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Autore: Ribes    12/06/2013    2 recensioni
Tratto dal testo – Cominci a scuotere la testa, sempre più forte. I ricordi affiorano nella tua mente, crudeli, insistenti, letali.
Le grida disperate e laceranti di chi soffre ma non muore, di chi implora di essere ucciso.
I corpi violacei che galleggiano in acqua, contratti in smorfie di paura. Cadaveri che giacciono accanto a te, dopo, mentre ti stringi su te stessa nella cella, piangendo, pregando, supplicando un nemico che pietà non ha.
E’ questo che sta accadendo a lui, ora? Ti dimeni sul letto, le mani che tappano le orecchie, cercando di non vedere, di dimenticare. Ma i ricordi sono dolorosi e sono maledetti. Lanci un grido.

Guardando nei suoi occhi, non trovate astuzia, bontà o crudeltà.
Guardando nei suoi occhi trovate solo dolore. Mai celato o nascosto. Visibile a tutti.
Lei è la pazza, la disturbata, colei che ha vinto per fortuna.
Eppure è migliore di tutti voi. Di tutti noi.
Annie Cresta ha solo un difetto. Sa ricordare, e non dimenticare.
E, soprattutto quando rimani da sola, senza il sapore del mare sul corpo, i ricordi ti possono uccidere.
Quarta classificata al contest "Cantami o Autore" indetto da AriiiC_ sul forum di Efp.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Behind my tears.
Autore: Ribes
Beta-reading: Martezia ha letto il testo con attenzione, anche se non mi ha dato consigli su grammatica&testo.
Fandom: Hunger Games
Rating: Verde
Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Generi: Drammatico, Sentimentale, Romantico
Avvertimenti: /
Nda: Allora, innanzitutto specifichiamo l'ambientazione. La fanfiction si tiene durante il terzo libro ( Il Canto della Rivolta ), di preciso nel periodo in cui Finnick, Gale, Katniss e Peeta partono per la guerra finale contro Capitol City. Annie rimane da sola, ad attendere il ritorno di Finnick. Un ritorno che non ci sarà. *singhiozzo*
Poi, bene, ho messo il testo di Farewell a destra e, anche se non lo dice nel testo, è una specie di ritornello incalzante nella mente di Annie, un'esprimersi dei suoi pensieri in brevi versi. 
Dunque, è meglio anche specificare questa cosa: i dialoghi del passato sono fra trattini, in corsivo, mentre i dialoghi del presente sono in grassetto, sempre tra trattini. Nell'ultima parte, ambientata circa sette anni dopo la morte di Finnick, il testo è in corsivo e i dialoghi, sempre di quel tempo futuro, sono in grassetto.
Infine, ad un certo punto del testo vi beccate un'imbarazzante canzoncina cantata da Annie. La canzone è in corsivo, ma viene cantata da Annie anche nel presente ( a proposito, so che la canzone è estremamente poco poetica e quasi ridicola, ma non potevo mettere "l'Albero degli Impiccati" anche per la Fannie u.u ).
Insomma, è tutto un sostituirsi di tempi presenti, passati e futuri, ad evidenziare la confusione nella mente di Annie. Molte situazioni non sono in fatte rese da un punto di vista oggettivo, ma soggettivo; cioè Annie vede ciò che prova, quindi grande, grande dolore. Mi scuso se per caso i fatti non sono chiari ma, appunto, ho voluto evidenziare soprattutto i sentimenti e le emozioni di Annie.
Detto questo, vi lascio leggere la storia. Buona lettura! :3








 
In attesa del banner ...
Behind my tears.





Pensavi che non se ne sarebbe mai andato.
Era facile pensarlo, pura nel tuo abito da sposa bianco come il latte. I capelli castani sciolti sulle spalle strette, come una cascata di cioccolata alla nocciola.
La guerra sembrava lontana mentre ti stringeva con delicatezza. Sembrava distante, mentre ti accarezzava con le labbra carnose. Ovattata, confusa, fatta solo di parole inutili, mentre lui ti sussurrava il suo amore.
Ed ora sei incapace di parlare e guardi fuori dalla porta, immobile.
Quanti giorni saranno che sei lì? Cinque, forse sei. Forse una settimana. Hai perso la cognizione del tempo. Forse è solo qualche ora, forse è passato un anno. Tu non lo sai.
Stringi un lembo dell’abito grigio. Grigio come il fumo, non come la luce. Grigio come dolore, non come speranza. Alzi lo sguardo verso l’alto, esalando un respiro. Non ce la fai. Non ce la fai a vivere.
 
 
« Wherever you're going
I wanna go
Wherever you're ahead again
Can you let me know
I don’t mind catching up
I’m on my way
Just can’t take the thought of you miles away »
 
 
 –Tornerò. – 
Te lo aveva promesso. Lui manteneva sempre le promesse. Lui non mentiva mai. Non a te.
E allora cos’è questo vuoto nel tuo cuore? Questo dolore sordo, che provi ad ogni istante, come se ti lacerassero l’anima?
Guardi la porta aperta, ancora. Respirando piano, come per paura di consumare troppa aria.
Dov’è? Perché non torna? Non capisci, non riesci a capire. Vorresti sapere perché non è ancora arrivato, perché ci sta mettendo tanto. Ti aveva promesso che ti avrebbe tenuto aggiornata, che ti avrebbe scritto ogni cosa.
Solo una lettera è arrivata, e tu ancora non capisci dov’è. Lui. Dov’è?
Andrò a Capitol City, Annie. Devo combattere. Per te, per me. Per noi. Per un futuro migliore. – 
Avevi scosso la testa. Solo una cosa era chiara nella tua mente. Se ne sarebbe andato.
Voglio venire anch’io. –
La tua voce era flebile, melodiosa. Con un tono di supplica nella voce. Perché senza di lui era come subire le torture più atroci. Ti ricordava le celle, il depistaggio, il dolore. Le urla, strazianti, nella notte. Il silenzio.
– No, Annie, tu non puoi. Sei troppo pura, troppo delicata. Come un giglio. Quella è la guerra, Annie.
Una sola parola, nella tua mente, rimbombava. Guerra. Avevi aperto la bocca, ferita, colpita, affondata.
– Ma in guerra si muore. –
– No Annie, non sempre. Io non morirò, te lo prometto. Io tornerò. –
Affondi il viso tra le mani perlacee, tremando. Non sai dov’è, cosa fa. Non sai se è vivo.
L’unica cosa di cui sei certa è che ancora non è tornato.
Cominci a scuotere la testa, sempre più forte. I ricordi affiorano nella tua mente, crudeli, insistenti, letali.
Le grida disperate e laceranti di chi soffre ma non muore, di chi implora di essere ucciso.
I corpi violacei che galleggiano in acqua, contratti in smorfie di paura. Cadaveri che giacciono accanto a te, dopo, mentre ti stringi su te stessa nella cella, piangendo, pregando, supplicando un nemico che pietà non ha.
E’ questo che sta accadendo a lui, ora? Ti dimeni sul letto, le mani che tappano le orecchie, cercando di non vedere, di dimenticare. Ma i ricordi sono dolorosi e sono maledetti. Lanci un grido.
L’immagine di Finnick è lì, con te, come vera. Il suo corpo bagnato di sangue, la ferita che parte dalla spalla e termina sulla coscia sembrano reali. I suoi occhi rovesciati, sgranati, la sua bocca semiaperta. In una morte terribile, disgustosa, orribile. Supplichi il cielo di lasciarti stare, di lasciarti morire, di smettere con tutto questo.
E sarebbe meglio essere con lui, in guerra a Capitol City, che stare qui in attesa, a immaginarti le cose più cruente che la Terra sa dare. Meglio morire con lui, stretti insieme, in un abbraccio che supera la morte.
E, come in trance, ti alzi e cominci a camminare.                                                                                 
Svelta e spedita. Superi le guardie della tua, no, della vostra unità abitativa, che ti guardano senza capire. Percorri il Distretto 13, le lacrime che sgorgano sulle guance, salate e calde. Che bagnano il terreno. E le lasci scorrere.
Non hai una destinazione, non la conosci. Cammini e basta, i pugni stretti, sotto lo sguardo della gente. Chi è sprezzante, chi è comprensivo. Chi si tiene distante, perché tu sei una pazza. O no, Annie?
Come se a te importasse. Non possono capire.
Stai soltanto cercando un modo per raggiungere Finnick, per lasciare il Distretto 13, per correre da lui. Non conosci la geografia di Panem. Ma, continuando a camminare,  sei certa di poter arrivare alla capitale.
E’ l’unico modo per placare le sofferenze. Perché non puoi sopportare di essere tanto distante da lui.
 
 
« And I know you’re going somewhere to make a better life
I hope that you find it on the first try
And even though it kills me
That you have to go
I know it’ll be sadder
If you never hit the road »
 
 
Qualcuno ti ferma, ti proibisce di continuare il tuo viaggio. Sono solo pochi minuti, ma a te sembrano già tanti.
Senti parole confuse, biascicate appena. La tua vista è appannata, le lacrime ti impediscono di guardare il mondo, ma a te non importa. Cosa c’è di importante nel Distretto 13? Niente. Perché non è lì che lo puoi trovare.
Ti scortano lontano, e tu cammini, obbediente. Ribellarsi non servirebbe a nulla. Loro sono più forti, più duri, più imponenti. Tu sei solo una ragazza con la mente confusa. Il cui unico desiderio è vedere dei riccioli biondi.
Ti inginocchi. Torni a ricordare, con più forza, ogni cosa. Momenti belli, ricchi di fiori. Momenti ricchi di lui.
 – Sei come il diamante più bello. –
Duro? –
Anche, ma non solo. Sei splendente. Sei luccicante. Sei bellissima e forte. –
Ti aveva stretto a sé, sospirando, il suo capo posato sull’incavo della tua spalla. E tu avevi chiuso gli occhi.
Finnick, ma perché la guerra non finisce?
Perché la capitale è crudele, Annie. E’ cattiva. Quello che ha fatto a noi due non è stato un errore. Loro si divertono a farci soffrire, a cambiarci. Ma non ti preoccupare, perché …
La sua voce si era spezzata. Ti aveva stretto più forte, e avevi inalato il suo profumo. Sapeva di sale, di mare, di vacanze, d’estate. Sapeva d’acqua e sapeva di sabbia. Sapeva di lui.
– Perché noi siamo forti? –
– Sì, esatto. Noi siamo forti. Noi siamo in due. –
Le sue labbra si erano posate sulle tue, le sue mani ti avevano scompigliato i capelli castani, spingendoti delicatamente contro il cuscino. E solo in quei momenti provavi quella sensazione febbricitante, di batticuore. Quel tepore che ti attraversava il corpo mentre lui ti baciava il naso e ti rimboccava le coperte, accarezzandoti il collo.
Adesso giaci per terra, lo sguardo vacuo, fissando un punto della divisa di una guardia davanti a te.
– Oh, Finnick, ma ti hanno costretto a partire? –
– No, l’ho deciso io. –
– Ma perché? Non vuoi più stare con me? –
– No! No, Annie. E’ che se vogliamo un futuro migliore dobbiamo combattere. Ci vado, perché così la vita sarà più bella. Se io non ci andassi, sarebbe un disastro, lo sai, vero? Come potremmo crescere i nostri figli? –
Lo sapevi, ma non lo volevi lo stesso. Non volevi lasciarlo andare. Il solo pensiero ti uccideva, dentro.
– Invece, Annie, pensa. Se la guerra finisce, torneremo al Distretto 4. Ci compreremo una casa vicino al mare. Faremo due, anzi, no, tre figli. Giocheranno con la sabbia, e noi li guarderemo seduti sotto il sole. Andranno a scuola, studieranno e si innamoreranno. Senza il terrore degli Hunger Games. Non è il paradiso, Annie? Non è meglio questo, che non partire e lasciare che la distruzione e il dolore ci inseguano per tutta la vita?
– Sì, è vero. Hai ragione, Finnick. –
 
 
« I will write to tell you what’s going on
But you won’t miss nothing but the same old song
If you don’t mind catching up
I’ll spend the day telling you stories about a land far away »


 
– Ehi, Annie. –
Avevi alzato lo sguardo, seduta accanto a lui vicino al fuoco. Le fiamme illuminavano le sue gote abbronzate, divampavano come vere sui suoi capelli d’oro. Le vostre mani erano strette, come una sola.
– Ti ricordi quella canzone che cantavamo da piccoli? –
– Quella … quella della sabbia? –
– Sì. Quella del mare ... –
– Sì … sì. –
Come se non fosse così. Come potresti dimenticarla? Quando il sorriso colorava il tuo volto, i tioi denti bianchi abbagliavano il mondo, la tua risata cristallina risuonava nella spiaggia? In sua compagnia, stretta con lui in un girotondo senza fine? Quando gli Hunger Games erano un terrore lontano, che ancora non conoscevate?
– Cantala. Per me. –
Ti svegli di scatto nel letto, tra lenzuola pulite. Ti guardi intorno; non è la tua stanza. La tua stanza è colorata, è bella, è profumata di sale. Qui trovi soltanto muri bianchi, freddi, e un comodino di legno.
Cominci a tremare. Hai freddo, ma sei sotto alle coperte. Eppure è così; i brividi ti assalgono, e una debole lacrima scivola lungo la tua pallida guancia. Muovendo le labbra, cominci a cantare. Per ricordare.
C’era una volta un gruppo di bimbi
Che cantavano pace e amore
C’era una volta una pallida spada
Che buttata nel fuoco bruciò
C’era una volta un mare blu
Dove l’amore nasceva di più
C’era una volta una spiaggia d’oro
Dove i castelli sorgevan così –
Senti dei mormorii fuori dalla stanza; affondi il viso nel cuscino, facendo finta sia il suo volto, facendo finta che ti stia abbracciando. Devi continuare a cantare, continuare a ricordare.
C’era una volta una scuola di bimbi
Che cantavano gioia e colore
C’era una volta un arco d’acciaio
Che buttato nel fuoco bruciò
C’era una volta una bella piscina
Dove la pace c’era di più
C’era una volta un bacio d’argento
Dove il tuo cuore batteva di più –
Trattieni le lacrime, prendendo un foglio di carta e una penna.
E le ultime parole le imprimi nella carta, come parlando d’una terra lontana.
– C’era una volta un bel ragazzino
Che la sua vita vide di più. –
E scrivi. Ti sfoghi, scrivi a lui. Scrivi di terre lontane, scrivi di fate e di folletti. Scrivi di arcobaleni, di pentole d’oro, di fiori colorati. Ti immagini una vita così, pensando alle storie che ti raccontavano da bambina.
E davvero bambina tu sei, mentre disegni, mentre scrivi schiacciando la penna, e le tue lacrime sfumano l’inchiostro. E sei certa che, anche senza leggere lettere senza destinazione, lui senta la tua voce cristallina.
Il tuo è uno sfogo, e speri solo che lui capisca, mentre combatte. E che ti ami ancora.
 
 
« And I’m gon’ try to holding on it
Try to hold back my tears
So it don’t make you stay here
I’ma try to be a big girl now
Cause I don’t wanna be the reason you don’t live »
 
 
Senti un brusio più forte, fuori dalla porta. Lentamente, alzi il capo e cerchi di guardare fuori, attraverso quel pannello di vetro. Sono due figure che parlottano. Ti guardano. Scuotono il capo.
Tremi, leggermente, poi sempre più forte. I loro sguardi, così duri, così impassibili, così gelidi, perforano il tuo corpo senza compassione. Torni sul letto, ti arrotoli su te stessa, gettando le coperte sulla nuca, lottando per non piangere.
Ci riesci? No. Lacrime salate e calde sgorgano dai tuoi occhi azzurri, cadono sulle lenzuola, svuotano il tuo corpo. E davvero non ce la fai, non ce la fai a resistere.
– Mi prometti che sarai forte, Annie? –
– Sì. Te lo prometto. –
Le promesse vanno mantenute, vero, Annie? Lui tornerà, te l’ha detto. Te l’ha promesso, e tu ci credi. Sii anche tu forte, allora. Per te. Per lui. Per voi.
Sfreghi via le lacrime con una mano, con rabbia. Non lascerai che la depressione ti butti a terra, non lo permetterai. Lui non lo vorrebbe! Lui è forte, lui è dentro di te.
Ti alzi, ti dirigi verso il cassonetto. Lo apri, vedi uno specchietto. Dal vetro rovinato, arrugginito. Un frammento spezzato. Ti specchi al suo interno. Dov’è il tuo viso felice di quando eri bambina? La tua espressione radiosa di quando pensi a Finnick, di quando sei con lui? E’ tutto realmente scomparso?
Stringi i pugni e tiri su col naso. Ricacci indietro quelle lacrime odiose, che scivolano giù dal tuo mento, cadono per terra, bagnano il pavimento. Basta, Annie. Basta piangere! Prova ad essere una ragazza grande, per una volta.
Ricordi la prima volta che avete fatto l’amore. Lui, tante volte, aveva avuto paura che non fosse il momento giusto.
Aspettiamo ancora, Annie. Non sei ancora pronta.
Non vuoi farlo con me, Finnick?
Voglio … voglio che tu sia felice.
Ti prego ...
Alla fine aveva accettato, ed era stata una delle notti più belle della tua vita. Stretta nelle sue braccia calde, addormentata col viso sui suoi capelli biondi. E quando era successo, lui ti aveva stretta a sé, sussurrandoti parole dolci, piene d’amore, di cui mai ti saresti dimenticata.
Ed ora rifletti, mentre passi decisi raggiungono la tua stanza, che lui non vorrebbe vederti così. Lui vorrebbe che tu fossi felice. Ma tu non puoi,  non ci riesci. Non senza di lui. Però ci devi provare, almeno un attimo.
Provaci, Annie.
 
 
« So farewell
Somebody’s gonna miss you
Farewell
Somebody’s gonna wish that you were here »
 
 
Quei signori dalla faccia cattiva entrano di scatto nella tua stanza. Il loro sguardo è vacuo, è vano. Senza speranza di bontà. I loro occhi sono freddi e impassibili. Ti si avvicinano pesanti, le mani strette in pugno.
Cosa vogliono da te? Annaspi nell’aria, mentre il loro tocco, la loro stretta sulle tue mani di sembra un dolore viscerale, uno schiocco di frusta, una pallottola in testa. Lotti, gridando, e loro di portano via.
Il viaggio è breve, ma ti sembra un’eternità. Le tue grida sono le sole che si odono. Il Distretto 13 è troppo silenzioso, gelido, vuoto. Come una città fantasma. E tu urli, anche se non sai per cosa. Hai solo quel brutto presentimento che gocciola sul tuo cuore; e ogni goccia è una fiamma bruciante, che trafigge il tuo petto di dolore.
La stanza dove ti portano è spoglia, trovi soltanto una scrivania davanti a te. Le lacrime, prima trattenute, ritornano ribelli a scivolare sul tuo viso, senza fermarsi. Crudeli, incessanti, calde. Cadi a terra, guardi il terreno, cominci a urlare.
Lo capisci, lo capisci dallo sguardo della donna davanti a te, dal suo volto duro, dalla sua immobilità. Capisci che c’è qualcosa che davvero non va. E non sono solo le tue paure, ma è la realtà. Il tuo terrore che si condensa, raccogliendo i pezzi di ogni attimo in cui hai pensato che potesse accadere.
E il panico assale il tuo corpo. Cominci a tremare, congiungendo le mani, chinando il capo. Supplicando chiunque ti veda di non dirti la verità, di non lasciare che succeda. Di tornare indietro nel tempo. E gli ibridi che tormentano la tua mente, più reali che immaginari, tornano a sbranarti, con più forza, o crudeltà, o fame. Senza fermarsi. Facendoti contorcere di dolore, scavando con le zanne nella tua anima, graffiando il tuo cuore. Sanguini tutta, dentro.
Perché la signora vestita di scuro l’ha detto, e tu non puoi più illuderti.
Perché le sue labbra si sono mosse, letali.
Perché ormai non hai più speranza di rivedere la luce.
 – E’ morto. –
 
 
« This somebody is me »
 
 
Guardi fuori dalla finestra. Il mare candido sbatte sugli scogli, lento, rilassante. Il vento scuote i tuoi capelli, granelli di sabbia ti volano sul viso. Un viso asciutto. Le lacrime sono ormai scomparse da anni.
Tuo figlio, di sette anni, ti stringe la mano e poi corre a braccia aperte verso quello che era un tempo il tuo rifugio. Schizza l’acqua ai gabbiani, ridendo, con la voce cristallina che solo un bambino innocente può avere.
Ma tu, dal mare, stai distante. Tu hai paura del mare.
Troppi ricordi, troppo terrore. Troppa paura. Troppo dolore.
Chiudi gli occhi, chiudi le braccia sul petto. Succede ogni giorno. Ogni minuto. Ogni attimo. Il ricordo dei suoi occhi verdi come smeraldi ti trafigge il cuore.
Non puoi morire, no, non ti è concesso. C’è tuo figlio,
vostrofiglio, da accudire.
L’hai chiamato Finnick, proprio come lui. Stesso sguardo vivace. Stessi capelli biondi e morbidi. Stesso sorriso radioso, capace di riscaldarti il cuore nei momenti più bui.
Ma ogni volta che lo vedi, i ricordi ti graffiano. Non puoi fare a meno di pensare a Finnick, quello grande, bello e forte, che ti stringeva dolcemente e ti baciava il capo, augurandoti i sogni più dorati.
Ti stringi su te stessa, mentre tuo figlio si addentra sempre di più nel mare. Sempre più lontano.
Guardi le nuvole. Così bianche, così soffici, così vicine eppure lontane.
Lui è lì sopra, e tu lo sai. Ti sorride, ti saluta con la mano, e ti dice di andare avanti. Tiri su col naso.
Ma lui non è andato avanti, Annie. Lui no.
– Mi hai mentito – sussurri, la voce spezzata dal dolore, guardando verso l’orizzonte sfocato. Tuo figlio è solo un puntino, invisibile in mezzo ai gabbiani. – Non hai mantenuto la promessa. – 
Una lacrima, la prima dopo anni, scivola giù dalla tua guancia.
– Mi hai lasciato da sola. –















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GIUDIZIO GIUDICEH


Titolo: 4/5; Se ti dicessi che non mi piace, mentirei: è semplice, incisivo, azzeccato. Una bella frase che dentro ha tutto di Annie. Forse, però, avresti dovuto inserire un paio di riferimenti  a questo “dietro alle sue lacrime” anche nel testo.
 Uso canzone: 8.5/10; Tutto sommato, sei stata brava. Hai accompagnato una strofa ad un momento particolare della vita di Annie, facendo quadrare il tutto in maniera perfetta. C’è solo una piccola pecca che ti segnalo: l’ultimo paragrafo. Trovo azzeccato mettere il “So farewell. Somebody’s gonna miss you” in quel momento, ma avrei preferito che dividessi mettendo “Farewell. Somebody’s gonna wish that you were here” dopo l’annuncio della morte di Finnick. Infine penso avrei messo “That somebody is me” a conclusione, proprio alla fine di tutto. Perché, sinceramente, quel paragrafo mi pare un po’ vuoto.
 IC: 8.5/10; Premessa: non ho mai capito bene Annie, ma penso che questo non l’abbia mai fatto nessuno. Essendo pazza – e la pazzia è una cosa buona, buonissima – l’ho sempre vista positiva, nonostante tu la sia riuscita a mettere sotto un luce diversa. Sì, mi è piaciuta Annie. Nonostante alcune reazioni – tipo quando si butta a terra e piange – siano un tantino eccessive.
Giudizio personale: 8/10; Sì, tutto sommato m’è piaciuta. Il voto non altissimo è dovuto al mio non essere una Fannie shipper accanita e, quindi, ad essere scettica sulla loro coppia. Però sì: mi hai colpito positivamente. Brava ;)
Totale: 29/35
 
 
Grammatica: 9/10.
Allora, perché questo voto? Perché complessivamente la scrittura è buona, senza ripetizioni o errori, molto chiara ed esposta in modo ottimale. Tuttavia, c'è una cosa che ha affaticato molto la mia lettura: ovvero la presenza, quasi onnipresente, di punti fermi; dove magari sarebbero potute star bene delle virgole, dei punti e virgola e anche, perché no; i due punti. Nulla che non si possa risolvere col tempo, insomma.
Originalità: 8/10.
Occhei; qui la colpa è mia. 
Sì, sono io che personalmente ho un odio profondo verso la Fannie e quindi qualsiasi cosa dove vedo vicino i nomi “Annie” e “Finnick” mi fa salire il sangue al cervello.
Tuttavia, per essere una Fannie, diciamo che mi è piaciuta molto; visto che non era poi così scontata come poteva sembrare.
Giudizio personale: 8.5/10.
Anche qui, tutta colpa del fatto che fosse Fannie. 
Per il resto, come ho già scritto sopra, mi è piaciuta: c'è sì una Annie piangente che cerca Finn, ma almeno non piagnucola. D'accordo, magari ho appena detto una delle mie solite baggianate, perché la Annie che piagnucola c'è; solo che.. boh, stranamente, qui mi trasmetteva proprio l'idea della tristezza; al contrario di quelle cose smielate come “No, Finn, non lasciarmi!” 
… Ecco. 
Comunque, well done!
Totale: 25.5/30


Tutto sommato: 54.5/65
 
   
 
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