemmeno se avessi le mani legate !
Da fuori area, poi ! HA ! ! ! Ma non farmi ridere ! ! ! Sono il Super Great
Goal Keeper, io ! ! ! -
- Eri il Super Great Goal Keeper... - disse Philip con una smorfia di
disgusto - Adesso, Dio solo sa come, ti sei incarnato nella mia ragazza...e la
cosa mi fa particolarmente incazzare perché VORREI TANTO SAPERE CHE ACCIDENTI
DI FINE HA FATTO JENNY ! ! ! - sbottò poi il ragazzo, ormai
sull’orlo della crisi di nervi.
- Mio Dio, non ci posso
credere... Se penso che fino a cinque minuti fa ero stravaccato sulla terrazza
dello Star Hotel di Bangkok con un favoloso Manhattan che mi bagnava il gargarozzo... - continuò Benji, quasi in
lacrime, ignorando la protesta del povero Philip.
- CHI SE NE FREGA DEL TUO
FOTTUTISSIMO MANHATTAN ! ! ! DIMMI DOV’E’ JENNY,
STRONZO ! ! ! -
- Ma cosa vuoi che ne
sappia ? ! ? Sarà finita...oddio...ti prego, fa che non sia
così... - disse Benji tremando mentre Philip, che aveva preso il sopravvento su
di lui, lo stava scuotendo per le spalle.
- Così come ? ! ?
-
- Devo chiamare subito Freddie -
disse Benji alzandosi di scatto e correndo verso la casa di Philip - Phil,
dov’è il telefono ? -
- Tu non chiami proprio nessuno,
bello mio ! Prima mi dici dov’è la mia ragazza ! ! - replicò
Philip trattenendo Benji per un braccio.
- MA NEL MIO CORPO,
IMBECILLE ! ! ! - sbottò Benji - Sai fare due più due, porca
miseria ? ! ? Per questo devo parlare con Freddie ! Lui
saprà sicuramente dire se in questo momento sto dando segni di squilibrio...il
mio corpo, volevo dire... Dannazione, è tutto così complicato ! ! !
-
- Bravo, bella idea ! - aggiunse
Philip - E tu pensi che riuscirai a convincere Freddie che sta parlando con
te ? Ma smettila ! -
- Allora chiamalo tu !
Inventati una scusa, che so, fingi di voler parlare con me... -
- Uhm...questo si può fare !
Però poi la telefonata me la paghi tu, eh ! -
- D’accordo, dannato
spilorcio...ti farò un assegno non trasferibile ! Dammi il telefono,
svelto ! -
Una volta in casa, Benji non ci
impiegò molto a recuperare il numero dell’albergo, e altrettanto facilmente
riuscì ad aver quello della camera di Marshall.
- Rispondi...ti
prego...rispondi... - disse Benji.
Ad un tratto, qualcuno sollevò la
cornetta.
- Pronto ? - disse la
profonda voce di Freddie Marshall.
- E vai ! ! ! -
esclamò Benji, che teneva l’orecchio incollato a quello di Philip.
- Taci, deficiente ! -
sibilò il ragazzo - Pronto, signor Marshall ? Sono Philip Callaghan ! -
- Callaghan ? Ah, sì, quel Callaghan...che vuoi ? - rispose l’uomo in modo
abbastanza brusco.
- Ecco...mi dispiace per l’ora,
ma avrei bisogno di parlare con Benji...è piuttosto urgente ! -
- Molto urgente ! - urlò
Benji nella cornetta. Philip gli diede uno spintone facendolo scostare dal
telefono.
- Guarda, Callaghan...io Benji te
lo posso anche passare, però... -
- Però cosa ? - disse
Philip.
- ...però in questo momento non
c’è molto con la testa, se mi concedi l’espressione... Ho paura che non si
senta bene, forse ha preso una malattia del posto...penso che chiamerò un
medico, sembra quasi che deliri... -
- Non importa, me lo passi lo
stesso ! - Lei è lì, non c’è dubbio,
si disse Philip.
- Se proprio ci tieni... Benji,
vieni, c’è Philip Callaghan che ti vuole ! -
Philip e Benji fremevano
dall’impazienza.
- Ehilà, Philip ! Come
butta ? - I due ragazzi ebbero un tuffo al cuore.
- Je...Jenny ? - disse Philip dubbioso.
- Jenny ? Quale Jenny ? Ah, stai
parlando della tua ragazza ? Ma no, non sono Jenny ! - rispose
ridendo la voce di Benji, in un tono stranamente svanito - A dir la verità se
non fossi sicuro di sapere chi sono comincerei a dubitarne...ma tu lo sapevi di
questo ritiro a Bangkok ? Io mica me lo ricordavo ! Quando venite tu
e gli altri ? -
- MA CHE DIAVOLO STAI DICENDO,
RAZZA DI...OUCH ! - Benji, che aveva temporaneamente preso possesso della
cornetta, ricevette una tremenda gomitata nelle costole da Philip.
- Hey, Phil, ma non era la voce
di Jenny ? Perché la cercavi se è lì con te ? -
- Senti, ma...sei sicuro di
essere proprio tu ? - borbottò Philip.
- Mah...a dir la verità stasera
mi sento un po’ confuso...sarà stato il viaggio... Comunque c’è il signor
Marshall che si comporta in modo piuttosto strano...non dirlo a nessuno, ma...
- La voce di Benji si abbassò fino a diventare un sussurro. - ...credo che ci
sia in ballo un’ amichevole con la Thailandia ! Però non dirlo agli altri,
penso sia una sorpresa ! Allora, quando venite ?...Philip ?
Pronto ? -
Philip aveva riagganciato e si
era buttato su una sedia, sconvolto.
- Non è lei di certo...cavolo, ma
dove sarà finita ? ! ? -
- Vorrei tanto saperlo anch’io...
- disse Benji massaggiandosi il torace ancora dolorante - Anche perché, se non
si tratta di Jenny, allora chi c’è nel mio corpo ? -
- Che ne so ? Eppure quel
tono di voce...e quel modo di parlare...mi sono stranamente famigliari ! -
- Chiunque sia è un idiota -
disse Benji, secco - Come si fa ad essere così tranquilli in una situazione del
genere ? ! -
- Appunto...e adesso che
facciamo ? -
- Cosa facciamo ? ! IO
cosa faccio, piuttosto ! Guarda come sono conciato ! Non posso di
certo tornare a casa così ! -
- No di certo...oh, oh ! Mi
ero dimenticato di un piccolo particolare... -
- Spara - disse Benji,
preoccupato.
- Tu...Jenny è ospite da me fino
alla settimana prossima...poi dovrà tornare a New York ! -
- A NEW YORK ? ! ? IO DOVREI
ANDARE IN AMERICA ? ! ? -
- E dovresti anche restarci -
disse Philip - Ormai Jenny vive là, pensavo che tu lo sapessi... -
- Non se ne parla. Io resto qui.
-
- E allora inventati qualcosa.
Comunque è meglio se ci pensiamo domani, sto morendo di sonno. Ah, a
proposito... -
- Che c’è ? -
- Tu dormi sul divano, okay ? -
- Alla faccia dell’ospitalità !
- esclamò Benji - Sei sempre così galante con la tua ragazza ? -
- Con la mia ragazza, sì - rispose Philip troncando il discorso.
Ma ora torniamo a Tokyo, al
mattino successivo...
Mark, ovviamente, non poteva
credere ai propri occhi.
Non...non è possibile...io sto sognando...adesso mi sveglio e sono a
casa mia, a Fukuoka, con mia madre e i miei fratellini...
Si toccò ancora il viso, come se
cercasse di togliersi una maschera. All’improvviso, gli tornarono in mente le
parole di Evsebius :
- Immagini di vivere la vita di un altro... Ormai ha fatto la sua
scelta... -
Non poteva essere veramente stato
lui...
La trasposizione.
Mio Dio...
Era andata così ?
Mark aveva detto che avrebbe
scambiato volentieri la sua vita con quella di Julian Ross ed Evsebius l’aveva
preso in parola...
E adesso cosa faccio ?
Improvvisamente qualcuno bussò
alla porta, facendo sobbalzare Mark. Il suo cervello lavorava freneticamente.
- Signorino Julian, la colazione
è pronta. - disse la voce di una giovane donna.
COSA FACCIO ? ! ?
- Signorino Julian ? -
- Chi...chi è ? -
- Sono Deborah, signorino...si
sente bene ? -
Mark non sapeva ancora se aprirle
o scappare dalla finestra. Calmo, si
disse. Ragiona. Se non apri, capirà che
c’è qualcosa di strano, e allora cominceranno i guai...
- Eccomi - rispose Mark, aprendo
la porta. La cameriera lo guardò in modo strano.
- E’ tutto a posto ? I
signori la stanno aspettando. -
- Sì, sì...scendo subito. Uh, ho
una fame da lupi... - disse il ragazzo, simulando indifferenza e richiudendosi
la porta alle spalle.
- Ma...scende così ? - domandò Deborah, sempre
più perplessa.
- Sì...perché ? -
- Non preferisce una vestaglia? -
Mark capì che la cameriera alludeva al fatto che il ragazzo era ancora in
pigiama ed aveva un aspetto piuttosto stravolto.
- No, no...ora mi vesto. Scendo
tra un attimo. -
- Se lo desidera...ma suo padre
deve partire tra poco, e sperava almeno di riuscire a fare colazione insieme a
lei e a sua madre. -
- Okay, in questo caso fuori la
vestaglia... - disse Mark alzando gli occhi al cielo.
Deborah scosse un attimo la
testa. - Come, prego ? -
Oddio, mi sa che devo cambiare linguaggio, pensò
Mark mordendosi la lingua.
- Ehm...volevo dire che...le
sarei grato se mi porgesse una...una...veste da camera, Miss Deborah. -
Miss Deborah ? ! pensò la cameriera.
- Veramente la vestaglia è dietro
di lei...appoggiata alla sedia in fianco al letto, signorino. -
Mark si voltò di scatto. - Uh,
grazie ! - disse prendendo la vestaglia e indossandola un po’
maldestramente a causa dell’agitazione.
- Porc...dov’è finita quella
manica del... ? ! - borbottò il ragazzo.
- Ehm...ha bisogno di una
mano ? - intervenne Deborah aiutando Mark a vestirsi.
- Grazie mille...he, he, queste
vestaglie sono sempre un problema...ma dov’è finita la cintura ? -
- All’interno, signorino...l’ha
indossata al contrario ! - disse Deborah togliendo la vestaglia al ragazzo
- Lasci, ci penso io... - La cameriera si lasciò sfuggire una risatina, ma si
ricompose subito quando capì che il suo padrone l’aveva notata e ne stava arrossendo.
- Mi scusi, signorino...non
volevo... -
- No, no, non si preoccupi...oggi
sono un po’ schizzat...ehm...volevo dire fuori di melon...cioè... -
- Credo sia meglio andare... - lo
interruppe Deborah, divertita ma anche un po’ preoccupata dallo strano
comportamento del ragazzo.
Che palle, pensò Mark scendendo le scale con Deborah al
seguito, quante formalità...e pensare che
io, a casa mia, faccio regolarmente colazione in mutande... Va beh, è meglio se
ci adeguiamo, almeno finchè la situazione non torna alla normalità...mah, forse
sono finito in una specie di dimensione parallela e...
- Julian, finalmente ! -
esclamò una donna che camminava avanti e indietro in fondo alle scale - Mi
stavo preoccupando... -
Mark la guardò un attimo. Quella dev’essere la madre di Julian,
pensò notando che aveva gli stessi tratti delicati del figlio. Okay, facciamo finta di niente e cerchiamo
di essere disinvolti.
- Ciao, ma’ ! - esclamò il
ragazzo alzando una mano. Ad un tratto, Mark inciampò nella lunga vestaglia e
ruzzolò per metà scala.
- Signorino Julian ! -
esclamò Deborah.
- Tesoro ! - gridò la donna
precipitandosi a soccorrere il figlio - Mio Dio, ti sei fatto male ?
Gregory ! Gregory ! -
- No, no, tutto okay...volevo
dire, sto bene, mamma, non preoccuparti ! -
La donna lo ignorò. - Deborah,
chiama subito un’ambulanza... -
- Cos’è successo ? - esclamò
un uomo distinto precipitandosi fuori da una stanza.
- Julian è caduto dalle
scale...Mio Dio, Gregory, dobbiamo portarlo subito all’ospedale ! -
- Ma sei matta...cioè no,
tranquilla, sto benone, guarda... - disse Mark alzandosi in piedi di scatto e
saltellando prima su una gamba, poi sull’altra facendo risatine nervose. La
donna era sull’orlo delle lacrime.
- Ne...ne sei sicuro ? Io
chiamerei lo stesso il dottor Clarke, non si sa mai, magari hai preso una botta
e... -
- Va tutto bene, Ashley, non
vedi ? - disse l’uomo tentando di rincuorarla - E’ stata solo una stupida
caduta...con tutte le volte che cade giocando a pallone...vero, figliolo ?
- L’uomo sorrise, e Mark lo trovò estremamente rassicurante.
- Ma certo, ormai sono una
roccia, io ! - disse.
Ancora un po’ agitata, la donna
si alzò asciugandosi gli occhi.
- E’ che...mi ero un po’
preoccupata non vedendoti scendere... -
- Ti preoccupi sempre troppo,
cara. Avrà dormito un po’ più del solito, non è il caso di agitarsi così...ora,
però, andiamo a tavola. Devo prendere un taxi tra un quarto d’ora. -
Mark seguì i genitori di Julian
in una grande sala dall’arredamento molto elegante, al centro della quale si
trovava una tavolo rettangolare apparecchiato di tutto punto. Il ragazzo si
sedette in quello che supponeva fosse il suo posto, sul lato lungo ; aveva
davvero fame, e il pensiero del ben di Dio che lo aspettava gli fece passare
per un po’ l’ansia di risolvere la sua situazione.
- La sua colazione, signorino
Julian. - disse Deborah portando un grosso vassoio.
Si mangia ! pensò Mark fregandosi le mani.
Quando la cameriera posò il
vassoio accanto al lui, però, la sua espressione passò dal godurioso al deluso.
- Tutto qui ? ! -
disse, osservando la tazza di latte con cereali e i tre striminziti biscotti
integrali che lo guardavano dal piatto, mentre papà e mammà si stavano sbafando
delle splendide fette di pane con il burro e la marmellata dopo averle immerse
in un profumatissimo tè bollente.
I due guardarono il figlio con
aria perplessa.
- Julian...sono sette anni che
fai colazione in questo modo... - disse il padre - Lo sai che devi stare
leggero e il tè non ti fa bene... -
- Ah, già... - disse il ragazzo . Dimenticavo che sono malato di cuore. Che
culo ! pensò, arrabbiato. Va beh, con la fame che ho...
Mark affondò il cucchiaio nella
tazza, e quando lo estrasse lo guardò con disgusto.
- Bleah, muesli ! - esclamò.
- Julian, un po’ di contegno a
tavola ! E poi i muesli ti sono sempre piaciuti... - disse la madre -
Cos’hai, tesoro ? -
- Nienteee...anzi ! E’ vero,
mi sono appena ricordato che adoro i muesli ! Gnam ! Ho proprio una
fame da lupi ! - disse Mark cercando di camuffare l’espressione schifata
che si dipinse sul suo viso dopo aver ingurgitato una grossa cucchiaiata di
cereali. Metto in conto anche questo,
Julian Ross !
Nessuno più aprì bocca per tutta
la durata della colazione.
- Bene, io devo andare - disse
poi Gregory pulendosi la bocca col tovagliolo - Ashley, ricordati di chiamare i
Morgan per la festa di dopodomani... - Morgan ?
Festa ? pensò Mark preoccupato.
- Non preoccuparti...buon lavoro,
caro ! - disse la donna dando un bacio volante la marito.
- E tu goditi il meritato
riposo...ieri Theodore ha pulito la piscina, puoi farti un bel bagno, se ti
va ! -
Piscina ? pensò Mark iniziando a gongolare.
- Altroché ! - rispose.
Gregory guardò suo figlio e gli sorrise di nuovo, dandogli una leggera pacca
affettuosa sulla nuca prima di lasciare la stanza. Mark lo seguì con lo
sguardo. Aveva gli stessi occhi e la stessa espressione calma di Julian. Per un
attimo provò una sensazione strana ; invidiava quasi il ragazzo di cui
aveva preso il posto, non per l’agio in cui viveva ma per l’idea...di avere un
padre. Mark il suo non se lo ricordava neanche più.
- Comunque oggi sei davvero
strano, Julian - disse Ashley facendo tornare in sé il ragazzo - Sei sicuro di
stare bene ? -
- Benissimo - rispose Mark
alzandosi. Deborah lo guardò come per dire “sicuro ?” . - Sono solo
un po’ stanco. Stanotte ho dormito un po’ male. -
- Oh, se è così, puoi prendere un
po’ di valeriana ! Deborah, per favore, porta a Julian... -
- Mamma - lo interruppe il
ragazzo con voce ferma - Sto bene. Non preoccuparti. Vado in camera mia, devo
vestirmi. Buona giornata. - disse poi Mark infilando velocemente il corridoio.
- Julian ! -
- Che c’è ? ! - esclamò
il ragazzo voltandosi di scatto.
- Le scale sono dall’altra
parte...buona giornata, tesoro ! - disse timidamente Ashley.
Mark arrossì e corse via.
- Io chiamo il medico - disse
Ashley appena il figlio fu fuori dalla sua portata acustica.
- Non credo sia il caso, signora
- azzardò Deborah - Forse è solo un po’ pensieroso...credo che sia meglio
lasciarlo un po’ da solo. -
- Forse hai ragione, Deborah,
però oggi è così strano.... -
Una volta in camera, Mark sbattè
pesantemente la porta e si buttò sul letto.
Calma, Mark, niente panico, pensò. Forse non si sono accorti di niente. In fin dei conti capita a tutti
di avere delle giornate no, giusto ? Quindi non agitarti, respira
profondamente e...
Lo sguardo di Mark cadde
sull’armadio.
...e magari vestiti. Non puoi stare in pigiama tutto il giorno. Ti dai
una lavata (così magari ti svegli) e poi cominci a ragionare.
Il ragazzo si diresse verso
l’armadio.
- Allora, vediamo cosa offre la
ditta. - disse aprendone due ante.
- Ammazza, che ordine ! -
esclamò osservando le maglie e la biancheria perfettamente ripiegate sugli
scaffali, e i pantaloni e le camicie appese - Se penso che io scaravento tutto
dove mi capita...va beh, però lui ha la cameriera e io no... -
Mark tirò fuori un pacco di
magliette e le esaminò una per una.
- Però ! Ralph Lauren,
Valentino, Lacoste...si tratta bene il signorino ! - disse ridendo - Beh,
vorrà dire che mi tratterò bene anch’io...almeno finchè questa specie di incubo
non finisce ! -
Il ragazzo andò verso la finestra e osservò il grande parco che
circondava la villa. Dietro gli alberi, riusciva a distinguere il rettangolo
azzurro della piscina. Poi gettò ancora uno sguardo alla lussuosa stanza,
esaminandone la grande e ordinatissima libreria, il computer sulla scrivania,
lo stereo...
- Che
pacchia ! ! ! - esclamò gettandosi di nuovo sul letto - Adesso
voglio proprio vedere di cosa ha il coraggio di lamentarsi, quel
fighetto ! -
- Julian, sei lì ? - disse
Ashley bussando delicatamente alla porta. Mark si alzò di scatto.
- Sì, un attimo...che c’è ?
-
- Niente, tesoro...volevo solo
ricordarti di prendere la digossina ! -
Digossina ? pensò Mark. Ah,
forse è la medicina per il cuore...
- Sì, la prendo subito,
mamma ! - rispose.
- Bravo...io adesso esco con
Theodore a fare un po’ di shopping. Tu riposati, mi raccomando ! -
- Okay, ciao ciao... -
Quando fu certo che la donna se
ne fosse andata, Mark si precipitò alla ricerca del farmaco.
- Ma dove diavolo le tiene, le
medicine ? Accidenti, ecco una cosa a cui devo stare attento...se mi tocca
vivere nel corpo di Julian, devo tenermi anche gli inconvenienti... proviamo a
vedere qui... - disse poi Mark aprendo il cassetto del comodino - Bingo !
Eccole qua ! -
Il ragazzo rimase un po’
perplesso nel vedere il caos che regnava in quel cassetto, con confezioni di
pastiglie e gocce messe alle rinfusa e blister mezzi vuoti fuori dalle
rispettive scatole. Ne tirò fuori alcune, leggendone i principi attivi.
- Certo che Julian non deve avere
un buon rapporto con questa roba, visto come la tiene...ma dove diavolo è
quella benedetta digossina ? Ah, trovata. E adesso quanta ne prendo ?
Non vorrei sbagliare la dose, chissà che cavolo di effetto fa... -
Mark andò verso la porta con la
scatola in mano. - Magari Deborah me lo può dire...certo che però potrebbe
insospettirsi...ormai Julian prende questa robaccia da anni, ne conoscerà vita,
morte e miracoli... -
Ad un tratto il telefono suonò.
Solo due squilli, ma furono sufficienti a far sobbalzare il ragazzo. Dopo
qualche istante, Deborah bussò di nuovo alla porta.
- Signorino Julian, è per lei -
disse la ragazza porgendo il cordless a Mark, che le aveva aperto la porta
tremando. Oh, oh...
- Chi è ? - chiese il
ragazzo.
- Un certo Mark Landers. Dice che
è importante. -
Poco prima, a Fukuoka...
- Mamma, Mark non vuole uscire
dal bagno ! - esclamò il piccolo Justin.
- Mark ! Mark ! Per
favore, apri la porta ! - gridò la donna, sempre più spaventata - Oddio,
lo sapevo che dovevo chiamare un’ambulanza... -
Julian era ancora seduto in un
angolo del piccolo bagno, ansimante. Le aveva provate tutte, si era dato un
pizzicotto, si era preso a sberle, aveva perfino provato a strapparsi la pelle
della faccia, pensando che qualcuno gli avesse appiccicato addosso una specie
di maschera per fargli uno scherzo...uno scherzo di pessimo gusto, in
verità...ma non c’era stato niente da fare. Dio solo sapeva come, si era
trasformato in Mark Landers, e ora si trovava perfino a casa sua...
Tirando un profondo respiro, si
alzò. Sentì la madre di Mark che lo chiamava, disperata, e capì che non era il
momento di creare ulteriori casini.
- E’ tutto a posto...mamma -
disse con voce tremolante - Sto meglio. Adesso esco. -
Aprì piano la porta, sperando che
le persone che si trovavano dall’altra parte si fossero volatilizzate e tutto
fosse tornato a posto. Invece, appena socchiuse l’uscio, fu travolto dagli
abbracci di tre ragazzini che gli erano saltati addosso ridendo.
- Stai bene, fratellone ? -
disse il più piccolo saltandogli sulla schiena.
- Justin, scendi subito da
lì ! - esclamò la donna - Katherine, porta via tuo fratello...Robert, tu
vai a prendere un bicchiere d’acqua ! - disse poi rivolgendosi al più
grandicello.
I tre bambini corsero via. - Caro,
sei sicuro di stare bene ? Io chiamerei un dottore...hai preso un
brutta botta con quella caduta... -
Katherine, Justin, Robert, pensò Julian ignorando le
parole della donna.
- Mark... - disse lei, sempre con
voce preoccupata, accarezzando la testa del figlio.
- Scusa ? - disse il ragazzo
scuotendosi.
- Ti ho chiesto se va tutto
bene...forse è meglio che tu vada a stenderti un momento... -
- Sì...credo di sì... - rispose
Julian massaggiandosi la schiena - Comunque sto bene, davvero, non ti devi
preoccupare. Mi sono solo spaventato un po’. - E lo sono ancora, eccome, pensò.
Robert gli porse un bicchier
d’acqua. - Grazie, Justin - disse Julian.
- Ma io sono Bob ! - rispose
il bambino, un po’ offeso.
- Scusa, Bob...oggi il tuo
fratellone è un po’...confuso, he, he ! - disse Julian sforzandosi di
ridere, anche se, chiaramente, era l’ultima cosa che aveva intenzione di fare.
- Ascolta, Mark - disse la madre
scostando i ragazzini e conducendo il figlio in salotto - Ora devo andare al
lavoro. Porto i ragazzi da zia Dolly, così potrai stare un po’ tranquillo. Per
oggi non preoccuparti, vado io ad avvertire il signor Johnson. -
Julian si stese sul divano,
ancora indolenzito, senza prestare attenzione alle parole della donna.
- Allora, hai capito ?
Adesso devo proprio scappare. Se hai fame puoi scaldare la cena di ieri sera, è
in frigo. Ci vediamo più tardi. - disse lei depositando un bacio sulla fronte
di Mark - Bambini ! Andiamo, svelti ! -
I tre piccoli salutarono il
fratello e seguirono la madre ridendo.
Julian, accelerando il respiro
per l’ansia, aspettò di sentire la porta di casa chiudersi ; quindi si
alzò di scatto e si guardò in giro finchè non vide il telefono su un mobiletto
accanto all’ingresso. Il ragazzo ci si fiondò sopra e, con il cuore in fibrillazione,
compose il numero di casa propria.
Dopo due squilli, una giovane
donna rispose.
- Casa Ross. -
- Deborah, sono io,
Julian ! ! ! - esclamò il ragazzo.
La cameriera sbuffò. - Senta,
spiritosone - disse - Il signorino Julian è appena salito in camera sua e io
non sono proprio in vena di scherzi. -
In un lampo, Julian ebbe chiara
tutta la situazione.
- Scusi, signorina...volevo
dire...c’è Julian, per favore ? E’ molto importante. Sono... - Il ragazzo
tentennò un momento. - ...Sono Mark Landers. -
- Attenda un attimo. -
Julian trattenne il respiro.
- Pronto ? - rispose una
voce tremante dall’altro capo del filo.
- Mark -
- Julian -
I due rimasero un momento senza
parlare, sconvolti, dopo essersi vicendevolmente riconosciuti.
- Oddio, ma allora...anche tu...è
tutto vero... - disse Mark.
- Pare di sì. - rispose Julian.
Poi, scuotendosi un attimo, disse : - Hey, è tutto vero cosa ? !
-
Mark non gli fece caso. - Dove
sei ? - chiese.
- A casa tua, dove vuoi che
sia ? -
- Un momento, mi stai chiamando
da casa mia ? -
- Beh, certo, se ti ho appena...
-
- Ma sei matto ? ! E’
un’interurbana ! Costerà un capitale ! Riattacca subito ! !
-
- Uff, allora chiamami tu, ma fa’
in fretta. -
- D’accordo. -
Julian riagganciò asciugandosi la
fronte dal sudore. Ma come si fa a pensare
ai soldi in questo momento ? ! Certo che però fa una certa
impressione sentire la propria voce al telefono...
Dopo pochi secondi il telefono
squillò.
- Mark - disse Julian sollevando
velocemente la cornetta.
- Lo so che sei Mark, ti ho
riconosciuto ! Come stai, figliolo ? - rispose una voce d’uomo.
Oh, cavolo, pensò Julian.
- Ehm...chi parla ? - disse
tentennando.
- Come chi parla ! Sono
Johnson, il tuo “principale” ! Devi aver preso proprio una bella zuccata,
ragazzo... -
Julian si diede una manata sulla
fronte, ricordandosi che Mark lavorava.
- No, sto bene, signor
Johnson...è che la linea è un po’ disturbata... - mentì il ragazzo.
- Davvero ? Strano, io ti
sento benone...Volevo dirti che è appena passata tua madre all’edicola. Mi ha
detto che sei caduto dal letto... - Rise. - Spero che non ti sia fatto troppo
male. Comunque non preoccuparti, oggi puoi rimanere a casa, può benissimo
sostituirti Billy nella consegna dei giornali. Cerca di riprenderti alla
svelta, mi raccomando ! -
- Gra...grazie, signor Johnson, è
stato molto gentile. -
- A domani, allora ! -
- Sì...a domani. - disse Julian
riagganciando.
Il telefono suonò di nuovo.
- Pronto ? - disse Julian.
- Con chi diavolo eri al
telefono ? ! ? - sbraitò Mark.
- Con il tuo capo,
maledizione ! Per fortuna mi...ti ha dato una giornata di riposo, per
oggi ! -
- Mamma mia, mi stavo
dimenticando di tutto... - disse Mark portandosi una mano alla fronte.
- Mark, vuoi spiegarmi cosa
diavolo è successo ? ! -
Il ragazzo sospirò. - Ti conviene
metterti seduto...ho qualcosa di incredibile da raccontarti ! -
- Mi stai dicendo che hai detto
ad una specie di genio di scambiare le nostre vite ? ! ? - disse
Julian incredulo, dopo aver ascoltato il racconto di Mark.
- Piano, piano... - rispose Mark
- Io non gli ho detto proprio niente, ha fatto tutto da solo ! Cioè...non
che mi sarebbe dispiaciuto essere nei tuoi panni per un po’, ma... -
- Ma...? ! -
- Ma non immaginavo che mi
avrebbe preso sul serio ! Credimi, Julian, io sono sconvolto quanto
te ! -
- Mark, ti rendi conto di quello
che hai fatto ? ! A parte che non so ancora se crederti o no (ma mi sa che lo dovrò fare, vista la
situazione), cosa pensi che succederà, adesso ? Io sono te e tu sei me.
Come ne usciamo ? -
- Senti, aspetto che tua madre
torni, poi le sequestro l’autista e vengo lì. -
- Sì, e tu credi che mia madre
ti...mi lasci andare a Fukuoka così, senza batter ciglio ? Ma l’hai
vista ? Le hai parlato ? -
- In effetti mi è sembrata un po’
apprensiva... -
- Apprensiva ? - esclamò Julian - No, è meglio se vengo io. -
- E con quali soldi ? -
rispose Mark - Hai idea di quanto costi un viaggio in autobus da Fukuoka a
Tokyo ? Per fortuna quello per andare al ritiro me l’ha pagato la
Federazione, altrimenti non so come avrei fatto... -
Julian sospirò profondamente. -
Stupendo...siamo in un mare di guai. -
- No, io sono in un mare di guai ! Devo lasciare mia madre e i miei
fratelli in mano tua, mentre io sono qui e non posso fare un accidente ! -
- Che vuoi dire ? - disse
Julian, seccato.
- Voglio dire che tu non sai fare
un passo senza che la tua Deborah o il tuo Thaddeus... -
- Theodore -
- ...il tuo Theodore ti metta un
piede davanti all’altro ! Non puoi renderti conto di quanto sia duro
mandare avanti una famiglia ! -
Julian sbuffò. - Senti, Mark,
vedi di piantarla con questa lagna. Non sono così impedito come credi. Me la
caverò benissimo finchè la situazione si risolverà... -
- Seee...ti ci vedo, con il tuo
fisico sano e robusto, a consegnare i giornali, Piccolo Lord delle mie
ghette ! -
- Non pensare che la mia vita sia
tutta rose e fiori, amico...non sarò di certo io quello che crollerà per primo,
puoi scommetterci ! -
- Eh, sì...dimenticavo che è
terribilmente faticoso girarsi i pollici tutto il giorno...mi sta già venendo
un crampo alle dita... -
- Ma la pianti di
sfottere ? ! - sbottò Julian - Se proprio la metti su questo
piano, ti dimostrerò io cosa sono capace di fare, vedrai. Tu, piuttosto, pensa
a ritrovare quel dannatissimo Evsebius e a risolvere la situazione. E poi... -
- Cosa ? -
- ...Poi spiegami cosa diavolo
devo fare con il signor Johnson e...tutto il resto ! -
- Ma non eri tu quello che se la
doveva cavare egregiamente ? - disse Mark sghignazzando.
- MARK ! ! ! -
- Va bene, va bene, scusa. Tu
però devi dirmi cosa devo fare con quell’accidente di digossina e tutta l’altra
robaccia tritafegato che devo prendere... -
- Non preoccuparti ! Ci
tengo che il mio corpo campi il più a lungo possibile ! -
- Anch’io. Ora rimettiti comodo,
dobbiamo fare una lunga chiacchierata. -