Il “si” è troppo scontato

“Kathrine Hougthon Beckett...Vuoi sposarmi?” Aveva detto scendendo dall'altalena e porgendomi un piccolo anello, pieno di significato.

Quelle parole mi risuonano in testa come un martello pneumatico ormai da giorni, sono scappata. Washington. Mi avvicino al comodino che non smette di vibrare a causa del cellulare poggiato sopra. Castle. Come ogni ora da due giorni a questa parte. Ha lasciato un messaggio. “Hey Kate sono a Washigton ti prego parliamo. Tuo Rick.”

Non so cosa mi ha detto “Scappa” sono scappata e basta. Sono scesa dall'altalena e sono corsa via. Fregandomene di tutto e di tutti. Non ho salutato Espo, Ryan, Lanie, Alexis, Martha e nemmeno mio papà. Forse ho solo bisogno di pensare, forse sono fatta così e quindi lo devo solo accettare. D'altronde io non affronto i problemi. Potranno affibbiarmi tanti aggettivi come “determinata” “forte” “coraggiosa” ma non mi ci rivedo, credo che l'aggettivo più giusto per me sia: DEBOLE. Sarò coraggiosa, forte e così via sul lavoro, ma quando si tratta di me, della mia vita, bè lì sono DEBOLE. Io sono la persona più debole e fragile che conosca in tutta sincerità.

Ma bisogna affrontare tutto, prima o poi. Quindi meglio tardi che mai, no? Afferro il cellulare telefonando a Castle.

Tu tu tu... Emetto un “Hey...” fragile e la sua risposta non tarda ad arrivare “Kate? Stai bene? Dove ti trovi?” Dice d'un fiato. “Stai calmo...” Dico quasi sussurrando. “Kate...” Dice impanicato. “Ci devo ancora pensare...” Dico veloce per poi mettere giù. Non so cosa farò. Ho bisogno di tempo