wrong
{ and one thing I cannot do }
Ha occhi per guardarla e sono quelli
giusti, forse gli unici giusti per vederla.
Con il tempo è diventata una volontà, persino un’esigenza. La guarda e la vede
bella, di una bellezza diversa da quella di Shae –
non più bella, non meno bella, solo diversa; Shae è
il mistero affascinante di una rosa generosa e irta di spine, Sansa è il
bocciolo appena schiuso e fulgido di ancor timide promesse. Ed è bello
guardarla, è bello scoprire che nei suoi occhi il ghiaccio non ha vinto il
colore – non del tutto, non ancora – e che di tanto in tanto intorno a loro c’è
abbastanza luce da poter riconoscere un sorriso. Non potrà mai sperare che lei
capisca perché di notte, quando la
luce è più fioca, lui cammini lentamente fino al letto che le ha lasciato, perché
anche la vista delle lacrime che solo in quei momenti si lascia sfuggire è una
coscienza di vita – e non ad altri occhi sono concesse le lacrime di Sansa Stark.
Ha orecchie per ascoltarla e sono quelle
giuste, forse le uniche giuste per sentirla.
Con il tempo ha imparato a cogliere tutte le diverse sfumature. L’ascolta
parlare delle cose più diverse, dal tempo di stamani al nuovo abito di Margaery alla melma
di pecora destinata a ser Crakehall, e a volte la
sente ridere e la sua risata è un dono, qualcosa di simile al canto di Tysha – qualcosa di indimenticabile – ma sempre, quando non
c’è nessun ser Crakehall da perseguire, sempre lui riesce a trovare ciò che la
voce da sola non può reprimere, la noia e l’insofferenza e la distanza
insormontabile che ancora, nonostante tutto, li divide. Non potrà mai spiegare
a se stesso quanto sia calda e buona
e dolce l’illusione della sua risata, che è sincera, al di là di tutto, perché è
facile ridere quando ci s’immagina di poter ricominciare a vivere – e non ad
altre orecchie è concessa la sincerità di Sansa Stark.
Ha occhi per vederla e orecchie per
sentirla e, miracolosamente, ancora un naso per riconoscere il suo profumo; ma
le mani per toccarla no, non sono quelle giuste. Ne ha avuto la certezza quando
l’ha sposata e lei ha avuto la forza di
sorridergli e ne ha la conferma oggi che la trova sola con un pianto e una
sincerità che la luce del sole non hanno
mai visto; è una ragazzina forte, ma dopo questo, dopo questo, al minimo tocco qualsiasi fortezza – di ghiaccio o di
roccia – crollerebbe in pezzi. E lui non può romperla, non deve, non vuole, non
dopo le lacrime e le risate e i sorrisi e la quiete di quei pochi giorni di
sole e di quelle poche notti senza nubi. La lascia sola con il suo dolore
troppo grande, in silenzio, e le volta le spalle per calpestare infine tutte le
illusioni già infrante che portano fuori dalla sua stanza e dal suo mondo – perché
non a Tyrion Lannister è
concesso di toccare il cuore di Sansa Stark.
[ 500 parole ]
Spazio dell’autrice
Gente,
è il mio OTP. E per quanto la terza stagione mi abbia distrutta quasi più del
relativo volume della saga, l’incantevole atmosfera di hurt/comfort
che permea il mio OTP (penso alla bellezza suprema della loro passeggiata nella
3x10, ma anche al sorriso spontaneo di Sansa prima del matrimonio ♥) è qualcosa su cui
non potevo non tornare. E, niente, questa piccola flash senza scopo mi ci
voleva perché il finale di stagione mi ha lasciato dentro non solo immagini tristi
e dolorose, ma anche una sensazione di irrinunciabile malinconia dolceamara. E molto
è dovuto a questi due.
Thanks for reading,
Aya ~