Uhm, figo. Io scrivo
dal 2002, ed è da parecchi anni
che non ricevo una critica costruttiva, quindi se Fanny99
è di passaggio possiamo magari parlare via messaggio
privato o altro? Credo di essere stata davvero
viziata, per anni la mia beta è stata la mia ragazza e
quindi avrei dovuto
immaginarlo; sono sinceramente interessata a migliorare.
BTW, questa macrosezione (che credo occuperà tre, forse
quattro aggiornamenti)
corrisponde ai primi momenti della serie tv, e ai primi passi che
compirebbero
i personaggi di un qualsiasi serial che comprende creature
sovrannaturali: i
dubbi, i primi incontri, la scoperta della vera natura dei dati
personaggi. Non
sono certa di come si svolgerà il tutto nei dettagli, ho
chiara la trama solo a
grandi linee, però mi auguro che saremo in grado di
scoprirlo insieme. /bow
Theme song: Black Rebel Motorcicle Club, All
You Do Is Talk
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Dopo un
lungo
istante, lo Sceriffo sembra lasciarsi
alle spalle ogni forma di esitazione e avvicinarsi al figlio; borbotta
qualcosa
che suona vagamente come un insulto, poi lo abbraccia, se lo stringe
contro con
forza.
Stiles
sembra deciso
a non collaborare, braccia
incrociate sul petto e tutto il resto, però non cerca di
allontanarlo: l’uomo è
così aperto,
terribilmente sincero, e
Stiles non l’ha mai odiato tanto.
Dopo l’incendio, anni prima, permise a Laura di portarlo a
New York—di portare entrambi,
un’Alfa appena maggiorenne e
un ragazzino di dodici anni orfani di branco. La sorella ha cercato di
spiegargli le ragioni di questo gesto più e più
volte, però Stiles non ha il tempo
di giustificare azioni vecchie di anni del padre.
Alla
fine decide di
ricambiare la stretta con una mano
sola, appoggiandola per qualche momento sua spalla prima di allontanare
l’uomo
da sé, gentilmente.
“Non
credevo che fossi tipo da smancerie: vogliamo
piangere un po’, e poi andare a mangiare del
gelato?”
“Stiles,”
sospira il signor Stilinski; cerca di
fingere insofferenza, ma quell’unica parola è un
condensato di nostalgia e
dolore. “Mi dispiace tanto.”
Il
giovane lupo ride,
staccandosi definitivamente dal
genitore e arretrando di un paio di passi, cercando di evitare di
andare a
finire nella buca. Che ironia. Si porta la mano al petto con un’espressione affranta e un
gemito assolutamente
esagerato; “Right in the feels!”
ride, scuotendo il capo.
“Stiles—”
Suo
padre riprende a
parlare con urgenza, forse perché
in grado di riconoscere la particolarissima luce che gli brilla negli
occhi. Ma
non ha tempo neanche
per questo: ha un assassino da
catturare, vendetta
da portare, sangue da spargere.
“È
stato tutto molto bello, eccezionale
l’interpretazione, però credo che sia tempo per te
di andare” gli suggerisce,
senza abbandonare mai quel sorriso vagamente cortese che rivolge al suo
ospite. “Non vorrai certo
che qualcuno
ti rubi le ciambelle.”
Lo
Sceriffo sospira,
e sembra in quell’unico atto
invecchiare di almeno dieci anni; sembra stanco, sconvolto, e Stiles
sente il
senso di colpa rivoltargli lo stomaco.
Vorrebbe dire molte cose; Stiles può leggerle tutte sul suo
viso, nella piega corrucciata
fra i suoi occhi, nella linea rigida della sua bocca; alla fine,
scelgono
entrambi il silenzio.
Dopo che la volante della
polizia si è allontanata,
quando il giovane è sicuro di essere solo nel bosco per
almeno un miglio—è
quando si permette per la prima volta di piangere la morte del suo Alfa.
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Derek e
Scott hanno
discusso a lungo, furiosi; possono
operare perfettamente quando di fronte a un obiettivo comune, ma sono
altrimenti incapaci di interagire positivamente nella vita di tutti i
giorni.
Poi
Derek ha
accompagnato Scott a scuola, respirando
forte e storcendo il naso quando il fratello sbatte la portiera
scendendo
dall’auto. Non riaccende la macchina finché non
vede McCall the Young avvicinarsi a
Lahey di fronte alle porte
d’ingresso.
Rilascia
un sospiro,
lentamente, per riprendere
completamente il controllo su di sé, prima di allontanarsi
dalla scuola. Non deve trovarsi al lavoro prima di un’ora
abbondante e non
ha ben chiaro cosa
fare per poter far passare il tempo, dal momento che la madre si
è occupata
della spesa solo il giorno prima.
Scott ha
detto di non
essere riuscito a trovare l’inalatore
che aveva addosso il giorno prima né nel proprio zaino
né altrove, e ha preso
con sé quello di scorta, conservato nel cruscotto; andare a
cercarlo nel bosco
suona a tutti gli effetti una perdita di tempo, e Derek non
è sicuro di aver
capito dove il fratellastro sia stato attaccato, però non ha
nulla di meglio da
fare.
(Per
quanto possa
trovare Erica simpatica e volerle
bene, il dover trascorrere mezz’ora in più con lei
di prima mattina lo
innervosisce, e gli mette addosso un’immensa tristezza.)
Telefona quindi alla centrale
di polizia, e Boyd gli
spiega (in
via strettamente
confidenziale, non faccio questo per tutti, se ti trovano non fare il
mio nome,
come al solito)
dove hanno pescato Isaac la sera precedente; Derek guida
alla volta del limitare della città, e ha ancora freschi
nella memoria i punti
di riferimento che il fratellino gli ha descritto neppure venti minuti
prima.
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Isaac si
avvicina a
Scott con un sorriso nervoso: dopo
aver lasciato l’amico nel bosco la notte precedente
(cacciato, più che altro;
messi entrambi in agitazione dall’intera situazione e dalla
vicinanza della
polizia) non è riuscito a mettersi in contatto con lui.
Ad Isaac
non piace
che le persone siano arrabbiate con
lui; anche nessun bullo alza le mani—Jackson li tiene tutti
in riga, ed è
troppo superiore per procurargli
del
male in prima persona—è qualcosa che teme di non
riuscire mai a superare.
Scott,
consapevole di
tutto ciò che vi sta dietro,
prima ancora di spiegare cosa sia accaduto scuote la testa e gli
sorride, un po’
forzato agli angoli della bocca.
“Non
ce
l’ho con te: era necessario dividersi,
avrebbero preso entrambi e l’ultima cosa di cui mia madre ha
bisogno è che io
venga accompagnato a casa dallo Sceriffo due volte a
settimana.”
Lahey
ridacchia,
improvvisamente più rilassato, e
concede all’amico una pacca consolatoria sulla spalla.
“Meglio
tu
che io!”
“Idiota!”
Ridendo, Scott torce il busto per
dare
all’altro un finto pugno; nel fare ciò disturba il
morso che ha sul fianco, e
con un lamento lascia ricadere il braccio prima di completare il gesto.
“Ehi,
che
hai?” domanda Isaac, nuovamente serio.
È
un umore
che contagia entrambi; McCall è indeciso
per un momento, prima di alzare l’orlo della maglia per la
seconda volta quella
mattina e mostrare la fasciatura al suo migliore amico. Con Derek si
è aperta
una discussione: forse con Isaac riuscirà a parlarne in
maniera più rilassata,
e insieme troveranno qualcosa da fare al riguardo.
“Cos’è
quello, sei… inciampato nei tuoi piedi?”
Scott lo
zittisce con
un ghigno, dunque ripete la
storia che ha già raccontato una volta; questa volta si
permette di essere più
sincero, confidando il senso di impotenza che lo aveva seguito fino
nella
propria camera da letto, a casa.
“Non
so da
dove sia uscito né perché non mi abbia
mangiato la faccia, già che ero a disposizione. Sono
riuscito ad alzarmi e ho
raggiunto la strada, una coppia mi ha riaccompagnato.”
“Chi?”
“Come
faccio a saperlo—sono stato attaccato da un lupo,
nel bosco, di notte…”
“Abbassa
la
voce!”
Il richiamo di Isaac gli
ricorda dove si trovano, ancora fuori
da scuola; di tacito accordo i due decidono di chiudere il discorso, rimandandolo a più tardi, e si affrettano dietro
gli
ultimi studenti per raggiungere in tempo l’aula prima della
seconda campanella.